AMÂNCIO, Santo
Em Como, na Ligúria, hoje Lombardia, Itália, Santo AMÂNCIO bispo que foi o terceiro a ocupar esta cátedra episcopal e construiu a basílica dos Apóstolos. (449)
CLEMENTE DE ÓSIMO, Beato
Em Orvieto, na Úmbria, Itália, o beato CLEMENTE DE ÓSIMO presbitero da Ordem dos Eremitas de Santo Agostinho que dirigiu e promoveu eficazmente a Ordem e reformou sabiamente as suas leis. (1291)
JULIÃO DE SANTO AGOSTINHO, Beato
Em Alcalá de Henares, Espanha, o beato JULIÃO DE SANTO AGOSTINHO religioso da Ordem dos Frades Menores Descalços que, considerado alienado mental por causa da sua rigorosa penitência de vida e várias vezes afastado da vida religiosa, anunciou a Cristo mais pelo exemplo da sua virtude que pela sua palavra. (1606)
JÚLIA BILLIART, Santa
Em Namur, junto ao rio Mosa, no Brabante, hoje Bélgica, Santa JÚLIA BILLIART virgem que fundou o Instituto de Santa Maria para a formação da juventude feminina e propagou ardorosamente a devoção ao Sagrado Coração de Jesus. (1816)
AUGUSTO CZARTORYSKI, Beato
Em Alássio, próximo de Albenga, na Ligúria, Itália, o beato AUGUSTO CZARTORYSKI presbítero da Sociedade Salesiana cuja enfermidade não impediu que, seguindo firmemente o chamamento de Deus, recebesse especiais dons de santidade. (1891)
... E AINDA ...
AGOSTINHO JEONG YAK-JONG, Beato
Agostino Jeong Yak-jong nacque nel 1760 a Majae, presso Gwangju, nel distretto del Gyeonggi (attualmente Neungnae-ri, Joan-myeon, Namyangju-si, Gyeonggi-do), in una famiglia di studiosi molto noti.
Nel 1786, due anni dopo l’introduzione del cattolicesimo in Corea, Agostino ne venne a conoscenza. Apprese il catechismo da suo fratello maggiore e, una volta che l’ebbe assimilato profondamente, ricevette il Battesimo. Da allora, si diede a insegnarlo anzitutto ai membri della sua famiglia: alla sua seconda moglie, Cecilia Yu So-sa, e ai figli, Carlo Jeong Cheol-sang (nato dalle sue prime nozze), Paolo Jeong Ha-sang [Chong Hasang] ed Elisabetta Jeong Jeong-hye [Chong Chong-hye].
Per praticare più tranquillamente la sua religione, Agostino si trasferì a Bunwon (attualmente Bunwon-ri, Namjong-myeon, Gwangju-si, Gyeonggi-do). A quell’epoca, i suoi fratelli iniziarono a distaccarsi gradualmente dalla Chiesa, ma lui s’impegnava ancora di più: aveva frequenti contatti coi fedeli dei villaggi vicini e li invitava a casa sua per apprendere il catechismo; inoltre, prendeva attivamente parte alle attività ecclesiali.
Quando, sul finire del 1794, arrivò clandestinamente in Corea padre Giacomo Zhou Wen-mo, missionario cinese, Agostino andò spesso a Seul per incontrarlo e ricevere i Sacramenti, dedicandosi ad aiutare lui e gli altri fedeli. Grazie alla sua padronanza della dottrina, scrisse «Jugyo-yoji», un Catechismo in lingua coreana, in due volumi, facilmente comprensibile a tutti. Con l’approvazione di padre Giacomo, quel testo ricevette larghissima diffusione tra i fedeli. Nel frattempo, il missionario aveva fondato il Myeongdohoe, una comunità di credenti, e nominò Agostino primo presidente. Insieme a Giovanni Choe Chang-hyeon, aiutò molti fedeli nello studio del catechismo, tra i quali Paolo Yi Guk-seung.
Nel 1800, all’inizio di una persecuzione nei dintorni della regione vicina, lui e i suoi familiari si trasferirono a Seul. Tuttavia, nell’anno successivo, con la persecuzione Shinyu, l’intera Chiesa cattolica di Corea fu a rischio. Il nome di Agostino finì subito sulla lista dei ricercati e i suoi libri consegnati all’ufficio del governo. La corte reale ordinò di arrestarlo immediatamente, cosa che avvenne l’11 febbraio 1801 del calendario lunare.
L’indomani, venne pesantemente interrogato e torturato, ma, determinato com’era a morire in nome di Dio, non cedette a nessuna tentazione. Non disse nulla di dannoso per la Chiesa o per i fedeli, bensì cercò di spiegare che la dottrina cattolica era esatta e veritiera: «Non c’è nulla di sbagliato nel venerare il Signore, ma è cosa buona e giusta. [...] Dio è il “nostro Grande Re e Grande Padre del cielo e della terra”. Se non comprendiamo il motivo per cui dobbiamo venerare Dio, siamo peccatori sotto il cielo e, benché siamo vivi, siamo morti».
I persecutori adoperarono tutti i mezzi possibili per farlo cedere, ma risultarono confusi dalla dottrina che predicava. Infine, la corte approvò la condanna a morte promulgata dal Ministero della Giustizia. Così, quindici giorni dopo il suo arresto, Agostino venne condotto presso la Piccola Porta Occidentale a Seul, per essere giustiziato.
Appena il carro che doveva condurlo al terreno di esecuzione fu pronto, vi salì sopra e gridò a voce alta, rivolto alla gente che si era radunata: «Fratelli e sorelle, non derideteci. Noi crediamo che morire per Dio sia naturale per tutte le persone che nascono al mondo. Nel giorno del giudizio finale, le nostre lacrime si muteranno in pura beatitudine e le vostre liete risate si trasformeranno in acerbi dolori».
Agostino, che aveva quarantuno anni, rese lo spirito dicendo: «Meglio morire guardando in alto verso il cielo che vivere guardando in basso sulla terra». Era l’8 aprile 1801 (26 febbraio secondo il calendario lunare).
I suoi familiari, dopo essere stati privati dei loro beni, incontrarono la sua medesima sorte: il figlio Carlo Jeong Cheol-sang, il 14 maggio 1801; la moglie Cecilia Yu So-sa, il 23 novembre 1839; gli altri due figli, Paolo Jeong Ha-sang ed Elisabetta Jeong Jeong-hye, rispettivamente il 22 settembre e il 29 dicembre 1839. Questi ultimi tre sono stati canonizzati il 6 maggio 1984 da san Giovanni Paolo II, inseriti nel primo grande gruppo dei martiri coreani.
Agostino Jeong Yak-jong e Carlo Jeong Cheol-sang, invece, sono stati inseriti nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung (del quale fanno parte anche i già menzionati padre Giacomo Zhou Wen-mo, Giovanni Choe Chang-hyeon e Paolo Yi Guk-seung) e beatificati da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.
GONÇALO MERCADOR, Santo
Illustre vescovo mercedario di Granada, San Gonzalo Mercador, ritornando dal concilio di Firenze avvenuto nell’anno 1450, fu catturato dai nemici della religione cattolica. Rinchiuso per lungo tempo in un tetro carcere, ardeva in lui il desiderio di diventare martire finché per comando di un empio RE fu percosso e dopo molti tormenti fu decapitato per il nome di Cristo, ricevendo così la gloria eterna.
L’Ordine lo festeggia l’8 aprile.
ISAAC e HAMAZSAP, Santos
Isacco e Hamazasp erano fratelli figli del principe Gagik Arcruni e subirono il martirio durante il catolicossato di Isaia (775-788). In quel tempo l'Armenia era soggetta alla dominazione araba, ma i due principi erano valorosi combattenti e mantenevano nella propria regione l'ordine e la pace. L'agiografo loda specialmente la loro pietà e religiosità.
L'anno 785 saliva sul trono del regno arabo Musa-ibn-Mahdı, "uomo crudele e malvagio" come lo definisce lo storiografo armeno, Leonzio. Infatti, appena salito al trono, mandò in Armenia un governatore di sua fiducia, il quale, giunto nella capitale, Dwin, convocò tutti i principi armeni. Anche i due fratelli Isacco e Hamazasp, insieme al loro terzo fratello Meruzan, accettarono l'invito e vi andarono, "poiché, dice l'agiografo, avevano il cuore schietto e non dubitavano di niente". Ma appena arrivati a Dwin, il governatore arabo li tenne prigionieri, accusandoli di ribellione contro i dominatori. I due fratelli erano considerati fra i piú valorosi di tutti i principi armeni e ciò insospettì il governatore il quale temeva che essi potessero opporsi ai suoi malvagi progetti.
Rimasti per tre mesi in carcere, si sentirqno proporre di rinnegare la fede cristiana, come condizione per essere lasciati liberi. Uno dei fratelli, Meruzan, accettò la condizione, e fu liberato, ma gli altri due perseverarono nelle tribolazioni senza cambiare avviso. Il governatore cercò di smuoverli con le torture, ma anche questo mezzo fu vano. Infine furono decapitati, l'anno 786, in un giorno dell'ottavario dell'Epifania. La Chiesa armena li onora con una festa nella settimana della III domenica dopo la festa dell'Esaltazione della S. Croce. Il Martirologio armeno riporta la Vita dei santi martiri l'8 aprile.
LIBÂNIA DE BUSANO, Beata
Nacque a Barbania da Armerico (o Ermerico), signore di Barbania, Corio, Busano, Rocca e Rivara, e discendente degli antichi duchi longobardi.
Emerico rese con-signora di Rivara la figlia Libania, ma questa a 15 anni rifiutò le nozze e fuggì a San Benigno di Fruttuaria, dove ricevette l’abito benedettino dalle mani di san Guglielmo, fondatore dell’abbazia.
Suo padre fondò per lei e le sue compagne il monastero di Busano, dedicato a san Tommaso e dipendente dall’abbazia di Fruttuaria. Libania ne divenne la badessa.
Il monastero ebbe tra i suoi ospiti illustri Agnese, madre dell’imperatore Enrico IV.
Si racconta che essendo prossima la sua fine, un angelo venisse alla cella e la conducesse in chiesa, dove “l’anima se ne distaccò dal corpo per puro amore”.
Quando morì, l’8 aprile 1064, venne sotterrata in un posto segreto dentro la chiesa di San Tommaso per evitarne la deturpazione a scopo di trarne reliquie. Nel chiostro, nei pressi della chiesa, si pose la scritta: “Accogli, o terra, le ceneri della benigna vergine badessa Libania, ornamento della fede, tributo di lode, figlia di Emerico”.Del monastero di Busano restano oggi scarse vestigia, occupate dal Municipio.
MARTINHO (de PEGLI) ou GÉNOVA, Beato
Note storiche
Il Beato Martino Ansa - o Beato Martino da Pegli, dal luogo della sua penitenza santificatrice - nacque a Rimini (secondo alcuni storici nacque invece nella Marca di Ancona).
L'anno della sua nascita è incerto.
Fu uomo brillante d'armi e, in un momento d'ira uccise con la spada un cavaliere suo amico.
Fuggì allora disperato e vagò per le campagne sino a che giunse a Genova.
Fu accolto nel Convento benedettino di Capo Faro ove si distinse per la sua grande umiltà e carità.
Poi, per espiare maggiormente la sua colpa, divenne eremita ed alloggiò nella grotta di massi di roccia della Baia di Castelluccio in Pegli.
Fu celebre per la carità usata soprattutto verso i viandanti. Morì in Genova, il giovedì dopo Pasqua dell'anno 1344, nel Convento benedettino che lo aveva accolto penitente.
Per la carità e l'abilità dimostrata nell'aggiustare gli abiti dei pellegrini che accoglieva nella sua grotta, fu nominato Patrono dei Sarti Liguri.
Attualmente le sue Reliquie sono venerate nella Chiesa Parrocchiale di Sant'Antonio Abate in Pegli, che sorge proprio sopra la grotta che aveva abitato durante la sua vita eremitica.
Il giovedì dopo Pasqua si celebra una festa popolare, mentre nel Calendario genovese del cardinale Durazzo (1640) la sua memoria liturgica ricorre l’8 aprile. Si ritiene che sia la data (8 aprile 1344) della prima traslazione delle spoglie nella chiesa di s. Benigno.
LA SUA VITA (in versi) :
"Sosta, fratello, sei stanco!
Fà ch'io ti disseti,
ch'io ti lavi i tuoi piedi,
e le tue vesti riassetti...."
Con quest'invito pietoso, Martino, il Beato di Pegli,
i viandanti affranti accoglieva
e i pellegrini che a piedi, dalla terra di Spagna
o di francia, lungo l'Aurelia
a Roma andavan o a Loreto...
E il torrente Laviosa a Lui era amico
per il soccorso cristiano,
e l'umile sua grotta piena era di erbe e di frutti
per donare all'affranto fratello.
Nulla teneva per sè se non il cilicio
e gli avanzi degli altri.
Tanto aveva peccato, contro la vita,
nello spegnere una vita, sulle rive dell'Adriatico
mare, che più nulla in sè stimava,
più nulla in sè amava, che penitenza non fosse
A Pegli giunse, e nella baia del forte di Castelluccio
una piccola conca trovò tra due rocce marine.
In essa sostò per pregare in ginocchio,
in continuazione ritmica col flusso del mare.
Quant'anni rimase così
in penitenza dura, in preghiera ardente?
Fermo come gli scogli, pregando, espiando,
chiedendo perdono e pietà.
Quanti fratelli accolse medicando ferite
di anima e di corpo?
Quanti vestiti laceri rattoppò, ricucì e lavò?
Anche naufraghi di mare in Martino trovaron salvezza.
E il giorno venne che in luce d'amore,
Gesù l'avvertì dell'imminente trapasso.
Martino raccolse gli strumenti di sua espiazione
E di sua preghiera, poi, sorridendo, a piedi
guardando le cose con occhi nuovi,
a Genova andò, per ricevere dal suo superiore,
licenza ed estrema assoluzione.
Quindi si spense sereno: ed una bianca tortora
gli si posò sul cuore.
Passarono gli anni, passarono i secoli
E il ricordo del peccatore penitente, divenuto santo,
si affievolì alquanto,
ma per ineffabile, divina permissione,
sul luogo del suo martirio,
sorsero un ospedale e una chiesa:
sofferenza e preghiera, preghiera e sofferenza,
i cardini sicuri, che salvaron Martino,
che salvano il mondo.
Ermelinda Vannini
PREGHIERA AL BEATO MARTINO
O glorioso e Beato Martino,
che durante la vostra vita dedicata alla carità, e più ancora dopo il vostro sereno transito, otteneste ai vostri devoti grazie innumerevoli e operaste guarigioni di ogni sorta,
rivolgete benevolo il vostro sguardo
sopra tutti coloro che si affidano
con tutto il loro cuore al vostro patrocinio per ottenere la salute dell'anima e del corpo. O martire di carità,
fate che ricorrendo fiduciosi
alla vostra valida protezione
non abbiamo a restare delusi nelle nostre speranze, ma veniamo da Dio sollevati
nei bisogni che rendono tribolata la nostra vita.