Caros Amigos:
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8º A N O
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Memória de São PIO PIETRELCINA (Francisco Forgione) presbitero da Ordem dos Frades menores Capuchinhos, que no convento de San Giovanni Rotondo, na Apúlia, Itália, se consagrou assiduamente à direcção espiritual dos fiéis e à reconciliação dos penitentes , e foi tão grande a sua providente dedicação aos pobres e aos necessitados, que neste dia terminou a sua peregrinação terrena verdadeiramente configurado com Cristo crucificado. (1968)
ZACARIAS e ISABEL, Santos
Comemoração dos santos ZACARIAS e ISABEL pais de São JOÃO BAPTISTA, Precursor do Senhor Jesus. ISABEL, quando recebeu em sua casa MARIA sua parente, cheia do Espírito Santo saudou a Mãe do Senhor como bendita entre as mulheres. ZACARIAS sacerdote, cheio de Espírito profético, ante o nascimento do filho, louvou a Deus Redentor e anunciou a próxima vinda de Cristo, que procede do alto como sol nascente.
LINO, Santo
Em Roma, a comemoração de São LINO, papa, a quem, segundo o testemunho de Santo IRENEU os Apóstolos confirmaram o episcopado da Igreja fundada na Urbe e que São PAULO recorda como seu companheiro. (séc. I)
SÓSIO ou SOSSO ou SOSSIO , Santo
Em Campo Miseno, na Campânia, Itália, São SÓSIO, ou SOSSO ou SOSSIO diácono e mártir que como refere o papa São SÍMACO desejando proteger da morte o seu bispo, conseguiu também ele no martírio com igual preço a mesma glória. (305)
CONSTÂNCIO DE ANCONA, Santo
Em Ancona, no Piceno, hoje nas Marcvas, Itália, a comemoração de São CONSTÂNCIO porteiro da igreja que resplandeceu mais pela humildade que pelo dom de milagres. (séc. V)
ADAMNANO DE IONA, Santo
Em Iona, ilha da Escócia, santo ADAMNANO presbitero e abade homem muito experiente no conhecimento da sagrada Escritura e incansável promotor da unidade e da paz, que, tanto na Escócia como na Irlanda, persuadiu muitos com a sua pregação a celebrar a Páscoa segundo a tradição romana. (704)
Na África Setentrional, os santos ANDRÉ, JOÃO, PEDRO e ANTÓNIO mártires, os quais, capturados em Siracusa na Sicília, Itália foram deportados e submetidos ao suplício pelos Mouros. (881)
Em Veneza, Véneto, Itália, o beato PEDRO ACOTANTO monge que recusou humildemente o cargo de abade e preferiu viver recluso no mosteiro. (1187)
HELENA DUGLIÓLI DALL'ÓLIO, Beata
Em Bolonha, na Emília-Romanha, Itália, a beata HELENA DUGLIÓLI DALL'OLIO que, depois de um matrimónio vivido em grande harmonia com o esposo, quando ficou viúva e viveu uma vida exemplar. (1520)
CRISTÓVÃO, ANTÓNIO e JOÃO, Santos
Em Tlaxcala, no México, os beatos CRISTÓVÃO, ANTÓNIO e JOÃO mártires, que, no tempo da primeira evangelização da América, aderiram, com alegria à fé cristã e por isso foram espancados até à morte pelos seus concidadãos. 1527 - 1529)
GUILHERME WAY, Beato
Em Kingston, nas margens do Tamisa, Inglaterra, o beato GUILHERME WAY presbitero e mártir que, no reinado de Isabel I por ter entrado na Inglaterra como sacerdote foi condenado à morte e enforcado no patíbulo. (1588)
Figlio di Oswulf, Alfwold succedette sul trono di Northumbria a Aethelred, figlio di Moll Aetchwald, cacciato in esilio nel 779, probabilmente per aver fatto assassinare alcuni nobili della sua corte. Dopo aver assistito nel 787 al concilio di Northumbria, Alfwold il 23 sett. 788 o 789 fu ucciso a Scytlecester, vittima di una congiura ordita dal nobile Sicgan. Il suo corpo, trasportato ad Hexham (Northumberland), fu sepolto con grandi onori nella chiesa di S. Andrea apostolo, e sul luogo della sua morte, indicato secondo la leggenda da una luce miracolosa, fu eretta una chiesa in onore di s. Cutberto, vescovo e di s. Oswald, re e martire. Il Ferrari, sulla scorta della prima edizione del Martirologio Anglicano, celebrò Alfwold come martire il 6 apr., sotto il nome di Ethelwold. Ma nella seconda edizione del citato Martirologio, la festa di Alfwold passò al 23 sett., data della sua morte. Questa trasposizione, apparentemente ingiustificata, denota una qualche incertezza circa il culto di Alfwold, di cui, tra l'altro, non esiste alcuna prova sicura : infatti la chiesa che sorse sul luogo dove Alfwold fu ucciso, non fu dedicata a lui, ma ad altri. I Bollandisti sono piuttosto propensi a non accettare il culto di Alfwold.
FRANCISCO DE PAULA VÍCTOR, Beato
Don Francisco de Paula Victor nacque il 12 aprile del 1827 nella Vila da Campanha da Princesa (Minas Gerais). Figlio naturale della schiava nera Lourença Justiniana de Jesus, ebbe come madrina di battesimo la sua stessa padrona donna Marianna de Santa Barbara Ferreira.
Avviato al mestiere di sarto, Victor sognava di diventare sacerdote, ma era un sogno proibito al punto che si sentì dire che il giorno in cui sarebbe diventato prete le galline avrebbero avuto i denti. Si era in pieno regime schiavista e agli schiavi, in particolare quelli neri, non solo era proibito accedere a qualsiasi incarico pubblico sia civile che ecclesiastico, ma persino di studiare.
L’aspirazione di Victor ebbe una felice congiuntura nell’aiuto della madrina-padrona e nella determinazione di mons. Antonio Viçoso, vescovo di Mariana, convinto abolizionista. Iniziato agli studi dal vecchio parroco di Campanha don Antonio Felipe de Araujo, Victor fu ammesso al Seminario di Mariana. Qui sopportò con pazienza l’ostilità e le discriminazioni degli altri seminaristi al punto da diventare loro servitore. Uno di loro scrisse che, nonostante tutto, Victor sperava, sperava sempre. Con la sua umiltà e determinazione alla fine li conquistò tutti. Superati con indulto gli impedimenti canonici, il 14 giugno del 1851 fu ordinato sacerdote. Gran parte dei bianchi, tuttavia, non accettava che un ex schiavo nero potesse essere un prete, e rifiutava persino di ricevere da lui la comunione. Così quando il 18 giugno dell’anno successivo fu mandato a Tres Pontas con l’incarico di vice-parroco, ci fu grande sconcerto e riserve tra la popolazione.
L’umiltà e la pazienza con il sostegno vigoroso di un sconfinato amore a Gesù Cristo portarono don Victor non solo ad essere accettato ma addirittura ad essere “idolatrato” dai suoi parrocchiani. Fu parroco di Tres Pontas per oltre un cinquantennio, cioè fino alla morte avvenuta il 23 settembre del 1905.
Fu sepolto nella sua chiesa parrocchiale, nel 1999 si procedette alla ricognizione canonica e i resti mortali furono posti in un nuovo sarcofago.
Alla cura e guida delle anime aggiunse la costruzione del Collegio “Sacra Famiglia”, in cui fu anche professore, per avviare agli studi poveri e ricchi, bianchi e neri, convinto che la cultura insieme alla fede potessero fondare una società nuova. Costruì la più grande chiesa del Minas Gerais: Nossa Senhora d’Ajuda. La carità lo contraddistinse in modo particolare, vivendo personalmente una povertà assoluta. Il diavolo lo temette come esorcista al punto da scongiurare di chiamare “quel brutto negro dalle labbra pronunciate”!
L’eredità spirituale e culturale lasciata da don Victor costituisce la peculiarità di Tres Pontas e dei territori limitrofi, e grande è la venerazione che i fedeli gli tributano in attesa che sia riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa come il “santo delle cose impossibili”.
Venerata a Seleucia (la moderna Selefkie in Asia Minore) è la santa, fra le molte che portano questo nome, di cui si posseggono i documenti più antichi e il cui culto ha avuto una diffusione straordinaria sia in Oriente che in Occidente.
Ciò nonostante un destino di oscurità storica copre la sua personalità; la colpa di ciò è del presbitero dell’Asia Minore che, secondo Tertulliano aveva composto per affetto verso s. Paolo, un romanzo fantastico sui suoi viaggi e sulla conversione della vergine Tecla a Iconio (Anatolia, Turchia), Questi Acta Pauli et Theclae degli ultimi trent’anni del II secolo, benché riconosciuti falsi dallo stesso autore, (che per questo fu deposto dall’ufficio) e rifiutati nel Decreto Gelasianum, hanno riempito tutte le successive recensioni sulla vita di Tecla che ci sono giunte.
L’eccessiva leggendarietà del racconto della sua vita, è in contrasto comunque con la citazione della sua esistenza fuor di ogni dubbio espressa dai martirologi antichi e dai monumenti esistenti in ogni epoca.
Commemorata nel Martirologio Geronimiano con la dizione “s. Tecla d’Oriente”, nei sinassari bizantini è citata come “protomartire” al 24 settembre e alla stessa data è iscritta nel Calendario marmoreo napoletano. Innumerevoli menzioni vi sono nei libri liturgici greci e latini come pure nelle opere dei Padri sia orientali che occidentali.
Santuari in suo onore sorsero in tutto il mondo antico perfino in Puglia e Milano, dipinti, statue, ipogei, lapidi, affreschi sono sparsi in tutto il mondo allora conosciuto specie in Spagna e Germania, tutti raffiguranti momenti e simboli del suo leggendario martirio. La si vede quasi sempre con un leone a fianco per la tortura subita con le belve e una colonna con il fuoco alla base, simbolo del suo martirio.
Altra leggenda vuole che la santa vivente negli ultimi anni della sua vita in grotte sotto una collina, all’approssimarsi dei nemici, era penetrata nella roccia che si era rinchiusa su di lei.
Il suo culto fiorì proprio in quella zona presso Seleucia, il cui vescovo Basilio, verso la metà del V sec., scrisse due libri sulla vita e i miracoli di Tecla.
In Italia abbiamo una statua nel Duomo di Milano e un grande quadro del Tiepolo (sec. XVIII) a Santa Tecla d’Este nella chiesa a lei intitolata quale patrona del paese e in ricordo dello scampato pericolo di una pestilenza.
Il nome è tuttora molto usato specie nei paesi di lingua tedesca.
Nella diocesi di Milano la sua memoria si celebra il 24 settembre.
ULPIA VICTÓRIA, Santa
Fin dal 1634 erano state ritrovate in Chiusi le catacombe di S. Mustiola (sec. III); ad esse, nell'anno 1848, si aggiunsero le catacombe di s. Caterina, situate sotto una collina, lungo la Via Cassia. Da queste catacombe furono estratti alcuni "corpi santi", tra cui quello di Ulpia. La sua tomba era situata nell'angolo della parete di fondo del cubicolo, nel punto dove inizia l'ambulacro segnato col numero 10 nella planimetria annessa ad una dissertazione tenuta sull'argomento dall'archeologo Domenico Bartoliní, il 10 luglio 1852. Varie e discordanti sono state le supposizioni fatte dai diversi studiosi sulle origini, sull'epoca e sulle attività svolte in vita da questa presunta martire. Il 4 luglio 1852 fu redatto un processo verbale per la traslazione delle reliquie di s. Ulpia, di s. Quinto Velio Giuliano, di s. Luciano e di s. Nerania dalle catacombe di s. Caterina alla cattedrale di Chiusi, mentre il vescovo, con suo decreto del 30 giugno 1852, aveva riconosciuto l'autenticità delle reliquie e le aveva dichiarate appartenenti ai suddetti martiri della fede cristiana in Chiusi. Il papa Pio IX concesse, con Decreto della Congregazione dei Riti del 13 giugno 1853, la Messa propria solenne da celebrarsi nei giorni festivi di detti santi martiri, lasciando al vescovo la facoltà di fissarne la data. La festa in un primo tempo si celebrava il mercoledì di Pentecoste e solo piú tardi fu fissata al 23 settembre. Durante il colera dell'anno 1855 Chiusi fu l'unico centro abitato che nella zona fu quasi risparmiato dal morbo. Gli abitanti attribuirono il fatto alla protezione dei loro santi martiri ed in particolare di s. Ulpia.
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Desde o dia 1 de Janeiro que venho colocando aqui os meus Votos de um Bom Ano de 2016.
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar
UM BOM resto do ANO DE 2016
Nº 2886 - (267 - 2016)
23 DE SETEMBRO DE 2016
SANTOS DE CADA DIA
8º A N O
LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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PIO DE PIETRELCINA (Francisco Forgione)
"PADRE PIO" , Santo
"PADRE PIO" , Santo
Memória de São PIO PIETRELCINA (Francisco Forgione) presbitero da Ordem dos Frades menores Capuchinhos, que no convento de San Giovanni Rotondo, na Apúlia, Itália, se consagrou assiduamente à direcção espiritual dos fiéis e à reconciliação dos penitentes , e foi tão grande a sua providente dedicação aos pobres e aos necessitados, que neste dia terminou a sua peregrinação terrena verdadeiramente configurado com Cristo crucificado. (1968)
ZACARIAS e ISABEL, Santos
Comemoração dos santos ZACARIAS e ISABEL pais de São JOÃO BAPTISTA, Precursor do Senhor Jesus. ISABEL, quando recebeu em sua casa MARIA sua parente, cheia do Espírito Santo saudou a Mãe do Senhor como bendita entre as mulheres. ZACARIAS sacerdote, cheio de Espírito profético, ante o nascimento do filho, louvou a Deus Redentor e anunciou a próxima vinda de Cristo, que procede do alto como sol nascente.
LINO, Santo
Em Roma, a comemoração de São LINO, papa, a quem, segundo o testemunho de Santo IRENEU os Apóstolos confirmaram o episcopado da Igreja fundada na Urbe e que São PAULO recorda como seu companheiro. (séc. I)
SÓSIO ou SOSSO ou SOSSIO , Santo
Em Campo Miseno, na Campânia, Itália, São SÓSIO, ou SOSSO ou SOSSIO diácono e mártir que como refere o papa São SÍMACO desejando proteger da morte o seu bispo, conseguiu também ele no martírio com igual preço a mesma glória. (305)
CONSTÂNCIO DE ANCONA, Santo
Em Ancona, no Piceno, hoje nas Marcvas, Itália, a comemoração de São CONSTÂNCIO porteiro da igreja que resplandeceu mais pela humildade que pelo dom de milagres. (séc. V)
ADAMNANO DE IONA, Santo
Em Iona, ilha da Escócia, santo ADAMNANO presbitero e abade homem muito experiente no conhecimento da sagrada Escritura e incansável promotor da unidade e da paz, que, tanto na Escócia como na Irlanda, persuadiu muitos com a sua pregação a celebrar a Páscoa segundo a tradição romana. (704)
ANDRÉ, JOÃO, PEDRO e ANTÓNIO, Santos
Na África Setentrional, os santos ANDRÉ, JOÃO, PEDRO e ANTÓNIO mártires, os quais, capturados em Siracusa na Sicília, Itália foram deportados e submetidos ao suplício pelos Mouros. (881)
PEDRO ACOTANTO, Beato
Em Veneza, Véneto, Itália, o beato PEDRO ACOTANTO monge que recusou humildemente o cargo de abade e preferiu viver recluso no mosteiro. (1187)
HELENA DUGLIÓLI DALL'ÓLIO, Beata
Em Bolonha, na Emília-Romanha, Itália, a beata HELENA DUGLIÓLI DALL'OLIO que, depois de um matrimónio vivido em grande harmonia com o esposo, quando ficou viúva e viveu uma vida exemplar. (1520)
CRISTÓVÃO, ANTÓNIO e JOÃO, Santos
Em Tlaxcala, no México, os beatos CRISTÓVÃO, ANTÓNIO e JOÃO mártires, que, no tempo da primeira evangelização da América, aderiram, com alegria à fé cristã e por isso foram espancados até à morte pelos seus concidadãos. 1527 - 1529)
GUILHERME WAY, Beato
Em Kingston, nas margens do Tamisa, Inglaterra, o beato GUILHERME WAY presbitero e mártir que, no reinado de Isabel I por ter entrado na Inglaterra como sacerdote foi condenado à morte e enforcado no patíbulo. (1588)
MARIA EMÍLIA TAVERNIÉR GAMELIN, Beata
Em Montreál, Quebec, Canadá, a Beata MARIA EMÍLIA TAVERNIER GAMELIN religiosa que, depois de perder o esposo e os filhos se dedicou à assistência dos necessitados e fundou a Congregação das Irmãs da Providência, em favor dos órfãos, dos anciãos e dos deficientes mentais. (1851)
VICENTE BALLESTER FAR, Beato
Em Benisa, Valência, Espanha, o Beato VICENTE BALLESTER FAR presbitero e mártir que no tempo da perseguição religiosa, enfrentou gloriosamente o combate por Cristo. (1936)
SOFIA XIMÉNEZ XIMÉNEZ,
MARIA DA PURIFICAÇÃO DE SÃO JOSÉ
(Maria da Purificação Ximénez Ximénez) e
MARIA DE SANTA SOFIA
(Maria Josefa del Rio Messa), Beatas
Em Benicalap, Valência, Espanha, as beatas SOFIA XIMÉNEZ XIMÉNEZ mãe de família, MARIA DA PURIFICAÇÃO DE SÃO JOSÉ (Maria da Purificação Ximénez Ximénez) e MARIA DE SANTA SOFIA (Maria Josefa del Rio Messa) virgens do Instituto das Irmãs Carmelitas da Caridade, mártires quem, pelo combate do martírio, alcançaram a imperecível coroa de glória. (1936)
BERNARDINA JABLONSKA, Beata
Em Cracóvia, na Polónia, a Beata BERNARDINA JABLONSKA virgem fundadora da Congregação das Irmãs Servas dos Pobres que foi sempre solícita para com os pobres e os enfermos. (1940)
JOSÉ STANEK, Beato
Em Varsóvia, na Polónia, o Beato JOSÉ STANEK presbitero da Sociedade do Apostolado Católico e mártir que, durante a guerra sofreu o martírio enforcado pelos perseguidores da fé cristã. (1944)
Em Montreál, Quebec, Canadá, a Beata MARIA EMÍLIA TAVERNIER GAMELIN religiosa que, depois de perder o esposo e os filhos se dedicou à assistência dos necessitados e fundou a Congregação das Irmãs da Providência, em favor dos órfãos, dos anciãos e dos deficientes mentais. (1851)
VICENTE BALLESTER FAR, Beato
Em Benisa, Valência, Espanha, o Beato VICENTE BALLESTER FAR presbitero e mártir que no tempo da perseguição religiosa, enfrentou gloriosamente o combate por Cristo. (1936)
SOFIA XIMÉNEZ XIMÉNEZ,
MARIA DA PURIFICAÇÃO DE SÃO JOSÉ
(Maria da Purificação Ximénez Ximénez) e
MARIA DE SANTA SOFIA
(Maria Josefa del Rio Messa), Beatas
Em Benicalap, Valência, Espanha, as beatas SOFIA XIMÉNEZ XIMÉNEZ mãe de família, MARIA DA PURIFICAÇÃO DE SÃO JOSÉ (Maria da Purificação Ximénez Ximénez) e MARIA DE SANTA SOFIA (Maria Josefa del Rio Messa) virgens do Instituto das Irmãs Carmelitas da Caridade, mártires quem, pelo combate do martírio, alcançaram a imperecível coroa de glória. (1936)
BERNARDINA JABLONSKA, Beata
Em Cracóvia, na Polónia, a Beata BERNARDINA JABLONSKA virgem fundadora da Congregação das Irmãs Servas dos Pobres que foi sempre solícita para com os pobres e os enfermos. (1940)
JOSÉ STANEK, Beato
Em Varsóvia, na Polónia, o Beato JOSÉ STANEK presbitero da Sociedade do Apostolado Católico e mártir que, durante a guerra sofreu o martírio enforcado pelos perseguidores da fé cristã. (1944)
... E AINDA ...
ALFWOLD DE NORTHÚMBRIA, Santo
Figlio di Oswulf, Alfwold succedette sul trono di Northumbria a Aethelred, figlio di Moll Aetchwald, cacciato in esilio nel 779, probabilmente per aver fatto assassinare alcuni nobili della sua corte. Dopo aver assistito nel 787 al concilio di Northumbria, Alfwold il 23 sett. 788 o 789 fu ucciso a Scytlecester, vittima di una congiura ordita dal nobile Sicgan. Il suo corpo, trasportato ad Hexham (Northumberland), fu sepolto con grandi onori nella chiesa di S. Andrea apostolo, e sul luogo della sua morte, indicato secondo la leggenda da una luce miracolosa, fu eretta una chiesa in onore di s. Cutberto, vescovo e di s. Oswald, re e martire. Il Ferrari, sulla scorta della prima edizione del Martirologio Anglicano, celebrò Alfwold come martire il 6 apr., sotto il nome di Ethelwold. Ma nella seconda edizione del citato Martirologio, la festa di Alfwold passò al 23 sett., data della sua morte. Questa trasposizione, apparentemente ingiustificata, denota una qualche incertezza circa il culto di Alfwold, di cui, tra l'altro, non esiste alcuna prova sicura : infatti la chiesa che sorse sul luogo dove Alfwold fu ucciso, non fu dedicata a lui, ma ad altri. I Bollandisti sono piuttosto propensi a non accettare il culto di Alfwold.
FRANCISCO DE PAULA VÍCTOR, Beato
Don Francisco de Paula Victor nacque il 12 aprile del 1827 nella Vila da Campanha da Princesa (Minas Gerais). Figlio naturale della schiava nera Lourença Justiniana de Jesus, ebbe come madrina di battesimo la sua stessa padrona donna Marianna de Santa Barbara Ferreira.
Avviato al mestiere di sarto, Victor sognava di diventare sacerdote, ma era un sogno proibito al punto che si sentì dire che il giorno in cui sarebbe diventato prete le galline avrebbero avuto i denti. Si era in pieno regime schiavista e agli schiavi, in particolare quelli neri, non solo era proibito accedere a qualsiasi incarico pubblico sia civile che ecclesiastico, ma persino di studiare.
L’aspirazione di Victor ebbe una felice congiuntura nell’aiuto della madrina-padrona e nella determinazione di mons. Antonio Viçoso, vescovo di Mariana, convinto abolizionista. Iniziato agli studi dal vecchio parroco di Campanha don Antonio Felipe de Araujo, Victor fu ammesso al Seminario di Mariana. Qui sopportò con pazienza l’ostilità e le discriminazioni degli altri seminaristi al punto da diventare loro servitore. Uno di loro scrisse che, nonostante tutto, Victor sperava, sperava sempre. Con la sua umiltà e determinazione alla fine li conquistò tutti. Superati con indulto gli impedimenti canonici, il 14 giugno del 1851 fu ordinato sacerdote. Gran parte dei bianchi, tuttavia, non accettava che un ex schiavo nero potesse essere un prete, e rifiutava persino di ricevere da lui la comunione. Così quando il 18 giugno dell’anno successivo fu mandato a Tres Pontas con l’incarico di vice-parroco, ci fu grande sconcerto e riserve tra la popolazione.
L’umiltà e la pazienza con il sostegno vigoroso di un sconfinato amore a Gesù Cristo portarono don Victor non solo ad essere accettato ma addirittura ad essere “idolatrato” dai suoi parrocchiani. Fu parroco di Tres Pontas per oltre un cinquantennio, cioè fino alla morte avvenuta il 23 settembre del 1905.
Fu sepolto nella sua chiesa parrocchiale, nel 1999 si procedette alla ricognizione canonica e i resti mortali furono posti in un nuovo sarcofago.
Alla cura e guida delle anime aggiunse la costruzione del Collegio “Sacra Famiglia”, in cui fu anche professore, per avviare agli studi poveri e ricchi, bianchi e neri, convinto che la cultura insieme alla fede potessero fondare una società nuova. Costruì la più grande chiesa del Minas Gerais: Nossa Senhora d’Ajuda. La carità lo contraddistinse in modo particolare, vivendo personalmente una povertà assoluta. Il diavolo lo temette come esorcista al punto da scongiurare di chiamare “quel brutto negro dalle labbra pronunciate”!
L’eredità spirituale e culturale lasciata da don Victor costituisce la peculiarità di Tres Pontas e dei territori limitrofi, e grande è la venerazione che i fedeli gli tributano in attesa che sia riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa come il “santo delle cose impossibili”.
REBECCA, Santa
Nipote, moglie, cugina, madre di patriarchi, Rebecca è una delle più
interessanti figure femminili della Bibbia; essa quasi come un filo
d’unione, è presente nel racconto biblico, che narra di Abramo del quale
era nipote, di Isacco suo cugino e poi sposo, di Giacobbe ed Esaù dei
quali era la madre.
Rebecca il cui nome in ebraico “Ribqah” ha il significato di ‘corda’ e in senso figurato “che avvince con la sua bellezza”, compare per la prima volta nel Libro della Genesi al cap. 24,15, ripetendosi sporadicamente fino al cap. 28.
Il patriarca Abramo, molto vecchio e avanzato negli anni, essendo stato benedetto da Dio in ogni cosa, decise di dare una moglie al figlio Isacco per assicurare una discendenza alla sua stirpe; così incaricò il capo dei suoi servi Eliezer, persona di grande fiducia, di cercare una sposa adatta, escludendo le donne della terra di Canaan, i cui abitanti erano dediti al culto degli idoli; anzi secondo il principio dell’endogamia, in uso presso le tribù seminomadi, la donna doveva appartenere ad una tribù dalle comuni origini dello sposo.
Quindi il servo si avviò, con una carovana di dieci cammelli e con molti doni, verso la regione dell’alta Mesopotamia, dov’era la parentela di Abramo, giungendovi verso sera.
Si recò al pozzo, luogo preferito abitualmente nel mondo orientale, per conversare, riunirsi, contrattare e incontrarsi; per il suo simbolismo di fecondità e di vita, il pozzo era considerato il luogo ideale presso il quale combinare un matrimonio.
Qui mentre attendeva, che le donne e le fanciulle come di consueto, a sera venissero ad attingere l’acqua, il servo pregò il Signore di dare un segno per riconoscere la futura sposa di Isacco, anzi è lui stesso a stabilirlo “Ebbene la giovinetta alla quale dirò ‘Abbassa per favore la tua anfora e lasciami bere’ e quella dirà ‘Bevi e anche ai tuoi cammelli darò da bere’, sarà quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco, e da questo conoscerò che tu hai usato benevolenza al mio padrone!”.
Così sin dal primo approccio deve essere chiaro, che sarà Dio a guidarlo nella scelta, perché la donna che sarà moglie del futuro patriarca Isacco, fa’ parte anch’essa del disegno e della promessa divina.
E mentre era in attesa, ecco avvicinarsi al pozzo ad attingere l’acqua, la giovinetta di nome Rebecca, che era figlia di Betuel, a sua volta figlio di Milca e di Nacor, fratello di Abramo; avvenente di aspetto, vergine, gradevole nei modi; Rebecca risalì con l’anfora riempita, allora Eliezer le andò incontro chiedendole per favore un po’ d’acqua da bere; la ragazza subito gli porse l’anfora dicendo: “Bevi, signor mio!. Anche per i tuoi cammelli attingerò, finché abbiano bevuto abbastanza”.
E così fece, versando nell’abbeveratoio per gli animali, l’acqua rimasta nell’anfora e ritornando al pozzo per riempirla di nuovo, finché non si fosse colmato a sufficienza per dissetare i cammelli.
Il servo di Abramo rimase sul bordo ad ammirare l’operato della ragazza, convinto che quella era la sposa cercata; le offrì dei doni in oro e Rebecca si presentò dicendo della sua parentela e lo invitò a riposarsi per la notte nella sua casa.
Ritornata dai suoi, Rebecca mostrò alla madre e al fratello maggiore Labano, i doni ricevuti; la figura del fratello Labano entra nel racconto biblico con l’atteggiamento del padrone di casa, nonostante fosse ancora vivo il padre Betel; egli mette in atto la prassi del “fratiarcato”, cioè il predominio del fratello maggiore nei confronti delle sorelle ancora nubili, pertanto Labano si recò al pozzo, dov’era il servo di Abramo in attesa e lo invitò con cortesia ad essere ospite con tutta la carovana nella sua casa.
Con atto di umiltà e servizio nei confronti dell’ospite, Labano fece la lavanda dei piedi e diede il via alla cena dell’accoglienza.
Ma Eliezer volle prima dire il motivo della sua presenza, cominciando con il raccontare le vicende del suo padrone Abramo, che aveva avuto da Sara sterile, l’atteso erede Isacco; si vede che pur essendo Labano e Rebecca pronipoti di Abramo, non erano informati sui dettagli della vita del loro zio; allora le distanze erano abissali e i contatti difficili.
Poi il servo proseguì nel raccontare l’incarico ricevuto di trovare una sposa per Isacco, fra la parentela di Abramo e il suo giuramento di adempiere a ciò; inoltre l’incontro al pozzo con Rebecca e la convinzione che il Signore avesse disposto tutto ciò.
A questo punto il servo domandò ai familiari se la giovane verrà concessa ad Isacco; la risposta affermativa venne non solo da Labano il fratello, ma anche dal padre Betuel, inserito a questo punto nel racconto biblico: “È dal Signore che la cosa procede, non possiamo parlarti né in male né in bene. Ecco Rebecca davanti a te; prendila e và e sia la moglie del figlio del tuo padrone, così come ha parlato il Signore”.
Il giorno dopo, Eliezer volle ripartire per tornare da Abramo e avuto il consenso anche di Rebecca, lasciò la casa che l’aveva ospitato, seguito da lei accompagnata solo dalla balia.
I suoi familiari nel salutarla proferirono l’antica rituale benedizione: “O tu, sorella nostra, diventa migliaia di miriadi e la tua stirpe conquisti la porta dei suoi nemici!”.
Il racconto della Bibbia si sposta poi nel deserto meridionale del Negheb, con Isacco che stava rientrando dalla zona del pozzo di Lacai-Roi, il quale alzando gli occhi vide all’orizzonte avvicinarsi la carovana do Eliezer; anche Rebecca lo vide, scivolò dal cammello e domandò al suo accompagnatore chi fosse quell’uomo che veniva loro incontro e il servo rispose: “È il mio padrone”, allora Rebecca si coprì il viso con il velo che nascondeva il viso delle donne.
Dopo aver ascoltato dal servo tutto l’accaduto, Isacco accompagnò la cugina Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara, perché ormai era lei la ‘principessa’ del clan; poi la prese come moglie e l’amò.
Termina così il lungo capitolo 24 della Genesi, tutto dedicato alla figura di Rebecca; poi si continua a parlare di lei in modo più diradato nei capitoli seguenti.
Quando sposò Rebecca, Isacco aveva 40 anni e come già successo per sua madre Sara, moglie di Abramo, anche la sua sposa dopo molti anni non gli dava figli, pertanto supplicò il Signore per lei e Dio l’esaudì e Rebecca divenne incinta a 60 anni.
Questo essere sterile delle mogli dei patriarchi e più un fatto simbolico che reale, il cui valore sta ad indicare che i futuri figli, saranno un dono straordinario del Signore; così fu per Abramo e Sara riguardo il figlio Isacco; per Isacco e Rebecca per i gemelli Esaù e Giacobbe; per Giacobbe e Rachele per il figlio Giuseppe, ecc.
Rebecca ebbe una gravidanza abbastanza pesante, perché i due gemelli si urtavano l’un l’altro dentro di lei; alla sua domanda perché ciò avveniva, il Signore rispose. “Due nazioni sono nel tuo grembo e due popoli dalle tue viscere si separeranno. Un popolo prevarrà sull’altro popolo e il maggiore servirà il minore”.
Al parto nacquero due gemelli, il primo uscì rossiccio di peli e fu chiamato Esaù, il secondo uscì nell’atto di trattenere il fratello per il calcagno e fu chiamato Giacobbe.
Una volta cresciuti, questi due gemelli prenderanno professioni diverse come diversi erano i loro caratteri; Esaù era un forte cacciatore e per questo preferito da Isacco, Giacobbe invece amava la tranquillità della tenda e preferito da Rebecca.
A questo punto ci fermiamo con il racconto biblico, che prosegue con la storia propria di Esaù e Giacobbe e degli episodi che caratterizzarono i loro rapporti, come il cedere del diritto di primogenitura da parte di Esaù, per un piatto di lenticchie; l’inganno per ottenere la ‘benedizione’ di Isacco ormai cieco, su Giacobbe al posto del fratello, ecc.
Rebecca ormai anziana, compare in secondo piano a fianco del figlio Giacobbe, nell’atto di spingerlo a ricevere la benedizione del padre-patriarca al posto di Esaù; poi ancora la si incontra mentre saluta e benedice Giacobbe mandato a Paddan-Aram, nella casa di suo fratello Labano, per sfuggire all’ira e vendetta del fratello Esaù.
Isacco morì verso i 180 anni, di Rebecca non viene detto che età avesse quando morì, certamente meno del marito, che come tutti i patriarchi, furono benedetti da Dio con una lunga vita, proprio per il loro compito di guida del popolo di Dio.
E anche Rebecca come le altre mogli di patriarchi, fu portatrice della benedizione divina, pertanto fu seppellita nella tomba di Makpela a Hebron, in terra di Canaan, accanto ad Abramo, Sara e Isacco suo marito.
Per tradizione Rebecca, considerata fra le figure sante e benedette della Bibbia, viene ricordata il 23 settembre, giorno della celebrazione anche di un’omonima martire spagnola del I secolo.
Si può aggiungere che nella liturgia Romana, essa viene ricordata anche il 24 dicembre, insieme a tutti i santi antenati di Cristo del Vecchio Testamento.
Rebecca il cui nome in ebraico “Ribqah” ha il significato di ‘corda’ e in senso figurato “che avvince con la sua bellezza”, compare per la prima volta nel Libro della Genesi al cap. 24,15, ripetendosi sporadicamente fino al cap. 28.
Il patriarca Abramo, molto vecchio e avanzato negli anni, essendo stato benedetto da Dio in ogni cosa, decise di dare una moglie al figlio Isacco per assicurare una discendenza alla sua stirpe; così incaricò il capo dei suoi servi Eliezer, persona di grande fiducia, di cercare una sposa adatta, escludendo le donne della terra di Canaan, i cui abitanti erano dediti al culto degli idoli; anzi secondo il principio dell’endogamia, in uso presso le tribù seminomadi, la donna doveva appartenere ad una tribù dalle comuni origini dello sposo.
Quindi il servo si avviò, con una carovana di dieci cammelli e con molti doni, verso la regione dell’alta Mesopotamia, dov’era la parentela di Abramo, giungendovi verso sera.
Si recò al pozzo, luogo preferito abitualmente nel mondo orientale, per conversare, riunirsi, contrattare e incontrarsi; per il suo simbolismo di fecondità e di vita, il pozzo era considerato il luogo ideale presso il quale combinare un matrimonio.
Qui mentre attendeva, che le donne e le fanciulle come di consueto, a sera venissero ad attingere l’acqua, il servo pregò il Signore di dare un segno per riconoscere la futura sposa di Isacco, anzi è lui stesso a stabilirlo “Ebbene la giovinetta alla quale dirò ‘Abbassa per favore la tua anfora e lasciami bere’ e quella dirà ‘Bevi e anche ai tuoi cammelli darò da bere’, sarà quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco, e da questo conoscerò che tu hai usato benevolenza al mio padrone!”.
Così sin dal primo approccio deve essere chiaro, che sarà Dio a guidarlo nella scelta, perché la donna che sarà moglie del futuro patriarca Isacco, fa’ parte anch’essa del disegno e della promessa divina.
E mentre era in attesa, ecco avvicinarsi al pozzo ad attingere l’acqua, la giovinetta di nome Rebecca, che era figlia di Betuel, a sua volta figlio di Milca e di Nacor, fratello di Abramo; avvenente di aspetto, vergine, gradevole nei modi; Rebecca risalì con l’anfora riempita, allora Eliezer le andò incontro chiedendole per favore un po’ d’acqua da bere; la ragazza subito gli porse l’anfora dicendo: “Bevi, signor mio!. Anche per i tuoi cammelli attingerò, finché abbiano bevuto abbastanza”.
E così fece, versando nell’abbeveratoio per gli animali, l’acqua rimasta nell’anfora e ritornando al pozzo per riempirla di nuovo, finché non si fosse colmato a sufficienza per dissetare i cammelli.
Il servo di Abramo rimase sul bordo ad ammirare l’operato della ragazza, convinto che quella era la sposa cercata; le offrì dei doni in oro e Rebecca si presentò dicendo della sua parentela e lo invitò a riposarsi per la notte nella sua casa.
Ritornata dai suoi, Rebecca mostrò alla madre e al fratello maggiore Labano, i doni ricevuti; la figura del fratello Labano entra nel racconto biblico con l’atteggiamento del padrone di casa, nonostante fosse ancora vivo il padre Betel; egli mette in atto la prassi del “fratiarcato”, cioè il predominio del fratello maggiore nei confronti delle sorelle ancora nubili, pertanto Labano si recò al pozzo, dov’era il servo di Abramo in attesa e lo invitò con cortesia ad essere ospite con tutta la carovana nella sua casa.
Con atto di umiltà e servizio nei confronti dell’ospite, Labano fece la lavanda dei piedi e diede il via alla cena dell’accoglienza.
Ma Eliezer volle prima dire il motivo della sua presenza, cominciando con il raccontare le vicende del suo padrone Abramo, che aveva avuto da Sara sterile, l’atteso erede Isacco; si vede che pur essendo Labano e Rebecca pronipoti di Abramo, non erano informati sui dettagli della vita del loro zio; allora le distanze erano abissali e i contatti difficili.
Poi il servo proseguì nel raccontare l’incarico ricevuto di trovare una sposa per Isacco, fra la parentela di Abramo e il suo giuramento di adempiere a ciò; inoltre l’incontro al pozzo con Rebecca e la convinzione che il Signore avesse disposto tutto ciò.
A questo punto il servo domandò ai familiari se la giovane verrà concessa ad Isacco; la risposta affermativa venne non solo da Labano il fratello, ma anche dal padre Betuel, inserito a questo punto nel racconto biblico: “È dal Signore che la cosa procede, non possiamo parlarti né in male né in bene. Ecco Rebecca davanti a te; prendila e và e sia la moglie del figlio del tuo padrone, così come ha parlato il Signore”.
Il giorno dopo, Eliezer volle ripartire per tornare da Abramo e avuto il consenso anche di Rebecca, lasciò la casa che l’aveva ospitato, seguito da lei accompagnata solo dalla balia.
I suoi familiari nel salutarla proferirono l’antica rituale benedizione: “O tu, sorella nostra, diventa migliaia di miriadi e la tua stirpe conquisti la porta dei suoi nemici!”.
Il racconto della Bibbia si sposta poi nel deserto meridionale del Negheb, con Isacco che stava rientrando dalla zona del pozzo di Lacai-Roi, il quale alzando gli occhi vide all’orizzonte avvicinarsi la carovana do Eliezer; anche Rebecca lo vide, scivolò dal cammello e domandò al suo accompagnatore chi fosse quell’uomo che veniva loro incontro e il servo rispose: “È il mio padrone”, allora Rebecca si coprì il viso con il velo che nascondeva il viso delle donne.
Dopo aver ascoltato dal servo tutto l’accaduto, Isacco accompagnò la cugina Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara, perché ormai era lei la ‘principessa’ del clan; poi la prese come moglie e l’amò.
Termina così il lungo capitolo 24 della Genesi, tutto dedicato alla figura di Rebecca; poi si continua a parlare di lei in modo più diradato nei capitoli seguenti.
Quando sposò Rebecca, Isacco aveva 40 anni e come già successo per sua madre Sara, moglie di Abramo, anche la sua sposa dopo molti anni non gli dava figli, pertanto supplicò il Signore per lei e Dio l’esaudì e Rebecca divenne incinta a 60 anni.
Questo essere sterile delle mogli dei patriarchi e più un fatto simbolico che reale, il cui valore sta ad indicare che i futuri figli, saranno un dono straordinario del Signore; così fu per Abramo e Sara riguardo il figlio Isacco; per Isacco e Rebecca per i gemelli Esaù e Giacobbe; per Giacobbe e Rachele per il figlio Giuseppe, ecc.
Rebecca ebbe una gravidanza abbastanza pesante, perché i due gemelli si urtavano l’un l’altro dentro di lei; alla sua domanda perché ciò avveniva, il Signore rispose. “Due nazioni sono nel tuo grembo e due popoli dalle tue viscere si separeranno. Un popolo prevarrà sull’altro popolo e il maggiore servirà il minore”.
Al parto nacquero due gemelli, il primo uscì rossiccio di peli e fu chiamato Esaù, il secondo uscì nell’atto di trattenere il fratello per il calcagno e fu chiamato Giacobbe.
Una volta cresciuti, questi due gemelli prenderanno professioni diverse come diversi erano i loro caratteri; Esaù era un forte cacciatore e per questo preferito da Isacco, Giacobbe invece amava la tranquillità della tenda e preferito da Rebecca.
A questo punto ci fermiamo con il racconto biblico, che prosegue con la storia propria di Esaù e Giacobbe e degli episodi che caratterizzarono i loro rapporti, come il cedere del diritto di primogenitura da parte di Esaù, per un piatto di lenticchie; l’inganno per ottenere la ‘benedizione’ di Isacco ormai cieco, su Giacobbe al posto del fratello, ecc.
Rebecca ormai anziana, compare in secondo piano a fianco del figlio Giacobbe, nell’atto di spingerlo a ricevere la benedizione del padre-patriarca al posto di Esaù; poi ancora la si incontra mentre saluta e benedice Giacobbe mandato a Paddan-Aram, nella casa di suo fratello Labano, per sfuggire all’ira e vendetta del fratello Esaù.
Isacco morì verso i 180 anni, di Rebecca non viene detto che età avesse quando morì, certamente meno del marito, che come tutti i patriarchi, furono benedetti da Dio con una lunga vita, proprio per il loro compito di guida del popolo di Dio.
E anche Rebecca come le altre mogli di patriarchi, fu portatrice della benedizione divina, pertanto fu seppellita nella tomba di Makpela a Hebron, in terra di Canaan, accanto ad Abramo, Sara e Isacco suo marito.
Per tradizione Rebecca, considerata fra le figure sante e benedette della Bibbia, viene ricordata il 23 settembre, giorno della celebrazione anche di un’omonima martire spagnola del I secolo.
Si può aggiungere che nella liturgia Romana, essa viene ricordata anche il 24 dicembre, insieme a tutti i santi antenati di Cristo del Vecchio Testamento.
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TECLA DE ICÓNIO, Santos
Venerata a Seleucia (la moderna Selefkie in Asia Minore) è la santa, fra le molte che portano questo nome, di cui si posseggono i documenti più antichi e il cui culto ha avuto una diffusione straordinaria sia in Oriente che in Occidente.
Ciò nonostante un destino di oscurità storica copre la sua personalità; la colpa di ciò è del presbitero dell’Asia Minore che, secondo Tertulliano aveva composto per affetto verso s. Paolo, un romanzo fantastico sui suoi viaggi e sulla conversione della vergine Tecla a Iconio (Anatolia, Turchia), Questi Acta Pauli et Theclae degli ultimi trent’anni del II secolo, benché riconosciuti falsi dallo stesso autore, (che per questo fu deposto dall’ufficio) e rifiutati nel Decreto Gelasianum, hanno riempito tutte le successive recensioni sulla vita di Tecla che ci sono giunte.
L’eccessiva leggendarietà del racconto della sua vita, è in contrasto comunque con la citazione della sua esistenza fuor di ogni dubbio espressa dai martirologi antichi e dai monumenti esistenti in ogni epoca.
Commemorata nel Martirologio Geronimiano con la dizione “s. Tecla d’Oriente”, nei sinassari bizantini è citata come “protomartire” al 24 settembre e alla stessa data è iscritta nel Calendario marmoreo napoletano. Innumerevoli menzioni vi sono nei libri liturgici greci e latini come pure nelle opere dei Padri sia orientali che occidentali.
Santuari in suo onore sorsero in tutto il mondo antico perfino in Puglia e Milano, dipinti, statue, ipogei, lapidi, affreschi sono sparsi in tutto il mondo allora conosciuto specie in Spagna e Germania, tutti raffiguranti momenti e simboli del suo leggendario martirio. La si vede quasi sempre con un leone a fianco per la tortura subita con le belve e una colonna con il fuoco alla base, simbolo del suo martirio.
Altra leggenda vuole che la santa vivente negli ultimi anni della sua vita in grotte sotto una collina, all’approssimarsi dei nemici, era penetrata nella roccia che si era rinchiusa su di lei.
Il suo culto fiorì proprio in quella zona presso Seleucia, il cui vescovo Basilio, verso la metà del V sec., scrisse due libri sulla vita e i miracoli di Tecla.
In Italia abbiamo una statua nel Duomo di Milano e un grande quadro del Tiepolo (sec. XVIII) a Santa Tecla d’Este nella chiesa a lei intitolata quale patrona del paese e in ricordo dello scampato pericolo di una pestilenza.
Il nome è tuttora molto usato specie nei paesi di lingua tedesca.
Nella diocesi di Milano la sua memoria si celebra il 24 settembre.
ULPIA VICTÓRIA, Santa
Fin dal 1634 erano state ritrovate in Chiusi le catacombe di S. Mustiola (sec. III); ad esse, nell'anno 1848, si aggiunsero le catacombe di s. Caterina, situate sotto una collina, lungo la Via Cassia. Da queste catacombe furono estratti alcuni "corpi santi", tra cui quello di Ulpia. La sua tomba era situata nell'angolo della parete di fondo del cubicolo, nel punto dove inizia l'ambulacro segnato col numero 10 nella planimetria annessa ad una dissertazione tenuta sull'argomento dall'archeologo Domenico Bartoliní, il 10 luglio 1852. Varie e discordanti sono state le supposizioni fatte dai diversi studiosi sulle origini, sull'epoca e sulle attività svolte in vita da questa presunta martire. Il 4 luglio 1852 fu redatto un processo verbale per la traslazione delle reliquie di s. Ulpia, di s. Quinto Velio Giuliano, di s. Luciano e di s. Nerania dalle catacombe di s. Caterina alla cattedrale di Chiusi, mentre il vescovo, con suo decreto del 30 giugno 1852, aveva riconosciuto l'autenticità delle reliquie e le aveva dichiarate appartenenti ai suddetti martiri della fede cristiana in Chiusi. Il papa Pio IX concesse, con Decreto della Congregazione dei Riti del 13 giugno 1853, la Messa propria solenne da celebrarsi nei giorni festivi di detti santi martiri, lasciando al vescovo la facoltà di fissarne la data. La festa in un primo tempo si celebrava il mercoledì di Pentecoste e solo piú tardi fu fissata al 23 settembre. Durante il colera dell'anno 1855 Chiusi fu l'unico centro abitato che nella zona fu quasi risparmiato dal morbo. Gli abitanti attribuirono il fatto alla protezione dei loro santi martiri ed in particolare di s. Ulpia.
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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
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MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
e
sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros
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Blogue: SÃO PAULO (e Vidas de Santos) - http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com