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terça-feira, 25 de outubro de 2016

Nº 2918 - (299-2016) - SANTOS DE CADA DIA - 25 DE OUTUBRO DE 2016 - OITAVO ANO

Caros Amigos:





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Desde o dia 1 de Janeiro que venho colocando aqui os meus Votos de um Bom Ano de 2016.
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar

UM BOM resto do ANO DE 2016

Nº 2918-  (299 - 2016) 

25 DE OUTUBRO DE 2016

SANTOS DE CADA DIA

8º   A N O



 miscelania 008



LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO



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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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CRISANTO e DARIA, Santos
        
   

Em Roma, no cemitério de Trasão, junto à Via Salária Nova, os santos CRISANTO e DARIA mártires, louvados pelo papa São DÂMASO. (253)

CRISPIM e CRISPINIANO, Santos

  

Em Soissons, na Gália Bélgica, hoje na França, os santos CRISPIM e CRISPINIANO mártires. (séc. III)


MINIATO DE FIRENZE, Santo
   
     

Em Florença na Etrúria, hoje Toscana, Itália, São MINIATO mártir. (séc. III)

 
FRONTÃO, Santo
 
  

Em Perigueux, na Aquitânia, França, São FRONTÃO que é considerado o primeiro anunciador do Evangelho nesta cidade. (séc. III)

MARTÍRIO e MARCIANO DE CONSTANTINOPLA, Santos



Em Constantinopla, hoje Istambul, Turquia, os santos MARTÍRIO subdiácono e MARCIANO cantor, que foram assassinados pelos arianos no tempo do imperador Constâncio. (351)

GAUDÊNCIO DE BRÉSCIA, Santo

 


Em Bréscia, na Venécia, hoje na Lombardia, Itália, Santo GAUDÊNCIO bispo que, ordenado por Santo AMBRÓSIO se distinguiu entre os prelados da sua época pela doutrina e virtude, ensinou o seu povo com a palavra e os escritos e construiu uma basílica que denominou «Concílio dos Santos». (410)
 

 

HILÁRIO DE JAVOLS, Santo



No território de Javols, na Gália, hoje França, Santo HILÁRIO bispo de Mende. ((séc. VI)

FRUTO, Santo



Perto de Segóvia, na Hispânia, hoje Espanha,o FRUTO que levou vida eremítica entre ásperos rochedos. (715)

AMARO ou MAURO DE PÉCS, Santo


Em Pécs, na Hungria, Santo AMARO ou MAURO bispo que tendo sido mestre de retórica durante quase toda a sua vida, se fez monge e depois foi abade do mosteiro de São Martinho. (1070)
BERNARDO CALBÓ, Santo


Em Vic, na Catalunha, Espanha, São BERNARDO CALBÓ bispo que, deixando o ofício de juiz foi monge cisterciense e abade do seu mosteiro; depois, nomeado bispo de Vic, promoveu intensamente a verdadeira doutrina. (1243)

TADEU MACHAR, Beato



Em Borgo Sant'António no Piemonte, Itália, o passamento do Beato TADEU MACHAR bispo de Cork e Cloyne na Irlanda, que teve de sair da sua pátria , vítima da hostilidade dos poderosos e, durante a viagem para Roma, descansou no Senhor. (1492)


RECAREDO CENTELLES ABAD, Beato




Em Nules, Tortosa, Espanha, o Beato RECAREDO CENTELLES ABAD presbitero da Irmandade dos Sacerdotes Operários Diocesanos e mártir, que, durante a perseguição contra a Igreja, foi assassinado às portas do cemitério em ódio ao sacerdócio. (1936)


MARIA TERESA FERRAGUD ROIG, MARIA DE JESUS (Maria Vicenta Masià Ferragud), MARIA VERÓNICA (Maria Joaquina Masià Ferragud), MARIA FELICIDADE MASIÀ FERRAGUD e JOSEFA DA PURIFICAÇÃO (Josefa Raimunda Masià Ferragud), Beatas

 

  
  

Em Alcira, na região de Valência, Espanha, as beatas MARIA TERESA FERRAGUD ROIG e suas filhas, MARIA DE JESUS (Maria Vicenta Masià Ferragud), MARIA VERÓNICA (Maria Joaquina Masià Ferragud), MARIA FELICIDADE MASIÀ FERRAGUD, virgens da Ordem das Clarissas Capuchinhas e JOSEFA DA PURIFICAÇÃO (Josefa Raimunda Masià Ferragud), virgem da Ordem das Agostinha Descalças, todas elas mártires, que, durante a mesma perseguição , mereceram a coroa gloriosa pelo seu inquebrantável testemunho de Cristo. (1936)




 ... E AINDA  ...

BERNARDINO OTRANTO, Beato



Bernardino apparteneva ad una ricca famiglia di Cropalati, paese sul versante jonico della presila greca. Pur avendo fin da fanciullo avvertito i germi della vocazione religiosa, la grande disponibilità di mezzi personali lo avevano spinto nella giovinezza ad una vita spensierata e licenziosa.
La svolta nella sua vita avviene all’età di vent’anni, quando trovandosi nei pressi del convento di Spezzano della Sila incontra San Francesco da Paola. Francesco lo invita ad entrare e lo rinchiude a chiave in una cella.  Quando Francesco riapre la porta trova Bernardino piangente e pentito dei suoi errori che gli chiede di accoglierlo nella sua comunità. Francesco acconsente, ma i fratelli di Bernardino, appresa la notizia che il giovane ha vestito il saio, si recano al convento di Paola, dove era stato nel frattempo inviato, e lo convincono a ritornare a casa.  Meno di un mese dopo, Bernardino si ripresenta a Francesco supplicandolo di riprenderlo.  Francesco, intravedendo nel giovane belle qualità e virtù umane non comuni, senza dare risposta alla sua richiesta, gli chiede di recarsi alla corte di Napoli per consegnare al re una sua lettera importante.  Al suo ritorno trova di nuovo i fratelli ad attenderlo per riportarlo a casa. Francesco nel salutarlo lo rassicura dicendogli che presto sarebbe ritornato per sempre.  Così avviene e Bernardino dopo pochi giorni ritorna in convento definitivamente.
San Francesco volle Bernardino sacerdote ed ebbe in lui una così grande fiducia da sceglierlo come suo confessore personale.
Terminati gli studi, Bernardino raggiunge Francesco alla corte di Francia, che all’epoca risiedeva a Tours, dove il Santo Taumaturgo si era recato fin dal  1483 in obbedienza a Papa Sisto IV e su pressione di re Luigi XI gravemente malato. In Francia Bernardino contribuisce al graduale passaggio della comunità dall’eremitismo al cenobitismo fino alla istituzione dell’Ordine dei Minimi (in ossequio all'umiltà di Francesco e per rispetto del suo modo di definirsi frate Francesco di Paola minimo delli minimi servi di Giesù Christo Benedetto).
Bernardino assolse diversi incarichi di fiducia per conto di Francesco; fu fondatore e superiore di diversi conventi e Provinciale della Calabria dell’Ordine dei Minimi. Prima di morire il 2 aprile 1507, venerdì santo, Francesco chiama a se tutta la comunità dei frati, li ammonisce a perseguire nel rispetto della santa Regola e dell'amore di Dio e del prossimo e affida a padre Bernardino il governo dell'Ordine fino al successivo Capitolo. Bernardino pur dichiarandosi indegno di tale carica, sostenendo che vi erano persone più sapienti di lui, dovette chinarsi di fronte alla volontà del Santo, che richiamandosi all'apostolo Paolo, disse: "la sapienza di questo mondo è stoltezza agli occhi di Dio".
Bernardino ebbe il dono della profezia; predisse il giorno della sua morte avvenuta il 25 ottobre 1520, nel convento di San Luigi in Napoli.
E’ riconosciuto Beato dalla devozione e tradizione popolare che lo venera per le eccezionali virtù religiose, pur se il titolo non gli è stato riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa.


BERNARDO DE SAN GIUSEPPE, Beato


Nato a Parigi nel 1576, il Beato Bernardo di San Giuseppe, all'età di 29 anni si trasferì in Spagna ed entrò nel convento mercedario di San Lazzaro in Siviglia, come frate laico converso. Fu insigne per l'amore al Crocifisso, per la grande pazienza, la purezza angelica, l'amore verso gli altri ed il disprezzo di se stesso e delle cose terrene. Stracolmo di meriti il Signore lo favorì di una infinità di grazie e frequenti estasi, finché santamente morì il 23 ottobre 1613 all'età di 37 anni, 8 dei quali passati in religione.
L'Ordine lo festeggia il 25 ottobre.


CANNA esposa de São SADWRN, Santa
 
Agli inizi del sec. VI, dalla Bretagna, Canna passò nel Galles, insieme col marito s. Saturnino (detto poi nel Galles “Sadwrn”), col figlio, s. Crallo, e con lo zio, s. Cadfan. Il motivo di questo trasferimento va forse cercato nelle invasioni dei Franchi, come pensano i Bollandisti, oppure in quegli intensi scambi che andavano sviluppandosi tra l’Inghilterra ed il continente. Morto s. Saturnino, Canna passò a seconde nozze con un nobile del luogo, Gallgu Reiddog o Alltu Redegog, da cui ebbe i figli s. Tegfan e s. Elian (Ilario), soprannominato poi “Geimiad”, “visitatore di luoghi santi, pellegrino”. Ognuno di questi santi ha lasciato il proprio nome legato a varie località, specialmente s. Elian che gode di un culto particolarmente vivo nell’isola di Mona. La loro memoria liturgica ricorre il 25 ottobre
CARLO GNOCCHI, Beato
 
L’infanzia
Carlo Gnocchi nacque a San Colombano al Lambro, in provincia di Milano ma molto vicino a Lodi, il 25 ottobre 1902. Il padre, Enrico, era un marmista, mentre la madre, Clementina Pasta, lavorava come sarta e si occupava della casa. Fu battezzato cinque giorni dopo la nascita coi nomi di Carlo Fortunato Domenico nella chiesa parrocchiale del suo paese. Alla morte del padre, ammalato di silicosi per via del suo lavoro, Carlo si trasferì con la famiglia a Milano, dove ricevette il sacramento della Cresima presso la parrocchia di Sant’Eufemia il 19 maggio 1910. Nell’anno scolastico 1914-1915 fu allievo dei Salesiani.

La vocazione al sacerdozio e la formazione
Avvertita la vocazione al sacerdozio, nel 1915, anno in cui perse il fratello Andrea (un altro fratello, Mario, era invece morto nel 1909) entrò nel Seminario della diocesi di Milano, nella sede di Seveso. Tre anni dopo passò alla sede di Monza per frequentare il liceo, ma per ottenere il diploma di maturità dovette sostenere l’esame nel liceo statale Berchet di Milano. Nel 1921, quindi, passò al Seminario maggiore nella sede di corso Venezia a Milano.
Venne ordinato sacerdote il 6 giugno 1925 dall’arcivescovo di Milano, il cardinal Eugenio Tosi. Celebrò la Prima Messa lo stesso giorno a Montesiro di Besana Brianza, il paese dove trascorreva le vacanze ospite di una zia e dove la madre si era trasferita quando lui era entrato in Seminario.

I primi incarichi
Il primo incarico di don Carlo fu quello di vicario parrocchiale incaricato dell’oratorio (o coadiutore) della parrocchia di Santa Maria Assunta a Cernusco sul Naviglio, ma già l’anno successivo ebbe una nuova destinazione: San Pietro in Sala, a Milano. Nel 1928 don Carlo fu nominato dal cardinal Tosi cappellano dell’Opera Nazionale Balilla. Il successore, il cardinal Alfredo Ildefonso Schuster (Beato dal 1994), gli diede cinque anni dopo l’incarico di assistente spirituale del GUF (Gruppo Universitari Fascisti) di Milano.
Fu sempre il cardinal Schuster a chiamarlo ad assumere il ruolo di direttore spirituale dell’Istituto Gonzaga di Milano, diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane. Lì ebbe l’opportunità di conoscere meglio l’uomo inquadrato nella società, i giovani, ma anche le loro famiglie e l’ambiente, affinando così la sua passione e la sua sensibilità come educatore.

Cappellano degli alpini
Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò ufficialmente nel secondo conflitto mondiale. Don Carlo si arruolò volontariamente come cappellano militare del Battaglione degli Alpini «Val Tagliamento», che partecipò alla campagna di Grecia. Dopo il congedo, riprese il suo impegno al Gonzaga, ma sentiva di dover andare dove ci fosse più bisogno di lui: scrisse quindi più volte al cardinale Schuster perché acconsentisse alla sua partenza per il fronte russo. Infine, nel mese di luglio 1942, poté partire per la campagna di Russia, come cappellano degli Alpini della Divisione Tridentina.

La prima idea di “un’opera di carità”
La disastrosa ritirata del gennaio 1943, che vide la morte di numerosi soldati, lo colpì profondamente, spingendolo a riflettere sul significato e sul valore della sofferenza degli innocenti. Maturò il lui il desiderio di provvedere all’assistenza degli orfani dei suoi alpini: così, tornato in patria, cominciò a cercarli personalmente.
Decorato con medaglia d’argento al valor militare, negli anni 1944-45 partecipò alla Resistenza. Incarcerato a San Vittore, fu liberato dieci giorni dopo per l’intervento del cardinale Schuster.
Nel 1945 lasciò l’incarico di direttore spirituale all’Istituto Gonzaga, prendendo quello di assistente ecclesiastico degli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, restandovi tre anni.
Mentre l’arcivescovo pensava di destinarlo a una parrocchia, don Carlo andava concretizzando quello che, dal fronte russo, aveva scritto al cugino Mario Biassoni: «Sogno dopo la guerra di potermi dedicare per sempre ad un’opera di Carità, quale che sia, o meglio quale Dio me la vorrà indicare. Desidero e prego dal Signore una sola cosa: servire per tutta la vita i Suoi poveri. Ecco la mia “carriera”».

Nascita della Fondazione Pro Juventute
Nell’aprile 1945 don Carlo venne nominato direttore dell'Istituto Grandi Invalidi di Arosio (in provincia di Como). L’8 dicembre dello stesso anno aveva appena terminato la celebrazione della Messa, quando il portinaio gli annunciò che gli era stato portato un bambino, Bruno Castoldi, il cui padre era morto in Russia. A lui si aggiunsero, nel corso della giornata, altri ventisette orfani. L’arrivo di un bambino di otto anni, Paolo Balducci, che aveva invece perso una gamba per lo scoppio di una bomba, lo orientò definitivamente verso l’accoglienza di quei piccoli sofferenti.
Per coordinare meglio l’attività dell’istituto di Arosio verso i cosiddetti mutilatini, don Carlo istituì la «Federazione Pro Infanzia Mutilata», che il 26 marzo 1949 fu ufficialmente riconosciuta con Decreto del Presidente della Repubblica. Nel 1951 l’istituzione cambiò denominazione in «Fondazione Pro Juventute» e, due anni dopo, riconosciuta come Ente Morale.
Don Carlo si fece propagandista itinerante in Italia e all’estero per le sue istituzioni, che ormai si erano ramificate, aumentando con ritmo veloce, in Lombardia e in altre regioni italiane. Fu anche scrittore fecondo di spiritualità, educazione, pedagogia.

La malattia, l’ultimo dono e la morte
Ai primi di novembre 1955, mentre visitava il Centro Pilota di Roma, don Carlo si sentì male. Sulle prime i medici pensarono che fosse un esaurimento, ma quando fu ricoverato alla clinica Columbus di Milano emerse la verità: aveva un tumore allo stomaco, con metastasi diffuse ai polmoni. Una domenica di febbraio mandò a chiamare il professor Cesare Galeazzi, direttore dell’ospedale Oftalmico di Milano, per chiedergli quello che definì «un grande favore»: dopo la sua morte, le sue cornee dovevano essere espiantate, per ridare la luce degli occhi a uno dei suoi ragazzi. Non molti giorni dopo morì, nel pomeriggio del 28 febbraio 1956, a 53 anni.
L’operazione di espianto ebbe successo e destò molto clamore: si era agli albori della cultura dei trapianti d’organi, che in Italia non erano ancora disciplinati per legge. I beneficati furono Silvio Colagrande e Amabile Battistello, l’uno rimasto privo della vista a causa di un incidente, l’altra cieca dalla nascita.

La fama di santità e il processo di beatificazione
I funerali furono celebrati nel Duomo di Milano il 1° marzo 1956 dall’arcivescovo Giovanni Battista Montini, poi papa Paolo VI e Beato, con un’imponente partecipazione di popolo. Durante i funerali, un mutilatino, Domenico Antonino, fu portato al microfono e disse: «Prima ti dicevo: ciao don Carlo. Adesso ti dico: ciao, san Carlo». Era solo la prima attestazione pubblica di una buona fama che, col passare degli anni, non venne meno.
Il nulla osta per l’avvio della causa di beatificazione di don Carlo Gnocchi è giunto il 5 gennaio 1987: già il 6 maggio del medesimo anno fu aperta, a Milano, la fase diocesana del processo, conclusa il 23 febbraio 1991 e convalidata il 29 ottobre 1993. La “positio super virtutibus” è stata trasmessa a Roma nel 1997.
Fu ottenuto parere positivo circa l’esercizio delle virtù eroiche sia dai consultori teologi, il 22 ottobre 2002, sia dai cardinali e vescovi membri della Congregazione vaticana per le Cause dei Santi, il 3 dicembre dello stesso anno. San Giovanni Paolo II autorizzò quindi, il 20 dicembre 2002, la promulgazione del decreto con cui don Carlo Gnocchi era dichiarato Venerabile.

Il miracolo e la beatificazione
Come presunto miracolo per ottenere la beatificazione fu preso in esame il caso di Sperandio Aldeni, artigiano elettricista e alpino bergamasco. Il 17 agosto 1979 era sopravvissuto a una scarica elettrica altrimenti mortale, invocando proprio don Carlo Gnocchi. Il processo sull’asserito miracolo venne quindi aperto il 22 ottobre 2004 e concluso quasi tre mesi dopo, il 19 novembre; fu convalidato il 6 maggio 2005.
La giunta medica della Congregazione per le Cause dei Santi diede parere favorevole circa l’inspiegabilità dell’evento il 5 luglio 2007. L’opinione fu confermata dai consultori teologi il 4 novembre 2008 e dai cardinali e vescovi della Congregazione il 13 gennaio 2009. Infine, il 17 gennaio 2009, papa Benedetto XVI ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui l’evento prodigioso era da attribuirsi all’intercessione del Venerabile Carlo Gnocchi, aprendo quindi la strada alla sua beatificazione.
Il 25 ottobre 2009, nella stessa piazza Duomo che aveva visto i suoi funerali, don Carlo Gnocchi veniva ufficialmente posto alla venerazione dei fedeli. Il rito di beatificazione è stato presieduto da monsignor Angelo Amato (oggi cardinale) come inviato del Santo Padre, all’interno della celebrazione eucaristica presieduta dal cardinal Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano.

Il culto del Beato Carlo Gnocchi
La memoria liturgica del Beato Carlo Gnocchi, per la diocesi di Milano, è stata fissata al 25 ottobre, giorno del suo compleanno e anniversario della beatificazione.
Nella primavera del 2009, poche settimane dopo l’annuncio della beatificazione, la Fondazione, che nel frattempo aveva preso il nome di Fondazione Don Carlo Gnocchi onlus, ha avviato la costruzione di una nuova chiesa a lui dedicata, adiacente al Centro Santa Maria Nascente. La cerimonia della posa della prima pietra si è svolta il 2 marzo 2009 alla presenza del cardinal Tettamanzi, che ha pure consacrato la chiesa il 24 ottobre 2010. Il 27 novembre dello stesso anno l’urna con i resti del Beato, già portati in piazza Duomo nel corso del solenne rito di beatificazione, sono stati definitivamente traslati ai piedi dell’altare della nuova chiesa.
Il 28 febbraio 2012, nel cinquantaseiesimo anniversario della morte, il cardinal Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ha ufficialmente eretto la chiesa del Beato Carlo Gnocchi come santuario diocesano, dove è anche stata aperta una delle porte del Giubileo straordinario della Misericordia. Accanto al santuario, nell’area della vecchia cappella del Centro, è stato allestito un museo per approfondire la vita e l’opera del suo fondatore.

La Fondazione Don Gnocchi oggi
La Fondazione, istituita dal Beato Carlo Gnocchi per mutilatini e poliomielitici, ha ampliato nel tempo il suo raggio d’azione, curando non solo bambini e ragazzi disabili o affetti da malattie congenite e acquisite, ma anche pazienti di ogni età che necessitano di riabilitazione neuromotoria, cardiorespiratoria e pneumologica, anziani non autosufficienti, malati oncologici terminali, pazienti con gravi cerebrolesioni o in stato vegetativo prolungato.
CATARINA DA BÓSNIA, Beata
Le notizie sulla sua vita sono alquanto scarne, ma sufficienti a farci comprendere la grandezza della sua figura, prevalentemente cattolica; vissuta in uno Stato balcano minacciato continuamente dall’espansionismo musulmano.
Nata in Erzegovina nel 1424, sposò il penultimo re di Bosnia Stefano Thomas, adoperandosi per la diffusione della fede nel suo regno; chiamò i Francescani ad Jaice la capitale, per contrastare e convertire i molti eretici e scismatici bogomili, che avevano fatto della Bosnia la roccaforte della loro eresia; la quale contrapponeva il mondo dello spirito a quello della materia, considerato espressione della forza del male; negava la Ss. Trinità, la natura umana di Cristo, ridotta a sola apparenza, l’Antico Testamento, non riconosceva i riti liturgici, la gerarchia ecclesiastica, il battesimo e il matrimonio.
Nel 1463 i Turchi capeggiati dal sultano Maometto II, occuparono la Bosnia e fra l’altro catturarono i figli di Caterina, costringendoli a farsi musulmani; la regina poi rimasta vedova nello stesso anno, si recò in esilio a Roma, dove fu accolta con onore dal papa Pio II, diventando Terziaria Francescana e vivendo santamente, godendo di stima e considerazione dai successivi pontefici Paolo II e Sisto IV.
Morì a Roma il 25 ottobre 1478 e sepolta con solenni funerali nella chiesa dell’Aracoeli; nel suo testamento dispose che lasciava alla Santa Sede il suo regno, la spada e gli speroni (evidentemente i simboli regali), con la clausola che se il figlio Sigismondo, prigioniero dei turchi, una volta liberato fosse tornato al cristianesimo, egli sarebbe dovuto diventare il re di Bosnia.
L’Ordine Francescano celebra Caterina come beata, con la ricorrenza al 25 ottobre, giorno della sua morte.

CLETO DE S. PEDRO DE TRÉVERI, Santo

Le notizie non sono tante e quelle che si sanno provengono dagli ‘Atti’ di s. Pietro di Trevi, dove si cita che s. Pietro, eremita itinerante e predicatore del secolo XI, fu per due anni discepolo del diacono Cleto a Tivoli; poi quando Cleto ritenne che Pietro fosse ben preparato, lo presentò al vescovo di Tivoli Gregorio, che gli diede la tonsura ecclesiastica e una croce di ferro, incaricandolo di predicare nelle cittadine della regione.
Essendo stato Gregorio vescovo di Tivoli dal 1049 al 1054, al tempo di papa Leone IX, si può datare l’esistenza di Cleto nella metà dell’XI secolo.
Altro non si sa, notizie datate 1700 riportano che nella piazza vicino al Duomo di Tivoli, esisteva un ospedale (ospizio dei pellegrini) dedicato a S. Cleto; l’episcopio era denominato ‘Casa di S. Cleto’; le sue reliquie sono ancora conservate nel Duomo sotto l’altare di s. Mario e il suo culto è limitato alla diocesi di Tivoli, dove è venerato il 25 ottobre, in tale data nei tempi antichi era usanza distribuire pane fresco e fave cotte.


DARIA e DERBILLIA DE CONNAUGHT, Santas

Nella vita di s. Cormaco abate si legge che, visitando egli il territorio del Connaught, giunse in un luogo chiamato poi Maghgamnach. Fissare il tempo della sua vita è arduo come fissare quello in cui visse il santo abate: si pensa al sec. VI o al VII. Non restano tracce di culto. La stessa fonte accenna a Derbilia, figlia di Cormaco (Corbmaco) appartenente, al pari di Daria, alla stirpe reale dei Fiachra, che fiorì dal sec. V in poi, dando molti re al Connaught e molti santi alla Chiesa. Di lei non si sa altro: forse è la stessa Derbilia di Irras, che accompagnò s. Colombano e alla quale i Bollandisti accennano brevemente al 3 agosto. Daria e Derbilia sono ricordate il 25 o il 26 ottobre

DOMENICO DE SEVILHA, Beato





Di grandissima umiltà, preghiera, penitenza e pazienza, il Beato Domenico da Siviglia, mercedario redentore si distinse sopratutto per i miracoli. Inviato per redenzione in Marocco liberò 124 schiavi da una dura schiavitù. Colmo di meriti morì nella pace del Signore nell'anno 1450.
L'Ordine lo festeggia il 25 ottobre.

LUDOVICO DE ARNSTEIN, Beato





 Nel 1139, Ludovico trasformò il suo castello di Arnstein (diocesi di Treviri), in due monasteri per religiosi e religiose Premostratensi provenienti da quello “Gratia Dei” di Magdeburgo. Ludovico entrò tra i religiosi, mentre sua moglie Eutta o Iutta tra le religiose. Egli volle rimanere sempre semplice fratello converso, attendendo col più grande impegno all’amministrazione del monastero che gli fu confidata. Si esercitò mirabilmente nelle virtù cristiane: eccelse nell’umiltà e nella misericordia verso i poveri.
Il duplice monastero non ebbe lunga vita: le religiose canonichesse infatti ben presto si trasferirono a Gommersheim, diocesi di Magonza: in questo monastero Ludovico morì il 25 ottobre 1185.
Le sue spoglie furono traslate ad Arnstein, e poste nel sepolcro davanti all’altar maggiore. Il culto pubblico di Ludovico fu concesso alla Congregazione dei Premostratensi in Spagna, praticamente separata dal resto dell’Ordine fin dal sec. XVI; tale Congregazione finì all’inizio del sec. XIX e con essa cessò il culto pubblico a Ludovico di Arnstein.


MAURO e BENERIA, Santos






I coniugi Mauro e Beneria vennero decapitati in odio alla fede cristiana ed il loro martirio fu così giusta causa della venerazione nei loro confronti quali "santi". Sono commemorati al 25 ottobre.

TABITA DE IOPPE, Santa



Senza nessuna memoria di Santo registrata per oggi dal Calendario della Chiesa, rinverdiremo il ricordo di una Santa dal nome insolito: Tabita. Nome che diviene, però, quanto mai suggestivo quando si sappia che Tabita in ebraico, significava " gazzella ", e che " gazzella ", a sua volta, era nome composto con la parola ebraica " bellezza ", evidentemente grazie alla delicata eleganza di questo animale.
In greco, la Santa di oggi è chiamata Dorcas: il significato di questo nome è identico, perché vuoi dire anch'esso " gazzella ".
Che cosa sappiamo sul conto della gazzella cristiana? Conosciamo soprattutto - anzi, esclusivamente - un episodio narrato dagli Atti degli Apostoli, che resta tra i miracoli più celebri dell'Apostolo Pietro.
Rileggiamo insieme: " C'era nella terra di loppe, - è scritto, - una cara discepola, chiamata Tabíta, che tradotto significava Dorcas. Era donna ricca di buone opere, e faceva molte elemosine.
" Avvenne che proprio in quei giorni ella si ammalò, e morì. E, dopo che l'ebbero lavata, la posero nella sala al piano di sopra. Siccome Lidda era vicina a Joppe, i discepoli, saputo che Pietro era lì, gli mandarono due uomini a pregarlo: "Non ti dispiaccia venire sino noi! ".
" Pietro si levò, e andò con loro e, come fu giunto, lo condussero nella sala di sopra. Tutte le vedove gli si fecero intorno, piangendo, mostrando le vesti e i mantelli di ogni genere che Dorcas faceva per loro.
" Allora Pietro, fatti uscire tutti fuori, si mise in ginocchio e pregò. Poi, rivoltosi alla morta, disse: "Tabíta, alzati”, ed ella apri gli occhi e, vedendo Pietro, si levò a sedere.
" Pietro le dette una mano, e la fece alzare e, chiamati i santi e le vedove, la presentò a loro viva.
" Il fatto - aggiungono gli Atti degli Apostoli -venne risaputo per tutta loppe, e molti credettero nel Signore. Pietro si fermò a Joppe diversi giorni, in casa di un certo Simone, cuoiaio ".
Nulla di più sappiamo sul conto della donna di Joppe, cioè deIl'odierna città di Giaffa. L'episodio miracoloso narrato dagli Atti degli Apostoli è l'unica testimonianza storica alla quale è affidato il ricordo della " gazzella " cristiana, richiamata in vita dalle preghiere di San Pietro.
I Greci introdussero il nome della " cara discepola " nel Calendario dei Santi, ma non si può dire che Tabita abbia mai conosciuto un culto particolare né una diffusa devozione. La sua memoria, tra i Santi, è restata sempre un po' in disparte, e neanche le leggende hanno aggiunto un seguito al clamoroso miracolo di loppe.
Ma la memoria della gazzella risvegliata dal sonno eterno dalle preghiere di San Pietro non si è perduta, e dalle pagine del testo ispirato, la figura della donna generosa si leva ancora eloquente davanti a noi, pur nell'oscurità che la circonda prima e poi.

TEGULO DE IVREA, Santo



Il 25 ottobre, nel calendario liturgico della regione conciliare piemontese, viene menzionato il martire San Tegolo, venerato nella città di Ivrea. Le notizie di questo santo sono assai scarse e principalmente di carattere cultuale, non essendo giunta nessuna testimonianza circa l’epoca, le modalità ed il preciso luogo della sua morte avvenuta, molto probabilmente, nel corso di una delle ultime persecuzioni organizzate dall’impero romano contro la nascente comunità cristiana.
Il suo culto nasce alla fine del X secolo, quando, all’epoca dell’episcopato del beato Varmondo, nella campagna a poca distanza da Ivrea, viene ritrovato il suo sepolcro e le sue reliquie vengono trasferite, con solenne corteo nella cattedrale entro le mura, per essere deposte nella cappella di San Giacomo. Da quel momento, il presunto martire inizia ad essere venerato con culto liturgico e la sua immagine inizia ad essere riprodotta insieme a quella degli altri santi protettori della città e nella diocesi, come si può vedere in un grande affresco nel vescovado.
Come avvenuto per altri sconosciuti santi dell’area piemontese, anche Tegolo venne annoverato nel numero dei martiri appartenenti alla legione Tebea, capitanata da San Maurizio. Purtroppo, anche nel caso del martire eporediese, tale ipotesi è priva di documentazione storica o archeologica che la possa avvallare e nulla di certo si può riferire del santo che non vada oltre la semplice tradizione agiografica più o meno leggendaria. Stando alla locale credenza, Tegolo sarebbe stato decapitato lungo la strada che conduce a Montaldo, in un luogo in cui venne poi edificata una cappella dedicata a Santa Croce che nella seconda metà del XIV secolo pagava, in onore del santo, una tassa per benefici alla chiesa cattedrale. Da un punto di vista storico, si potrebbe ritenere che all’epoca di Varmondo venne rinvenuta una delle tante sepolture, forse di un soldato, disseminate nella campagna della zona, che per motivi a noi ignoti fu ritenuta appartenere ad un martire locale, fatto poi oggetto di venerazione. Il nome stesso di Tegolo o Tegulo richiama curiosamente il più comune materiale di costruzione delle tombe di epoca romana, e potrebbe essere stato attribuito all’individuo inumato di cui non si conosceva ovviamente l’identità.
Le reliquie di San Tegolo, dopo essere state trasferite dalla loro originaria collocazione, riposano, insieme a quelle di San Besso, nella cappella del Santissimo Sacramento, mentre nella navata destra della chiesa vi è una cappella lui dedicata; la pala dell’altare rappresenta il santo nel tipico abbigliamento da milite romano, con la palma simbolo del martirio. 


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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros











Blogue: SÃO PAULO (e Vidas de Santos) -  http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com

Igreja da Comunidade de São Paulo do Viso

Nº 5 801 - SÉRIE DE 2024 - Nº (277) - SANTOS DE CADA DIA - 2 DE OUTUBRO DE 2024

   Caros Amigos 17º ano com início na edição  Nº 5 469  OBSERVAÇÃO: Hoje inicia-se nova numeração anual Este é, portanto, o 277º  Número da ...