Feliz Ano de 2017
Igreja da Comunidade de São Paulo do Viso
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Nº 3 2 4 1
Série - 2017 - (nº 2 6 8)
24 de SETEMBRO de 2017
SANTOS DE CADA DIA
10º A N O
LOUVADO SEJA PARA SEMPRE
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
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Todos os Católicos com verdadeira Fé,
deverão Comemorar e Lembrar
os Santos e Beatos de cada dia, além de procurar seguir os seus exemplos
deverão Comemorar e Lembrar
os Santos e Beatos de cada dia, além de procurar seguir os seus exemplos
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NOSSA SENHORA DAS MERCÊS
Do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Sabe-se, como, em 621, os Visigodos se tornaram finalmente senhores de toda a Espanha. Em 711, porém, vieram os Árabes que os repeliram para as montanhas das Astúrias e conquistaram quase toda a Península. Foram precisos nada menos de seis séculos para os expulsar. Durante este longo período de guerras, foram levados cativos para a África numerosos cristãos. Os que abraçavam o Islamismo eram tratados como homens livres; os outros eram vendidos como escravos aos sarracenos, se não fossem tremidos. Neste caso, era necessário pagar o resgate para obter a sua libertação, e muitas famílias não tinham posses para isso.
Foi com o fim de libertar estes desgraçados, expostos ao perigo da apostasia, que São PEDRO NOLASCO fundou, em 1218, a Ordem das Mercês ou da Redenção dos cativos. A própria Virgem, numa aparição, o incitou a isso. PEDRO contou a visão a São RAIMUNDO DE PENHAFORTE, seu confessor, e ao rei Jaime I de Aragão, o Conquistador, que o ajudaram a pôr em prática o projecto. Aos três votos habituais da religião, os Mercedários acrescentavam o de se entregarem como reféns, no caso de não disporem de outros meios para se desempenharem da sua missão. Graças ao heroísmo deles e à generosidade dos cristãos, a obra foi fecunda em resultados. Dizia o Breviário romano que «foi com o fim de agradecer a Deus e à Santíssima Virgem os benefícios de tal Instituição que se estabeleceu a festa de Nossa Senhora das Mercês».
O nome da pessoa, MERCEDES ou MERCÊS, vem deste título especial da Virgem Maria.
Em seguida, texto do site www.santiebeati.it - sem tradução.
La Beata Vergine Maria è considerata a tutti gli effetti l’ispiratrice della fondazione, da parte di s. Pietro Nolasco (1180-1245), dell’antico Ordine della Mercede; il titolo con cui viene onorata è strettamente correlato alla storia di quest’Ordine, che da lei prese la denominazione.
S. Pietro Nolasco nacque a Mais Saintes Puellas (Tolosa, Francia) verso il 1180 e fin da adolescente si stabilì con la famiglia a Barcellona in Spagna.
La prima notizia della sua presenza a Barcellona si ha nel 1203, quando profondamente addolorato nel vedere lo stato miserevole dei cristiani fatti schiavi dai Mori, padroni allora di gran parte della Spagna, egli si trasformò in mercante, per insinuarsi facilmente tra i maomettani ed a Valenza liberò con suo denaro trecento schiavi.
Esaurite le sua ricchezze, si unì ad altri generosi e nobili giovani, per raccogliere offerte e quindi ripetere ogni anno il riscatto di gruppi di schiavi; ma per quanta solerzia impiegassero in questa meritoria opera, vedevano il numero degli schiavi aumentare sempre più.
Bisogna dire che in precedenza vari re e Ordini militari si erano occupati del riscatto degli schiavi, in Francia per esempio era sorto l’Ordine dei Trinitari che se ne interessava, ma molto limitatamente, mentre gli Ordini militari si erano presto estinti.
La situazione degli schiavi, trasportati nei Paesi arabi dai musulmani, era diventata angosciante per Pietro Nolasco e i suoi compagni, che nei 15 anni trascorsi, avevano operato altri cinque grandi riscatti detti “redenzioni” per migliaia di cristiani.
Pietro ad un certo punto valutò la possibilità di ritirarsi a vita contemplativa, sentendosi impotente ad arginare la situazione, alimentata in continuazione dai Mori di Spagna.
E in una di queste veglie di preghiera, la notte fra il 1° e il 2 agosto 1218, la Vergine Maria gl’ispirò, illuminando la sua intelligenza, di fondare un Ordine religioso che si dedicasse alle opere di misericordia e specialmente alla redenzione degli schiavi, anche a costo della propria vita.
Dopo averne parlato con il giovane re d’Aragona, Giacomo I e con il vescovo di Barcellona, Berenguer, il 10 agosto 1218, Pietro Nolasco costituì ufficialmente il nuovo ‘Ordine Religioso Redentore’, nella cattedrale di Santa Croce di Barcellona, prendendo la Regola di S. Agostino.
Inoltre il vescovo consegnò ai giovani laici del gruppo, la veste di lana bianca in omaggio alla purezza immacolata della Vergine Maria, sotto il cui patrocinio sorgeva l’Ordine; re Giacomo I consegnò loro lo scudo del suo regno d’Aragona come distintivo (quattro sbarre rosse in campo oro) e il vescovo autorizzò di poter portare sopra l’abito la Croce, segno della sua cattedrale.
In quel memorabile giorno il re Giacomo I ‘il Conquistatore’ (1208-1276) regnante dal 1213, donò all’Ordine l’Ospedale di S. Eulalia in Barcellona, che divenne il primo convento dei religiosi (che erano tutti laici, compreso Pietro Nolasco), fungendo anche come casa d’accoglienza per gli schiavi liberati e sede delle opere di misericordia a favore degli infermi e poveri.
Sotto la guida del fondatore, si mise in moto tutta una organizzazione a favore della libertà dei cristiani messi in schiavitù, che oltre ad aver persa la libertà, erano in pericolo per le pressioni e sofferenze inflitte, di abiurare la propria fede e passare all’islamismo.
La ‘redenzione’ avveniva con il pagamento di un riscatto in denaro o altri generi, fatto al padrone mediante una terza persona, la somma variava secondo l’età, le condizioni sociali, economiche e fisiche dei riscattandi.
Il denaro veniva raccolto dai religiosi con il contributo di ogni ceto sociale dell’epoca, compreso le famiglie che avevano qualche loro componente schiavo in terra araba, vittima delle scorrerie saracene che funestarono dall’inizio del XIII secolo, le coste di Spagna, Francia, Sardegna, Sicilia e Italia Meridionale.
Le ‘redenzioni’ venivano accuratamente preparate, precedute da una cerimonia religiosa prima dell’imbarco; le spedizioni erano dense di pericoli, per i pirati che infestavano il Mediterraneo, i naufragi frequenti, la possibilità di un tradimento degli arabi, che impadronitisi del denaro, trattenevano anche i Mercedari come schiavi, in attesa di un altro riscatto.
Innumerevoli furono i religiosi che incontrarono la morte anche atroce, nell’espletare queste missioni redentrici; si calcola che con questo sistema siano stati liberati circa 52.000 schiavi cristiani nei primi 130 anni della costituzione dell’Ordine Religioso. Al ritorno positivo delle spedizioni, veniva cantato in cattedrale un solenne ‘Te Deum’ di ringraziamento, unitamente agli schiavi liberati.
Caratteristica eroica dei Mercedari durante le redenzioni, era quella di proporsi al posto di uno schiavo, se il denaro non bastava e rimanere prigionieri fino all’arrivo della somma dall’Europa, cosa che non sempre avveniva in tempo specie per gli agguati dei pirati, allora il religioso veniva ucciso barbaramente per vendetta.
L’Ordine fu approvato da papa Gregorio IX il 17 gennaio 1235, in seguito i componenti furono anche sacerdoti e non più solo laici come agli inizi, a cui si aggiunsero la Confraternita e il Terz’Ordine della Mercede. Nel 1265 con s. Maria di Cervellon si aggregò il ramo femminile delle Monache Mercedarie, a cui seguirono in tempi più moderni altre Congregazioni religiose femminili della stessa spiritualità della Mercede.
I Mercedari furono presenti come cappellani con Cristoforo Colombo, quando fu scoperto il Continente Americano; il primo convento fu fondato nel 1514 a Santo Domingo.
L’Ordine Religioso Redentore come si è detto era sotto la protezione della Madonna che ne fu l’ispiratrice; nel 1272 i redattori delle Costituzioni stabilirono che l’Ordine assumesse la denominazione di “S. Maria della Mercede”, titolo attribuitale perché della Mercede o della Misericordia deriva da quanto diceva il re Alfonso X ‘il Savio’ (1221-1284) “Redimere gli schiavi è opera di grande ‘Merced’ “, ossia di Misericordia.
La Vergine è considerata dai religiosi Mercedari, Madre sia di sé stessi, quanto degli schiavi per la cui salvezza eterna i religiosi si devono preoccupare.
È chiaro che oggi per schiavitù s’intende tutti quei pericoli ed affanni che contraddistinguono il peregrinare degli uomini, anelanti alla salvezza eterna, non solo di quella fisica e Maria Corredentrice del genere umano, con amore continua la sua opera come nostra avvocata e ministra della salvezza.
La Chiesa ha voluto valorizzare questo titolo prettamente mariano, stabilendo un ricordo particolare nella liturgia il 24 settembre.
CRESCÊNCIO, Santo
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
São CRESCÊNCIO, ao que se diz, era ainda menino quando foi morto à espada na perseguição de Diocleciano (284-305). Era filho de Santo EUTÍMIO e foi sepultado na Via Salária por ordem do Juiz Turpílio.
Conta-se, que tendo nascido em Perúgia, foi transportado para Roma e decapitado. O que é certo é que um mártir, chamado CRESCENCIANO, estava enterrado no cemitério de Priscila, realmente na Via Salária. O seu túmulo era conhecido e venerado, mas o culto não devia estar florescente e não é conhecido o ano da morte de CRESCÊNCIO.
Mas ao menos parte do que dissemos há-de referir-se ao mártir que era venerado em Braga a 24 de Setembro e do qual nos foi gentilmente fornecida a seguinte informação:
Dom LUÍS DE SOUSA, embaixador de Pedro II em Roma, ao ser nomeado Arcebispo de Braga, trouxe para a sua cidade arquiepiscopal as relíquias de São CRESCÊNCIO. Metidas numa arca de prata e vidro, foram encerradas num móvel de madeira, que se venera num altar em frente da sacristia da Sé. Mais tarde, provavelmente durante as invasões francesas, o precioso relicário foi escondido, vindo a ser encontrado numas dependências da Sé por volta do ano de 1960. Encontra-se agora no tesouro da mesma Sé. E a arca de madeira encontra-se na sacristia.
Em Milão na Transpadana hoje Lombardia, Itália, Santo ANATÓLIO que é considerado o primeiro bispo desta cidade. (séc. II)
ANDÓQUIO, TIRSO e FÉLIX, Santos
Em Sedelaucum, hoje Seaulieu, no território de Autun, na França, os santos ANDÓQUIO, TIRSO e FÉLIX mártires. (data incerta)
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Assim se exprime o Martirológio romano:
A 24 de Setembro o trânsito dos santos ANDÓQUIO, TIRSO, diácono e FÉLIX, em Autun; aos quais São POLICARPO bispo de Esmirna, enviou do Oriente a pregar o Evangelho em França, onde depois de os haverem açoitado cruelmente, os tiveram um dia inteiro dependurados pelas mãos atadas às espáduas. depois de os arrojarem ao fogo, donde saíram sem lesão; finalmente, machucando-lhes a garganta, foram gloriosamente coroados no ano de 179.
RÚSTICO DE CLERMONT, Santo
Em Arvena, Aquitânia, hoje Clermont-Ferrand - França São RÚSTICO bispo que, sendo presbitero nesta cidade, assumiu com grande alegria da cidade, a honra do episcopado. (séc. V)
LOPO DE LIÃO , Santo
Em Lião, na Gália hoje também na França, São LOPO bispo que antes tinha vivido como anacoreta. (528)
ISARNO DE MARSELHA, Santo
Em Marselha, Provença, França, Santo ISARNO abade homem austero para consigo mas benevolente e pacifico para com os outros que renovou a vida regular no mosteiro de São VÍTOR. (1043)
GERARDO SAGREDO, Santo
Na Panónia, Hungria, São GERARDO SAGREDO bispo de Csanad e mártir, preceptor de Santo EMÉRICO príncipe adolescente, filho do rei Santo ESTEVÃO e morreu apedrejado junto ao rio Danúbio numa sedição de húngaros pagãos. (1046)
Em Gerona, na Catalunha, Espanha, o Beato DALMÁCIO MONER presbitero da Ordem dos Pregadores insigne pelo sue amor à solidão e ao silêncio. (1341)
Em York, Inglaterra, os beatos mártires GUILHERME SPENSER presbitero e ROBERTO HARDESTY condenados à pena capital e enforcados no reinado de Isabel I, o primeiro por ser sacerdote e o segundo por lhe ter dado hospitalidade. (1589)
ANTÓNIO GONZÁLEZ, Santo
Em Nagasáqui, no Japão, Santo ANTÓNIO GONZÁLEZ presbitero da Ordem dos Pregadores, enviado para o Japão com outros cinco companheiros e encarcerado pouco tempo depois, foi submetido duas vezes ao suplício da água, até que, consumido pela febre, precedeu os seus companheiros na morte, no tempo do chefe supremo Tokugawa Yemitsu.- (1637)
PACIFICO DE SAN SEVERINO MARCHE, Santo
Em San Severino, nas Marcas, Itália, São PACIFICO DE SAN SEVERINO MARCHE, presbitero da Ordem dos Frades Menores insigne pelas suas penitências, amor à solidão e oração ante o Santíssimo Sacramento. (1721)
ANTÓNIO MARTINHO SLOMSEK, Beato
Em Maribor, na Eslovénia, o Beato ANTÓNIO MARTINHO SLOMSEK bispo que se dedicou com todas as suas energias ao cuidado da vida cristã das famílias, à formação do clero e à defesa da unidade da Igreja. (1865)
CÓPRIO DA PALESTINA, Santo
Monaco nel monastero di S. Teodosio presso Betlemme. Da neonato fu abbandonato dai genitori in un letamaio (in greco Koprìa) nei pressi del monastero. I monaci lo presero e gli dettero il nome di Coprio. Divenuto monaco, condusse una vita virtuosa e morì all'età di 90 anni.
«Salve, Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime». È la preghiera che ancora si canta nelle chiese, alla fine, quando restano i vecchi a trascinare le vocali come a trattenere chi già corre a riaccendere il telefonino. Chi l’ha scritta, quasi mille anni fa, sapeva che cos’è una valle di lacrime. La Salve Regina fu infatti, quasi sicuramente, composta da Ermanno di Reichenau, meglio conosciuto come Ermanno lo storpio. Lo chiamavano anche “il contratto”. I documenti che ne danno notizia parlano di un uomo deforme, con gli arti come attorcigliati a impedirgli non solo di camminare normalmente ma anche di trovare pace disteso o seduto nella sedia costruita apposta per lui. Ermanno, che nella vita non è mai stato comodo se non, probabilmente, quando è sopraggiunta la morte, fu monaco e fine studioso. La preghiera alla Madonna entrata nella storia liturgica della Chiesa è solo uno degli aspetti del suo studio e della sua fede poderosamente intrecciati. Poi ci sono le cronache della storia del mondo, lo studio delle costellazioni, la costruzione di astrolabi. Ancora oggi chi cerca notizie su di lui nelle biblioteche trova i trattati scritti nelle notti insonni nell’abbazia di Reichenau, in un’isoletta nel lago di Costanza. A essere in grado di scrivere ci arrivò probabilmente dopo un lungo allenamento per addomesticare le mani a rispondere alla mente. Nacque il 18 luglio del 1013, esattamente mille anni fa, ed era uno dei 15 figli di Eltrude e Goffredo conte di Althausen di Svevia.
Fu il gesuita inglese Cyril Martindale ad appassionarsi alla sua storia dopo il ritrovamento nella biblioteca di Oxford di un volume in latino che ne riferiva la vita. Quelle pagine, racconta Martindale in un volume molto amato da don Luigi Giussani (Santi, Jaca Book) non parlavano di un handicappato abbandonato, ma di un piccolo affidato alle amorevoli cure dei monaci e diventato presto un compagno prezioso per i religiosi. Misteriosamente in Ermanno la malattia non genera cinismo bensì un’umanità ricca, rigogliosa, coinvolgente. Così la biografia parla di un uomo «piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti». Quello che doveva essere un peso diventa presto l’orgoglio del monastero e la sua fama arriva fino all’imperatore Enrico III e a papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049.
Vincere il dolore e la pigrizia non è semplice. Ermanno stesso lo fa capire nell’introduzione a uno dei suoi volumi più complicati, quello in cui spiega come si costruiscono gli astrolabi, marchingegni antenati degli orologi, utilizzati per localizzare o calcolare la posizione del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle, ma anche per determinare l’ora conoscendo la longitudine. «Ermanno – scrive –, l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca è stato indotto dalle preghiere di molti amici a scrivere questo trattato scientifico». Tra gli amici c’è Bertoldo, incaricato di aiutarlo nelle incombenze quotidiane e testimone dei momenti cruciali della sua vita. È a lui che Ermanno affida i suoi pensieri nei giorni della pleurite che lo condurrà alla morte. E l’amico si commuove e si tura le orecchie quando il piccolo monaco, già assaporando la pace della liberazione dal corpo, si dice stanco di vivere.
«La Vita, come la scrisse Bertoldo – osserva Martindale –, è così piena di vita pulsante, Ermanno ne esce veramente vivo! Non perché sapesse scrivere sulla teoria della musica e della matematica, né perché seppe compilare minuziose cronache storiche e leggere tante lingue diverse, ma per il suo coraggio, la bellezza dell’anima sua, la sua serenità nel dolore, la sua prontezza a scherzare e a fare a botta e risposta, la dolcezza dei suoi modi che lo resero “amato da tutti”. (…) Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità».
Autore: Laura Borselli
Nacque il 18 luglio 1013 dal conte Wolfrat di Altshausen, forse della famiglia dei Berholdinger; sua madre si chiamava Hiltrerd, proveniva dalla Borgogna e probabilmente era imparentata coi Welfen. Non si sa se fosse zoppo di nascita o se lo diventò per una paralisi infantile. A sette anni (1021) cominciò ad andare a scuola, secondo il Bucelino, presso i monaci di S. Gallo di cui avrebbe poi vestito l'abito.
Fu sicuramente professore a Reichenau e a trent'anni entrò a far parte di questo monastero, ricevendovi l'ordinazione sacerdotale. Lavorò fino agli ultimi anni di vita nelle materie a cui era stato iniziato dai suoi maestri, l'abate Bernone e i monaci Kerung e Burcardo: astronomia, poesia,storia, musica e liturgia, nella quale poté sviluppare appieno il suo talento meritando di essere esaltato come miraculum saeculi e il più moderno dei musicisti, non solo perché introdusse una nuova divisione nel sistema delle note, ma anche perché inventò una nuova scrittura delle note stesse.
Gli vengono attribuite la Salve Regina, l'Alma Redemptoris mater, l'Ufficio di alcuni santi (Gregorio, Afra, Wolfgango, ecc.) e le Sequenze della Croce e della Pasqua (Grates, honos, hierarchia e Rex regun, Dei agne); alla liturgia si riferiscono anche i trattati De musica e De monochordo; e opere di indole matematica, tutte di interesse liturgico:
Le opere poetico-didattiche furono scritte da Ermanno soprattutto a scopo pastorale per i monaci e le suore della propria abbazia e di altri monasteri, in modo speciale quella intitolata De octo vitiis principalibus. Egli ebbe inoltre uno spirito aperto ed intento a quanto avveniva, vicino e lontano, nella sua patria. Ebbe la stima dell'imperatore Enrico III e di papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049; così è comprensibile che abbia scritto due libri sulle gesta di Corrado II ed Enrico III, la Cronaca della Svevia, probabilmente lavoro giovanile, e in età matura la Cronaca Universale, opera che, prendendo le mosse dalla morte di Cristo (contrariamente all'uso fino ad allora seguito di iniziare la storia con la morte di Abramo), giunge al 1054.In essa Ermanno per primo sfrutta, elaborandolo scientificamente, materiale tratto dagli annali monastici ed imperiali, vite dei santi, liste episcopali e altre fonti: la sua esposizione è profonda e precisa, oggettiva ed imparziale, semplice e chiara, con un sicuro intuito dell'essenziale e in un latino elegante.
Sul proprio tempo il beato scrisse in modo molto circostanziato. E' probabile che, nonostante le sofferenze e il lavoro, egli debba aver viaggiato molto. Dal discepolo Bertoldo, che ne continuò la Cronaca Universale, venne lodato come paziente, pieno di carità, obbediente, puro, savio, sempre dedito al lavoro e alla preghiera, compassionevole, gentile, come un uomo che si ritenne sempre un peccatore e pensò sempre alla morte. Ancora oggi viene ammirata l'opera da lui compiuta, tanto più che ebbe una vita breve, poiché morì all'età di quarantun anni, il 24 settembre 1054. Venne sepolto ad Altshausen, ma la sua tomba è oggi sconosciuta. Se ne conservano reliquie ad Altshausen, a Zurigo ed altrove. Nel calendario benedettino è ricordato come beato, ma è una celebrazione dovuta al Bucelino. Il vescovo di Friburgo dichiarò inammissibile il culto pubblico verso Ermanno come beato, ma permise la continuazione del culto nel territorio in cui fino allora vigeva.
Rappresentazioni di Ermanno sono nel coro di Zwiefalten e ad Andechs; in un dipinto del soffitto della distrutta chiesa di Montecassino era raffigurato come Doctor marianus.
VIl santo neomartire Pietro (chiamato Cungagnaq nella sua lingua nativa) era un Indiano Aleute convertito all’Ortodossia tra la fine del 18° e i primi del 19° secolo da missionari Ortodossi Russi. Si spense a San Francisco, in California, l’8 settembre 1815, martirizzato per aver rifiutato di diventare cattolico-romano ad opera di padre Abella nella Missione Dolores. Quando la Chiesa Ortodossa Russa cominciò la raccolta di informazioni sui primi missionari inviati in Alaska, il racconto di uno dei compagni di prigionia di Pietro fu trovato fra gli appunti di un devoto figlio spirituale di san Herman di Alaska (13 dicembre), Simeon Yanovsky che narra la morte del martire Aleute. Simeon Yanovsky raccontò del martirio di Pietro a padre Herman nel 1819, a Harbor S. Paul nell’isola di Kodiak.
San Pietro è stato formalmente riconosciuto come santo martire di san Francisco nel 1980. Sappiamo molto poco su di lui, ad eccezione del fatto che egli era di Kodiak, ed è stato arrestato e messo a morte da parte degli spagnoli, in California, perché si è rifiutato di convertirsi al cattolicesimo. Nemmeno il luogo di sepoltura ci è noto, poiché i corpi di molti Indiani della Missione Dolores furono gettati in fosse comuni. Pertanto siamo privi delle sue reliquie, a meno che una rivelazione divina non ce le faccia ritrovare. Le circostanze del suo martirio ricordano la tortura di san Giacomo il Persiano (27 novembre). Sia nella sua sofferenza che nella sua ferma confessione della Fede, san Pietro è eguale ai martiri dell’antichità, ed anche ai nuovi martiri che hanno brillato in tempi più recenti. Ora egli si rallegra con loro nel Regno celeste, glorificando Dio il Padre, il Figlio e il Santo Spirito, per tutti i secoli.
In un’altra occasione gli raccontai come gli Spagnoli in California avevano imprigionato quattordici Aleuti, e come i gesuiti (in realtà francescani) stavano costringendo tutti ad accettare la fede cattolica. Ma gli Aleuti non vollero acconsentire in nessun caso, dicendo: “Noi siamo cristiani”. I gesuiti obiettarono: “Non è vero, voi siete eretici e scismatici. Se non siete d’accordo ad accettare la nostra fede tortureremo tutti voi a morte”. Allora gli Aleuti furono messi in carcere due per cella. Quella sera i gesuiti giunsero alla prigione con lanterne e candele accese. Ancora una volta cercarono di convincere due Aleuti in cella ad accettare la fede cattolica. “Siamo cristiani”, risposero gli Aleuti, “e non vogliamo cambiare la nostra Fede”. Allora i gesuiti iniziarono a torturarli, prima uno, mentre il suo compagno assisteva. Gli tagliarono una delle articolazioni dei suoi piedi, e poi l’altra articolazione. Poi gli tagliarono l’articolazione del primo dito delle sue mani, e poi le altre. Poi tagliarono i suoi piedi, e le sue mani. Il sangue scorreva, ma il martire resisté a tutto e con fermezza così ripeteva: “Io sono un cristiano”. Morì in tali sofferenze, a causa della perdita di sangue. Il gesuita altresì promise al suo compagno che lo avrebbe torturato a morte il giorno successivo.
Ma quella notte ricevettero da Monterey un’ordinanza dove si richiedeva che gli Aleuti imprigionati fossero liberati immediatamente, e di inviarli sotto scorta. Pertanto, la mattina furono inviati tutti a Monterey con l’eccezione dell’Aleute morto. Questo mi fu raccontato da un testimone, lo stesso Aleute che era sfuggito alla tortura, e che era amico dell’Aleute martirizzato. Riferii di questo incidente alle autorità in St. Petersburg.
Quando terminai il mio racconto, padre Herman mi chiese: “Qual era il nome del martire Aleute?”. Risposi: “Pietro. Non mi ricordo il nome della sua famiglia”. L’anziano fece una prostrazione di fronte un’icona, fece il segno della croce e disse: “Santo neomartire Pietro, prega Dio per noi”.
FESTA DOS SANTOS DO ALASCA
Il 24 settembre 1794 sbarcarono in Alaska i primi missionari ortodossi russi ed in tale anniversario è stata prevista annualmente la festa di Tutti i Santi dell'Alaska. Tra essi si ricordano San Pietro l'Aleuta, protomartire ortodosso d'America, il martire San Giovenale, San Giacomo Netsvetov e Sant'Ermanno dell'Alaska.
TERENZIO DA HÚNGRIA, Santo
Secondo l'opinione più comune, S. Terenzio era oriundo della Pannonia (ora Ungheria), già conquistata dai romani fin dall'anno 7 di Cristo. Per sfuggire la persecuzione comandata dagli Imperatori contro i seguaci del Nazzareno, egli partì dalla sua patria approdando alle rive del mare Adriatico. Dopo diverse vicende, avviatosi per andare a Roma venne ucciso per motivo della Fede Cristiana in una località detta acqua mala, in vicinanza di Pesaro fra il 247 ed il 255, con più probabilità verso il 251.
Riguardo al luogo del suo martirio, mentre alcuni ritengono che avvenisse non molto lungi dalla città, la tradizione parla di confini, dà valore ad una tradizione, secondo la quale S. Terenzio subì il martirio nei pressi della nostra Badia di S. Tomaso in Foglia, posta appunto sul confine territoriale fra Pesaro ed Urbino. Tale tradizione è avvalorata dalla esistenza in quei posti (e precisamente nella Colonìa Stefani, nei limiti della Parrocchia di S. Angelo) di una polla perenne di acqua sulfurea, che non solo zampilla anche nelle più grandi siccità ; ma che più volte deviata o distrutta è tornata sempre a risgorgare.
E' chiamata "l'Acqua di S. Terenzio ritenendosi che ivi fosse stato ucciso il S. Patrono, ed il suo corpo venisse poi gettato nel vicino gorgo dell'acqua mala; che ora più non esiste perché il vallone fu riempito nei successivi lavori agricoli.
Teofilo Betti nella sua "Cronistoria Vescovile" dice che il corpo del S. Martire fu seppellito dal Vescovo S. Florenzio fuori della città, probabilmente vicino a Caprile, luogo che i vecchi documenti chiamano Valle di S. Terenzio.
In ordine cronologico seguirono poi successive traslazioni: in epoca indeterminata il corpo del Santo fu portato nella basilica di S. Decenzio, primitiva cattedrale, così come l'affresco del patrono, tutt'ora esistente, sembra dimostrarlo ; verso la metà del VI° s. fu poi trasferito nella cripta della nuova Cattedrale, eretta dal Vescovo Felice.
WOLFANGO DE STEINKIRCHEN, Beato
Il beato che il ‘Martirologio Francescano’ commemora in questo giorno, fa parte insieme ai beati Germano da Kreitenach e Urbano da Norimberga, di un gruppo di martiri, sacerdoti francescani, decapitati dai turchi il 24 settembre 1529.
Questo avvenne ad Enzersdorf alla vigilia dell’attacco turco contro Vienna; Wolfango che era uno straordinario predicatore, pur avendo la possibilità di fuggire scelse il martirio, per testimoniare la sua fede cristiana e il suo sacerdozio.
Il nome deriva dal tedesco ‘wolf e gang’ e significa “cacciatore di lupi”; molto usato nei Paesi di lingua germanica, anche e soprattutto in memoria del grande santo Wolfango, vescovo di Ratisbona che si festeggia il 31 ottobre
SANTA VIRGEM MARIA DAS MERCÊS
Do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Sabe-se, como, em 621, os Visigodos se tornaram finalmente senhores de toda a Espanha. Em 711, porém, vieram os Árabes que os repeliram para as montanhas das Astúrias e conquistaram quase toda a Península. Foram precisos nada menos de seis séculos para os expulsar. Durante este longo período de guerras, foram levados cativos para a África numerosos cristãos. Os que abraçavam o Islamismo eram tratados como homens livres; os outros eram vendidos como escravos aos sarracenos, se não fossem tremidos. Neste caso, era necessário pagar o resgate para obter a sua libertação, e muitas famílias não tinham posses para isso.
Foi com o fim de libertar estes desgraçados, expostos ao perigo da apostasia, que São PEDRO NOLASCO fundou, em 1218, a Ordem das Mercês ou da Redenção dos cativos. A própria Virgem, numa aparição, o incitou a isso. PEDRO contou a visão a São RAIMUNDO DE PENHAFORTE, seu confessor, e ao rei Jaime I de Aragão, o Conquistador, que o ajudaram a pôr em prática o projecto. Aos três votos habituais da religião, os Mercedários acrescentavam o de se entregarem como reféns, no caso de não disporem de outros meios para se desempenharem da sua missão. Graças ao heroísmo deles e à generosidade dos cristãos, a obra foi fecunda em resultados. Dizia o Breviário romano que «foi com o fim de agradecer a Deus e à Santíssima Virgem os benefícios de tal Instituição que se estabeleceu a festa de Nossa Senhora das Mercês».
O nome da pessoa, MERCEDES ou MERCÊS, vem deste título especial da Virgem Maria.
Em seguida, texto do site www.santiebeati.it - sem tradução.
La Beata Vergine Maria è considerata a tutti gli effetti l’ispiratrice della fondazione, da parte di s. Pietro Nolasco (1180-1245), dell’antico Ordine della Mercede; il titolo con cui viene onorata è strettamente correlato alla storia di quest’Ordine, che da lei prese la denominazione.
S. Pietro Nolasco nacque a Mais Saintes Puellas (Tolosa, Francia) verso il 1180 e fin da adolescente si stabilì con la famiglia a Barcellona in Spagna.
La prima notizia della sua presenza a Barcellona si ha nel 1203, quando profondamente addolorato nel vedere lo stato miserevole dei cristiani fatti schiavi dai Mori, padroni allora di gran parte della Spagna, egli si trasformò in mercante, per insinuarsi facilmente tra i maomettani ed a Valenza liberò con suo denaro trecento schiavi.
Esaurite le sua ricchezze, si unì ad altri generosi e nobili giovani, per raccogliere offerte e quindi ripetere ogni anno il riscatto di gruppi di schiavi; ma per quanta solerzia impiegassero in questa meritoria opera, vedevano il numero degli schiavi aumentare sempre più.
Bisogna dire che in precedenza vari re e Ordini militari si erano occupati del riscatto degli schiavi, in Francia per esempio era sorto l’Ordine dei Trinitari che se ne interessava, ma molto limitatamente, mentre gli Ordini militari si erano presto estinti.
La situazione degli schiavi, trasportati nei Paesi arabi dai musulmani, era diventata angosciante per Pietro Nolasco e i suoi compagni, che nei 15 anni trascorsi, avevano operato altri cinque grandi riscatti detti “redenzioni” per migliaia di cristiani.
Pietro ad un certo punto valutò la possibilità di ritirarsi a vita contemplativa, sentendosi impotente ad arginare la situazione, alimentata in continuazione dai Mori di Spagna.
E in una di queste veglie di preghiera, la notte fra il 1° e il 2 agosto 1218, la Vergine Maria gl’ispirò, illuminando la sua intelligenza, di fondare un Ordine religioso che si dedicasse alle opere di misericordia e specialmente alla redenzione degli schiavi, anche a costo della propria vita.
Dopo averne parlato con il giovane re d’Aragona, Giacomo I e con il vescovo di Barcellona, Berenguer, il 10 agosto 1218, Pietro Nolasco costituì ufficialmente il nuovo ‘Ordine Religioso Redentore’, nella cattedrale di Santa Croce di Barcellona, prendendo la Regola di S. Agostino.
Inoltre il vescovo consegnò ai giovani laici del gruppo, la veste di lana bianca in omaggio alla purezza immacolata della Vergine Maria, sotto il cui patrocinio sorgeva l’Ordine; re Giacomo I consegnò loro lo scudo del suo regno d’Aragona come distintivo (quattro sbarre rosse in campo oro) e il vescovo autorizzò di poter portare sopra l’abito la Croce, segno della sua cattedrale.
In quel memorabile giorno il re Giacomo I ‘il Conquistatore’ (1208-1276) regnante dal 1213, donò all’Ordine l’Ospedale di S. Eulalia in Barcellona, che divenne il primo convento dei religiosi (che erano tutti laici, compreso Pietro Nolasco), fungendo anche come casa d’accoglienza per gli schiavi liberati e sede delle opere di misericordia a favore degli infermi e poveri.
Sotto la guida del fondatore, si mise in moto tutta una organizzazione a favore della libertà dei cristiani messi in schiavitù, che oltre ad aver persa la libertà, erano in pericolo per le pressioni e sofferenze inflitte, di abiurare la propria fede e passare all’islamismo.
La ‘redenzione’ avveniva con il pagamento di un riscatto in denaro o altri generi, fatto al padrone mediante una terza persona, la somma variava secondo l’età, le condizioni sociali, economiche e fisiche dei riscattandi.
Il denaro veniva raccolto dai religiosi con il contributo di ogni ceto sociale dell’epoca, compreso le famiglie che avevano qualche loro componente schiavo in terra araba, vittima delle scorrerie saracene che funestarono dall’inizio del XIII secolo, le coste di Spagna, Francia, Sardegna, Sicilia e Italia Meridionale.
Le ‘redenzioni’ venivano accuratamente preparate, precedute da una cerimonia religiosa prima dell’imbarco; le spedizioni erano dense di pericoli, per i pirati che infestavano il Mediterraneo, i naufragi frequenti, la possibilità di un tradimento degli arabi, che impadronitisi del denaro, trattenevano anche i Mercedari come schiavi, in attesa di un altro riscatto.
Innumerevoli furono i religiosi che incontrarono la morte anche atroce, nell’espletare queste missioni redentrici; si calcola che con questo sistema siano stati liberati circa 52.000 schiavi cristiani nei primi 130 anni della costituzione dell’Ordine Religioso. Al ritorno positivo delle spedizioni, veniva cantato in cattedrale un solenne ‘Te Deum’ di ringraziamento, unitamente agli schiavi liberati.
Caratteristica eroica dei Mercedari durante le redenzioni, era quella di proporsi al posto di uno schiavo, se il denaro non bastava e rimanere prigionieri fino all’arrivo della somma dall’Europa, cosa che non sempre avveniva in tempo specie per gli agguati dei pirati, allora il religioso veniva ucciso barbaramente per vendetta.
L’Ordine fu approvato da papa Gregorio IX il 17 gennaio 1235, in seguito i componenti furono anche sacerdoti e non più solo laici come agli inizi, a cui si aggiunsero la Confraternita e il Terz’Ordine della Mercede. Nel 1265 con s. Maria di Cervellon si aggregò il ramo femminile delle Monache Mercedarie, a cui seguirono in tempi più moderni altre Congregazioni religiose femminili della stessa spiritualità della Mercede.
I Mercedari furono presenti come cappellani con Cristoforo Colombo, quando fu scoperto il Continente Americano; il primo convento fu fondato nel 1514 a Santo Domingo.
L’Ordine Religioso Redentore come si è detto era sotto la protezione della Madonna che ne fu l’ispiratrice; nel 1272 i redattori delle Costituzioni stabilirono che l’Ordine assumesse la denominazione di “S. Maria della Mercede”, titolo attribuitale perché della Mercede o della Misericordia deriva da quanto diceva il re Alfonso X ‘il Savio’ (1221-1284) “Redimere gli schiavi è opera di grande ‘Merced’ “, ossia di Misericordia.
La Vergine è considerata dai religiosi Mercedari, Madre sia di sé stessi, quanto degli schiavi per la cui salvezza eterna i religiosi si devono preoccupare.
È chiaro che oggi per schiavitù s’intende tutti quei pericoli ed affanni che contraddistinguono il peregrinare degli uomini, anelanti alla salvezza eterna, non solo di quella fisica e Maria Corredentrice del genere umano, con amore continua la sua opera come nostra avvocata e ministra della salvezza.
La Chiesa ha voluto valorizzare questo titolo prettamente mariano, stabilendo un ricordo particolare nella liturgia il 24 settembre.
CRESCÊNCIO, Santo
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
São CRESCÊNCIO, ao que se diz, era ainda menino quando foi morto à espada na perseguição de Diocleciano (284-305). Era filho de Santo EUTÍMIO e foi sepultado na Via Salária por ordem do Juiz Turpílio.
Conta-se, que tendo nascido em Perúgia, foi transportado para Roma e decapitado. O que é certo é que um mártir, chamado CRESCENCIANO, estava enterrado no cemitério de Priscila, realmente na Via Salária. O seu túmulo era conhecido e venerado, mas o culto não devia estar florescente e não é conhecido o ano da morte de CRESCÊNCIO.
Mas ao menos parte do que dissemos há-de referir-se ao mártir que era venerado em Braga a 24 de Setembro e do qual nos foi gentilmente fornecida a seguinte informação:
Dom LUÍS DE SOUSA, embaixador de Pedro II em Roma, ao ser nomeado Arcebispo de Braga, trouxe para a sua cidade arquiepiscopal as relíquias de São CRESCÊNCIO. Metidas numa arca de prata e vidro, foram encerradas num móvel de madeira, que se venera num altar em frente da sacristia da Sé. Mais tarde, provavelmente durante as invasões francesas, o precioso relicário foi escondido, vindo a ser encontrado numas dependências da Sé por volta do ano de 1960. Encontra-se agora no tesouro da mesma Sé. E a arca de madeira encontra-se na sacristia.
ANATÓLIO DE MILÃO, Santo
Em Milão na Transpadana hoje Lombardia, Itália, Santo ANATÓLIO que é considerado o primeiro bispo desta cidade. (séc. II)
ANDÓQUIO, TIRSO e FÉLIX, Santos
Em Sedelaucum, hoje Seaulieu, no território de Autun, na França, os santos ANDÓQUIO, TIRSO e FÉLIX mártires. (data incerta)
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Assim se exprime o Martirológio romano:
A 24 de Setembro o trânsito dos santos ANDÓQUIO, TIRSO, diácono e FÉLIX, em Autun; aos quais São POLICARPO bispo de Esmirna, enviou do Oriente a pregar o Evangelho em França, onde depois de os haverem açoitado cruelmente, os tiveram um dia inteiro dependurados pelas mãos atadas às espáduas. depois de os arrojarem ao fogo, donde saíram sem lesão; finalmente, machucando-lhes a garganta, foram gloriosamente coroados no ano de 179.
RÚSTICO DE CLERMONT, Santo
Em Arvena, Aquitânia, hoje Clermont-Ferrand - França São RÚSTICO bispo que, sendo presbitero nesta cidade, assumiu com grande alegria da cidade, a honra do episcopado. (séc. V)
LOPO DE LIÃO , Santo
Em Lião, na Gália hoje também na França, São LOPO bispo que antes tinha vivido como anacoreta. (528)
ISARNO DE MARSELHA, Santo
Em Marselha, Provença, França, Santo ISARNO abade homem austero para consigo mas benevolente e pacifico para com os outros que renovou a vida regular no mosteiro de São VÍTOR. (1043)
GERARDO SAGREDO, Santo
Na Panónia, Hungria, São GERARDO SAGREDO bispo de Csanad e mártir, preceptor de Santo EMÉRICO príncipe adolescente, filho do rei Santo ESTEVÃO e morreu apedrejado junto ao rio Danúbio numa sedição de húngaros pagãos. (1046)
DALMÁCIO MONER, Santos
Em Gerona, na Catalunha, Espanha, o Beato DALMÁCIO MONER presbitero da Ordem dos Pregadores insigne pelo sue amor à solidão e ao silêncio. (1341)
GUILHERME SPENSER e ROBERTO HARDESTY, Beatos
Em York, Inglaterra, os beatos mártires GUILHERME SPENSER presbitero e ROBERTO HARDESTY condenados à pena capital e enforcados no reinado de Isabel I, o primeiro por ser sacerdote e o segundo por lhe ter dado hospitalidade. (1589)
ANTÓNIO GONZÁLEZ, Santo
Em Nagasáqui, no Japão, Santo ANTÓNIO GONZÁLEZ presbitero da Ordem dos Pregadores, enviado para o Japão com outros cinco companheiros e encarcerado pouco tempo depois, foi submetido duas vezes ao suplício da água, até que, consumido pela febre, precedeu os seus companheiros na morte, no tempo do chefe supremo Tokugawa Yemitsu.- (1637)
PACIFICO DE SAN SEVERINO MARCHE, Santo
Em San Severino, nas Marcas, Itália, São PACIFICO DE SAN SEVERINO MARCHE, presbitero da Ordem dos Frades Menores insigne pelas suas penitências, amor à solidão e oração ante o Santíssimo Sacramento. (1721)
ANTÓNIO MARTINHO SLOMSEK, Beato
Em Maribor, na Eslovénia, o Beato ANTÓNIO MARTINHO SLOMSEK bispo que se dedicou com todas as suas energias ao cuidado da vida cristã das famílias, à formação do clero e à defesa da unidade da Igreja. (1865)
COLOMBA GABRIEL (Joana Matilde Gabriel), Beata
Em Roma, a beata COLOMBA GABRIEL (Joana Matilde Gabriel) abadessa do mosteiro de L'viv na Ucrânia que, injustamente caluniada se dirigiu para Roma. onde viveu pobre e alegre e fundou a Congregação das Irmãs Beneditinas da Caridade. além da obra social chamada Casa da Família em favor das jovens operárias pobres ou afastadas da família. (1926)
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Nasceu em Stanislawów, na Polónia, a 3 de Maio de 1858. Foi baptizada no mesmo dia e recebeu os nomes de JOANA e MATILDE. Em 1866 mudou-se com os pais e o irmão ESTANISLAU para Lwów, onde fez os estudos e conheceu as religiosas Beneditinas, que lhe incutiram o amor a Cristo e ao próximo.
Aos 16 anos entrou nessa Congregação e tomou o nome de Irmã COLOMBA. Como possuía os diplomas de professora de matemática, física, química e desenho, a Superiora apontou-lhe como tarefa o ensino, em que ela sobressaiu por seus dotes e insigne caridade e com os alunos mais pobres.
No dia da Transfiguração do Senhor de 1882, fez a profissão perpétua e tomou a resolução de progredir maios e mais na perfeição religiosa.
Durante vários anos permaneceu no mesmo posto, crescendo na caridade para com os pobres, para os quais solicitava da Superiora do convento alimentos e roupas. A admiração das companheiras religiosas por suas virtudes leviou-as a elegerem-na Prioresa em 1889, Mestra de Noviças em 1894 e finalmente Abadessa em 1897. Nestas difíceis cargos, ela portou-se como verdadeira Mãe e procurou que todas progredissem na prática das virtudes.
Todavia, como sucede frequentemente, também no caso da Madre COLOMBA nem todas viram com bons olhos o modo de proceder da Superiora e fizeram-lha a vida tão amarga que ela se sentiu impelida a deixar tudo e a partir para Roma, onde chegou, a 21 de Abril de 1900, só, pobre e desacreditada.
Pôs toda a sua confiança em Deus e rezava assim: «Ó meu jesus, Vós sabeis que a minha alma está crivada de espinhos, que aguento com paciência e até com certa alegria, porque eles estão aspergidos com o vosso sangue adorável. Só um não quero, só um recuso: a desgraça de Te perder».
Em Roma ficou hospedada na casa da Beata FRANCISCA SIEDLISKA e depois, por conselho do nobvo bispo de Lwów, retirou-se para o mosteiro de Subiaco. Lá permaneceu um ano. Regressou à Cidade Eterna, amargurada mas confiante em Deus que, depois de uma longa noite de trevas, fazia raiar a luz da ressurreição. Com o apoio de algumas pessoas, abriu uma casa para acolher meninas pobres, que trabalhavam na cidade. A obra progrediu de tal forma que não houve mais remédio senão fundar uma nova congregação que cuidasse delas. Assim nasceu o Instituto das Irmãs Beneditinas da Caridade, que depois se estendeu a outras dioceses de Itália e a missões estrangeiras. Não lhe faltaram sofrimentos, mas ela contava com eles e frequentemente dizia: «As obras de Deus nascem, crescem e florescem à sombra da cruz no Calvário».
Cheia de méritos, faleceu santamente em Roma, ao entardecer do dia 24 de Setembro de 1026. Teve as virtudes heroicas aprovadas a 10 de Julho de 1990. Finalmente, a 16 de Maio de 1993 recebeu as honras da beatificação.
AAS 82 (1990) 1638-43; L'OSS. ROM. 23.5.1993; AAS 82 (1990 724-9.
JOSÉ RAIMUNDO PASCOAL FERRER BOTELLA, Beato
Em Ablat de La Ribera, Valência, Espanha, o beato JOSÉ RAIMUNDO PASCOAL FERRER BOTELLA presbitero e mártir que padeceu o martírio durante a perseguição contra a fé cristã. (1936)
JOSÉ MARIA FERRÁNDIZ HERNÁNDEZ, Beato
Em Rotglá y Corbera, Valência, Espanha, o beato JOSÉ MARIA FERRÁNDIZ HERNÁNDEZ presbitero e mártir, que na mesma perseguição religiosa terminou vitoriosamente o combate da fé. (1936)
ENCARNAÇÃO GIL VALLS, Beata
Em Olleria, Valência, Espanha, a beata ENCARNAÇÃO GIL VALLS virgem e mártir que, levando a lâmpada acesa, foi ao encontro de Cristo Esposo. (1936)
JOSÉ RAIMUNDO FERRAGUT GIRBÉS, Beato
Em Alcira, Valência, o beato JOSÉ RAIMUNDO FERRAGUT GIRBÉS mártir, pai de família que morreu com o vítima por Cristo na mesma perseguição contra a fé cristã. (1936)
AFONSO DO SAGRADO CORAÇÃO DE MARIA (Afonso Arimány Ferrer), Beato
Em Barcelona, Espanha, o beato AFONSO DO SAGRADO CORAÇÃO DE MARIA (Afonso Arimány Ferrer), presbitero da Ordem dos Carmelitas Descalços e mártir. (1936)
Em Málaga, Espanha, os beatos MANUEL GÓMEZ CONTIOSO presbitero e companheiros ESTEVÃO GARCIA GARCIA e RAFAEL RODRIGUEZ MESA religiosos da Sociedade Salesiana, mártires. (1936)
MELCHIOR DO ESPÍRITO SANTO e companheiros LUÍS DE SÃO MIGUEL DOS SANTOS (Luís de Erdoiza y Zamalloa),
TIAGO DE JESUS (Tiago Arriaga y Arrien), e JOÃO DE NOSSA SENHORA DO CASTELLAR
(João Francisco Joys y Corralero), Beatos
Em Cuenca, Espanha, os beatos MELCHIOR DO ESPÍRITO SANTO e companheiros LUÍS DE SÃO MIGUEL DOS SANTOS (Luís de Erdoiza y Zamalloa), TIAGO DE JESUS (Tiago Arriaga y Arrien), presbiteros e JOÃO DE NOSSA SENHORA DO CASTELLAR (João Francisco Joys y Corralero), religioso, todas da Ordem da Santíssima Trindade, mártires. (1936)
Em Roma, a beata COLOMBA GABRIEL (Joana Matilde Gabriel) abadessa do mosteiro de L'viv na Ucrânia que, injustamente caluniada se dirigiu para Roma. onde viveu pobre e alegre e fundou a Congregação das Irmãs Beneditinas da Caridade. além da obra social chamada Casa da Família em favor das jovens operárias pobres ou afastadas da família. (1926)
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Nasceu em Stanislawów, na Polónia, a 3 de Maio de 1858. Foi baptizada no mesmo dia e recebeu os nomes de JOANA e MATILDE. Em 1866 mudou-se com os pais e o irmão ESTANISLAU para Lwów, onde fez os estudos e conheceu as religiosas Beneditinas, que lhe incutiram o amor a Cristo e ao próximo.
Aos 16 anos entrou nessa Congregação e tomou o nome de Irmã COLOMBA. Como possuía os diplomas de professora de matemática, física, química e desenho, a Superiora apontou-lhe como tarefa o ensino, em que ela sobressaiu por seus dotes e insigne caridade e com os alunos mais pobres.
No dia da Transfiguração do Senhor de 1882, fez a profissão perpétua e tomou a resolução de progredir maios e mais na perfeição religiosa.
Durante vários anos permaneceu no mesmo posto, crescendo na caridade para com os pobres, para os quais solicitava da Superiora do convento alimentos e roupas. A admiração das companheiras religiosas por suas virtudes leviou-as a elegerem-na Prioresa em 1889, Mestra de Noviças em 1894 e finalmente Abadessa em 1897. Nestas difíceis cargos, ela portou-se como verdadeira Mãe e procurou que todas progredissem na prática das virtudes.
Todavia, como sucede frequentemente, também no caso da Madre COLOMBA nem todas viram com bons olhos o modo de proceder da Superiora e fizeram-lha a vida tão amarga que ela se sentiu impelida a deixar tudo e a partir para Roma, onde chegou, a 21 de Abril de 1900, só, pobre e desacreditada.
Pôs toda a sua confiança em Deus e rezava assim: «Ó meu jesus, Vós sabeis que a minha alma está crivada de espinhos, que aguento com paciência e até com certa alegria, porque eles estão aspergidos com o vosso sangue adorável. Só um não quero, só um recuso: a desgraça de Te perder».
Em Roma ficou hospedada na casa da Beata FRANCISCA SIEDLISKA e depois, por conselho do nobvo bispo de Lwów, retirou-se para o mosteiro de Subiaco. Lá permaneceu um ano. Regressou à Cidade Eterna, amargurada mas confiante em Deus que, depois de uma longa noite de trevas, fazia raiar a luz da ressurreição. Com o apoio de algumas pessoas, abriu uma casa para acolher meninas pobres, que trabalhavam na cidade. A obra progrediu de tal forma que não houve mais remédio senão fundar uma nova congregação que cuidasse delas. Assim nasceu o Instituto das Irmãs Beneditinas da Caridade, que depois se estendeu a outras dioceses de Itália e a missões estrangeiras. Não lhe faltaram sofrimentos, mas ela contava com eles e frequentemente dizia: «As obras de Deus nascem, crescem e florescem à sombra da cruz no Calvário».
Cheia de méritos, faleceu santamente em Roma, ao entardecer do dia 24 de Setembro de 1026. Teve as virtudes heroicas aprovadas a 10 de Julho de 1990. Finalmente, a 16 de Maio de 1993 recebeu as honras da beatificação.
AAS 82 (1990) 1638-43; L'OSS. ROM. 23.5.1993; AAS 82 (1990 724-9.
JOSÉ RAIMUNDO PASCOAL FERRER BOTELLA, Beato
Em Ablat de La Ribera, Valência, Espanha, o beato JOSÉ RAIMUNDO PASCOAL FERRER BOTELLA presbitero e mártir que padeceu o martírio durante a perseguição contra a fé cristã. (1936)
JOSÉ MARIA FERRÁNDIZ HERNÁNDEZ, Beato
Em Rotglá y Corbera, Valência, Espanha, o beato JOSÉ MARIA FERRÁNDIZ HERNÁNDEZ presbitero e mártir, que na mesma perseguição religiosa terminou vitoriosamente o combate da fé. (1936)
ENCARNAÇÃO GIL VALLS, Beata
Em Olleria, Valência, Espanha, a beata ENCARNAÇÃO GIL VALLS virgem e mártir que, levando a lâmpada acesa, foi ao encontro de Cristo Esposo. (1936)
JOSÉ RAIMUNDO FERRAGUT GIRBÉS, Beato
Em Alcira, Valência, o beato JOSÉ RAIMUNDO FERRAGUT GIRBÉS mártir, pai de família que morreu com o vítima por Cristo na mesma perseguição contra a fé cristã. (1936)
AFONSO DO SAGRADO CORAÇÃO DE MARIA (Afonso Arimány Ferrer), Beato
Em Barcelona, Espanha, o beato AFONSO DO SAGRADO CORAÇÃO DE MARIA (Afonso Arimány Ferrer), presbitero da Ordem dos Carmelitas Descalços e mártir. (1936)
Em Málaga, Espanha, os beatos MANUEL GÓMEZ CONTIOSO presbitero e companheiros ESTEVÃO GARCIA GARCIA e RAFAEL RODRIGUEZ MESA religiosos da Sociedade Salesiana, mártires. (1936)
MELCHIOR DO ESPÍRITO SANTO e companheiros LUÍS DE SÃO MIGUEL DOS SANTOS (Luís de Erdoiza y Zamalloa),
TIAGO DE JESUS (Tiago Arriaga y Arrien), e JOÃO DE NOSSA SENHORA DO CASTELLAR
(João Francisco Joys y Corralero), Beatos
Em Cuenca, Espanha, os beatos MELCHIOR DO ESPÍRITO SANTO e companheiros LUÍS DE SÃO MIGUEL DOS SANTOS (Luís de Erdoiza y Zamalloa), TIAGO DE JESUS (Tiago Arriaga y Arrien), presbiteros e JOÃO DE NOSSA SENHORA DO CASTELLAR (João Francisco Joys y Corralero), religioso, todas da Ordem da Santíssima Trindade, mártires. (1936)
... E AINDA ...
CÓPRIO DA PALESTINA, Santo
Monaco nel monastero di S. Teodosio presso Betlemme. Da neonato fu abbandonato dai genitori in un letamaio (in greco Koprìa) nei pressi del monastero. I monaci lo presero e gli dettero il nome di Coprio. Divenuto monaco, condusse una vita virtuosa e morì all'età di 90 anni.
ERMANO IL CONTRATTO, Beato
«Salve, Regina, madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva; a Te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime». È la preghiera che ancora si canta nelle chiese, alla fine, quando restano i vecchi a trascinare le vocali come a trattenere chi già corre a riaccendere il telefonino. Chi l’ha scritta, quasi mille anni fa, sapeva che cos’è una valle di lacrime. La Salve Regina fu infatti, quasi sicuramente, composta da Ermanno di Reichenau, meglio conosciuto come Ermanno lo storpio. Lo chiamavano anche “il contratto”. I documenti che ne danno notizia parlano di un uomo deforme, con gli arti come attorcigliati a impedirgli non solo di camminare normalmente ma anche di trovare pace disteso o seduto nella sedia costruita apposta per lui. Ermanno, che nella vita non è mai stato comodo se non, probabilmente, quando è sopraggiunta la morte, fu monaco e fine studioso. La preghiera alla Madonna entrata nella storia liturgica della Chiesa è solo uno degli aspetti del suo studio e della sua fede poderosamente intrecciati. Poi ci sono le cronache della storia del mondo, lo studio delle costellazioni, la costruzione di astrolabi. Ancora oggi chi cerca notizie su di lui nelle biblioteche trova i trattati scritti nelle notti insonni nell’abbazia di Reichenau, in un’isoletta nel lago di Costanza. A essere in grado di scrivere ci arrivò probabilmente dopo un lungo allenamento per addomesticare le mani a rispondere alla mente. Nacque il 18 luglio del 1013, esattamente mille anni fa, ed era uno dei 15 figli di Eltrude e Goffredo conte di Althausen di Svevia.
Fu il gesuita inglese Cyril Martindale ad appassionarsi alla sua storia dopo il ritrovamento nella biblioteca di Oxford di un volume in latino che ne riferiva la vita. Quelle pagine, racconta Martindale in un volume molto amato da don Luigi Giussani (Santi, Jaca Book) non parlavano di un handicappato abbandonato, ma di un piccolo affidato alle amorevoli cure dei monaci e diventato presto un compagno prezioso per i religiosi. Misteriosamente in Ermanno la malattia non genera cinismo bensì un’umanità ricca, rigogliosa, coinvolgente. Così la biografia parla di un uomo «piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione di essere galantuomo con tutti». Quello che doveva essere un peso diventa presto l’orgoglio del monastero e la sua fama arriva fino all’imperatore Enrico III e a papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049.
Vincere il dolore e la pigrizia non è semplice. Ermanno stesso lo fa capire nell’introduzione a uno dei suoi volumi più complicati, quello in cui spiega come si costruiscono gli astrolabi, marchingegni antenati degli orologi, utilizzati per localizzare o calcolare la posizione del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle, ma anche per determinare l’ora conoscendo la longitudine. «Ermanno – scrive –, l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca è stato indotto dalle preghiere di molti amici a scrivere questo trattato scientifico». Tra gli amici c’è Bertoldo, incaricato di aiutarlo nelle incombenze quotidiane e testimone dei momenti cruciali della sua vita. È a lui che Ermanno affida i suoi pensieri nei giorni della pleurite che lo condurrà alla morte. E l’amico si commuove e si tura le orecchie quando il piccolo monaco, già assaporando la pace della liberazione dal corpo, si dice stanco di vivere.
«La Vita, come la scrisse Bertoldo – osserva Martindale –, è così piena di vita pulsante, Ermanno ne esce veramente vivo! Non perché sapesse scrivere sulla teoria della musica e della matematica, né perché seppe compilare minuziose cronache storiche e leggere tante lingue diverse, ma per il suo coraggio, la bellezza dell’anima sua, la sua serenità nel dolore, la sua prontezza a scherzare e a fare a botta e risposta, la dolcezza dei suoi modi che lo resero “amato da tutti”. (…) Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità».
Autore: Laura Borselli
Nacque il 18 luglio 1013 dal conte Wolfrat di Altshausen, forse della famiglia dei Berholdinger; sua madre si chiamava Hiltrerd, proveniva dalla Borgogna e probabilmente era imparentata coi Welfen. Non si sa se fosse zoppo di nascita o se lo diventò per una paralisi infantile. A sette anni (1021) cominciò ad andare a scuola, secondo il Bucelino, presso i monaci di S. Gallo di cui avrebbe poi vestito l'abito.
Fu sicuramente professore a Reichenau e a trent'anni entrò a far parte di questo monastero, ricevendovi l'ordinazione sacerdotale. Lavorò fino agli ultimi anni di vita nelle materie a cui era stato iniziato dai suoi maestri, l'abate Bernone e i monaci Kerung e Burcardo: astronomia, poesia,storia, musica e liturgia, nella quale poté sviluppare appieno il suo talento meritando di essere esaltato come miraculum saeculi e il più moderno dei musicisti, non solo perché introdusse una nuova divisione nel sistema delle note, ma anche perché inventò una nuova scrittura delle note stesse.
Gli vengono attribuite la Salve Regina, l'Alma Redemptoris mater, l'Ufficio di alcuni santi (Gregorio, Afra, Wolfgango, ecc.) e le Sequenze della Croce e della Pasqua (Grates, honos, hierarchia e Rex regun, Dei agne); alla liturgia si riferiscono anche i trattati De musica e De monochordo; e opere di indole matematica, tutte di interesse liturgico:
Le opere poetico-didattiche furono scritte da Ermanno soprattutto a scopo pastorale per i monaci e le suore della propria abbazia e di altri monasteri, in modo speciale quella intitolata De octo vitiis principalibus. Egli ebbe inoltre uno spirito aperto ed intento a quanto avveniva, vicino e lontano, nella sua patria. Ebbe la stima dell'imperatore Enrico III e di papa Leone IX, che visitarono Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049; così è comprensibile che abbia scritto due libri sulle gesta di Corrado II ed Enrico III, la Cronaca della Svevia, probabilmente lavoro giovanile, e in età matura la Cronaca Universale, opera che, prendendo le mosse dalla morte di Cristo (contrariamente all'uso fino ad allora seguito di iniziare la storia con la morte di Abramo), giunge al 1054.In essa Ermanno per primo sfrutta, elaborandolo scientificamente, materiale tratto dagli annali monastici ed imperiali, vite dei santi, liste episcopali e altre fonti: la sua esposizione è profonda e precisa, oggettiva ed imparziale, semplice e chiara, con un sicuro intuito dell'essenziale e in un latino elegante.
Sul proprio tempo il beato scrisse in modo molto circostanziato. E' probabile che, nonostante le sofferenze e il lavoro, egli debba aver viaggiato molto. Dal discepolo Bertoldo, che ne continuò la Cronaca Universale, venne lodato come paziente, pieno di carità, obbediente, puro, savio, sempre dedito al lavoro e alla preghiera, compassionevole, gentile, come un uomo che si ritenne sempre un peccatore e pensò sempre alla morte. Ancora oggi viene ammirata l'opera da lui compiuta, tanto più che ebbe una vita breve, poiché morì all'età di quarantun anni, il 24 settembre 1054. Venne sepolto ad Altshausen, ma la sua tomba è oggi sconosciuta. Se ne conservano reliquie ad Altshausen, a Zurigo ed altrove. Nel calendario benedettino è ricordato come beato, ma è una celebrazione dovuta al Bucelino. Il vescovo di Friburgo dichiarò inammissibile il culto pubblico verso Ermanno come beato, ma permise la continuazione del culto nel territorio in cui fino allora vigeva.
Rappresentazioni di Ermanno sono nel coro di Zwiefalten e ad Andechs; in un dipinto del soffitto della distrutta chiesa di Montecassino era raffigurato come Doctor marianus.
PIETRO D'ALEUTA, Santo
VIl santo neomartire Pietro (chiamato Cungagnaq nella sua lingua nativa) era un Indiano Aleute convertito all’Ortodossia tra la fine del 18° e i primi del 19° secolo da missionari Ortodossi Russi. Si spense a San Francisco, in California, l’8 settembre 1815, martirizzato per aver rifiutato di diventare cattolico-romano ad opera di padre Abella nella Missione Dolores. Quando la Chiesa Ortodossa Russa cominciò la raccolta di informazioni sui primi missionari inviati in Alaska, il racconto di uno dei compagni di prigionia di Pietro fu trovato fra gli appunti di un devoto figlio spirituale di san Herman di Alaska (13 dicembre), Simeon Yanovsky che narra la morte del martire Aleute. Simeon Yanovsky raccontò del martirio di Pietro a padre Herman nel 1819, a Harbor S. Paul nell’isola di Kodiak.
San Pietro è stato formalmente riconosciuto come santo martire di san Francisco nel 1980. Sappiamo molto poco su di lui, ad eccezione del fatto che egli era di Kodiak, ed è stato arrestato e messo a morte da parte degli spagnoli, in California, perché si è rifiutato di convertirsi al cattolicesimo. Nemmeno il luogo di sepoltura ci è noto, poiché i corpi di molti Indiani della Missione Dolores furono gettati in fosse comuni. Pertanto siamo privi delle sue reliquie, a meno che una rivelazione divina non ce le faccia ritrovare. Le circostanze del suo martirio ricordano la tortura di san Giacomo il Persiano (27 novembre). Sia nella sua sofferenza che nella sua ferma confessione della Fede, san Pietro è eguale ai martiri dell’antichità, ed anche ai nuovi martiri che hanno brillato in tempi più recenti. Ora egli si rallegra con loro nel Regno celeste, glorificando Dio il Padre, il Figlio e il Santo Spirito, per tutti i secoli.
In un’altra occasione gli raccontai come gli Spagnoli in California avevano imprigionato quattordici Aleuti, e come i gesuiti (in realtà francescani) stavano costringendo tutti ad accettare la fede cattolica. Ma gli Aleuti non vollero acconsentire in nessun caso, dicendo: “Noi siamo cristiani”. I gesuiti obiettarono: “Non è vero, voi siete eretici e scismatici. Se non siete d’accordo ad accettare la nostra fede tortureremo tutti voi a morte”. Allora gli Aleuti furono messi in carcere due per cella. Quella sera i gesuiti giunsero alla prigione con lanterne e candele accese. Ancora una volta cercarono di convincere due Aleuti in cella ad accettare la fede cattolica. “Siamo cristiani”, risposero gli Aleuti, “e non vogliamo cambiare la nostra Fede”. Allora i gesuiti iniziarono a torturarli, prima uno, mentre il suo compagno assisteva. Gli tagliarono una delle articolazioni dei suoi piedi, e poi l’altra articolazione. Poi gli tagliarono l’articolazione del primo dito delle sue mani, e poi le altre. Poi tagliarono i suoi piedi, e le sue mani. Il sangue scorreva, ma il martire resisté a tutto e con fermezza così ripeteva: “Io sono un cristiano”. Morì in tali sofferenze, a causa della perdita di sangue. Il gesuita altresì promise al suo compagno che lo avrebbe torturato a morte il giorno successivo.
Ma quella notte ricevettero da Monterey un’ordinanza dove si richiedeva che gli Aleuti imprigionati fossero liberati immediatamente, e di inviarli sotto scorta. Pertanto, la mattina furono inviati tutti a Monterey con l’eccezione dell’Aleute morto. Questo mi fu raccontato da un testimone, lo stesso Aleute che era sfuggito alla tortura, e che era amico dell’Aleute martirizzato. Riferii di questo incidente alle autorità in St. Petersburg.
Quando terminai il mio racconto, padre Herman mi chiese: “Qual era il nome del martire Aleute?”. Risposi: “Pietro. Non mi ricordo il nome della sua famiglia”. L’anziano fece una prostrazione di fronte un’icona, fece il segno della croce e disse: “Santo neomartire Pietro, prega Dio per noi”.
FESTA DOS SANTOS DO ALASCA
Il 24 settembre 1794 sbarcarono in Alaska i primi missionari ortodossi russi ed in tale anniversario è stata prevista annualmente la festa di Tutti i Santi dell'Alaska. Tra essi si ricordano San Pietro l'Aleuta, protomartire ortodosso d'America, il martire San Giovenale, San Giacomo Netsvetov e Sant'Ermanno dell'Alaska.
TERENZIO DA HÚNGRIA, Santo
Secondo l'opinione più comune, S. Terenzio era oriundo della Pannonia (ora Ungheria), già conquistata dai romani fin dall'anno 7 di Cristo. Per sfuggire la persecuzione comandata dagli Imperatori contro i seguaci del Nazzareno, egli partì dalla sua patria approdando alle rive del mare Adriatico. Dopo diverse vicende, avviatosi per andare a Roma venne ucciso per motivo della Fede Cristiana in una località detta acqua mala, in vicinanza di Pesaro fra il 247 ed il 255, con più probabilità verso il 251.
Riguardo al luogo del suo martirio, mentre alcuni ritengono che avvenisse non molto lungi dalla città, la tradizione parla di confini, dà valore ad una tradizione, secondo la quale S. Terenzio subì il martirio nei pressi della nostra Badia di S. Tomaso in Foglia, posta appunto sul confine territoriale fra Pesaro ed Urbino. Tale tradizione è avvalorata dalla esistenza in quei posti (e precisamente nella Colonìa Stefani, nei limiti della Parrocchia di S. Angelo) di una polla perenne di acqua sulfurea, che non solo zampilla anche nelle più grandi siccità ; ma che più volte deviata o distrutta è tornata sempre a risgorgare.
E' chiamata "l'Acqua di S. Terenzio ritenendosi che ivi fosse stato ucciso il S. Patrono, ed il suo corpo venisse poi gettato nel vicino gorgo dell'acqua mala; che ora più non esiste perché il vallone fu riempito nei successivi lavori agricoli.
Teofilo Betti nella sua "Cronistoria Vescovile" dice che il corpo del S. Martire fu seppellito dal Vescovo S. Florenzio fuori della città, probabilmente vicino a Caprile, luogo che i vecchi documenti chiamano Valle di S. Terenzio.
In ordine cronologico seguirono poi successive traslazioni: in epoca indeterminata il corpo del Santo fu portato nella basilica di S. Decenzio, primitiva cattedrale, così come l'affresco del patrono, tutt'ora esistente, sembra dimostrarlo ; verso la metà del VI° s. fu poi trasferito nella cripta della nuova Cattedrale, eretta dal Vescovo Felice.
WOLFANGO DE STEINKIRCHEN, Beato
Il beato che il ‘Martirologio Francescano’ commemora in questo giorno, fa parte insieme ai beati Germano da Kreitenach e Urbano da Norimberga, di un gruppo di martiri, sacerdoti francescani, decapitati dai turchi il 24 settembre 1529.
Questo avvenne ad Enzersdorf alla vigilia dell’attacco turco contro Vienna; Wolfango che era uno straordinario predicatore, pur avendo la possibilità di fuggire scelse il martirio, per testimoniare la sua fede cristiana e il suo sacerdozio.
Il nome deriva dal tedesco ‘wolf e gang’ e significa “cacciatore di lupi”; molto usato nei Paesi di lingua germanica, anche e soprattutto in memoria del grande santo Wolfango, vescovo di Ratisbona che si festeggia il 31 ottobre
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Local onde se processa este blogue, na cidade do Porto
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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
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Textos recolhidos
In
MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
e através dos sites:
Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral,
e do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial de Braga, além de outros, eventualmente
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Também no que se refere às imagens que aparecem aqui no fim das mensagens diárias, são recolhidas aleatoriamente ou através de fotos próprias que vou obtendo, ou transferindo-as das redes sociais e que creio, serem livres.
Quanto às de minha autoria, não coloco quaisquer entraves para quem quiser copiá-las
Estaçãio de São Bento - PORTO
ANTÓNIO FONSECA