Caros Amigos:
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10º A N O
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Abdias, Santo
Comemoração de Santo ABDIAS profeta que, depois do exílio do povo de Israel, anunciou a ira do Senhor contra os povos inimigos.
Máximo de Cesareia, Santo
Em Cesareia, na Capadócia, hoje Kayseri, na Turquia, São MÁXIMO corepíscopo e mártir. (séc. III)
Severino, Exupério e Feliciano, Santos
Em Brennier, Vienne, Gália Lionense, hoje França, os santos SEVERINO, EXUPÉRIO e FELICIANO mártires. (séc. III)
Barlaão de Antioquia, Santo
Em Antioquia, na Síria, hoje Antakya, Turquia, São BARLAÃO mártir que, embora rústico e analfabeto, mas fortalecido pela sabedoria de Cristo, com invencível constância na fé repeliu o fogo e o incenso que lhe punham nas mãos para sacrificar aos ídolos e, pela ferocidade do tirano, alcançou a palma do martírio. (303)
Em Heracleia, na Trácia, hoje Mármara, Turquia, 40 santas mulheres, virgens e viúvas, mártires e o diácono ANON. (séc. IV).
Na região de Velay, Aquitânia, França, Santo EUDO abade e mártir. (752)
Simão da Calábria, Santo
No monte Mercúrio, na Calábria, Itália, São SIMÃO eremita. (séc. X)
Matilde de Helfta ou de Hackeborn, Santa
No mosteiro de Helfta, na Saxónia, Alemanha, Santa MATILDE virgem, que foi mulher de insigne doutrina e humildade, iluminada pelo dom divino da contemplação mística. (1298)
Eliseu García García e
Alexandre Planas Saurí, Beatos
Em Garraf, Barcelona, Espanha, os beatos mártires ELISEU GARCÍA GARCÍA religiosos da Sociedade Salesiana e ALEXANDRE PLANAS SAURÍ que, no tempo da perseguição contra a fé, foram dignos de se associarem ao combate salvífico de Cristo. (1936)
Anastásio II, Santo
Non si conoscono le origini della famiglia, probabilmente greca (nda: anastasìs significa resurrezione in greco) stabilitasi a Roma. Anastasio II fu consacrato papa il 24 novembre del 496.
Così come non risultano molte altre notizie sul suo pontificato, del resto di breve durata se non quelle nefaste per aver tentato una sorta di riconciliazione con gli eretici monofistici con la riammissione alle sue funzioni il diacono di Tessalonico Fotino, fervido seguace dell'idea monofisita.
La tradizione volle che questo papa fosse così impopolare, diversamente dal suo predecessore che fosse stato colpito dalla "maledizione divina" "nutu divinu percussus est"
Lo stesso Dante Alighieri, molti secoli dopo, finì per collocarlo nel canto XI, 6-9 dell' Inferno della Divina Commedia:
" ci racostammo, in dietro, ad un coperchio
d'un grand'avello, ov'io vidi una scritta
che dice: "Anastasio papa guardo,
lo qual trasse Fotin della via dritta".
Sempre secondo la tradizione la sua morte sarebbe stata simile a quella di Ario il quale, mentre era intento alle sue funzioni corporali e fisiologiche perse tutte le viscere che si sparsero sul terreno.
Questo sarebbe accaduto il 19 novembre del 498. Le sue spoglie furono sepolte sul sagrato di San Pietro ma il suo nome non comparì mai nè sul martirologio nè sul calendario universale.
Il titolo di "santo" gli viene attribuito in alcune liste di Romani Pontefici e da qualche scrittore; tuttavia, come osservano i Bollandisti, il suo nome non si trova in alcun Martirologio antico, nè esiste alcuna traccia di culto su di lui.
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Attone de Tordino, Santo
Il monastero benedettino di S. Niccolò in Tordino (Teramo) fu fondato nel 1004 e posto alle dipendenze di Montecassino; Attone ne fu il primo abate o priore. Un tempo, nei giorni di Pentecoste, i fedeli si recavano in pellegrinaggio alla sua tomba e bevevano l'acqua che stillava dal soffitto sopra il sarcofago. Il sepolcro e le reliquie di A. sono oggi scomparsi, e se ne celebra solo la festa il 19 novembre nella cattedrale di Teramo e nella chiesa parrocchiale (già abbaziale) di S. Atto, unita dal 1477 col Capitolo del Duomo
Il beato Bertoldo di Heimburg, governò il monastero di Weingarter, dove si insediarono dei monaci provenienti dall'abbazia di Altomünster.
Non sappiamo la sua data di nascita, sappiamo però che il suo governo dell’abbazia durò trentadue anni, tra il 1200 e 1232.
All’epoca i monaci si prodigarono, tra le altre cose, nella miniatura di manoscritti. Il loro lavoro più famoso è il “Messale di Bertoldo” del 1217, ora nella Biblioteca “Pierpont Morgan” a New York.
Fu un devoto fervente della Santissima Vergine, come dimostrano le sue prescrizioni speciali per festeggiare il sabato, a lei dedicato. Di lui ci rimane una sola immagine, un quadro ad olio del XVII secolo, che si trova nel monastero, dove viene raffigurato come beato.
Morì il 19 novembre 1232.
Il menologio benedettino lo ricorda il 19 novembre
Fausto de Alexandria, Santo
Particolari della sua vita si trovano in alcuni capitoli della Storia Ecclesiastica di Eusebio. Fu diacono della Chiesa alessandrina dalla metà del sec. III fino agli inizi del sec. IV. Durante la persecuzione di Valeriano, giudicato dal prefetto Emiliano, insieme col vescovo Dionigi e con i diaconi Eusebio e Cheremone, subì l'esilio nella regione di Kefro in Libia col proprio vescovo e con Caio, Pietro e Paolo; poi, mentre Dionigi veniva trasferito altrove, egli ritornò in Egitto, ove fu costretto a vita randagia insieme con i diaconi Eusebio e Cheremone. Eusebio ha fatto di lui questo elogio: "Si è distinto nel confessare la fede ed è stato poi riservato sino alla persecuzione succeduta al nostro tempo (= Diocleziano); vecchio e pieno di giorni ha consumato nell'età nostra il martirio per decapitazione" (VII, 11, 26).
Il Martirologio Romano lo commemora al 19 novembre, tuttavia il suo nome ricorre altre volte: al 3 ottobre, con Caio, Pietro e Paolo; al 4 con Caio, Eusebio, Cheremone e Lucio. Si tratta sempre del diacono ricordato il 19 novembre, poiché i suoi compagni non sono altri che i diaconi alessandrini, menzionati da Eusebio, perseguitati insieme con il loro vescovo Dionigi, durante l'impero di Valeriano. Più difficile si presenta un altro problema: il Martirologio Romano, che desume la notizia da Eusebio, (parla di un "prete" Fausto 26 novembre), martire ad Alessandria, insieme con Didio, Ammonio ed altri, sotto l'impero di Massimino Daia e Calerio. Questo "prete" Fausto vissuto sotto il vescovo Pietro, secondo il Tillemont e l'Allard potrebbe essere identificato con il diacono, ma è più verosimile ammettere che si tratti di due martiri distinti. L'ultima persecuzione, infatti, ebbe in Egitto varie fasi con moltissimi martiri, per cui si può ritenere che il diacono Fausto fosse vittima nel primo periodo (303-305), mentre il prete Fausto fu martirizzato nel secondo periodo sotto Massimino Daia (311).
Filósofo de Vercelli, Santo
Un antico calendario eusebiano, pubblicato in un volume del 1676, stabiliva la festa di s. Filosofo vescovo di Vercelli, nell’omonima diocesi, al 19 novembre, culto oggi scomparso.
S. Filosofo fu il diciannovesimo vescovo della diocesi di Vercelli, così come lo riporta il catalogo episcopale della città.
Per poter stabilire, sia pure approssimativamente, il periodo del suo episcopato, bisogna partire dal dato certo di s. Flaviano, 14° vescovo morto nel 542, così come indicato dalla sua iscrizione sepolcrale e calcolando una media di 10 anni per i successivi quattro vescovi, dei quali si ignorano i dati cronologici, si arriva a san Filosofo nell’arco di tempo dei due ultimi decenni del VI secolo; uno storico locale lo dice contemporaneo di s. Gregorio Magno (535-604).
A causa delle devastazioni subite dalla basilica cattedrale e dall’annesso archivio, da parte degli Ungari nell’899, e poi da Arduino di Ivrea (955-1015) che l’incendiò, tutta la storica documentazione andò distrutta, per cui le poche notizie conosciute sui primi 40 vescovi, si possono desumere da qualche iscrizione sepolcrale e da qualche libro liturgico locale.
Anche di s. Filosofo non si conoscono notizie sulla sua vita e sui meriti, né contemporanee né posteriori, tuttavia è confermata la sua santità.
Nel 1145 il vescovo Ginulfo elevò a collegiata l’antichissima Pieve di S. Lorenzo, sul monte presso il borgo di Gattinara e poiché in essa da tempo immemorabile erano conservate le sacre spoglie di s. Flaviano, alcuni storici locali dedussero che tale provvedimento volesse onorane la memoria e rinnovarne il culto.
Narsete (Nerses) I, o Parto, Santo
Discendente dalla famiglia di s. Gregorio Illuminatore e nipote di s. Iusik, Narsete nacque ca. l'a. 330 da Athanagines, figlio di Iusik e da Bambish, figlia del re armeno Tiran. Dopo avere ricevuto un'educazione corrispondente al suo stato principesco, frequentò le scuole elleniche di Cesarea. Sposato con la figlia del principe Vardan Mamikonian, Sahaktucht, ebbe un figlio che chiamò Sahak, il futuro grande Katholicos santo. Dopo tre anni, mortagli la moglie, Narsete ritornò in patria dove fu assunto dal re come suo camerlengo.
Nel 350 Arshak, figlio di Tiran, succedeva al padre sul trono del regno armeno, e cominciava a ristabilire l'ordine fra i principi, affidando a ciascuno il proprio ufficio ed il posto che gli competeva per successione; Tiran, infatti, aveva usurpato tutti i loro diritti. In questa occasione anche i principi chiesero al re di ristabilire alla sede katholicossale, com'era consuetudine, un discendente della famiglia di s. Gregorio. Il re acconsenti alla proposta e, d'accordo con i principi e con il popolo, scelse il camerlengo reale, il giovane Narsete che Fausto (Storia, IV, 3) descrive: « Di statura alta e di una bellezza eccezionale, ma nel medesimo tempo timoroso di Dio ed osservante dei precetti divini, sapiente e modesto, caritatevole e misericordioso, casto e sobrio nella vita coniugale, ed esemplare nel servizio militare ». Saputo dell'acclamazione popolare e del beneplacito del re, Narsete rifiutò l'elezione e per convincerli, cominciò ad accusarsi di peccati che non aveva mai commesso. Il popolo, incredulo, si assunse tutta la responsabilità di quei peccati, mentre il re, per troncare la questione, prese la spada dalle sue mani e gli tagliò la chioma. Quindi i vescovi armeni, su invito del re, si radunarono in un sinodo per eleggerlo canonicamente Katholicos dell'Armenia; poi lo inviarono a Cesarea per l'ordinazione sacerdotale e la consacrazione episcopale, accompagnato da otto principi e da una parata militare, come era consuetudine dai tempi di s. Gregorio.
Fausto afferma che a Cesarea Narsete fu consacrato dal metropolita Eusebio, e la data di tale consacrazione, come risulta dall'analisi dei dati storici, sarebbe il 353. A quest'epoca, però, secondo la Series Episcoporum pubblicata dal Gams, il metropolita di Cesarea era Dianeo (341-362); tuttavia in un documento armeno antico, che riporta la serie dei vescovi di Cesarea dall'inizio fino ai tempi di Elladio, troviamo notato per Eusebio: « Questi consacrò Nerses e rimase sulla sede per anni 19 ». Quindi essendo nota la data della morte di Eusebio (370), quella dell'inizio della sua carriera, secondo il documento, dovrebbe essere l'anno 352; tutto ciò, unito ad altri dati, confermerebbe come data di consacrazione di Narsete l'anno 353.
Dopo il ritorno alla sua sede episcopale, Narsete convocò un sinodo i cui Atti non ci sono pervenuti, ma di cui Fausto ha conservato un riassunto: Narsete ordinò la costruzione di ospedali e di ospizi per i lebbrosi e per tutti i poveri della città che dovevano essere ricoverati in questi luoghi e mantenuti dalla carità dei fedeli; vietò sotto severe pene l'usanza superstiziosa di piangere i morti secondo i riti pagani; decretò leggi per regolare il matrimonio cristiano e la vita coniugale; inflisse pene contro tutti i vizi e i delitti. Esortò inoltre il re, i principi e tutti coloro che esercitavano l'autorità, ad essere miti verso i propri sudditi, e a non gravarli di tasse eccessive. Ai sudditi ordinò di rendere perfetta obbedienza e fedeltà alle autorità. Infine istituì in diversi luoghi scuole di lingua greca e siriaca, per l'educazione della gioventù ed in particolare degli ecclesiastici.
Fausto loda l'ordine e la prosperità della Chiesa armena ai tempi di Narsete e scrive: « Ai suoi tempi le chiese godevano della pace e tutti i vescovi erano circondati di rispetto in tutta l'Armenia; le chiese erano colme di pompa e di magnificenza; il clero aumentava di numero, ed egli costruiva in tutto il paese nuove chiese e monasteri per i monaci. Egli stesso liberò molti dalla schiavitù; aiutava le vedove e gli orfani, ed ogni giorno ospitava molti poveri alla sua tavola. Benché avesse istituito ospizi per i poveri e gli indigenti, accettava nel suo palazzo chiunque venisse a chiedere aiuto, ed egli stesso li lavava, li ungeva e distribuiva loro il cibo » (Storia, IV, 4). Con l'istituzione degli ospizi e dei lebbrosari iniziò nell'Armenia quell'opera sociale che doveva continuare nei secoli seguenti a cura della Chiesa armena. Tutti i fedeli erano invitati ad aiutare queste opere; anzi, furono emanati anche canoni penali, che infliggevano come pena l'aiuto in denaro o in lavoro a questi ospizi. L'organizzazione fondata da Narsete è quindi una delle prime del genere che s'incontrano nella storia.
Come capo della Chiesa armena, aveva anche compiti nella vita civile e politica del regno; infatti a lui era affidato il tribunale. Il re stesso lo mandò alla corte di Bisanzio per trattare con l'imperatore. La sua prima missione fu, nel 354, presso l'imperatore Costanzo II, con il quale stipulò un trattato di alleanza. Ritornò in patria riportando con sé i due nipoti del re Arshak, trattenuti presso l'imperatore come ostaggi, e la figlia di un prefetto dei pretoriani, Olimpia, come moglie per il re.
Ma la collaborazione tra Narsete e Arshak non durò a lungo, poiché quest'ultimo seguiva nella vita privata e sociale soltanto i propri interessi, non dando ascolto alle ammonizioni del vescovo. Il motivo fondamentale e decisivo della rottura tra i due fu l'uccisione di Gnel, nipote dello stesso re, avvenuta nel 359. Narsete esortò il sovrano a desistere dal suo delitto, ma questi, non solo non ritirò l'ordine dell'uccisione, ma prese anche la moglie della vittima. Il vescovo allora lo scomunicò, ritirandosi dal suo ufficio. Arshak elesse al suo posto Ciunak invitando i vescovi armeni a consacrarlo, ma, ad eccezione di due, nessuno accettò l'invito. Ciunak, che non ebbe alcuna giurisdizione ecclesiastica e si accontentò di accompagnare il re, non fu preso in considerazione dai vescovi armeni i quali affidarono l'ufficio di Narsete a Iussik che rappresentò la Chiesa armena nel sinodo di Antiochia (364), come si legge tra i firmatari della lettera sinodale indirizzata all'imperatore Gioviano (cf. Socrate, Hist. Eccl., III, 25).
Il ritiro di Narsete nei suoi possedimenti ad Ashtishat durò per tutto il periodo del regno di Arshak, ma quando questi fu fatto prigioniero dal re sassanide Shapuh, su invito dei principi armeni, che resistevano all'invasione persiana, verso il 367 accettò di nuovo l'incarico. Tornò allora a Costantinopoli per stringere amicizia coll'imperatore Valentiniano I (364-375) e far incoronare il figlio di Arshak, Pap, re d'Armenia. L'imperatore accettò la proposta impegnandosi ad aiutare il nuovo re. Tornato in patria dopo il felice esito della missione, portò anche aiuti militari e potè assistere alla battaglia di Zirav in cui gli armeni riportarono la vittoria ed il re Pap potè stabilirsi sul suo trono.
Riprendendo il suo ufficio Narsete si dedicò interamente alla cura pastorale del popolo. Partecipò anche ai sinodi provinciali di Cesarea: nel 372 troviamo infatti il suo nome, con quello di altri due vescovi armeni, nella lettera del sinodo di Cesarea, al quale presiedette s. Basilio (Basilio, Ep. 92).
Ma anche il re Pap, come suo padre, non voleva ascoltare le ammonizioni di Narsete, anzi, risentito dei suoi rimproveri, lo fece avvelenare durante una festa, alla quale lo aveva invitato col pretesto di voler riappacificarsi. Il santo vescovo mori, nel 373, dopo essere ritornato al suo palazzo, circondato dai suoi amici e dai suoi discepoli.
Gli storiografi moderni non concordano circa l'uccisione da parte del re armeno, mentre il contemporaneo Fausto lo asserisce apertamente, né vi sono motivi seri per negarlo. Non sono invece accettati l'esilio di Narsete da parte dell'imperatore Valentiniano, con il quale avrebbe avuto una discussione teologica circa l'arianesimo, e la sua partecipazione al concilio di Costantinopoli nel 381, in quanto la sua morte è fissata al 373.
Narsete fu sepolto a Thil, nella chiesa del villaggio di Erzerum, ove erano già stati sepolti tutti i suoi santi antenati e la tomba fu meta di pellegrinaggio fino all'invasione araba (sec. VII). In questo periodo la chiesa fu distrutta e non ci si curò più della tomba del santo fino al sec. XIII. Nel 1272, in seguito ad una visione, furono trovate le sue reliquie e il vescovo della diocesi, Sarkis, ordinò di costruire sul posto una chiesa a lui dedicata. Questa chiesa fu anche, da allora in poi, la cattedrale della sede vescovile.
La Chiesa armena celebra la festa di Narsete nella settimana della quarta domenica dopo Pentecoste.
Raimundo de Puy, Beato
Figlio di Hughes du Puy, Signore de Pereins, d'Apifer e di Rochefort, già Governatore d'Acri e Generale al servizio di Goffredo di Buglione, egli era imparentato con Adhemar di Le Puy, legato papale nel corso della Prima Crociata. Successore del Beato Gerardo nel 1120, come secondo Gran Maestro dell'Ordine di Malta egli sviluppò l'Ordine secondo crismi di potenza militare. Egli prescrisse la croce puntata di Amalfi come simbolo ufficiale dell'Ordine, la quale divenne in seguito nota con il nome di Croce di Malta dopo che l'ordine stabilì la propria sede a Malta. Raymond divise l'ordine in fratelli religiosi, militari e affiliati e fondò la prima infermeria degli Ospitalieri presso la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Egli fu presente alla Presa di Ascalona nel 1153
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Desde o dia 1 de Janeiro que venho colocando aqui os meus Votos de um Bom Ano de 2016.
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar
UM BOM resto do ANO DE 2016
Nº 2943- (325 - 2016)
19 de NOVEMBRO de 2016
SANTOS DE CADA DIA
10º A N O
LOUVADO SEJA PARA SEMPRE
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
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Comemorar e lembrar
os Santos de cada dia,
é dever de todo o Católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
os Santos de cada dia,
é dever de todo o Católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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Abdias, Santo
Comemoração de Santo ABDIAS profeta que, depois do exílio do povo de Israel, anunciou a ira do Senhor contra os povos inimigos.
Máximo de Cesareia, Santo
Em Cesareia, na Capadócia, hoje Kayseri, na Turquia, São MÁXIMO corepíscopo e mártir. (séc. III)
Severino, Exupério e Feliciano, Santos
Em Brennier, Vienne, Gália Lionense, hoje França, os santos SEVERINO, EXUPÉRIO e FELICIANO mártires. (séc. III)
Barlaão de Antioquia, Santo
Em Antioquia, na Síria, hoje Antakya, Turquia, São BARLAÃO mártir que, embora rústico e analfabeto, mas fortalecido pela sabedoria de Cristo, com invencível constância na fé repeliu o fogo e o incenso que lhe punham nas mãos para sacrificar aos ídolos e, pela ferocidade do tirano, alcançou a palma do martírio. (303)
40 Santas Mulheres de Heracleia e o diácono ANON, Santos
Em Heracleia, na Trácia, hoje Mármara, Turquia, 40 santas mulheres, virgens e viúvas, mártires e o diácono ANON. (séc. IV).
Eudo de Velay, Santo
Na região de Velay, Aquitânia, França, Santo EUDO abade e mártir. (752)
Simão da Calábria, Santo
No monte Mercúrio, na Calábria, Itália, São SIMÃO eremita. (séc. X)
Matilde de Helfta ou de Hackeborn, Santa
No mosteiro de Helfta, na Saxónia, Alemanha, Santa MATILDE virgem, que foi mulher de insigne doutrina e humildade, iluminada pelo dom divino da contemplação mística. (1298)
Tiago Benfáti, Beato
Em Mântua, na Lombardia, Itália, o beato TIAGO BENFÁTI bispo da Ordem dos Pregadores que, além de pacificar as discórdias na cidade, socorreu o povo assolado pela peste e pela fome. (1332)
Eliseu García García e
Alexandre Planas Saurí, Beatos
Em Garraf, Barcelona, Espanha, os beatos mártires ELISEU GARCÍA GARCÍA religiosos da Sociedade Salesiana e ALEXANDRE PLANAS SAURÍ que, no tempo da perseguição contra a fé, foram dignos de se associarem ao combate salvífico de Cristo. (1936)
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Anastásio II, Santo
Non si conoscono le origini della famiglia, probabilmente greca (nda: anastasìs significa resurrezione in greco) stabilitasi a Roma. Anastasio II fu consacrato papa il 24 novembre del 496.
Così come non risultano molte altre notizie sul suo pontificato, del resto di breve durata se non quelle nefaste per aver tentato una sorta di riconciliazione con gli eretici monofistici con la riammissione alle sue funzioni il diacono di Tessalonico Fotino, fervido seguace dell'idea monofisita.
La tradizione volle che questo papa fosse così impopolare, diversamente dal suo predecessore che fosse stato colpito dalla "maledizione divina" "nutu divinu percussus est"
Lo stesso Dante Alighieri, molti secoli dopo, finì per collocarlo nel canto XI, 6-9 dell' Inferno della Divina Commedia:
" ci racostammo, in dietro, ad un coperchio
d'un grand'avello, ov'io vidi una scritta
che dice: "Anastasio papa guardo,
lo qual trasse Fotin della via dritta".
Sempre secondo la tradizione la sua morte sarebbe stata simile a quella di Ario il quale, mentre era intento alle sue funzioni corporali e fisiologiche perse tutte le viscere che si sparsero sul terreno.
Questo sarebbe accaduto il 19 novembre del 498. Le sue spoglie furono sepolte sul sagrato di San Pietro ma il suo nome non comparì mai nè sul martirologio nè sul calendario universale.
Il titolo di "santo" gli viene attribuito in alcune liste di Romani Pontefici e da qualche scrittore; tuttavia, come osservano i Bollandisti, il suo nome non si trova in alcun Martirologio antico, nè esiste alcuna traccia di culto su di lui.
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Attone de Tordino, Santo
Il monastero benedettino di S. Niccolò in Tordino (Teramo) fu fondato nel 1004 e posto alle dipendenze di Montecassino; Attone ne fu il primo abate o priore. Un tempo, nei giorni di Pentecoste, i fedeli si recavano in pellegrinaggio alla sua tomba e bevevano l'acqua che stillava dal soffitto sopra il sarcofago. Il sepolcro e le reliquie di A. sono oggi scomparsi, e se ne celebra solo la festa il 19 novembre nella cattedrale di Teramo e nella chiesa parrocchiale (già abbaziale) di S. Atto, unita dal 1477 col Capitolo del Duomo
Bertoldo de Weingarten, Beato
Il beato Bertoldo di Heimburg, governò il monastero di Weingarter, dove si insediarono dei monaci provenienti dall'abbazia di Altomünster.
Non sappiamo la sua data di nascita, sappiamo però che il suo governo dell’abbazia durò trentadue anni, tra il 1200 e 1232.
All’epoca i monaci si prodigarono, tra le altre cose, nella miniatura di manoscritti. Il loro lavoro più famoso è il “Messale di Bertoldo” del 1217, ora nella Biblioteca “Pierpont Morgan” a New York.
Fu un devoto fervente della Santissima Vergine, come dimostrano le sue prescrizioni speciali per festeggiare il sabato, a lei dedicato. Di lui ci rimane una sola immagine, un quadro ad olio del XVII secolo, che si trova nel monastero, dove viene raffigurato come beato.
Morì il 19 novembre 1232.
Il menologio benedettino lo ricorda il 19 novembre
Fausto de Alexandria, Santo
Particolari della sua vita si trovano in alcuni capitoli della Storia Ecclesiastica di Eusebio. Fu diacono della Chiesa alessandrina dalla metà del sec. III fino agli inizi del sec. IV. Durante la persecuzione di Valeriano, giudicato dal prefetto Emiliano, insieme col vescovo Dionigi e con i diaconi Eusebio e Cheremone, subì l'esilio nella regione di Kefro in Libia col proprio vescovo e con Caio, Pietro e Paolo; poi, mentre Dionigi veniva trasferito altrove, egli ritornò in Egitto, ove fu costretto a vita randagia insieme con i diaconi Eusebio e Cheremone. Eusebio ha fatto di lui questo elogio: "Si è distinto nel confessare la fede ed è stato poi riservato sino alla persecuzione succeduta al nostro tempo (= Diocleziano); vecchio e pieno di giorni ha consumato nell'età nostra il martirio per decapitazione" (VII, 11, 26).
Il Martirologio Romano lo commemora al 19 novembre, tuttavia il suo nome ricorre altre volte: al 3 ottobre, con Caio, Pietro e Paolo; al 4 con Caio, Eusebio, Cheremone e Lucio. Si tratta sempre del diacono ricordato il 19 novembre, poiché i suoi compagni non sono altri che i diaconi alessandrini, menzionati da Eusebio, perseguitati insieme con il loro vescovo Dionigi, durante l'impero di Valeriano. Più difficile si presenta un altro problema: il Martirologio Romano, che desume la notizia da Eusebio, (parla di un "prete" Fausto 26 novembre), martire ad Alessandria, insieme con Didio, Ammonio ed altri, sotto l'impero di Massimino Daia e Calerio. Questo "prete" Fausto vissuto sotto il vescovo Pietro, secondo il Tillemont e l'Allard potrebbe essere identificato con il diacono, ma è più verosimile ammettere che si tratti di due martiri distinti. L'ultima persecuzione, infatti, ebbe in Egitto varie fasi con moltissimi martiri, per cui si può ritenere che il diacono Fausto fosse vittima nel primo periodo (303-305), mentre il prete Fausto fu martirizzato nel secondo periodo sotto Massimino Daia (311).
Filósofo de Vercelli, Santo
Un antico calendario eusebiano, pubblicato in un volume del 1676, stabiliva la festa di s. Filosofo vescovo di Vercelli, nell’omonima diocesi, al 19 novembre, culto oggi scomparso.
S. Filosofo fu il diciannovesimo vescovo della diocesi di Vercelli, così come lo riporta il catalogo episcopale della città.
Per poter stabilire, sia pure approssimativamente, il periodo del suo episcopato, bisogna partire dal dato certo di s. Flaviano, 14° vescovo morto nel 542, così come indicato dalla sua iscrizione sepolcrale e calcolando una media di 10 anni per i successivi quattro vescovi, dei quali si ignorano i dati cronologici, si arriva a san Filosofo nell’arco di tempo dei due ultimi decenni del VI secolo; uno storico locale lo dice contemporaneo di s. Gregorio Magno (535-604).
A causa delle devastazioni subite dalla basilica cattedrale e dall’annesso archivio, da parte degli Ungari nell’899, e poi da Arduino di Ivrea (955-1015) che l’incendiò, tutta la storica documentazione andò distrutta, per cui le poche notizie conosciute sui primi 40 vescovi, si possono desumere da qualche iscrizione sepolcrale e da qualche libro liturgico locale.
Anche di s. Filosofo non si conoscono notizie sulla sua vita e sui meriti, né contemporanee né posteriori, tuttavia è confermata la sua santità.
Nel 1145 il vescovo Ginulfo elevò a collegiata l’antichissima Pieve di S. Lorenzo, sul monte presso il borgo di Gattinara e poiché in essa da tempo immemorabile erano conservate le sacre spoglie di s. Flaviano, alcuni storici locali dedussero che tale provvedimento volesse onorane la memoria e rinnovarne il culto.
Narsete (Nerses) I, o Parto, Santo
Discendente dalla famiglia di s. Gregorio Illuminatore e nipote di s. Iusik, Narsete nacque ca. l'a. 330 da Athanagines, figlio di Iusik e da Bambish, figlia del re armeno Tiran. Dopo avere ricevuto un'educazione corrispondente al suo stato principesco, frequentò le scuole elleniche di Cesarea. Sposato con la figlia del principe Vardan Mamikonian, Sahaktucht, ebbe un figlio che chiamò Sahak, il futuro grande Katholicos santo. Dopo tre anni, mortagli la moglie, Narsete ritornò in patria dove fu assunto dal re come suo camerlengo.
Nel 350 Arshak, figlio di Tiran, succedeva al padre sul trono del regno armeno, e cominciava a ristabilire l'ordine fra i principi, affidando a ciascuno il proprio ufficio ed il posto che gli competeva per successione; Tiran, infatti, aveva usurpato tutti i loro diritti. In questa occasione anche i principi chiesero al re di ristabilire alla sede katholicossale, com'era consuetudine, un discendente della famiglia di s. Gregorio. Il re acconsenti alla proposta e, d'accordo con i principi e con il popolo, scelse il camerlengo reale, il giovane Narsete che Fausto (Storia, IV, 3) descrive: « Di statura alta e di una bellezza eccezionale, ma nel medesimo tempo timoroso di Dio ed osservante dei precetti divini, sapiente e modesto, caritatevole e misericordioso, casto e sobrio nella vita coniugale, ed esemplare nel servizio militare ». Saputo dell'acclamazione popolare e del beneplacito del re, Narsete rifiutò l'elezione e per convincerli, cominciò ad accusarsi di peccati che non aveva mai commesso. Il popolo, incredulo, si assunse tutta la responsabilità di quei peccati, mentre il re, per troncare la questione, prese la spada dalle sue mani e gli tagliò la chioma. Quindi i vescovi armeni, su invito del re, si radunarono in un sinodo per eleggerlo canonicamente Katholicos dell'Armenia; poi lo inviarono a Cesarea per l'ordinazione sacerdotale e la consacrazione episcopale, accompagnato da otto principi e da una parata militare, come era consuetudine dai tempi di s. Gregorio.
Fausto afferma che a Cesarea Narsete fu consacrato dal metropolita Eusebio, e la data di tale consacrazione, come risulta dall'analisi dei dati storici, sarebbe il 353. A quest'epoca, però, secondo la Series Episcoporum pubblicata dal Gams, il metropolita di Cesarea era Dianeo (341-362); tuttavia in un documento armeno antico, che riporta la serie dei vescovi di Cesarea dall'inizio fino ai tempi di Elladio, troviamo notato per Eusebio: « Questi consacrò Nerses e rimase sulla sede per anni 19 ». Quindi essendo nota la data della morte di Eusebio (370), quella dell'inizio della sua carriera, secondo il documento, dovrebbe essere l'anno 352; tutto ciò, unito ad altri dati, confermerebbe come data di consacrazione di Narsete l'anno 353.
Dopo il ritorno alla sua sede episcopale, Narsete convocò un sinodo i cui Atti non ci sono pervenuti, ma di cui Fausto ha conservato un riassunto: Narsete ordinò la costruzione di ospedali e di ospizi per i lebbrosi e per tutti i poveri della città che dovevano essere ricoverati in questi luoghi e mantenuti dalla carità dei fedeli; vietò sotto severe pene l'usanza superstiziosa di piangere i morti secondo i riti pagani; decretò leggi per regolare il matrimonio cristiano e la vita coniugale; inflisse pene contro tutti i vizi e i delitti. Esortò inoltre il re, i principi e tutti coloro che esercitavano l'autorità, ad essere miti verso i propri sudditi, e a non gravarli di tasse eccessive. Ai sudditi ordinò di rendere perfetta obbedienza e fedeltà alle autorità. Infine istituì in diversi luoghi scuole di lingua greca e siriaca, per l'educazione della gioventù ed in particolare degli ecclesiastici.
Fausto loda l'ordine e la prosperità della Chiesa armena ai tempi di Narsete e scrive: « Ai suoi tempi le chiese godevano della pace e tutti i vescovi erano circondati di rispetto in tutta l'Armenia; le chiese erano colme di pompa e di magnificenza; il clero aumentava di numero, ed egli costruiva in tutto il paese nuove chiese e monasteri per i monaci. Egli stesso liberò molti dalla schiavitù; aiutava le vedove e gli orfani, ed ogni giorno ospitava molti poveri alla sua tavola. Benché avesse istituito ospizi per i poveri e gli indigenti, accettava nel suo palazzo chiunque venisse a chiedere aiuto, ed egli stesso li lavava, li ungeva e distribuiva loro il cibo » (Storia, IV, 4). Con l'istituzione degli ospizi e dei lebbrosari iniziò nell'Armenia quell'opera sociale che doveva continuare nei secoli seguenti a cura della Chiesa armena. Tutti i fedeli erano invitati ad aiutare queste opere; anzi, furono emanati anche canoni penali, che infliggevano come pena l'aiuto in denaro o in lavoro a questi ospizi. L'organizzazione fondata da Narsete è quindi una delle prime del genere che s'incontrano nella storia.
Come capo della Chiesa armena, aveva anche compiti nella vita civile e politica del regno; infatti a lui era affidato il tribunale. Il re stesso lo mandò alla corte di Bisanzio per trattare con l'imperatore. La sua prima missione fu, nel 354, presso l'imperatore Costanzo II, con il quale stipulò un trattato di alleanza. Ritornò in patria riportando con sé i due nipoti del re Arshak, trattenuti presso l'imperatore come ostaggi, e la figlia di un prefetto dei pretoriani, Olimpia, come moglie per il re.
Ma la collaborazione tra Narsete e Arshak non durò a lungo, poiché quest'ultimo seguiva nella vita privata e sociale soltanto i propri interessi, non dando ascolto alle ammonizioni del vescovo. Il motivo fondamentale e decisivo della rottura tra i due fu l'uccisione di Gnel, nipote dello stesso re, avvenuta nel 359. Narsete esortò il sovrano a desistere dal suo delitto, ma questi, non solo non ritirò l'ordine dell'uccisione, ma prese anche la moglie della vittima. Il vescovo allora lo scomunicò, ritirandosi dal suo ufficio. Arshak elesse al suo posto Ciunak invitando i vescovi armeni a consacrarlo, ma, ad eccezione di due, nessuno accettò l'invito. Ciunak, che non ebbe alcuna giurisdizione ecclesiastica e si accontentò di accompagnare il re, non fu preso in considerazione dai vescovi armeni i quali affidarono l'ufficio di Narsete a Iussik che rappresentò la Chiesa armena nel sinodo di Antiochia (364), come si legge tra i firmatari della lettera sinodale indirizzata all'imperatore Gioviano (cf. Socrate, Hist. Eccl., III, 25).
Il ritiro di Narsete nei suoi possedimenti ad Ashtishat durò per tutto il periodo del regno di Arshak, ma quando questi fu fatto prigioniero dal re sassanide Shapuh, su invito dei principi armeni, che resistevano all'invasione persiana, verso il 367 accettò di nuovo l'incarico. Tornò allora a Costantinopoli per stringere amicizia coll'imperatore Valentiniano I (364-375) e far incoronare il figlio di Arshak, Pap, re d'Armenia. L'imperatore accettò la proposta impegnandosi ad aiutare il nuovo re. Tornato in patria dopo il felice esito della missione, portò anche aiuti militari e potè assistere alla battaglia di Zirav in cui gli armeni riportarono la vittoria ed il re Pap potè stabilirsi sul suo trono.
Riprendendo il suo ufficio Narsete si dedicò interamente alla cura pastorale del popolo. Partecipò anche ai sinodi provinciali di Cesarea: nel 372 troviamo infatti il suo nome, con quello di altri due vescovi armeni, nella lettera del sinodo di Cesarea, al quale presiedette s. Basilio (Basilio, Ep. 92).
Ma anche il re Pap, come suo padre, non voleva ascoltare le ammonizioni di Narsete, anzi, risentito dei suoi rimproveri, lo fece avvelenare durante una festa, alla quale lo aveva invitato col pretesto di voler riappacificarsi. Il santo vescovo mori, nel 373, dopo essere ritornato al suo palazzo, circondato dai suoi amici e dai suoi discepoli.
Gli storiografi moderni non concordano circa l'uccisione da parte del re armeno, mentre il contemporaneo Fausto lo asserisce apertamente, né vi sono motivi seri per negarlo. Non sono invece accettati l'esilio di Narsete da parte dell'imperatore Valentiniano, con il quale avrebbe avuto una discussione teologica circa l'arianesimo, e la sua partecipazione al concilio di Costantinopoli nel 381, in quanto la sua morte è fissata al 373.
Narsete fu sepolto a Thil, nella chiesa del villaggio di Erzerum, ove erano già stati sepolti tutti i suoi santi antenati e la tomba fu meta di pellegrinaggio fino all'invasione araba (sec. VII). In questo periodo la chiesa fu distrutta e non ci si curò più della tomba del santo fino al sec. XIII. Nel 1272, in seguito ad una visione, furono trovate le sue reliquie e il vescovo della diocesi, Sarkis, ordinò di costruire sul posto una chiesa a lui dedicata. Questa chiesa fu anche, da allora in poi, la cattedrale della sede vescovile.
La Chiesa armena celebra la festa di Narsete nella settimana della quarta domenica dopo Pentecoste.
Raimundo de Puy, Beato
Figlio di Hughes du Puy, Signore de Pereins, d'Apifer e di Rochefort, già Governatore d'Acri e Generale al servizio di Goffredo di Buglione, egli era imparentato con Adhemar di Le Puy, legato papale nel corso della Prima Crociata. Successore del Beato Gerardo nel 1120, come secondo Gran Maestro dell'Ordine di Malta egli sviluppò l'Ordine secondo crismi di potenza militare. Egli prescrisse la croce puntata di Amalfi come simbolo ufficiale dell'Ordine, la quale divenne in seguito nota con il nome di Croce di Malta dopo che l'ordine stabilì la propria sede a Malta. Raymond divise l'ordine in fratelli religiosi, militari e affiliati e fondò la prima infermeria degli Ospitalieri presso la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Egli fu presente alla Presa di Ascalona nel 1153
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