segunda-feira, 31 de outubro de 2016

Nº 2924 - (305 - 2016) - SANTOS DE CADA DIA - 31 DE OUTUBRO DE 2016 - OITAVO ANO

Caros Amigos:





Nova foto do autor

Desde o dia 1 de Janeiro que venho colocando aqui os meus Votos de um Bom Ano de 2016.
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar

UM BOM resto do ANO DE 2016

Nº 2924-  (305 - 2016) 

31 DE OUTUBRO DE 2016

SANTOS DE CADA DIA

8º   A N O



 miscelania 008



LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO



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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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EPIMÁQUIO DE PELÚSIO, Santo
        
      

Em Alexandria, no Egipto, Santo EPIMÁQUIO DE PELÚSIO mártir que, segundo a tradição no tempo da perseguição do imperador Décio ao ver como o prefeito obrigava os cristãos a sacrificar aos ídolos, tentou destruir a ara, sendo por isso preso, torturado e finalmente degolado. (250)



QUINTINO  DE SAINT-QUENTIN, Santo

   
Em Vermand, hoje Saint-Quentin na Gália Bélgica, hoje França, São QUINTINO mártir, da ordem senatorial que padeceu por Cristo no tempo do imperador Maximiano. (séc. III)
FELANO DE FOSSES, Santo
   
 
    

Em Fosses, no Brabante da Austrásia, território da actual Bélgica, São FELANO presbitero e abade que, nascido na Irlanda e irmão e companheiro de São FURSEU foi sempre fiel à observância monástica da sua pátria, fundou dois mosteiros - em Fosses e em Nivelles - um para monges e outro para monjas, e no caminho entre os dois foi assassinado por salteadores. (655)

 
ANTONINO DE MILÃO, Santo
 
 

Em Milão, na Lombardia, Itália, Santo ANTONINO bispo que trabalhou incansavelmente para extinguir a heresia ariana entre os Lombardos. (661)

VOLFGANGO DE RATISBONA, Santo


Em Ratisbona na Baviera hoje na Alemanha, São VOLFGANGO bispo que, depois de ter sido mestre-escola e ter abraçado a profissão monástica, foi elevado à sede episcopal, onde instaurou a disciplina do clero e, quando visitava a região de Puppingen, morreu humildemente no Senhor. (994)


 
CRISTÓVÃO DE ROMANHA, Beato

 


Em Cahors, na Aquitânia, França, o Beato CRISTÓVÃO DE ROMANHA presbítero da Ordem dos Menores que, enviado por São FRANCISCO depois de muitos trabalhos para a salvação das almas, morreu já centenário. (1272)
 

 

TOMÁS DE FLORENÇA BELLÀCI, Beato



Em Riéti, na Sabina, Itália, o Beato TOMÁS DE FLORENÇA BELLÀCI religioso da Ordem dos menores que, enviado à terra Santa e à Etiópia sofreu por Cristo o cativeiro e as torturas por parte dos infiéis e, finalmente tendo regressado à sua pátria descansou na paz do Senhor. (1447)



DOMINGOS COLLINS, Beato



Em Youghal, perto de Cork, Irlanda, o Beato DOMINGOS COLLINS religioso da Companhia de Jesus que, durante um longo cativeiro, com repetidos interrogatórios e atrozes torturas confessou firmemente a sua fé católica consumando na forca o seu martírio. (1602)


AFONSO RODRIGUEZ, Santo


    

Em Palma de Maiorca, Espanha, Santo AFONSO RODRIGUEZ que, ao perder a esposa e os filhos, foi recebido como religioso na Companhia de Jesus e exerceu o ofício de porteiro durante muitos anos no Colégio sempre com grande humildade obediência e contínua penitência. (1617)


LEÃO NOWAKOWSKI, Beato



Em Piotrkow Kujawski, Polónia, o Beato LEÃO NOWAKOWSKI presbitero e mártir que, durante a ocupação militar da Polónia por defender energicamente a sua fé perante um regime hostil a Deus, foi fuzilado. (1939)


MARIA DA IMACULADA CONCEIÇÃO 
(Maria Isabel Salvat y Romero), Beata

 

Em Sevilha, Espanha, a beata MARIA DA IMACULADA CONCEIÇÃO (Maria Isabel Salvat y Romero) virgem fundadora do Instituto das Irmãs da Companhia da Cruz. (1998)




 ... E AINDA  ...

IRENE (Maria Mercede) STEFANI, Beata



Suor Irene Stefani, della quale sono state riconosciute da Benedetto XVI le virtù teologali e cardinali vissute  in grado eroico il 2 aprile 2011 ed è stata clebrata la solenne beatificazione il 23 maggio 2015, è magnifico esempio di santità missionaria vissuta per il Crocifisso e nel Crocifisso.
Lasciandosi contagiare dalla peste letale del morente che stringeva fra le sue braccia, ella abbracciava Gesù morente in croce, portando a termine il suo programma di vita: «Gesù solo! Tutta con Gesù/Nulla da me/Tutta di Gesù/Nulla di me/Tutta per Gesù/Nulla per me:/Hoc fac et vives! (Fai ciò e vivrai!)».
Quinta di dodici figli, Aurelia Jacoba Mercede nasce ad Anfo, nel bresciano il 22 agosto 1891. Viene battezzata il giorno seguente e cresce in una famiglia cattolicissima; a tredici anni confida ai genitori: «Mi farò missionaria». Nel 1905 avviene un incontro provvidenziale: passa da Anfo un missionario della Consolata, don Angelo Bellani. Mercede, che ha 14 anni, vorrebbe già farsi suora missionaria, ma il padre non vuole lasciarla partire: è troppo giovane, la sua potrebbe essere un’infatuazione. Don Capitanio, parroco di Anfo, invece, la sostiene e il 5 maggio 1911 scrive una lettera a Torino, indirizzata al canonico Giuseppe Allamano, fondatore dell’Istituto dei Missionari e delle Missionarie della Consolata. Alla fine il padre cede e, a malincuore, accorda il permesso.
Il 19 giugno 1911 Mercede parte per Torino dove si inserisce perfettamente nel neo Istituto fondato dal rettore del Santuario della Consolata, nonché nipote di san Giuseppe Cafasso. Il 28 gennaio 1912 avviene la vestizione e prende il nome di suor Irene. Conclude il noviziato due anni dopo (24 gennaio 1914) ed emette i voti nelle mani del beato Allamano. Il 28 dicembre è già pronta a salpare per l’Africa. Giunge a Mombasa, in Kenya, il 31 gennaio 1915 ed esclama «Tokumye Yesu Kristo!», ovvero «Sia lodato Gesù Cristo!», l’unica frase, per il momento, che conosce in lingua kikuyu.
Si mette subito all’opera e la prima preoccupazione è evangelizzare: portando Cristo, lei lo sa bene, grazie anche agli insegnamenti del maestro Allamano, arriva automaticamente la civilizzazione, come è sempre avvenuto. La sua catechesi è quella della Tradizione della Chiesa: Dio ha così amato gli uomini da aver donato il Suo Figlio unigenito affinché tutti gli uomini siano salvi; credere è darsi a Dio con la mente, il cuore e le opere; l’unica ricchezza da custodire è l’anima spirituale e immortale; l’unico male da temere è il peccato che rifiuta Dio e manda l’anima in rovina; il diavolo esiste e bisogna respingere con forza le tentazioni; la morte non è fatalità, ma passaggio alla vera vita, «ingresso felice nella Casa di Dio o caduta rovinosa nel fuoco dell’inferno, a seconda del giudizio che Dio pronuncerà su ognuno», così spiega nel volume Al Lume di una lanterna, suor Gian Paola Mina, missionaria della Consolata, nonché prima biografa di suor Irene Stefani, «Per suor Irene la vita è un guardare in alto, e perciò la grande visione del Cielo permea tutte le sue lettere, con quell’annuncio di Risurrezione che già nella Chiesa primitiva aveva capovolto la concezione della vita e della morte, dando forza inaudita ai martiri: “Se Cristo è risorto, anche noi risorgeremo con lui”».
Dal suo epistolario si può evincere la Fede e la Carità che permeava la vita di suor Irene, come, per esempio dimostra la lettera indirizzata a Filippo Warothe, un cristiano di Ghekondi che lavorava a Nairobi (1928): «Filippo caro, ti prego di prenderti cura dei nostri cristiani che vengono lì: tu conosci bene la situazione di Nairobi e sai anche quanti pericoli ci sono, per cui essi, i nostri cristiani, potrebbero perdersi. Abbi cura della loro anima, e cerca anche di ottenere l’aiuto per la chiesa; sono due cose che non possono essere separate: il cuore degli uomini e il tempio materiale. Dice infatti lo Spirito Santo che Dio abita nel cuore degli uomini buoni.
Sappi dunque che se farai come ti ho detto, avrai compiuto un’opera veramente apostolica.
Pensa quanto è buono il Signore verso di noi: per una cosa piccola che noi gli diamo, Egli ci ripaga con un premio così grande che supera ogni nostra immaginazione.
Inoltre, non basta che uno diventi ricco, ma bisogna arricchire gli altri: intendo la vera ricchezza, quella necessaria, la ricchezza dell’anima. Tu quindi devi beneficare gli altri gli altri nelle necessità della Chiesa come sei stato beneficato tu dai suoi sacerdoti…».
Durante la prima guerra mondiale assiste all’ospedale militare di Kilwa Kivinje, in Tanzania, i carriers, ovvero i portatori indigeni, vittime di carestie e pestilenze. Suor Irene, bella e solare, assiste tutti con materno amore e dolcezza infinita, custodendo tutto nel proprio cuore, come Maria Santissima. Nel 1920 arriva a Ghekondi, dove inizia ad operare nella scuola. Quando non è maestra, gira per le capanne con il rosario in mano e mentre sgrana e recita le Ave Maria, cerca nuovi scolari da alfabetizzare; ma anche mamme in difficoltà, anziani a cui portare Gesù e soccorso… e battezza. Negli anni di missione suor Irene ha ottenuto molteplici conversioni e battezzato circa quattromila persone. Un apostolato silenzioso, ma fertilissimo. Per i malati e la gente di Ghekondi, che la vede accorrere, assistere, curare, insegnare con sensibilità tutta angelica, suor Irene è Nyaata, che significa «Madre misericordiosa». Di questa Madre sono rimasti, come reliquia, segno e simbolo emblematici del suo apostolato, i suoi scarponi che usò per percorrere chilometri e chilometri, a piedi e di corsa, di giorno e di notte, con gioia o spossatezza, al preciso scopo di salvare anime.
Un mattino, entrando in un capannone militare, trova un letto vuoto, appartiene ad un certo Athiambo, un uomo che lei stava preparando al Battesimo. Chiede dove sia e le dicono che è sulla spiaggia, insieme ad altri cadaveri. Lei non si arrende. Corre e lo trova ancora vivo, lo porta lontano dalla marea e lo battezza, poi raggiunge di corsa l’ospedale e torna con una barella e due portantini. Alla consorella suor Cristina Moresco che le domanda se non aveva provato ribrezzo nel toccare tutti quei cadaveri, spostati proprio per trovare Athiambo, suor Irene risponde: «Veramente sì, ma non pensavo che all’anima».
Il 14 settembre 1930 parte per Nyeri dove partecipa agli esercizi spirituali. È qui che accade l’evento straordinario e mistico: suor Irene rivede tutta la sua vita e Gesù… le parla, comunicandole parole che nella sua anima missionaria diventano di fuoco.
«Il peccato ricrocifigge Gesù. Meglio mille morti che un solo peccato» e poi «Dimenticare tutto… Vuotarsi di noi stessi», «Missionaria uguale ad apostola, vergine, martire». In questo contesto del tutto soprannaturale suor Irene Stefani matura la sua offerta, la sua oblazione: per il bene delle missioni e per la salvezza delle anime non è più sufficiente lavorare tanto quanto ha fatto finora, deve donare la sua esistenza. Rivela la sua volontà di sacrificio alla sua Superiora, che non permette quell’atto eroico. Allora lei ricomincia a lavorare con lo zelo e l’efficienza di prima. Tuttavia suor Irene non demorde e domanda altre volte alla Superiora quel desiderio che la rapisce: donare la vita per le missioni. La Superiora cede.
A Ghekondi infuria la peste. Domenica 26 ottobre 1930, festa di Cristo Re, suor Irene, durante la Santa Messa, accusa i primi sintomi della peste. Suor Margherita Maria Durando la veglia nella notte e le suggerisce una preghiera: «Cuore di Gesù, vittima di carità, fammi per te, ostia pura, santa, gradevole a Dio» e lei la ripete più volte. Il 31 ottobre 1930 muore, a 39 anni, con il nome di Gesù, Giuseppe e Maria sulle labbra. Con san Paolo poteva ripetere: «Mi son fatto tutto a tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Tutto io faccio per il Vangelo» (1Cor 9,22-23).

Autore: Cristina Siccardi



I suoi africani la definirono “Nyaatha”, ‘donna tutta compassione, misericordia, bontà’; per loro era la “madre misericordiosa” e non ne avevano mai trovato un’altra uguale.
La missionaria Irene Stefani, quinta dei dodici figli di Giovanni Stefani e Annunziata Massari, nacque ad Anfo nella Val Sabbia (Brescia) il 22 agosto 1891 e al battesimo fu chiamata Mercede.
Crebbe nell’ambiente impregnato di viva fede della sua forte e coraggiosa famiglia; ragazza vivace e bella,, dimostrò sin da bambina una spiccata sensibilità per l’apostolato tra i suoi coetanei e familiari, inoltre una tendenza alla carità che sarebbe stata la forte caratterizzazione della sua esistenza.
Instancabile, correva dai malati, aiutava gli anziani, pensava ai poveri, riservandosi sempre i lavori più pesanti; desiderosa di amare sempre di più Dio nel prossimo, già a tredici anni Mercede disse ai genitori: “Mi farò missionaria”.
Ma il destino fu avverso perché l’immatura morte della mamma, fece ricadere su di lei il compito di educatrice e catechista dei fratelli più piccoli, pertanto la famiglia divenne il suo primo campo di apostolato insieme alla parrocchia.
Finalmente a 20 anni, nel 1911, Mercede Stefani poté entrare nell’”Istituto delle Missionarie della Consolata”, ramo femminile fondato nel 1910 dal beato Giuseppe Allamano (1851-1926) a Torino, il quale già nel gennaio 1901 aveva fondato il ramo maschile con la denominazione: “Istituto della Consolata per le Missioni Estere”.
Praticamente fu una delle suore dei primi tempi dell’Istituto, il 12 gennaio 1912 vestì l’abito religioso prendendo il nome di Irene, emise la professione religiosa il 29 gennaio 1914 e alla fine dell’anno partì per le Missioni in Kenia, dove allora l’evangelizzazione era agli inizi e quasi inesistenti le scuole e i servizi sanitari.
La sua esperienza missionaria, che l’impegnò tutta la vita, si può dividere in due fondamentali tappe, in cui maggiormente si manifestò la sua personalità umana e religiosa.
La prima, durata sei anni dal 1914 al 1920, fu quella passata nei cosiddetti ospedali militari, che dell’ospedale avevano solo il nome, locali organizzati alla meglio per i portatori africani, denominati ‘carriers’, arruolati per trasportare materiale bellico al tempo della Prima Guerra Mondiale, che raggiunse anche l’Africa per il coinvolgimento delle colonie inglesi e tedesche.
Gli ammalati erano ammassati senza alcun criterio in grandi capannoni, abbandonati a se stessi; in un tanfo insopportabile, giacevano ammalati di ogni genere, anche con mali indefinibili e complicati, in un vociare di tante lingue e dialetti.
In questo ‘inferno’ sociale, suor Irene trascorreva le sue giornate di giovane missionaria, negli ospedali di Voi, Kilwa e Dar-es-Salaam in Tanzania; lavando, medicando, fasciando piaghe e ferite, distribuendo medicine e cibo, imboccando il più gravi e deboli con una sconcertante delicatezza.
La sua personale carità fu capace di addolcire gli animi di medici senza scrupoli, sorveglianti crudeli, increduli musulmani.
Imparando le varie lingue riusciva a parlare loro di Gesù, a incoraggiarli e consolarli; fu definita un “angelo di suora”; li preparò al Battesimo e alla fine poté contare circa tremila battesimi amministrati in pericolo di morte.
La seconda tappa della sua vita, dal 1920 al 1930, la trascorse nella missione di Gekondi, dedita all’insegnamento scolastico in un ambiente non proprio entusiasta; con la sua vivacità, correva ‘volando’ su e giù per le colline della regione, incontrando gente, invitando alla scuola e al catechismo, curando i malati, assistendo le partorienti, salvando i bambini abbandonati nella brughiera.
Istruiva le giovani consorelle giunte da lei per il tirocinio missionario, circondandole di affetto e attenzioni. Pur con le difficoltà di allora, continuò a seguire per corrispondenza, i suoi ‘figli’ africani che si spostavano più lontano, nelle città del Kenia, Mombasa, Nairobi, ecc., facendo anche da tramite con le famiglie.
Bruciante dal desiderio di far conoscere Gesù Cristo e il Vangelo, accorreva ovunque incurante della fatica, a volte delle offese e così per anni, finché curando un ammalato di peste, contrasse il micidiale morbo e morì il 31 ottobre 1930 a soli 39 anni, dei quali 18 trascorsi tutti in Kenia.
E unanime fu il dolore dei suoi africani nel piangerla, essi dicevano che non era stata la malattia a farla morire, ma il grande amore che nutriva per loro.
Suor Irene Stefani non è stata dimenticata e tutti hanno esultato per l’avvio nel 1985 della causa di beatificazione, che attualmente è in avanzata fase presso la competente Congregazione Vaticana.
I suoi resti mortali sono tumulati nella cappella della Parrocchia di Mathari, Nieri (Kenia), affidata ai Missionari della Consolata.
E' stata proclamata Venerabile il 2 aprile 2011.

LUCILLA DE ROMA, Santa



Due pregnanti termini esprimono l'inizio e la fine di un giorno: l'alba e il tramonto. Due splendidi nomi propri sono legati all'arco dello scorrere del bene luce: il comunissimo Lucia "nata all'alba" e il desueto Crepusca "nata al tramonto".
Lucilla è il graziosissimo diminutivo di Lucia; quale vergine e martire del III secolo viene ricordata dal calendario il 31 ottobre.
Poco di documentale intorno a S. Lucilla, ma molto di simbolico con uno stretto legame tra luce e fede che illumina.
Il racconto, lontano e leggendario, vuole che ai tempi della persecuzione di Valeriano nel 257 il tribuno Nemesio abbia chiesto e ottenuto dal Pontefice il battesimo per sé e per la figlia Lucilla. Questa, cieca dalla nascita, avrebbe poco dopo la cerimonia recuperato immediatamente la vista.
La nuova fede e il miracolo ottenuto dalla figlia rese il tribuno romano sordo alle esortazioni dell'imperatore che esigeva il suo ritorno sollecito alla vecchia religione. Per il reiterato rifiuto, padre e figlia furono condannati a morte e martirizzati l'uno tra la via Appia e la via Latina e l'altra sulla via Appia nei pressi del tempio di Marte.
I loro corpi furono sotterrati ed esumati diverse volte e, secondo alcune interpretazioni, le ripetute traslazioni avrebbero avuto e manterrebbero il significato simbolico di scintilla luminosa e santa che segna nel mondo l'itinerario tironfale del Cristianesimo.
A noi basta pensare al padre S. Nemesio e alla figlia S. Lucilla quale fiaccole di carità reciproca e di testimonianza convinta, poste nelle realtà della fede e nella poesia incerta delle ombre di ogni giorno.
 



MARIA DE REQUESENS, Beata
 


Di nobile origine catalana, la Beata Maria de Requesens, distribuì il suo ricco patrimonio ai bisognosi ed entrò fra le prime religiose mercedarie appena fondate da Santa Maria de Cervellón. Ben presto si distinse in quel primo Ospedale convento di Sant'Eulalia in Barcellona, per grandissime virtù e per i tanti miracoli attribuiti tanto da essere considerata fra le più splendide stelle dell'Ordine Mercedario. Quasi centenaria raggiunse la pace del Signore nell'anno 1345.
L'Ordine la festeggia il 31 ottobre.
 
STACHYS, Santo




« Al 31 ott. a Costantinopoli, s. Stachys, vescovo, ordinato primo vescovo di quella città dal beato Andrea, apostolo », così il Martirologio Romano. Stachys è nome greco, che signi­fica « spiga, frutto ». È nominato in Rom. 16, 9: « Salutate Urbano e il mio carissimo Stachys ». Niente altro sappiamo di lui, al di fuori dei racconti conservatici dai greci: l'apostolo s. Andrea l'avrebbe consacrato primo vescovo di Bisanzio o di Argiropoli.
Queste leggende sorsero verso la fine del sec. VIII ad opera di ignoti che si presentavano sotto i nomi di Epifanio, Doroteo e Ippolito.
Esse passarono nella letteratura sui discepoli del Signore (De LXX apostolis, falsamente attribuito a s. Ippolito).


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Local onde se processa este blogue, na cidade do Porto


miscelania 003


Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros











Blogue: SÃO PAULO (e Vidas de Santos) -  http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com

domingo, 30 de outubro de 2016

Nº 2923 - (304 - 2016) - SANTOS DE CADA DIA - 30 DE OUTUBRO DE 2016 - OITAVO ANO

Caros Amigos:





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Desde o dia 1 de Janeiro que venho colocando aqui os meus Votos de um Bom Ano de 2016.
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar

UM BOM resto do ANO DE 2016

Nº 2923-  (304 - 2016) 

30 DE OUTUBRO DE 2016

SANTOS DE CADA DIA

8º   A N O



 miscelania 008



LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO



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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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MARCIANO DE SIRACUSA, Santo
        
       

Em Siracusa, Sicília, Itália, São MARCIANO que é considerado o primeiro bispo desta cidade. (séc. II)



SERAPIÃO DE ANTIOQUIA, Santo

   
Comemoração de São SERAPIÃO bispo de Antioquia, celebre pela sua erudição e doutrina, que deixou grande fama de santidade. (211)
EUTRÓPIA DE ALEXANDRIA, Santa
   

    

Em Alexandria, no Egipto, Santa EUTRÓPIA mártir, que, por ter recusado negar a Cristo, foi cruelmente torturada até à morte. (séc. III)

 
MARCELO DE TÂNGER, Santo
 

 

Em Tânger, na antiga Mauritânia hoje Marrocos, a paixão de São MARCELO centurião, que no dia do aniversário do imperador, enquanto todos os ofereciam os sacrifícios, tirou o cinturão militar, as armas e a própria patente e atirou-os para diante das ídolos, afirmando que era cristão e não podia continuar a obedecer coerentemente ao juramento militar, mas só a Jesus Cristo; por isso sofreu o martírio sendo imediatamente decapitado. (298)

CLÁUDIO, LUPÉRCIO e VITÓRIO, Santos



Em Leão, na Hispânia hoje Espanha, os santos CLÁUDIO, LUPÉRCIO e VITÓRIO mártires, que, na perseguição de Diocleciano, sofreram, a morte pelo nome de Cristo. (303/304)

MÁXIMO DE APAMEIA, Santo

 


Em Cuma, na Campânia, Itália, São MÁXIMO mártir. (303)
 

 

GERMANO DE CÁPUA, Santo



Em Cápua, na Campânia, Itália, São GERMANO bispo que é mencionado pelo papa São GREGÓRIO MAGNO nos seus escritos. (540)


BENVINDA BOIÁNI, Beata



Em Cividale del Friúli, na Venécia, hoje na Friúli-Venézia Giúlia, Itália, a beata BENVINDA BOIÁNI virgem , das Irmãs da Penitência de São Domingos, que passou toda a sua vida entregue à oração e à austeridade. (1292)


JOÃO SLADE, Beato


     

Em Winchester, Inglaterra, o beato JOÃO SLADE mártir que, por negar a competência da rainha Isabel I nas questões espirituais, foi enforcado e cruelmente esquartejado. (1583)


TERÊNCIO ALBERTO O'BRIEN, Beato

 

Em Limerick na Irlanda, a paixão do Beato TERÊNCIO ALBERTO O'BRIEN bispo e mártir, da Ordem dos Pregadores que, nomeado para a sede da Igreja de Emily, trabalhou intensamente na assistência aos afectados pela peste; mas, sob o regime de Oliver Cromwell foi preso pelos soldados e levado ao patíbulo em ódio ao sacerdócio e à fé católica. (1651)


ÂNGELO DE ÁCRI, Beato

  

Em Ácri, na Calábria, Itália, o Beato ÂNGELO, presbitero da Ordem dos Frades Menores Capuchinhos que percorreu incansavelmente o treino de Nápoles a pregar a palavra de Deus de modo apropriado ao povo simples. (1739)  


JOÃO MIGUEL LANGEVIN, Beato

Em Angers, França, o beato JOÃO MIGUEL LANGEVIN presbitero e mártir, degolado por ser sacerdote, o primeiro dos cerca de cem homens e mulheres que, durante a época do terror na revolução francesa permaneceram unânimes e constantes na confissão da fé em Cristo até à morte. (1793) 


ALEIXO ZARYCKYJ, Beato

 

Em Dolinka, perto de Karaganda, no Cazaquistão, o Beato ALEIXO ZARYCKYJ presbitero e mártir que, sob um regime hostil a Deus, foi deportado para um campo de concentração e no combate da fé alcançou a vida eterna. (1963) 





 ... E AINDA  ...

GERARDO DE POTENZA, Santo



Oggi, il Martirologio Romano fissa il ricordo di S. Gerardo vescovo a Potenza nella Lucania. Era questi nativo di Piacenza e, trasferitosi a Potenza, venne scelto come vescovo per le sue virtù e la sua attività taumaturgica. Morto dopo appena otto anni di episcopato, il suo successore Manfredo ne scrisse una Vita forse troppo dichiaratamente panegiristica e soprattutto ne ottenne una canonizzazione "viva voce" (ossia senza documentazione scritta) da parte del papa Callisto II (1119-24).S. Gerardo, patrono della città e dell'archidiocesi di Potenza, nativo di Piacenza, discendente dalla nobile e illustre famiglia La Porta, fu Vescovo di questa città dal 1111 al 1119. Uomo di cultura e di solida pietà, dopo aver trascorso la sua giovinezza in patria si diresse verso l'Italia Meridionale, come tanti altri spiriti nobili del suo tempo, o alla ricerca di solitudine o per essere più vicino ai punti di imbarco dei crociati, diretti verso i luoghi santi. Giunto a Potenza, Gerardo vide aprirsi davanti un vasto campo di apostolato, specialmente tra la gioventù. Apri a tutti gratuitamente i tesori della sua cultura e della sua bontà, attirandosi la simpatia di tutto il popolo. Alla morte del Vescovo della città, clero e popolo lo elessero loro pastore. Fu consacrato Vescovo ad Acerenza. La dignità conseguita non mutò l'austerità della sua vita né la semplicità dei suoi costu-mi. Manfredi, suo biografo e poi successore nella catte-dra episcopale, cosi descrive questo periodo della sua vita: "Onorato della gloria pontificale, apparve più umile, più mansueto, più piò, più benigno, più diligen-te nell'esercizio delle virtù. Era di tanta sobrietà da sembrare un monaco".
Il Signore si compiacque di far rifulgere la santità del suo servo ancora in vita, con segni miracolosi, come il cambiamento dell'acqua in vino. Appena un anno dopo la sua morte, il Pontefice di Roma Callisto II ne proclamò la santità. Le ossa di S. Gerardo riposano sotto l'altare a lui dedicato nella Chiesa Cattedrale di Potenza. Il Santo viene onorato, in modo particolare, il 30 ottobre, giorno della sua morte, e il 30 maggio a ricordo della traslazione delle sue ossa, fatta dal Vescovo Oberto nel 1250. 
MAURO DE VERONA, Santo



Il Vescovo Mauro rimane negli annali della chiesa veronese grazie alla sua fama per santità e miracoli. Il suo nome è stato inserito in vari elenchi. Lo troviamo nel Velo di Classe, nel Ritmo Pipiniano e nella Lapide Stefaniana del secolo X, nel Carpsunm, nell’antico Lezionario della Cattedrale, nel Martirologio Veronese e in quello Romano.
Nella cronotassi ufficiale dei vescovi di Verona è al trentaduesimo posto, dopo San Pietro e prima di San Giovanni.
E’ stato Vescovo di Verona dal 612 al 622, anno della sua morte. Le cronache ci narrano che dopo esser stato nominato Vescovo, si è ritirato a vita solitaria sulle montagne veronesi dette delle Saline. A questo proposito non sappiamo se si sia ritirato abdicando all’episcopato o se abbia lasciato un coadiutore a governare la diocesi. Più probabile l’ipotesi che abbia rinunciato al governo della diocesi lasciando sul posto un vescovo Concessus II. Mauro condusse vita isolata per circa sette anni, nel silenzio e in penitenza. Come pastore della diocesi scaligera, in piena epoca Longobarda, rimase legato alla sua comunità con la preghiera e la penitenza. Per lui l’ascesi era una scelta consapevole.
Di sicuro, sappiamo che andò a Saline, visse in solitudine, dedito solo ad opere di pietà e di penitenza. Sempre dalle cronache antiche sappiamo che ormai vecchio, avrebbe lasciato le montagne per tornare a Verona. Durante questo viaggio morì sulle colline, intorno alla città, nei pressi del colle San Felice, luogo dove è sorta una chiesa in suo onore. Il 21 novembre è indicato come il giorno della sua morte. Alcuni storici riferiscono che in quel giorno tutte le campane della città si misero a suonare a festa, inspiegabilmente da sole.
Anche a Saline, nel XIII secolo sorse un luogo di culto tra i più belli del territorio scaligero.
Mons. Franco Segala nel suo Catalogus sanctorum Ecclesia veronesnsis, trascrive l’elogium di San Mauro dal martirologio della Chiesa veronese: Veronae sancti Mauri eiusdem urbis episcopi, admiranda in pauperes liberalitate, animi demissione, orationis assiduitate et corporis maceratione celebris, qui se indignum arbitrans, episcopatui cessit; ad montes in eadem dioecesi ut solitariam vitam degeret, se recepit, ubi per septemnium ieiuniis, vigiliis et orationibus vacabit; Veronam rediens, in itinere Deo spitirum reddidit”.
Nel secolo di questo Vescovo a Verona c’è un nuovo vigore religioso e all’epoca del suo episcopato risalgono la costruzione di alcune chiese e la fondazione di alcuni monasteri femminili.
Nel 1961 la S. Congregazione dei Riti, su proposta del vescovo di Verona, il venerabile, Giuseppe Carraro, riunì la memoria dei santi vescovi veronesi sotto un'unica festa il 30 ottobre.
 



RAIMUNDO DE CARDONA, Beato
 


Commendatore fino alla morte del convento di San Martino in Perpignano (Francia), il Beato Raimondo da Cardona, fu elevato da un'angelica purezza.Famoso per la santità della vita non mancò di essere ricompensato da Dio con favori straordinari e felicemente salì alla patria celeste.
L'Ordine lo festeggia il 30 ottobre.
 
SATURNINO DE CAGLIÁRI, Santo




Può far sorridere i moderni Cagliaritani che ben conoscono la loro bella chiesa dei santi Cosma e Damiano, sapere che il fondatore del monastero accanto a quella chiesa scelse tale luogo perché si trovava, allora, "lontano dal rumore della città di Cagliari ".
Oggi la chiesa, situata a oriente del centro cittadino, si trova in piena città moderna ed è circondata dal rumore dell'attività giornaliera e della vita di una moderna comunità, e la cornice è dunque ben diversa da quella del VI secolo, quando visse San Fulgenzio di Ruspe. Questo personaggio, originario dell'Oriente, dove era diventato Vescovo, venne esiliato in Sardegna, dove dovette trattenersi una quindicina di anni. In quel tempo volle costruire un monastero e scelse appunto il luogo "lontano dal rumore della città", ad oriente di Cagliari.
Già allora esisteva lì una chiesa, anzi una basilica. Era intitolata a San Saturnino, e soltanto più tardi ha preso il nome dei due fratelli medici, Cosma e Damiano.
Si capisce quindi come questo monumento sia interessante dal punto di vista storico e artistico. Infatti, questa chiesa cagliaritana presenta le caratteristiche di un'architettura di tipo bizantino influenzata dalle costruzioni di quel periodo e di quello stile che un tempo si trovavano nelle regioni mediterranee dell'Africa. Questo particolare tipo di arte bizantina, scomparso quasi del tutto in Africa, si è conservato nell'isola che, simile a un grande parco nazionale dell'arte e della civiltà, custodisce memorie e vestigia antiche non soltanto di secoli, ma di molti millenni, con la freschezza di fiori di serra.
Ma chi era il San Saturnino, al quale, già nel VI secolo, era dedicata la basilica oggi intitolata ai Santi Cosma e Damiano?
La risposta non è facile, o meglio le risposte sono più d'una, e non è facile dire quale sia la più soddisfacente.
Secondo una tradizione, Saturnino è un Martire locale, di cui si narra una leggendaria Passione. Gli storici però osservano che tale tradizione è piuttosto tardiva, risalendo al Mille. Sembra costruita a posteriori per dare un volto e una storia al Santo al quale era dedicata l'antica basilica.
Per di più, il racconto della Passione di San Saturnino di Cagliari ricalca quello di un altro San Saturnino, quello di Tolosa, e di San Sergio.
Più probabile è l'ipotesi che vedrebbe in San Saturnino un Martire africano venerato in Sardegna, dati i frequenti contatti tra l'isola e le regioni mediterranee del continente africano, testimoniati anche, come abbiamo detto, nel campo dell'architettura medievale.
Ma di quale Saturnino Martire africano può trattarsi? I Martiri di questo nome sono piuttosto numerosi, e nessun indizio aiuta a scegliere quello giusto, o almeno probabile.
In conclusione, la personalità storica di San Saturnino di Cagliari è nebulosa, anzi francamente oscura. Resta la realtà del suo culto millenario nell'isola forte e generosa, e la sostanza di un monumento fuor del comune, a Cagliari, che ne ricorda la gloria e ne celebra i fasti, aggiungendo alla suggestione della leggenda e al calore della devozione il tocco fiorito della bellezza.
TEONESTO ou (Teonisto ou Tonisto), Santo

 

Lo svolgersi della sua ‘Vita’ è ritenuto privo di validi fondamenti. Nel IX sec. uno storico dell’epoca lo classifica come vescovo. Abbiamo due versioni della Passio quella del sec. X e quella del sec. XI, e vari elementi sono confusi fra loro. Secondo quella del sec. X Teonesto vescovo proveniente dall’isola di Namsis,
Assieme ai discepoli Albano, Urso, Tabra e Tabrata sarebbe giunto in Gallia per la via di Milano; ad Augusta (forse Aosta) Urso morì martire.
S. Teonesto con i rimanenti compagni si portò dal re Sisemund che a sua volta lo inviò dal vescovo Paolino, ma a Magonza anche Albano fu martirizzato. Entrato nel paese dei Goti il vescovo fu abbandonato in mare con gli altri due discepoli su una nave difettosa, dopo un lungo viaggio, oltrepassata Otranto, giunse nel Golfo di Venezia dove appena sbarcato fu ucciso dagli ariani insieme a Tabra e Tabrata il 30 ottobre del 380, presso Altino sul Sile, precisamente a Musestre.
Secondo la versione del l’XI sec., il santo vescovo viene nominato per la prima volta con il nome di Teonesto, il quale esce da Filippi, partecipa al Concilio di Cartagine del 670, come si vede circa tre secoli dopo, per il resto le notizie coincidono più o meno fra le due versioni. Teonesto è onorato a Magonza insieme ai due martiri Albano ed Urso e a Treviso insieme ai due martiri Tabra e Tabrata.
A Treviso divenne patrono della sede episcopale solo dopo il Mille; vengono menzionati per la prima volta nel calendario locale nel 1184. Sue reliquie sono conservate a Treviso e nella chiesa di s. Lorenzo a Venezia.
Il santo da solo o in compagnia viene effigiato e scolpito in vari posti del trevigiano a partire dal Duomo, ai Comuni di Marano Veneziano, Possagno, ecc. La sua festa è al 30 ottobre

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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros











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