Caros Amigos:
Desejo a todos os meus leitores
UM BOM ANO DE 2016
Nº 2822 - (203 - 2016)
21 DE JULHO DE 2016
SANTOS DE CADA DIA
8º A N O
LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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LOURENÇO DE BRINDES, Santo
São LOURENÇO DE BRINDES presbitero e doutor da Igreja que, tendo entrado na Ordem dos Frades Menores Capuchinhos, desempenhou incansavelmente o ministério da pregação em várias regiões da Europa, quer para defender a Igreja dos ataques dos infiéis, quer para promover a reconciliação dos príncipes, quer no governo da sua Ordem, realizando toda a sua actividade com simplicidade e humildade. Morreu em Lisboa, Portugal, no dia 22 de Julho. (1619)
VÍTOR, Santo
Em Marselha, na Provença, Gália hoje França, São VÍTOR mártir. (292)
SIMEÃO SALO e JOÃO, Santos
Em Emessa, hoje Homs, na Síria, São SIMEÃO SALO que , movido pelo Espírito Santo, quis ser considerado louco por amor de Cristo e ignóbil aos olhos dos homens. Também a comemoração de São JOÃO eremita que, durante quase trinta anos, foi companheiro de São SIMEÃO na peregrinação aos Lugares Santos e no ermo próximo do lago Asfáltite, na Judeia. (séc. IV)
PRAXEDES de Roma, Santa
Em Roma, a comemoração de Santa PRAXEDES a cujo título foi dedicada a Deus uma igreja no Esquilino. (491)
ARBOGASTO, Santo
Em Estrasburgo, Borgonha, hoje na França, santo ARBOGASTO bispo. (séc. VI)
GABRIEL PERGAUD, Beato
Num barco-prisão ancorado ao largo de Rochefort, França, o Beato GABRIEL PERGAUD presbitero e mártir que, sendo cónego regular na abadia de Beaulieu, no territorio de Saint-Brieuc durante a revolução francesa, por causa do sacerdócio foi arrebatado para fora da abadia e encarcerado na esquálida galera, onde consumou o seu martirio, morrendo afectado por uma enfermidade contagiosa. (1794)
ALBERICO CRESCITÉLLI, Santo
Em Yanzibian, próximo de Yangpingguan, na China, Santo ALBERICO CRESCITÉLLI presbitero do Pontificio Instituto das Missões Estrangeiras e mártir que, durante a perseguição dos «Yihetuan» cruelmente espancado quase até à morte, fui no dia seguinte arrastado por um caminho pedregoso com os pés ligados até ao rio, onde, minuciosamente dilacerado e finalmente decapitado, recebeu a coroa do martirio. (1900)
JOSÉ WANG YUMEI, Santo
A caminho de Daining, próximo de Yongnian, Hebei, China, a paixão de São JOSÉ WANG YUMEI mártir na mesma perseguição. (1900)
AGRÍCOLA RODRIGUEZ GARCIA DE LOS HUERTOS, Beato
Em Mora, próximo de Toledo, erspan ha, o Beato AGRÍCOLA RODRIGUEZ GARCIA DE LOS HUERTOS presbitero da diocese de Toledo e mártir. (1936)
JOSÉ LIMÓN LIMÓN e JOSÉ BLANCO SALGADO, Beatos
Em Morón de La Frontera, Sevilha, Espanha, os beatos mártires JOSÉ LIMÓN LIMÓN presbitero e JOSÉ BLANCO SALGADO religioso ambnos da Sociedade Salesiana. (1936)
... E AINDA ...
DANIEL, Santo
Non esiste ragione fondata per dubitare dell'esistenza storica di Daniele e dei fatti e delle visioni a lui attribuite, sia che si ammetta essere Daniele stesso all'origine delle tradizioni orali o scritte, raccolte dal redattore del sec. II, sia che si preferisca un'origine alquanto posteriore, ma sempre vicina alle tradizioni e ai tempi di Daniele (sec. VI). Lasciando come dubbia, o almeno non dimostrata, l'identità del profeta col Daniele di Ez. (14,14,20; 28,3), nominato tra Noè e Giobbe e lodato per la sua giustizia e sapienza, limitiamoci alle notizie del libro.
Daniele, l'ultimo dei quattro profeti detti maggiori, giudeo, nato probabilmente a Gerusalemme da famiglia nobile, forse imparentata coi re di Giuda, fu deportato a Babilonia da Nabucodonosor, insieme con altri giovani dello stesso rango sociale, nell'anno terzo o quarto di Ioakin, re di Giuda, cioè il 606-605 a.C.
A Babilonia fu scelto con altri tre giovani nobili giudei (Anania, Azaria e Misaele) per essere ammesso, dopo una conveniente preparazione di tre anni nella lingua e negli usi dei Caldei, alla corte del re, per assolvere incarichi ufficiali onorifici. Secondo l'uso, fu loro cambiato il nome: a Daniele, che poteva avere allora dai quindici ai venti anni, si diede quello di Baltassar. Con i suoi compagni fu presentato al re al quale fece ottima impressione, non solo per la sua prestanza fisica (conservata malgrado l'astinenza dal vino, dalla carne, e da altri cibi prelibati che gli venivano offerti dalla mensa del re e che egli, per amore della Legge, gentilmente rifiutava), ma soprattutto per le doti di spirito che in lui il re poté ammirare quando, avendolo esaminato, trovò scienza e intelligenza dieci volte superiori a quelle di tutti i suoi magi e indovini (Dan. 1, 20). Ammesso pertanto alla corte, dopo che ebbe dato saggi non equivocabili, anzi, sbalorditivi, della sua rettitudine, fu fatto principe di Babilonia e prefetto su tutti i sapienti del regno; dietro sua richiesta, anche i compagni (Anania, Azaria e Misaele) ebbero posti onorevoli e cariche di responsabilità nella provincia, mentre egli rimaneva a palazzo presso il re (Dan. 2, 46-49).
Il primo saggio della sua probità e saggezza sembra sia stato dato da Daniele nella causa di Susanna: ella fu sottratta alla morte a cui era stata ingiustamente condannata, e la sentenza si ritorse contro i due giudici disonesti dopo che essi erano stati convinti pubblicamente da Daniele della loro falsa testimonianza contro l'innocente. Daniele è presentato in questo episodio in giovane età (Dan. 13, 45), circostanza che rende tanto più ammirevole la sua maturità di giudizio, in contrasto con la fatuità e corruzione dei due giudici anziani. Come questo suo intervento nel caso di Susanna gli acquistò fama presso il suo popolo, cioè gli esuli giudei, il cui numero era nel frattempo aumentato con la seconda deportazione del 598, così l'interpretazione del sogno di Nabucodonosor sulla grande statua plurimetallica, abbattuta dalla piccola pietra staccatasi dal monte, lo rese celebre tra i babilonesi e onorato della piena fiducia del re tra i principi della corte. Il Dio d'Israele è glorificato come Dio sommo, che solo ha la sapienza delle cose occulte e la comunica ai suoi servi fedeli, come Daniele (Dan. 2, 47).
Era l'anno dodicesimo di Nabucodonosor (=593), quando Daniele, allora tra i ventisette e i trent'anni, si affermò quale oracolo di Dio, favorito dalla scienza dei segreti, superiore di gran lunga a quella di tutti i magi, indovini, saggi e caldei di Babilonia. Egli non fu coinvolto nell'accusa dei babilonesi mossa contro i suoi tre compagni, Anania, Misaele e Azaria, per non aver voluto adorare la statua del re, ma la pena della fornace ardente, loro inflitta, dovette affliggerlo grandemente, vedendo che quello stesso ufficio onorifico di prefetto della provincia di Babilonia, concesso loro dal re per sua mediazione (Dan. 2, 49), era stato occasione di disgrazia: tuttavia l'esito felice di quella prova mutò la tristezza in gaudio e poiché i suoi compagni, scampati al fuoco, riebbero le loro cariche (Dan. 3, 97), il Dio di Israele fu riconosciuto con regio decreto come l'unico Dio vero, capace di salvare coloro che credono in lui (Dan. 3, 96).
Pochi anni dopo Daniele interpretò un altro sogno di Nabucodonosor, quello del grande albero rigoglioso, abbattuto e reciso, che risorse dalle radici con la magnificenza di prima. Daniele, chiamato dal re, gli spiegò il senso di quel sogno, invano cercato dai sapienti: l'albero è simbolo dello stesso re, che per la sua superbia sarà privato della gloria regia e ridotto allo stato umiliante di una bestia fino a che non riconoscerà che l'Altissimo detiene il dominio sul regno degli uomini e lo dà a chi vuole (Dan. 4, 21 sg.). Per mitigare alquanto questo annunzio così severo e terrificante Daniele, da buon amico, consiglia al re di procacciarsi la divina clemenza con opere buone e con la pietà verso i poveri (Dan. 4, 24).
Nuova prova dello spirito di sapienza ricevuto da Dio la diede Daniele nello svelare il senso delle enigmatiche parole Mane' Thecel, Phares nella cena di Baltassar, il quale nella lunga assenza di suo padre Nabonide, ne teneva le veci a Babilonia: questa cena di gala con tutti i principi e dignitari di corte, con le mogli e concubine, era un affronto alla religione dei giudei, in quanto in essa si faceva uso dei vasi sacri del Tempio di Gerusalemme. L'orgia si arrestò, però, alla vista della mano misteriosa che scriveva sul muro segni ignoti. I sapienti, magi e indovini, chiamati dal re, non furono capaci di decifrare la scrittura. Allora, su consiglio della regina, fu introdotto Daniele, che dopo aver rifiutato i sommi onori e i regali che il re gli prometteva, lesse e interpretò le fatidiche parole, che contenevano la sentenza di Dio sulla fine di Baltassar e del suo impero, sentenza che si compì quella stessa notte, subentrando l'impero persiano a quello babilonese (538).
Le visioni profetiche, sia quelle coi tratti apocalittici di bestie simboliche, raffiguranti i diversi regni della terra fino all'avvento del Regno di Dio (capp. 7-8), il cui tempo è approssimativamente indicato (cap. 9), sia quelle che, senza simboli, parlano direttamente degli stessi regni e dei loro re, senza però nominarli (capp. 10-11), e quella ultima che annunzia la fine dei tempi (cap 12), sono tutte messe in bocca a Daniele che parla in prima persona e riceve da un angelo (Gabriele) la spiegazione delle visioni avute.
Per muovere Dio a clemenza, Daniele affligge se stesso col digiuno. indossa gli abiti di penitenza e confessa i peccáti suoi e quelli del popolo, riconoscendo la giustizia di Dio in tutto quel che si patisce. Implora misericordia, pregando Dio di affrettare il suo aiuto, per amore del suo santuario, che da tanto tempo è desolato, e per riguardo a se stesso, fedele alle sue promesse. In risposta alla sua accorata preghiera, Dio gli manda l'angelo Gabriele con un messaggio di consolazione.
Daniele, sopravvissuto al crollo dell'impero neo-babilonese (539-38), vide ancora i primi anni del nuovo impero persiano: la sua ultima visione è datata dall'anno terzo di Cliro (536), quando egli, nato verso il 620, era già più che ottantenne. I Greci, presso i quali la festa è al 17 dicembre, lo ricordano insieme con altri santi dell'Antico Testamento la domenica precedente al Natale.
JOÃO DE LAS VARILLAS, Beato
Non esiste ragione fondata per dubitare dell'esistenza storica di Daniele e dei fatti e delle visioni a lui attribuite, sia che si ammetta essere Daniele stesso all'origine delle tradizioni orali o scritte, raccolte dal redattore del sec. II, sia che si preferisca un'origine alquanto posteriore, ma sempre vicina alle tradizioni e ai tempi di Daniele (sec. VI). Lasciando come dubbia, o almeno non dimostrata, l'identità del profeta col Daniele di Ez. (14,14,20; 28,3), nominato tra Noè e Giobbe e lodato per la sua giustizia e sapienza, limitiamoci alle notizie del libro.
Daniele, l'ultimo dei quattro profeti detti maggiori, giudeo, nato probabilmente a Gerusalemme da famiglia nobile, forse imparentata coi re di Giuda, fu deportato a Babilonia da Nabucodonosor, insieme con altri giovani dello stesso rango sociale, nell'anno terzo o quarto di Ioakin, re di Giuda, cioè il 606-605 a.C.
A Babilonia fu scelto con altri tre giovani nobili giudei (Anania, Azaria e Misaele) per essere ammesso, dopo una conveniente preparazione di tre anni nella lingua e negli usi dei Caldei, alla corte del re, per assolvere incarichi ufficiali onorifici. Secondo l'uso, fu loro cambiato il nome: a Daniele, che poteva avere allora dai quindici ai venti anni, si diede quello di Baltassar. Con i suoi compagni fu presentato al re al quale fece ottima impressione, non solo per la sua prestanza fisica (conservata malgrado l'astinenza dal vino, dalla carne, e da altri cibi prelibati che gli venivano offerti dalla mensa del re e che egli, per amore della Legge, gentilmente rifiutava), ma soprattutto per le doti di spirito che in lui il re poté ammirare quando, avendolo esaminato, trovò scienza e intelligenza dieci volte superiori a quelle di tutti i suoi magi e indovini (Dan. 1, 20). Ammesso pertanto alla corte, dopo che ebbe dato saggi non equivocabili, anzi, sbalorditivi, della sua rettitudine, fu fatto principe di Babilonia e prefetto su tutti i sapienti del regno; dietro sua richiesta, anche i compagni (Anania, Azaria e Misaele) ebbero posti onorevoli e cariche di responsabilità nella provincia, mentre egli rimaneva a palazzo presso il re (Dan. 2, 46-49).
Il primo saggio della sua probità e saggezza sembra sia stato dato da Daniele nella causa di Susanna: ella fu sottratta alla morte a cui era stata ingiustamente condannata, e la sentenza si ritorse contro i due giudici disonesti dopo che essi erano stati convinti pubblicamente da Daniele della loro falsa testimonianza contro l'innocente. Daniele è presentato in questo episodio in giovane età (Dan. 13, 45), circostanza che rende tanto più ammirevole la sua maturità di giudizio, in contrasto con la fatuità e corruzione dei due giudici anziani. Come questo suo intervento nel caso di Susanna gli acquistò fama presso il suo popolo, cioè gli esuli giudei, il cui numero era nel frattempo aumentato con la seconda deportazione del 598, così l'interpretazione del sogno di Nabucodonosor sulla grande statua plurimetallica, abbattuta dalla piccola pietra staccatasi dal monte, lo rese celebre tra i babilonesi e onorato della piena fiducia del re tra i principi della corte. Il Dio d'Israele è glorificato come Dio sommo, che solo ha la sapienza delle cose occulte e la comunica ai suoi servi fedeli, come Daniele (Dan. 2, 47).
Era l'anno dodicesimo di Nabucodonosor (=593), quando Daniele, allora tra i ventisette e i trent'anni, si affermò quale oracolo di Dio, favorito dalla scienza dei segreti, superiore di gran lunga a quella di tutti i magi, indovini, saggi e caldei di Babilonia. Egli non fu coinvolto nell'accusa dei babilonesi mossa contro i suoi tre compagni, Anania, Misaele e Azaria, per non aver voluto adorare la statua del re, ma la pena della fornace ardente, loro inflitta, dovette affliggerlo grandemente, vedendo che quello stesso ufficio onorifico di prefetto della provincia di Babilonia, concesso loro dal re per sua mediazione (Dan. 2, 49), era stato occasione di disgrazia: tuttavia l'esito felice di quella prova mutò la tristezza in gaudio e poiché i suoi compagni, scampati al fuoco, riebbero le loro cariche (Dan. 3, 97), il Dio di Israele fu riconosciuto con regio decreto come l'unico Dio vero, capace di salvare coloro che credono in lui (Dan. 3, 96).
Pochi anni dopo Daniele interpretò un altro sogno di Nabucodonosor, quello del grande albero rigoglioso, abbattuto e reciso, che risorse dalle radici con la magnificenza di prima. Daniele, chiamato dal re, gli spiegò il senso di quel sogno, invano cercato dai sapienti: l'albero è simbolo dello stesso re, che per la sua superbia sarà privato della gloria regia e ridotto allo stato umiliante di una bestia fino a che non riconoscerà che l'Altissimo detiene il dominio sul regno degli uomini e lo dà a chi vuole (Dan. 4, 21 sg.). Per mitigare alquanto questo annunzio così severo e terrificante Daniele, da buon amico, consiglia al re di procacciarsi la divina clemenza con opere buone e con la pietà verso i poveri (Dan. 4, 24).
Nuova prova dello spirito di sapienza ricevuto da Dio la diede Daniele nello svelare il senso delle enigmatiche parole Mane' Thecel, Phares nella cena di Baltassar, il quale nella lunga assenza di suo padre Nabonide, ne teneva le veci a Babilonia: questa cena di gala con tutti i principi e dignitari di corte, con le mogli e concubine, era un affronto alla religione dei giudei, in quanto in essa si faceva uso dei vasi sacri del Tempio di Gerusalemme. L'orgia si arrestò, però, alla vista della mano misteriosa che scriveva sul muro segni ignoti. I sapienti, magi e indovini, chiamati dal re, non furono capaci di decifrare la scrittura. Allora, su consiglio della regina, fu introdotto Daniele, che dopo aver rifiutato i sommi onori e i regali che il re gli prometteva, lesse e interpretò le fatidiche parole, che contenevano la sentenza di Dio sulla fine di Baltassar e del suo impero, sentenza che si compì quella stessa notte, subentrando l'impero persiano a quello babilonese (538).
Le visioni profetiche, sia quelle coi tratti apocalittici di bestie simboliche, raffiguranti i diversi regni della terra fino all'avvento del Regno di Dio (capp. 7-8), il cui tempo è approssimativamente indicato (cap. 9), sia quelle che, senza simboli, parlano direttamente degli stessi regni e dei loro re, senza però nominarli (capp. 10-11), e quella ultima che annunzia la fine dei tempi (cap 12), sono tutte messe in bocca a Daniele che parla in prima persona e riceve da un angelo (Gabriele) la spiegazione delle visioni avute.
Per muovere Dio a clemenza, Daniele affligge se stesso col digiuno. indossa gli abiti di penitenza e confessa i peccáti suoi e quelli del popolo, riconoscendo la giustizia di Dio in tutto quel che si patisce. Implora misericordia, pregando Dio di affrettare il suo aiuto, per amore del suo santuario, che da tanto tempo è desolato, e per riguardo a se stesso, fedele alle sue promesse. In risposta alla sua accorata preghiera, Dio gli manda l'angelo Gabriele con un messaggio di consolazione.
Daniele, sopravvissuto al crollo dell'impero neo-babilonese (539-38), vide ancora i primi anni del nuovo impero persiano: la sua ultima visione è datata dall'anno terzo di Cliro (536), quando egli, nato verso il 620, era già più che ottantenne. I Greci, presso i quali la festa è al 17 dicembre, lo ricordano insieme con altri santi dell'Antico Testamento la domenica precedente al Natale.
JOÃO DE LAS VARILLAS, Beato
Grande missionario mercedario fu, il Beato Giovanni de Las Varillas, che accompagnò Herman Cortés come suo consigliere e cappellano nella sua prima spedizione in Honduras nell’anno 1524. Anche se non riuscì a stabilire l’Ordine Mercedario nella terra atzeca (infatti non furono fondati conventi fino al 1597), fu comunque un’eccellente evangelizzatore e convertì alla fede di Cristo una moltitudine di quei popoli vincendoli dalle superstizioni. Colmo di virtù e meriti morì santamente in terra messicana.
L’Ordine lo festeggia il 21 lugli
JOÃO DE ZAMBRANA, Beato
Giunto in Guatemala nell’anno 1535, il missionario
Beato Giovanni de Zambrana, fu l’evangelizzatore più rinomato del
paese, il quale eresse dalle fondamenta il convento mercedario di San
Giacomo dei cavalieri nella città di Santiago. Portò alla fede cattolica
molte popolazioni barbare e fu il primo a predicare il vangelo agli
indios del Guatemala. Dopo aver accumulato molti meriti in fama di
santità passò alla vita eterna.
L’Ordine lo festeggia il 21 luglio
L’Ordine lo festeggia il 21 luglio
LUCRÉCIA GARCIA SOLANAS, Beata
Lucrecia García Solanas nacque ad Aniñón, presso Saragozza, il 13 agosto 1866. Il 9 ottobre 1910 si sposò con José Gaudí Negre, il quale morì nel 1926. Da allora in poi, visse nel convento delle monache Minime di Barcellona, in un’abitazione esterna alla clausura, per stare vicino a una sua sorella, madre Maria di Montserrat. Sempre a disposizione delle monache, accorreva in portineria a ricevere i messaggi per loro. Si era abituata a seguire la preghiera della comunità, da donna molto religiosa qual era. Non è dato sapere se avesse figli.
Allo scoppio della guerra civile spagnola, venne costretta ad abbandonare il convento e, insieme alla sorella e ad altre otto monache, si rifugiò in un edificio vicino, la Torre Arnau. Nonostante le fosse stata offerta la possibilità di rifugiarsi presso alcuni parenti a Barcellona, Lucrecia non volle abbandonare madre Maria di Montserrat e le altre.
Alle tre e mezza della notte del 23 luglio, alcuni miliziani, informati da Esteban, il portinaio del convento, assaltarono la torre in cerca di dieci monache. Entrati nella sala da pranzo, videro nove donne che recitavano il Rosario e chiesero chi di loro fosse la superiora, per ottenere da lei i valori del convento.
Le nove monache e Lucrecia vennero gettate in un camion e, dopo essere fatte scendere, torturate e uccise. Al momento del martirio, la vedova aveva settant’anni. Insieme alle sue compagne di martirio, è stata beatificata a Tarragona il 13 ottobre 2013, inclusa nel più vasto gruppo di cinquecentoventidue martiri caduti durante la guerra civile spagnola.
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Local onde se processa este blogue, na cidade do Porto
Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
In
MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
e
sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros
MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
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Blogue: SÃO PAULO (e Vidas de Santos) - http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com