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Abril-2018
Nº 3 6 0 0
Série - 2018 - (nº 2 6 0)
18 de SETEMBRO de 2018
SANTOS DE CADA DIA
11º A N O
LOUVADO SEJA PARA SEMPRE
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
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Todos os Católicos com verdadeira Fé,
deverão Comemorar e Lembrar
os Santos e Beatos de cada dia, além de procurar seguir os seus exemplos
deverão Comemorar e Lembrar
os Santos e Beatos de cada dia, além de procurar seguir os seus exemplos
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JOSÉ DE CUPERTINO, Santo
Em Ósimo, no Piceno, hoje nas Marcas, Itália, São JOSÉ DE CUPERTINO presbitero da Ordem dos Frades Menores Conventuais que, nas circunstâncias adversas da sua vida, resplandeceu pela pobreza, humildade e caridade para com os necessitados de Deus. (1663)
Em Prymnesso, na Frígia, hoje Turquia, Santa ARIADNA mártir. (data incerta)
FERRÉOLO DE VIENNE, Santo
No território da Gália Vienense, hoje França, São FERRÉOLO mártir que, segundo consta, era tribuno no tempo da perseguição e se recusou a prender os cristãos: por isso, feito prisioneiro por ordem do governador, foi cruelmente flagelado e metido no cárcere; tendo-se evadido, foi novamente capturado pelos perseguidores e, decapitado, recebeu a palma do martírio. (séc. III)
EUSTÓRGIO DE MILÃO, Santo
Em Milão, na Ligúria, Itália, Santo EUSTÓRGIO bispo, cuja confissão de fé contra os erros arianos é louvada por Santo ATANÁSIO. (355)
SENÁRIO DE AVRANCHES, Santo
Em Avranches,no litoral da Bretanha Menor, hoje França, São SENÁRIO bispo. (séc. VI)
FERREÓLO DE LIMOGES, Santo
Em Limoges, na Aquitânia, França, São FERRÉOLO bispo que libertou de um iminente perigo a Marcos porta-voz do rei Quilderico, quando o povo desta cidade o queria matar. (séc. VI)
Em Gortina, na ilha de Creta, Santo EUMÉNIO bispo. (séc. VII)
Em Andlau, na Alsácia da Lotaríngia, hoje Alemanha, Santa RICARDA que era rainha mas, renunciando ao reino terreno, serviu a Deus num mosteiro por ela fundado. (895)
DOMINGOS TRACH, Santo
Em Nam Dinh, Tonquim, Vietname, São DOMINGOS TRACH presbitero da Ordem dos Pregadores e mártir, que, no tempo do imperador Minh Mang preferindo morrer a ter de psiar o crucifixo foi degolado e assim consumou o martírio. (1840)
DAVID OKELO e GILDO IRWA, Beatos
Em Paimol, localidade próxima da missão de Kalongo, no Uganda, os beatos DAVID OKELO e GILDO IRWA catequistas e mártires que, tendo-se espontaneamente oferecido para anunciar o Evangelho ao seu povo, foram mortos a golpes de lança pelos pagãos do lugar e assim manifestaram com o seu intrépido martírio o poder de Cristo. (1918)
In data odierna il calendario liturgico della diocesi di Saluzzo (Cn) riporta la memoria dei “Santi Costanzo e Compagni martiri”, che tale Chiesa locale venera come patroni secondari. Per meglio comprendere l'origine del culto di questi intrepidi testimoni della fede cristiana, occorre però ripercorrere brevemente la vicenda della celebre Legione Tebea, alla quale la pietà popolare ha leggendariamente arruolato i santi oggi in questione.
Al 22 settembre il nuovo Martyrologium Romanum cita così questo glorioso esercito: “A Saint-Maurice-en-Valais in Svizzera, ricordo dei Santi martiri Maurizio, Essuperio, Candido, soldati, che, come narra Sant'Eucherio di Lione, con i loro compagni della Legione Tebana e il veterano Vittore, nobilitarono la storia della Chiesa con la loro gloriosa passione, venendo uccisi per Cristo sotto l'imperatore Massimiano”. Seppur sinteticamente, sono così ben riassunte le poche certezze che danno un fondamento storico al vasto culto sviluppatosi in tutta Europa ed in particolare sulle Alpi. Secondo cronache redatte in un tempo successivo furono solo due i soldati che riuscirono a scampare al sanguinoso eccidio, ma presto iniziarono a fiorire leggende su altri soldati che trovarono rifugio in svariate località, intraprendendo una capillare opera di evangelizzazione e subendo poi anch'essi il martirio.
Se ne contano all'incirca 400, di cui quasi una sessantina solo in Piemonte, tra i quali i santi oggi in questione, agganciati all'ormai proliferante ed avvincente Legione dalla fantasia di alcuni agiografi che nulla conoscevano di certo relativamente a questi antichi martiri.
San Costanzo raggiunse la Val Maira, oggi in provincia di Cuneo, con alcuni suoi compagni tra i quali Costantino, Dalmazzo, Desiderio, Isidoro, Magno, Olimpio, Ponzio, Teodoro e Vittore. Dedicatisi alla diffusione del Vangelo tra le popolazioni locali, iniziò una persecuzione nei loro confronti, o meglio in odio alla fede cristiana, a cui in un primo tempo sopravvisse solamente Costanzo, che dovette dunque dare sepoltura ai suoi amici.
Alla seconda parte della sua avventura nella “Granda” è legata una curiosa tradizione di carattere prettamente geologico. Dal capoluogo del comune di Villar San Costanzo con una breve passeggiata si raggiunge sulla destra la costa Pragamonti ove spiccano svariete colonne sormontate da un grosso masso di pietra, da sempre popolarmente denominate “Ciciu”, cioè pupazzi. Queste formazioni rocciose, assai simili ai “Camini delle fate” della Cappadocia e a “Les demoiselles coiffées” della Durance (Francia), sono state originate dall'erosione attuata dall'acqua sul terreno argilloso: tali colonne sono infatti composte da friabile terra argillosa mista a granuli di quarzo e lamelle di mica con profondi solchi verticali, mentre massi di gneiss compatto di colore grigio scuro fungono da cappeli. L'antica leggenda locale racconta invece che un centinaio di legionari romani presero ad inseguire San Costanzo per arrestarlo, ma giunti sino a tale luogo egli maledì i loro cuori di pietra e li pietrificò trasformandoli in ciciu. Qualcuno riuscì poi comunque purtroppo a raggiungerlo ed a decapitarlo. Proprio sul luogo del martirio, fra faggi e castagni sulle pendici del monte San Bernardo, sorge ancora oggi il maestoso complesso architettonico del santuario detto di San Costanzo al Monte. Della costruzione primitiva, probabilmente risalente ai tempi dei longobardi, non restano tracce, escludendo alcune sculture databili intorno all'VIII secolo. L'attuale edificio risale a diverse epoche successive. L'erezione della prima chiesa in pietra, posta a levante e della sottostante cripta, avvenne attorno al 1190. Successivamente si pensò di aggiungere un'ulteriore costruzione, nonché l'attuale facciata barocca, a completamento dell'edificio primitivo.
Nella chiesa parrocchiale sottostante, già chiesa abbaziale benedettina dei Santi Vittore e Costanzo, Sono custoditi alcuni reperti della sua tomba, in particolare un marmo con segni vermigli e consunto dal contatto con le mani dei fedeli.
Ogni anno giunge a Villar un gran numero di devoti in occasione della festa, forse attratti anche dalla processione con i cavalieri in costume, dai caratteristici ciciu e da altre coreografiche manifestazioni.
La popolarità di cui giunse a godere questo santuario fece di San Costanzo uno dei più venerati martiri tebei, nonostante la totale assenza di certezze circa la reale identità del personaggio.
La diocesi di Saluzzo lo ha eletto quale patrono insieme con l'altro celebre soldato tebeo San Chiaffredo. Le statue dei due martiri svettano infatti ai lati dell'altar maggiore della cattedrale cittadina.
Il presupposto che San Costanzo abbia militato nella Legione Tebea gli ha simbolicamente conferito la nazionalità egiziana, fattore che ha contribuito alla diffusione del suo culto anche presso la Chiesa Copta, che venera dunque tanto San Maurizio quanto tutti quei suoi leggendari compagni il cui ricordo è tramandato in un qualche piccolo santuario d'Europa.
L'iconografia relativa a San Costanzo è solita presentarlo con tutti gli attributi tipici dei soldati tebei: la palma del martirio, la spada, lo stendardo con croce rossa in campo bianco e la Croce Mauriziana, cioè trilobata, sul petto.
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ELIA DE MANTOVA, Beato
Appartenente al Terz'Ordine Francescano, fu eminente per spirito di preghiera e per carità verso il prossimo, che esercitò servendo gli ammalati dell'Ospedale Grande di Mantova. Morto in questa città nel 1488, ebbe sepoltura nella chiesa di S. Leonardo e sulla tomba fu eseguito col carbone il suo ritratto al naturale, che oggi non esiste più.
Elia operò miracoli in vita e dopo morte: di alcuni di essi esiste un Memoriale nell'archivio parrocchiale della sopraddetta chiesa (Due catastri ed un repertorio antichissimi, parte III, f. 87). Il Martirologio Francescano lo commemora col titolo di beato al 18 settembre; tale titolo gli viene attribuito in vari documenti mantovani.
Religioso (1603-1663)
Em Ósimo, no Piceno, hoje nas Marcas, Itália, São JOSÉ DE CUPERTINO presbitero da Ordem dos Frades Menores Conventuais que, nas circunstâncias adversas da sua vida, resplandeceu pela pobreza, humildade e caridade para com os necessitados de Deus. (1663)
Texto do livo SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
A vida de São JOSÉ DE CUPERTINO é sem dúvida uma das mais extraordinárias, e por vezes das mais perturbadoras que se encontram nos anais da santidade.
Os pais de JOSÉ sobretudo o pai, possuíam muitas virtudes mas pouca perícia nos negócios. Por isso nasceu JOSÉ, como Jesus, num estábulo, em Cupertino, no reino de Nápoles, a 17 de Junho de 1603. O mesmo recebeu formação enérgica de sua mãe, a ponto de dizer mais tarde: «Não precisei de noviciado para me ajustar à vida religiosa». Tinha aliás tudo o que se requer para pôr à prova toda a paciência dos seus educadores e para excitar a viveza dos seus camaradinhas. Era, de facto, quase incapaz de levantar uma palha do chão e o seu cérebro era refractário a qualquer estudo. Por ele andar quase sempre assim, deram-lhe a alcunha de boca aberta. Mas tudo o que era de Deus impressionava-o lo mais possível e transportava-o para fora de si.
Aos 17 anos quis entrar nos Menores conventuais, onde tinha dois tios. As aparências jogavam tão pouco em seu favor que o despediram. Apresentou-se então nos Capuchinhos, que o aturaram algum tempo e o experimentaram em tudo, mas os seus êxtases contínuos sujeitavam a louça do convento a uma prova bem custosa! Foi preciso mandá-lo embora. Deixando o hábito religioso, o pobre JOSÉ julgava que se lhe deslocava a carne dos ossos. Passado todavia algum tempo, os Conventuais reflectiram e concordaram em aceitá-lo, primeiramente para cuidar da mula do convento de Grotella; depois o espectáculo da sua piedade, austeridade, obediência e dons sobrenaturais decidiu a que o admitissem. Foi mesmo recebido como clérigo: Isto exigia pelo menos que ele fosse capaz de ler o missal e o breviário. FREI JOSÉ fazia todo o possível, mas o resultado era pouco. Quando a paciência do seu mestre começava a a faltar, ele punha-se a pedir: «Tenha paciência, assim crescerá o mérito». Mas era preciso ficar bem nos exames exigidos. Que ia acontecer? O Santo entregou o assunto à boa mãe, Nossa Senhora da Grotella. A 3 de Janeiro de 1627, o Bispo de Nardo interrogou-o antes de o admitir ao diaconado; abriu o livro dos Evangelhos e mandou-lhe explicar o texto: «Felizes as entranhas que Te trouxeram». Ele saiu-se admiravelmente. Antes do sacerdócio, apareceu, com os seus confrades, diante do bispo de Castro. A ciência dos primeiros examinados dir-se-á que respondeu pela dos últimos, que não foram interrogados. JOSÉ estava no número destes. Aqui está a razão por que ele ficou sendo o padroeiro dos candidatos nos exames.
Desde então a vida do Santo já não passa de uma série de milagres e de provações. Nem todos aceitavam e evidentemente com a mesma confiança ingénua os fenómenos sobrenaturais de que ele era objecto. Uma viagem que fez, por ordem do Superior, para visitar as casas da sua Ordem, no Sul de Itália, atraiu um pouco mais a atenção sobre ele, segundo o entender dum vigário geral. Foi denunciado ao santo Ofício, examinado primeiro em Nápoles e depois enviado a Roma. O seu Superior geral, primeiro desconfiado, depressa se mostrou conquistado e apresentou-o ao Sumo Pontífice URBANO VIII, diante do qual ele teve um êxtase. Enviado ao grande convento de Assis, suspirou ao entrar na Igreja: «Pai santo, tanto amastes a pobreza durante a vida, mas eis que hoje estás na prata e no brocado, e entre as mais sumptuosas decorações». São FRANCISCO ensinou-lhe que tudo isso não era pare ele, mas para o Hóspede do tabernáculo.
A hostilidade e a severidade dum guaridão muito fizeram sofrer JOSÉ. A sua maior privação constava em estar afastado de Nossa Senhora de Grotella, de Cupertino. Para consolação, o geral chamou-o a Roma por algum tempo. Mas regressando, foi acolhido em triunfo. Entrando na igreja, viu, pintada na abóboda, uma imagem de Nossa Senhora semelhante à de Grotella. Logo arrebatado fora de si, lançou-se ao ar para beijar a imagem, exclamando: «Minha Mãe, seguiste-me» Este fenómeno era ordinário e repetia-se a qualquer propósito em em quaisquer circunstâncias. Um dia, o embaixador de Espanha, depois de lhe falar na sala de visitas, quis apresentar-lhe a esposa na Igreja. Uma ordem do seu guardião venceu nele a repugnância a tratar com mulheres. Mas, logo que chegou á igreja, vendo a estátua de Nossa Senhora, voou para lhe beijar os pés, soltando o seu forte grito habitual. Depois duma prolongada oração, deu novo grito, desceu, beijou o chão, saudou a Virgem Maria e, com o rosto escondido no capuz, voltou à cela, deixando as senhoras meio-mortas de susto.
Vinham-no consultar outra personagens sobre a atitude que deviam tomar. Assim o principe Casimiro da Polónia que deixara o seu país a fim de se fazer jesuíta; tinha sido nomeado cardeal por INOCÊNCIO X.Acabava, com autorização do Papa, de renunciar a esta dignidade, para se casar com a viúva de seu irmão e dar herdeiros ao trono. Para tranquilizar a consciência, passou por Assis e perguntou ao santo: «É com o chapéu de cardeal ou então com a espada que eu sou chamado por Sua Divina Majestade?» - «Com a espada», responde. o santo.
Todo este movimento criado à volta do humilde religioso e os fenómenos sobrenaturais estranhos inquietaram de nova Inquisição. Em 1653, uma ordem do santo Ofício, tirou-o de Assis para o levar a um convento de capuchinhos, em Petra Rúbia, e depois, para o isolar mais, a Fossombrone. Como em Assis, e pelas mesmas razões, devia o santo viver isolado da comunidade. Como exemplo: a sua Missa durava habitualmente duas horas; de vez em quando, Deus avisava-o de que a abreviasse para chegar a tempo de ir desempenhar o sue ofício de esmoler
A elevação do cardeal Chigi ao pontificado supremo, com o nome de ALEXANDRE VII permitiu aos conventuais recuperar aquele que tinham como sua glória. Queriam reconduzi-lo a Assis, mas o papa respondeu: «Não, basta um São FRANCISCO em Assis». Foi envaido a Ósio, na Marca de Ancona, perto de Loreto (1657). Ao chegar lá, exclamou: «Este é o meu descanso». Foi lá que morreu a dezassete de Setembro de 1663. Foi beatificado por BENTO XIV em 1753, e canonizado por CLEMENTE XIII, em 1767.
JOÃO MASÍAS, Beato
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da editorial A. O. de Braga:
Este bem-aventurado servo de Deus, irmão da Ordem Dominicana, nasceu na vila extremenha de Ribera, Espanha, em Fevereiro de 1585. Os pais faleceram, deixando-o órfão e sem qualquer amparo, quando apenas contava quatro anos; mas já lhe tinham ensinado as principais orações. Apesar da sua tenra idade, entrou em combinação com um lavrador para lhe guardar uma vara de porcos. Um dia, estando entregue a essa humilde ocupação, apareceu-lhe o evangelista São JOÃO que desde esse momento o ficou a proteger. Nessa altura, o perturbado menino teve o primeiro êxtase e, transportado fora de si, mereceu contemplar a cidade celestial. O amparo de São JOÃO acompanhou-o durante a vida inteira, apartando.o de todo o mal e resguardando-lhe a pureza de qualquer acto que a pusesse em risco. Deste modo, o beato ao morrer, pôde gloriar-se de morrer virgem como outro São DOMINGOS.
Passados anos abandonou a pastorícia, encontrando o o sustento com o trabalho manual. Procurava sempre a soledade, como o ambiente mais a propósito para o sossego do espírito.
Depois foi para Sevilha e empregou-se em casa dum negociante, em companhia do qual se trasladou para o Novo Mundo. Por não saber ler, o patrão despediu-o em Cartagena das Índias; daí empreendeu MASÍAS viagem por terra até ao Peru.
Aos 37 anos em Janeiro de 1622, encontrando-se em Lima, recebeu o hábito dominicano, vindo a professar como leigo um ano depois. Ofereceu à comunidade o seu esforço corporal; por ele e pela submissa obediência, chegou ao cume da perfeição. Entregaram-lhe o serviço da portaria do Convento das Recolectas de Santa Maria Madalena que a Ordem Dominicana tinha em Lima.
Sem prejuízo das atenções próprias de tal cargo, dedicava à oração cada dia seis ou sete horas; e noite em que não tivesse consagrado o tão recomendável exercício pelo menos 3 ou 4 horas, parecia-lhe desperdiçada. Segundo confessou, quando isto lhe sucedia, na manhã seguinte sentia insuportável vergonha ao apresentar-se diante de Deus. Para maior sacrifício, cumpria estas devoções todo o tempo de joelhos. Como resultado deste esforço, e encontrando-se debilitado e fraco devido ao seu rigoroso ascetismo, sobreveio-lhe uma chaga rebelde num joelho. Depois de os médicos terem esgotado nele todos os esforços científicos, uma noite apareceu-lhe o seu protector São JOÃO EVANGELISTA deixando-o milagrosamente limpo da chaga.
Distribuía o tempo sem deixar um instante desocupado. Desde o amanhecer afadigava-se atendendo aos pobres envergonhados, preparando-lhes de comer e servindo com grande humildade os que vinham pedir socorro à portaria. O descanso limitava-o apenas a inclinar-se de bruços, com a face apoiada nos braços, ajoelhado diante duma imagem da Rainha dos Céus, sob a invocação de Belém, colocada à cabeceira da cama. Incansável em mortificar-se, cingia permanentemente o corpo com ásperos cilícios, escondidos debaixo do hábito.
Homem de admirável e exemplar observância da vocação a que fora chamado, merecedor de memória e celebridade a muitos títulos, nunca se pôde notar nele qualquer coisa que desdissesse do seu estado, perfeitíssimo em todas as virtudes, amável e contemplativo, fez vida de extrema austeridade. A juizo do seu confessor, não incorreu em toda a vida em pecado mortal, nem em venial de malícia.
Foi de mediana estatura, com o rosto branco e feições delicadas, a barba espessa e negra,. O retrato que dele se conhece mostra-nos semblante ascético, macerado pela penitência. Notabilizou-se pela integridade de ânimo e paciência em combates encarniçados com o espírito infernal. E ninguém lhe levou vantagem no exercício da caridade. Com frequência, quando escasseavam as provisões para os necessitados que a ele acudiam, jejuava para ceder-lhes parte do seu próprio almoço. Por outro lado, é fama que a Divina Providência multiplicava milagrosamente a comida que servia.
Segundo os autores que escreveram sobre a sua vida, virtudes e prodígios do beato MASÍAS, e atendo-nos à autobiografia que ditou na véspera da morte, Nossa Senhora de Belém, a que professava singular devoção, apresentou-se-lhe várias vezes para revelar o futuro e confortá-lo nas suas penitências. Outras testemunhas depuseram no processo de beatificação o seguinte:
"que, ao mesmo tempo que atendia às suas obrigações no refeitório, cozinha ou portaria, sentia raptos extáticos e era visto, em sublime arroubamento, elevar-se do solo, aureolado por vivíssimo resplendor".
Em 1645 adoeceu gravemente, e em tal altura a sua cela foi visitada, uma vez mais, por todos os que em Lima eram mais importantes; sobressaiu o vice-rei, marquês de Mancera. O santo morreu a 17 de Setembro desse ano, com 60 anos de idade.
Vieram ao enterro do humilde leigo, o referido vice-rei, o arcebispo, todas as comunidades e corporações religiosas e civis de Lima e uma multidão que já o aclamava como digno de ser elevado aos altares. As suas relíquias, assim como os retratos, eram objectos de grandes disputas, pois era sabido que operavam prodígios. Um ano depois do falecimento, foi trasladado o cadáver a outra sepultura dentro do mesmo convento em que o beato se tinha santificado. Encontrou-se então o corpo incorrupto a exalar singular fragrância,.
São inumeráveis os prodígios que se lêem nas suas biografias. Curas sobrenaturais, aparições extraordinárias...
Referiremos um sucesso notável acontecido depois da sua morte e que, segundo a tradição constante em Lima, merece total crédito.
Numa localidade perto da capital do Peru, o Beato, antes de se fazer dominicano, tinha à sua conta o gado de um senhor distinto. Naquele sítio havia várias laranjeiras, e numa delas, abrindo a casca, o devoto pastor traçou cruzes; ao pé dela rezava e dela dependurava o seu terço. Quinze anos depois de ele falecer, o proprietário do, laranjal mandou cortá-lo e, precisamente no dia em que a Igreja comemora o triunfo da Santa Cruz, o encarregado do corte descobriu no interior duma das árvores duas cruzes do tamanho de um palmo. Todos se admiraram, e logo se improvisou uma fervorosa procissão, que levou as cruzes com todo o respeito para lugar sagrado.
Os portentos que durante a vida realizara o servo de Deus, a pública voz e fama das suas virtudes, e a devoção geral, afervorada ainda mais a seguir à sua morte devido aos milagres, moveram os seus irmãos dominicanos a promoverem-lhe a causa da beatificação. Depuseram mais de 150 testemunhas e todas coincidiram em ponderar a virtude santa e exemplar do caritativo religioso.
Foi beatificado pelo papa GREGÓRIO XVI em 1840. A sua festa ficou a celebrar-se com toda a solenidade na Igreja peruana,
OCEANO, Santo
Na Nicomédia, Bitínia, hoje Izmit, na Turquia, Santo OCEANO mártir. (data incerta)
ARIADNA, Santa
ARIADNA, Santa
Em Prymnesso, na Frígia, hoje Turquia, Santa ARIADNA mártir. (data incerta)
FERRÉOLO DE VIENNE, Santo
No território da Gália Vienense, hoje França, São FERRÉOLO mártir que, segundo consta, era tribuno no tempo da perseguição e se recusou a prender os cristãos: por isso, feito prisioneiro por ordem do governador, foi cruelmente flagelado e metido no cárcere; tendo-se evadido, foi novamente capturado pelos perseguidores e, decapitado, recebeu a palma do martírio. (séc. III)
EUSTÓRGIO DE MILÃO, Santo
Em Milão, na Ligúria, Itália, Santo EUSTÓRGIO bispo, cuja confissão de fé contra os erros arianos é louvada por Santo ATANÁSIO. (355)
SENÁRIO DE AVRANCHES, Santo
Em Avranches,no litoral da Bretanha Menor, hoje França, São SENÁRIO bispo. (séc. VI)
FERREÓLO DE LIMOGES, Santo
Em Limoges, na Aquitânia, França, São FERRÉOLO bispo que libertou de um iminente perigo a Marcos porta-voz do rei Quilderico, quando o povo desta cidade o queria matar. (séc. VI)
EUMÉNIO DE GORTINA, Santo
Em Gortina, na ilha de Creta, Santo EUMÉNIO bispo. (séc. VII)
RICARDA DE ANDLAU, Santa
Em Andlau, na Alsácia da Lotaríngia, hoje Alemanha, Santa RICARDA que era rainha mas, renunciando ao reino terreno, serviu a Deus num mosteiro por ela fundado. (895)
DOMINGOS TRACH, Santo
Em Nam Dinh, Tonquim, Vietname, São DOMINGOS TRACH presbitero da Ordem dos Pregadores e mártir, que, no tempo do imperador Minh Mang preferindo morrer a ter de psiar o crucifixo foi degolado e assim consumou o martírio. (1840)
DAVID OKELO e GILDO IRWA, Beatos
Em Paimol, localidade próxima da missão de Kalongo, no Uganda, os beatos DAVID OKELO e GILDO IRWA catequistas e mártires que, tendo-se espontaneamente oferecido para anunciar o Evangelho ao seu povo, foram mortos a golpes de lança pelos pagãos do lugar e assim manifestaram com o seu intrépido martírio o poder de Cristo. (1918)
CARLOS ERAÑA GURUCETA, Beato
Em Ciudad Real, Espanha, o Beato CARLOS ERAÑA GURUCETA religioso da Companhia de Maria e mártir que, durante a perseguição violenta contra os sacerdotes e os religiosos foi preso pelos milicianos e fuzilado sem processo judicial. (1936)
FERNANDO GARCIA SENDRA e
JOSÉ GARCIA MÁS, Beatos
Em Em Gandia, Valência, Espanha, os beatos FERNANDO GARCIA SENDRA e JOSÉ GARCIA MÁS presbiteros e mártires que, durante a mesma perseguição confirmaram com o seu sangue a fidelidade ao Senhor. (1936)
AMBRÓSIO (Salvador Chuliá Ferrandis), VALENTIM (Vicente Jaunzarás Gómez), FRANCISCO (Justo Lerma Martinez),
RECAREDO (José López Mora) e
MODESTO (Vicente Gay Zarzo), Beatos
Em Monserrat, Valência, Espanha, os beatos AMBRÓSIO (Salvador Chuliá Ferrandis) e VALENTIM (Vicente Jaunzarás Gómez), presbiteros e FRANCISCO (Justo Lerma Martinez), RECAREDO (José López Mora) e MODESTO (Vicente Gay Zarzo) todos eles religiosos da Congregação dos Terciários Capuchinhos de Nossa Senhora das Dores, que, na mesma perseguição, foram coroados de glória pelo testemunho de Cristo. (1936)
SALVADOR FERNÁNDEZ PÉREZ, Beato
Em Paracuellos del Jarama, Madrid, Espanha, o beato SALVADOR FERNÁNDEZ PÉREZ presbitero da Sociedade Salesiana e mártir. (1936)
JOSÉ KUT, Beato
No campo de concentração de Dachau, Munique,. Baviera, Alemanha, o Beato JOSÉ KUT presbitero e mártir, natural da Polónia que durante a guerra foi encerrado no terrivel cárcere por causa da sua fé cristã e, depois de cruéis tormentos, foi ao encontro do Senhor. (1942)
Em Ciudad Real, Espanha, o Beato CARLOS ERAÑA GURUCETA religioso da Companhia de Maria e mártir que, durante a perseguição violenta contra os sacerdotes e os religiosos foi preso pelos milicianos e fuzilado sem processo judicial. (1936)
FERNANDO GARCIA SENDRA e
JOSÉ GARCIA MÁS, Beatos
Em Em Gandia, Valência, Espanha, os beatos FERNANDO GARCIA SENDRA e JOSÉ GARCIA MÁS presbiteros e mártires que, durante a mesma perseguição confirmaram com o seu sangue a fidelidade ao Senhor. (1936)
AMBRÓSIO (Salvador Chuliá Ferrandis), VALENTIM (Vicente Jaunzarás Gómez), FRANCISCO (Justo Lerma Martinez),
RECAREDO (José López Mora) e
MODESTO (Vicente Gay Zarzo), Beatos
Em Monserrat, Valência, Espanha, os beatos AMBRÓSIO (Salvador Chuliá Ferrandis) e VALENTIM (Vicente Jaunzarás Gómez), presbiteros e FRANCISCO (Justo Lerma Martinez), RECAREDO (José López Mora) e MODESTO (Vicente Gay Zarzo) todos eles religiosos da Congregação dos Terciários Capuchinhos de Nossa Senhora das Dores, que, na mesma perseguição, foram coroados de glória pelo testemunho de Cristo. (1936)
SALVADOR FERNÁNDEZ PÉREZ, Beato
Em Paracuellos del Jarama, Madrid, Espanha, o beato SALVADOR FERNÁNDEZ PÉREZ presbitero da Sociedade Salesiana e mártir. (1936)
JOSÉ KUT, Beato
No campo de concentração de Dachau, Munique,. Baviera, Alemanha, o Beato JOSÉ KUT presbitero e mártir, natural da Polónia que durante a guerra foi encerrado no terrivel cárcere por causa da sua fé cristã e, depois de cruéis tormentos, foi ao encontro do Senhor. (1942)
... E AINDA ...
COSTANZO e companheiros Maurizio, Essuperio, Cândido, Santos
In data odierna il calendario liturgico della diocesi di Saluzzo (Cn) riporta la memoria dei “Santi Costanzo e Compagni martiri”, che tale Chiesa locale venera come patroni secondari. Per meglio comprendere l'origine del culto di questi intrepidi testimoni della fede cristiana, occorre però ripercorrere brevemente la vicenda della celebre Legione Tebea, alla quale la pietà popolare ha leggendariamente arruolato i santi oggi in questione.
Al 22 settembre il nuovo Martyrologium Romanum cita così questo glorioso esercito: “A Saint-Maurice-en-Valais in Svizzera, ricordo dei Santi martiri Maurizio, Essuperio, Candido, soldati, che, come narra Sant'Eucherio di Lione, con i loro compagni della Legione Tebana e il veterano Vittore, nobilitarono la storia della Chiesa con la loro gloriosa passione, venendo uccisi per Cristo sotto l'imperatore Massimiano”. Seppur sinteticamente, sono così ben riassunte le poche certezze che danno un fondamento storico al vasto culto sviluppatosi in tutta Europa ed in particolare sulle Alpi. Secondo cronache redatte in un tempo successivo furono solo due i soldati che riuscirono a scampare al sanguinoso eccidio, ma presto iniziarono a fiorire leggende su altri soldati che trovarono rifugio in svariate località, intraprendendo una capillare opera di evangelizzazione e subendo poi anch'essi il martirio.
Se ne contano all'incirca 400, di cui quasi una sessantina solo in Piemonte, tra i quali i santi oggi in questione, agganciati all'ormai proliferante ed avvincente Legione dalla fantasia di alcuni agiografi che nulla conoscevano di certo relativamente a questi antichi martiri.
San Costanzo raggiunse la Val Maira, oggi in provincia di Cuneo, con alcuni suoi compagni tra i quali Costantino, Dalmazzo, Desiderio, Isidoro, Magno, Olimpio, Ponzio, Teodoro e Vittore. Dedicatisi alla diffusione del Vangelo tra le popolazioni locali, iniziò una persecuzione nei loro confronti, o meglio in odio alla fede cristiana, a cui in un primo tempo sopravvisse solamente Costanzo, che dovette dunque dare sepoltura ai suoi amici.
Alla seconda parte della sua avventura nella “Granda” è legata una curiosa tradizione di carattere prettamente geologico. Dal capoluogo del comune di Villar San Costanzo con una breve passeggiata si raggiunge sulla destra la costa Pragamonti ove spiccano svariete colonne sormontate da un grosso masso di pietra, da sempre popolarmente denominate “Ciciu”, cioè pupazzi. Queste formazioni rocciose, assai simili ai “Camini delle fate” della Cappadocia e a “Les demoiselles coiffées” della Durance (Francia), sono state originate dall'erosione attuata dall'acqua sul terreno argilloso: tali colonne sono infatti composte da friabile terra argillosa mista a granuli di quarzo e lamelle di mica con profondi solchi verticali, mentre massi di gneiss compatto di colore grigio scuro fungono da cappeli. L'antica leggenda locale racconta invece che un centinaio di legionari romani presero ad inseguire San Costanzo per arrestarlo, ma giunti sino a tale luogo egli maledì i loro cuori di pietra e li pietrificò trasformandoli in ciciu. Qualcuno riuscì poi comunque purtroppo a raggiungerlo ed a decapitarlo. Proprio sul luogo del martirio, fra faggi e castagni sulle pendici del monte San Bernardo, sorge ancora oggi il maestoso complesso architettonico del santuario detto di San Costanzo al Monte. Della costruzione primitiva, probabilmente risalente ai tempi dei longobardi, non restano tracce, escludendo alcune sculture databili intorno all'VIII secolo. L'attuale edificio risale a diverse epoche successive. L'erezione della prima chiesa in pietra, posta a levante e della sottostante cripta, avvenne attorno al 1190. Successivamente si pensò di aggiungere un'ulteriore costruzione, nonché l'attuale facciata barocca, a completamento dell'edificio primitivo.
Nella chiesa parrocchiale sottostante, già chiesa abbaziale benedettina dei Santi Vittore e Costanzo, Sono custoditi alcuni reperti della sua tomba, in particolare un marmo con segni vermigli e consunto dal contatto con le mani dei fedeli.
Ogni anno giunge a Villar un gran numero di devoti in occasione della festa, forse attratti anche dalla processione con i cavalieri in costume, dai caratteristici ciciu e da altre coreografiche manifestazioni.
La popolarità di cui giunse a godere questo santuario fece di San Costanzo uno dei più venerati martiri tebei, nonostante la totale assenza di certezze circa la reale identità del personaggio.
La diocesi di Saluzzo lo ha eletto quale patrono insieme con l'altro celebre soldato tebeo San Chiaffredo. Le statue dei due martiri svettano infatti ai lati dell'altar maggiore della cattedrale cittadina.
Il presupposto che San Costanzo abbia militato nella Legione Tebea gli ha simbolicamente conferito la nazionalità egiziana, fattore che ha contribuito alla diffusione del suo culto anche presso la Chiesa Copta, che venera dunque tanto San Maurizio quanto tutti quei suoi leggendari compagni il cui ricordo è tramandato in un qualche piccolo santuario d'Europa.
L'iconografia relativa a San Costanzo è solita presentarlo con tutti gli attributi tipici dei soldati tebei: la palma del martirio, la spada, lo stendardo con croce rossa in campo bianco e la Croce Mauriziana, cioè trilobata, sul petto.
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ELIA DE MANTOVA, Beato
Appartenente al Terz'Ordine Francescano, fu eminente per spirito di preghiera e per carità verso il prossimo, che esercitò servendo gli ammalati dell'Ospedale Grande di Mantova. Morto in questa città nel 1488, ebbe sepoltura nella chiesa di S. Leonardo e sulla tomba fu eseguito col carbone il suo ritratto al naturale, che oggi non esiste più.
Elia operò miracoli in vita e dopo morte: di alcuni di essi esiste un Memoriale nell'archivio parrocchiale della sopraddetta chiesa (Due catastri ed un repertorio antichissimi, parte III, f. 87). Il Martirologio Francescano lo commemora col titolo di beato al 18 settembre; tale titolo gli viene attribuito in vari documenti mantovani.
IRENE e SOFIA e filhas
FÉ, ESPERANÇA e CARIDADE, Santas
I Sinassari bizantini e i Menei commemorano al 17 o 18 settembre le due sante donne Sofia e Irene senza alcuna precisazione su di esse, sull'epoca e il luogo in cui vissero. Essendo la loro memoria direttamente collegata alla precedente, che commemora i "martiri" Eraclide e Mirone vescovi di Tamasos di Cipro, si può legittimamente concludere che, nello spirito dei sinassaristi, Dofia e Irene erano considerate anch'esse come martiri. Cosa, peraltro, che risulta dall'annuncio e dal distico con cui le annunciano i Menei. Nel distico, poi, si fa allusione alla loro decapitazione.
In Occidente, C. Baronio fu il primo ad introdurre il culto di Sofia e Irene con la qualifica di martiri, nel Martirologio Romanoi, al 18 settembre.
I Bollandisti, nel commento al Martirologio Romano, fanno notare che a Costantinopoli, nella chiesa di Santa Sofia, era annessa, come una delle dipendenze, la chiesa di S. Irene.
Non è inutile sottolineare anche che, sempre al 17 settembre, nei Sinassari bizantini sono commemorate s. Sofia e le sue figlie, Fede, Speranza e Carità.
In Occidente, C. Baronio fu il primo ad introdurre il culto di Sofia e Irene con la qualifica di martiri, nel Martirologio Romanoi, al 18 settembre.
I Bollandisti, nel commento al Martirologio Romano, fanno notare che a Costantinopoli, nella chiesa di Santa Sofia, era annessa, come una delle dipendenze, la chiesa di S. Irene.
Non è inutile sottolineare anche che, sempre al 17 settembre, nei Sinassari bizantini sono commemorate s. Sofia e le sue figlie, Fede, Speranza e Carità.
ESTEVÃO PINA, Beato
Uomo di grandissima santità, il mercedario Beato Stefano Pina, faceva parte del convento di Santa Maria in Arguines (Spagna). Nel tempo in cui imperversava la peste egli si mise al servizio di tutti quei poveri colpiti dalla mortale malattia e con grande carità li soccorreva fisicamente e spiritualmente. Contagiato lui stesso e ritiratosi nel suo convento, il 18 settembre 1317 nell'ora della morte fu onorato dall'apparizione di San Raffaele Arcangelo in abiti mercedari, che lo consolò e gli amministrò il viatico.
L'Ordine lo commemora il 18 settembre
L'Ordine lo commemora il 18 settembre
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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
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Textos recolhidos
In
MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
e através dos sites:
Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral,
e do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial de Braga, além de outros, eventualmente
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Quanto às de minha autoria, não coloco quaisquer entraves para quem quiser copiá-las