sexta-feira, 7 de outubro de 2016

Nº 2900 - (281-2016) - SANTOS DE CADA DIA - 7 DE OUTUBRO DE 2016 - OITAVO ANO

Caros Amigos:





Nova foto do autor

Desde o dia 1 de Janeiro que venho colocando aqui os meus Votos de um Bom Ano de 2016.
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar

UM BOM resto do ANO DE 2016

Nº 2900 -  (281 - 2016) 

7 DE OUTUBRO DE 2016

SANTOS DE CADA DIA

8º   A N O



 miscelania 008



LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO



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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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NOSSA SENHORA DO ROSÁRIO
        

 

Memória de NOSSA SENHORA DO ROSÁRIO no dia em que pela recitação do ROSÁRIO ou Coroa Mariana se invoca o auxílio da Santa MÃE DE DEUS meditando os mistérios de Cristo, tendo por guia aquela que esteve associada de modo singular à Encarnação, Paixão e Ressurreição do Filho de Deus.

Segue-se texto do site WWW.SANTIEBEATI,IT

Nel 1212 san Domenico di Guzman, durante la sua permanenza a Tolosa, vide la Vergine Maria che gli consegnò il Rosario, come risposta ad una sua preghiera, a Lei rivolta, per sapere come combattere l’eresia albigese.
Fu così che il Santo Rosario divenne l’orazione più diffusa per contrastare le eresie e fu l’arma determinante per vincere i musulmani a Lepanto. Come già per Poitiers (ottobre 732) e poi sarà per Vienna (settembre 1683), la battaglia di Lepanto fu fondamentale per arrestare l’avanzata dei musulmani in Europa. E tutte e tre le vittorie vennero imputate, oltre al valore dei combattenti, anche e soprattutto all’intervento divino.
La battaglia navale di Lepanto si svolse nel corso della guerra di Cipro. Era il 7 ottobre 1571 quando le flotte musulmane dell’Impero ottomano si scontrarono con quelle cristiane della Lega Santa, che riuniva le forze navali della Repubblica di Venezia, dell’Impero spagnolo (con il Regno di Napoli e di Sicilia), dello Stato Pontificio, della Repubblica di Genova, dei Cavalieri di Malta, del Ducato di Savoia, del Granducato di Toscana e del Ducato di Urbino, federate sotto le insegne pontificie. Dell’alleanza cristiana faceva parte anche la Repubblica di Lucca, che pur non avendo navi coinvolte nello scontro, concorse con denaro e materiali all’armamento della flotta genovese.
Prima della partenza della Lega Santa per gli scenari di guerra, san Pio V benedisse lo stendardo raffigurante, su fondo rosso, il Crocifisso posto fra gli apostoli Pietro e Paolo e sormontato dal motto costantiniano In hoc signo vinces. Tale simbolo, insieme con l’immagine della Madonna e la scritta S. Maria succurre miseris, issato sulla nave ammiraglia Real, sarà l’unico a sventolare in tutto lo schieramento cristiano quando, alle grida di guerra e ai primi attacchi turchi, i militi si uniranno in una preghiera accorata. Mentre si moriva per Cristo, per la Chiesa e per la Patria, si recitava il Santo Rosario: e i prigionieri remavano ritmando il tempo con le decine dei misteri. L’annuncio della vittoria giungerà a Roma 23 giorni dopo, portato da messaggeri del Principe Colonna. Il trionfo fu attribuito all’intercessione della Vergine Maria, tanto che san Pio V, nel 1572, istituì la festa di Santa Maria della Vittoria, trasformata da Gregorio XIII in «Madonna del Rosario».
Comandante generale della flotta cristiana era Don Giovanni d’Austria di 24 anni, figlio illegittimo del defunto Imperatore Carlo V e fratellastro del regnante Filippo II. Al fianco della sua nave Real erano schierate: la Capitana di Sebastiano Venier, capitano generale veneziano; la Capitana di Sua Santità di Marcantonio Colonna, ammiraglio pontificio; la Capitana di Ettore Spinola, capitano generale genovese; la Capitana di Andrea Provana di Leinì, capitano generale piemontese; l’ammiraglia Vittoria del priore Piero Giustiniani, capitano generale dei Cavalieri di Malta. In totale, la Lega schierò una flotta di 6 galeazze e circa 204 galere. A bordo erano imbarcati non meno di 36.000 combattenti, tra soldati, venturieri e marinai.
A questi si aggiungevano circa 30.000 galeotti rematori. Comandante supremo dello schieramento ottomano era Müezzinzade Alì Pascià. La flotta turca, munita di minore artiglieria rispetto a quella cristiana, possedeva 170-180 galere e 20 o 30 galeotte, cui si aggiungeva un imprecisato numero di fuste e brigantini corsari. La forza combattente, comprensiva di giannizzeri, ammontava a circa 20-25.000 uomini. L’ammiraglio, considerato il migliore comandante ottomano, Uluč Alì, era un apostata di origini calabresi, convertitosi all’Islam. Alì Pascià si trovava a bordo dell’ammiraglia Sultana, sulla quale sventolava un vessillo verde, dove era stato scritto, a caratteri d’oro, 28.900 volte il nome di Allah.
I musulmani di allora tagliavano le teste così come le tagliano oggi quelli dell’Isis: essi non hanno mutato i loro sistemi, mentre i cristiani hanno declinato i loro doveri davanti a Dio e alle loro nazioni, asservendosi non più al Re del Cielo e della terra, ma al padrone degli Inferi. Spiegava san Louis-Marie Grignon de Montfort: «Nel Cielo, Maria comanda agli angeli e ai beati. Come ricompensa della sua profonda umiltà, Dio le ha dato il potere e l’incarico di riempire di santi i troni lasciati vuoti dalla superbia degli angeli ribelli». Tutte le grazie passano per Maria, come ci insegnano i grande teologi mariani ed ecco perché san Pio V, Papa mariano e domenicano, affidò a Maria Santissima le armate ed i destini dell’Occidente e della Cristianità, minacciati dai musulmani.
Da allora in poi si utilizzò ufficialmente il titolo di Auxilium Christianorum, titolo che non sembra doversi attribuire direttamente al Pontefice, ma ai reduci vittoriosi, che ritornando dalla guerra passarono per Loreto a ringraziare la Madonna.
I forzati che erano stati messi ai banchi dei remi furono liberati: sbarcarono a Porto Recanati e salirono in processione alla Santa Casa, dove offrirono le loro catene alla Madonna; con esse furono costruite le cancellate poi poste agli altari delle cappelle. Lo stendardo della flotta fu donato alla chiesa di Maria Vergine a Gaeta, dove è tuttora conservato e che attende di essere ancora issato nei cuori di coloro che si professano cristiani e vogliono difendere le proprie radici. 




  
MARCELO e APULEIO DE CÁPUA, Santo



Em Cápua, na Campânia, Itália, os santos MARCELO e APULEIO mártires. (séc. III)


JUSTINA DE PÁDUA, Santa

   


Em Pádua, Venécia hoje no Véneto, Santa JUSTINA virgem e mártir. (séc. III)

 
SÉRGIO e BACO  de Betsáloe, Santos
 

Em Betsáloe, na Augusta Eufratésia, hoje na Síria, os santos SÉRGIO e BACO mártires. (séc. III)



MARCOS, Santo



Em Roma, São MARCOS I, papa que fundou o título «in Pallacinis» actual Igreja de São MARCOS e mandou construir uma basílica no cemitério de Balbina, junto à Via Ardeatini, onde foi sepultado. (336)


AUGUSTO DE BOURGES, Santo

  
 

Em Bourges na Aquitânia, França, Santo AUGUSTO presbítero e abade que tinha as mãos e os pés anquilosados de modo que só se apoiava sobre os joelhos e os cotovelos, curado por intercessão de São MARTINHO constituiu uma comunidade de monges e dedicou-se ininterruptamente à oração. (560)



PALÁDIO DE SAINTES, Santo



Em Saintes, na Aquitânia, França, São PALÁDIO bispo que erigiu uma basílica sobre o túmulo de Santo EUTRÓPIO e fomentou na sua cidade episcopal o culto dos santos. (596)

 
MARTINHO CID, beato




No mosteiro de Bellafuente, hoje Valparaiso, em Castela e Leão, Espanha, o beato MARTINHO CID abade que fundou este cenóbio e o agregou à Ordem Cisterciense. (1152)


JOÃO HUNOT, Beato



Ao largo de Rochefort, França, o Beato JOÃO HUNOT presbitero e mártir que, por causa da sua condição de sacerdote, na revolução francesa foi encerrado num barco-prisão onde consumou o testemunho da sua fidelidade a Deus. (1794)

JOSÉ TONIOLO, Beato



Em Pisa, Itália, o beato JOSÉ TONIOLO pai de família e cooperador salesiano. (1918)

JOSÉ LLOSÁ BALAGUER, Santo




Em Benaguacil, Valência, Espanha, o beato JOSÉ LLOSÁ BALAGUER religioso dos Terciários Capuchinhos de Nossa Senhora das Dores e mártir, que sofreu o martírio na perseguição contra a . (1936)


CLARA BADANO (Clara "Luz"), Beata

Em Sasello, perto de Savona, Itália, a Beata CLARA BADANO (Clara "Luz") jovem do Movimento dos Focolares. (1990)



ADRIÃO TAKAHASHI MONDO, sua esposa JOANA TAKAHASHI;  LEÃO HAYASHIDA SUKEEMON, sua esposa MARTA HAYASHIDA e seus filhos MADALENA HAYASHIDA e DIOGO HAYASHIDA; LEÃO TAKEDOMI HAN'EMON e seu filho PAULO TAKEDOMI HAN'EMON, Beatos



Em Arima, Japão, os beatos ADRIÃO TAKAHASHI MONDO, sua esposa JOANA TAKAHASHI;  LEÃO HAYASHIDA SUKEEMON, sua esposa MARTA HAYASHIDA e seus filhos MADALENA HAYASHIDA e DIOGO HAYASHIDA; LEÃO TAKEDOMI HAN'EMON e seu filho PAULO TAKEDOMI HAN'EMON, mártires. (1613)







 ... E AINDA  ...


ADALGISO DE NOVARA, Santo



Fu il trentaduesimo della serie, come si può leggere nei dittici della chiesa novarese, conservati l'uno nella Basilica di S. Gaudenzio (1070?) e l'altro nella Cattedrale (1123 ca.). Più sobrio il primo, più ampio il secondo, attestano tuttavia concordemente che Adalgiso fu vescovo di Novara per diciotto anni, dall'830 (o 831) all'849 (o 850) secondo alcuni, dall'834 all'852-3 (?) secondo altri.
Il Bascapè parla di A. nella sua Novaria, dopo aver descritto l'epoca in cui visse il santo, quella delle vittorie di Carlo Magno sui Longobardi, seguita dall'incoronazione dell'imperatore e dalla costituzione del Sacro Romano Impero, che dà origine alla dominazione carolingia in Italia.
Adalgiso è ritenuto costantemente dalla tradizione di origine longobarda, forse della stessa famiglia dell'ultimo re Desiderio, anzi, addirittura nipote di lui. Ma nulla si sa esattamente dei suoi anni giovanili. Si pensa fosse canonico della chiesa di S. Gaudenzio, essendosi più tardi dimostrato larghissimo dei suoi beni verso il Capitolo di questa chiesa. Neppure risulta se sia stato nominato vescovo per le sue virtù piuttosto che per l'alto lignaggio. Nell'854 non era più tra i vivi, come si rileva dal diploma di Ludovico II imperatore, diretto al successore di Adalgiso, Dodone o Ottone e datato precisamente il 7 giugno di quell'anno.
Oltre che "santissimo vescovo" (le quali parole, scritte in rosso in segno d'onore, sono quanto di più caloroso si legga nei dittici della Cattedrale), gli si attribuisce anche l'elogio rarissimo di "gemma dei sacerdoti", mentre si accenna alle sue "specchiatissime opere".
Si può invece affermare con sicurezza storica la notizia delle sue generose elargizioni ai canonici della Cattedrale, conservate già nell'Archivio vescovile e ora perdute. Le donazioni riguardavano anche i canonici di S. Giulio e di Gozzano, oltre che quelli della Cattedrale di S. Gaudenzio. Sono tre documenti distinti, probabilmente tutti del 19 febbraio 840, ottenuti dall'imperatore su richiesta di Adalgiso.
Dalla stessa lettera risulta che Adalgiso pose al servizio della chiesa di Santa Maria circa quaranta chierici per la celebrazione dei divini Uffici, assegnando loro un congruo beneficio. Arricchì la Cattedrale anche del mirabile mosaico, che ancora oggi si vede dinanzi all'altare maggiore. Da un altro insigne documento, conservato nella biblioteca capitolare di S. Gaudenzio, che porta la data del 30 gennaio 848, si rileva che Adalgiso donò ai canonici di S. Gaudenzio il possedimento di Cesto e altre terre del Basso Novarese, provvedendo loro perfino "le vestimenta e le calzature".
Quando morì, le sue spoglie furono portate dapprima nella chiesa di S. Gaudenzio fuori le mura, poi traslate in città nel 1533, dopo la distruzione di quella chiesa e delle case esterne ad opera di Carlo V. Dal 1927 esse riposano, insieme con le venerate reliquie di altri vescovi novaresi, in S. Gaudenzio, dentro un'artistica urna, sotto l'altare dedicato al suo nome. La sua festa secondo gli Acta Sanctorum ricorre il 7 ottobre, mentre oggi la chiesa novarese la celebra il 5 dello stesso mese.
INÊS, MADALENA, CATARINA, BRANCA e MARIANA, Beatas




Le Beate: Agnese, Maddalena, Caterina, Bianca e Marianna, onorarono il monastero mercedario dell’Assunzione in Siviglia (Spagna), con la loro vita di osservanza e contemplazione. Furono premiate con le consolazioni divine, veramente sapienti e dello stesso numero delle vergini prudenti, anch’esse prepararono le loro lampade con le virtù e portarono con se l’olio delle buone opere così all’arrivo dello Sposo Divino entrarono con Lui alle nozze eterne. L’Ordine le festeggia il 7 ottobre.
GEROLDO DE COLÓNIA, Santo

 


Nel nostro tempo, dominato dalla velocità, è difficile rendersi conto delle difficoltà, ma anche - ammettiamolo - delle soddisfazioni incontrate dai viaggiatori del tempo passato, e specialmente di quel passato remoto che è costituito dai secoli del Medioevo.
Oggi si viaggia per lavoro, cioè per necessità, o almeno per convenienza, oppure per piacere, o svago, o come si dice per turismo. I viaggi di lavoro o di affari sono sempre esistiti: compiuti da mercanti, soldati, uomini politici, uomini d'affari. In questo senso, ben poco è cambiato nella storia, se non la velocità negli spostamenti.
Il caso è diverso se si parla dei moderni spostamenti turistici, fatti di svago, curiosità, e anche desiderio di cultura. E' un fenomeno tipico del nostro tempo, ma che anche nel passato ebbe un precedente quasi simile: quello di viaggiare per fede, di compiere cioè i famosi, numerosi e soprattutto faticosi pellegrinaggi.
La sappiamo abbastanza lunga, oggi, per immaginare che non tutti i pellegrini medioevali fossero mossi da puri intenti spirituali o da preoccupazioni soltanto devote. C'entrava anche, e spesso in larga parte, una vera e propria moda, con il piacere di nuove compagnie e l'umana vanità di credersi migliori degli altri.
Basterebbe, a questo proposito, rileggere le storie dei pellegrini e delle pellegrine diretti a Canterbury, e narrate da Chaucer, il padre della letteratura in lingua inglese.
Ma nonostante ciò, fa ancora una certa impressione sapere di uomini che si santificavano pellegrinando, cioè viaggiando a piedi da santuario a santuario e da paese a paese, in mezzo a mille pericoli, ma nella certezza di una giusta scelta e di una meritoria fatica. E' il caso di San Rocco, uno dei più celebri pellegrini, e di questi Patrono; ed è anche il caso di un Santo oggi ricordato, sotto il nome poco comune di Geroldo.
Questi veniva dalla Germania, come germanico era il suo nome, ed era nato a Colonia. città mèta anch'essa di pellegrinaggi, per la devozione di Sant'Orsola e delle sue favolose undicimila compagne, e per le reliquie dei Re Magi, conservate nella celebre cattedrale.
Geroldo fu, per così dire, un pellegrino di professione, che allungò progressivamente la portata dei suoi viaggi, sempre più lunghi e difficoltosi, come un atleta migliora via via le sue prestazioni.
Fu a Roma, percorrendo la strada dei Romei, per pregare nelle Basiliche e venerare il lino della Veronica. Giunse a San Giacomo di Compostella, bordone in mano e conchiglia sul petto, per rendere omaggio al " barone "della Galizia, San Giacomo. Finalmente salpò, impugnando la palma, per la lontana Terrasanta, il paese del Signore.
Chi andava pellegrino a Gerusalemme, faceva testamento prima di partire, perché le probabilità di tornare erano piuttosto scarse. San Geroldo, invece, fu tra quelli che tornarono dall'Oriente in Italia.
Ma per lui, la strada più insicura fu quella di casa. Traversando le Alpi, venne aggredito dai rapinatori, che lo lasciarono morto, nel 1241. La spoglia fu raccolta da alcuni passanti, e portata a Cremona, dove si accese, a voce di popolo, il culto per il devoto pellegrino.


GIULIA DE AUGUSTA, Santa

Fondandosi sulla notizia del Martirologio Geronimiano al 7 ottobre: «alibi Tulliae Sigibarci mar.» (variante Iuliae), Floro ha dato ai martiri Sergio e Bacco (= Sigibarci) una compagna di nome Giulia e, dopo di lui, anche Adone la conservò nel suo Martirologio, collocandola ad Augusta sull'Eufrate, come i suoi due compagni, aggiungendo però che essa aveva subito il martirio sotto il prefetto Marciano; costui era stato infatti il persecutore della martire Barbara accanto alla quale appare una vergine Giulia, che Adone identificò con la supposta compagna di Sergio e Bacco. Risulta quindi di poca consistenza storica la notizia che si legge allo stesso giorno nel Martirologio Romano.

QUARTO DE CÁPUA, Santo

Tra le figure del mosaico absidale della chiesa di S. Prisco presso Capua, risalente alla fine del sec. IV, c'era anche quella di Quarto. Il suo nome è ricordato poi nel Martirologio Geronimiano al 7 ott. e al 5 nov. Nessun dubbio che si tratti di un martire dei primi secoli, anche se nel secondo latercolo del Geronimiano è detto con­fessore, ma di lui niente si conosce. La notizia che Quarto sia stato vescovo di Capua apparve per la prima volta in un calendario diocesano della fine del sec. XV. Qualche studioso ha avanzato l'ipo­tesi che Quarto sia il martire romano sepolto insieme con Quinto sulla via Latina, sia perché anche que­sto santo nel predetto mosaico è raffigurato ac­canto a Quarto, sia perché quasi tutto il gruppo di destra dello stesso mosaico riproduce santi ro­mani

RIGALDO ou RIGAUD, Santo


Di questo santo personaggio, che in francese si chiama Rigaud, non si sa praticamente niente; egli è menzionato nel “Dizionario agiografico” del Petin, stampato nel 1850 a Parigi, ma non per la sua vita, ma per il monastero benedettino esistente nella diocesi di Mâcon (oggi di Autun), che era dedicato al suo nome: “St-Rigaud”.
Detto monastero si trovava nei pressi di Charolles (Seine-et-Loir), e fu fondato nel 1171; i benedettini lo dedicarono a s. Rigaldo, da loro onorato come martire, non è chiaro se fosse un benedettino e in tal caso quando e come morì come martire.
Veniva celebrato il 7 ottobre, mentre negli “Acta SS., Supplementum”, Parigi, 1875 veniva ricordato al 7 dicembre. Il ‘Martirologio Romano’ testo ufficiale della Chiesa Cattolica, aggiornato, non ne fa menzione, indice che se un culto ci sia stato, esso si è estinto oppure è rimasto localmente in Francia




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Local onde se processa este blogue, na cidade do Porto


miscelania 003


Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros











Blogue: SÃO PAULO (e Vidas de Santos) -  http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com

quinta-feira, 6 de outubro de 2016

Nº 2890 - (280 - 2016) - SANTOS DE CADA DIA - 6 DE OUTUBRO DE 2016 - OITAVO ANO

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UM BOM resto do ANO DE 2016

Nº 2899 -  (280 - 2016) 

6 DE OUTUBRO DE 2016

SANTOS DE CADA DIA

8º   A N O



 miscelania 008



LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO



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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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BRUNO, Santo
        

 

São BRUNO presbitero que, oriundo de Colónia na Lotaríngia, em território da actual Alemanha ensinou ciências eclesiásticas na França; mas, aspirando à vida solitária, instalou-se com alguns discípulos no isolado vale de Cartuxa, nos Alpes, onde deu origem a uma Ordem que concilia a solidão eremítica com a forma de vida cenobítica. Chamado a Roma pelo papa Urbano II para o ajudar nos difíceis problemas da Igreja, conseguiu contudo passar os últimos anos da sua vida num ermo próximo do mosteiro de La Torre, na Calábria. (1101)



  
SÁGAR DA LAODICEIA, Santo



Em Laodiceia, na Frígia, hoje Turquia, São SÁGAR bispo e mártir, que padeceu no tempo de Servílio Paulo, pró cônsul da Ásia. (170)


FÉ DE AGEN, Santa

   


Em Agen, na Aquitânia, França, Santa FÉ mártir. (séc. IV)

 
RENATO DE SORRENTO, Santo
 

Em Sorrento, na Campânia, Itália, São RENATO bispo. (séc. V)



ROMÃO DE AUXERRE, Santo

Em Auxerre, na Nêustria, hoje França, São ROMÃO bispo. (564)


MAGNO DE VENEZA, Santo

  
 

Em Veneza, Itália, a comemoração de São MAGNO bispo que segundo a tradição, depois dos Lombardos terem ocupado a cidade de Oderzo, trasladou-se com a maior parte do povo para a laguna véneta, onde fundou a nova cidade de Heracleia e construiu oito igrejas no lugar em que mais tarde se formou a cidade de Veneza.- (670)



IVO DA BRETANHA MENOR, Santo



Na Bretanha menor, hoje França, Santo IVO diácono e monge discípulo de São CUTBERTO bispo de Lindisfarne que atravessou o mar e foi habitar nesta região, entregue a vigílias e jejuns. (704)

 
JOÃO XENOS, Santo




Em Akrotiri, na ilha de Creta, São JOÃO XENOS que propagou nesta ilha a vida monástica. (séc. XI)


PARDULFO DE GUÉRET, Santo



Em Guéret, Limoges, Aquitânia hoje França, São PARDULFO abade, ilustre pela santidade da sua vida , o qual, segundo a tradição, obrigou a sair do seu mosteiro os Sarracenos que retrocediam ante Carlos Martel. (737)

ADALBERO, Beato



Em Lambach, na Baviera, Alemanha, o passamento do Beato ADALBERO bispo de Wurzburg que, por defender a Sé Apostólica, suportou muitas tribulações por parte dos cismáticos e, expulso várias vezes da sua sede episcopal, passou os últimos anos da sua vida em paz no mosteiro de Lambach, por ele fundado. (1090)

ARTALDO DE ARVIÉRES, Santo




Na Cartuxa de Arviéres por ele fundada, na Borgonha, França, Santo ARTALDO bispo de Belley que, sendo monge com quase 90 anos, foi eleito bispo contra a sua vontade; mas renunciou dois anos depois, voltando à vida monástica e vivei até à idade de 106 anos. (1206)



MARIA FRANCISCA DAS CHAGAS DE NOSSO SENHOR JESUS CRISTO (Ana Maria Gallo),Santa


Em Nápoles, na Campânia, Itália, Santa MARIA FRANCISCA DAS CHAGAS DE NOSSO SENHOR JESUS CRISTO (Ana Maria Gallo) virgem da Terceira Ordem Secular de São Francisco, admirável pela paciência nas inúmeras e contínuas tribulações e adversidades, bem como pelas penitências e pelo amor de Deus e das almas. (1791)

FRANCISCO HUNOT, Beato
 

Num barco-prisão ancorado ao largo de Rochefort, França, o Beato FRANCISCO HUNOT , presbitero e mártir  quer por causa da sua condição de sacerdote, durante a perseguição contra a Igreja, foi encarcerado na sórdida galera, onde afectado pela febre, entregou o espírito a Deus. (1794)

MARIA ROSA (Eulália Meláni Durocher), Beata 

Em Longueuil, Canadá, a beata virgem fundadora da Congregação das Irmãs dos Santos Nomes de Jesus e Maria para a formação cristã e humana da juventude feminina. (1849)

 
FRANCISCO TRANG VAN TRUNG, Santo




Em An-Hoa, Anam, Vietname, o FRANCISCO TRAN VAN TRUNG mártir que, sendo soldado resistiu energicamente às ordens de apostatar a fé cristã e por isso o imperador Tu Duc o mandou degolar. (1858)


ISIDORO DE SÃO JO DE LOOR, Beato



Em Kostrijk, na Bélgica, o Beato ISIDORO DE SÃO JOSÉ DE LOOR religioso da Congregação da Paixão que cumpriu santamente as funções que lhe foram encomendadas e, atingido por grave enfermidade, foi exemplo para os seus irmãos no modo de suportar as terríveis dores. (1916)


BERNARDO (Plácido Fábrega Juliá), Beato
 



Em Barruelo de Santullán, Palência, Espanha, o Beato BERNARDO (Plácido Fábrega Juliá) religioso da Congregação  dos Irmãos Maristas e mártir. (1936)

JOÃO HASHIMOTO TAHYOE, TECLA HASHIMOTO, CATARINA HASHIMOTO, TOMÉ HASHIMOTO, FRANCISCO HASHIMOTO, PEDRO HASHIMOTO e LUÍSA HASHIMOTO e demais companheiros TOMÉ KIAN, TOMÉ IKEGAMI sua esposa MARIA; COSME SHIZABURO e seu filho FRANCISCO SHIZABURO; ANTÓNIO DÔMI, JOAQUIM OGAWA, JOÃO KYUSAKU sua esposa MADALENA e sua filha REGINA; TOMÉ KOSHIMA SHINSHIRO sua esposa MARIA; GABRIEL; outra MARIA e sua filha MÓNICA; MARTA e seu filho BENTO; outra MARIA e seu filho SISTO; outra MÓNICA, TOMÉ TOEMON e sua esposa LUZIA; RUFINA e sua filha MARTA; outra MÓNICA, MANUEL KOSABURO, ANA KAJIVA e seu filho TOMÉ KAIYA YOEMON; ÁGUEDA, MARIA CHUJÓ, JERÓNIMO SOROKU e sua esposa LUZIA; JOÃO SAKURAI e sua filha URSULA SAKURAI; MÂNCIO KYUJIRÓ, LUÍS MATAGORO; LEÃO KYUSUKE e sua esposa MARTA; MÊNCIA e sua filha LUZIA; MADALENA, DIOGO TAUZU, FRANCISCO e MARIA, Beatos



Em Kyoto, Japão, os beatos JOÃO HASHIMOTO TAHYOE, sua esposa TECLA HASHIMOTO e seus filhos CATARINA HASHIMOTO, TOMÉ HASHIMOTO, FRANCISCO HASHIMOTO, PEDRO HASHIMOTO e LUÍSA HASHIMOTO e demais companheiros TOMÉ KIAN, TOMÉ IKEGAMI sua esposa MARIA; COSME SHIZABURO e seu filho FRANCISCO SHIZABURO; ANTÓNIO DÔMI, JOAQUIM OGAWA, JOÃO KYUSAKU sua esposa MADALENA e sua filha REGINA; TOMÉ KOSHIMA SHINSHIRO sua esposa MARIA; GABRIEL; outra MARIA e sua filha MÓNICA; MARTA e seu filho BENTO; outra MARIA e seu filho SISTO; outra MÓNICA, TOMÉ TOEMON e sua esposa LUZIA; RUFINA e sua filha MARTA; outra MÓNICA, MANUEL KOSABURO, ANA KAJIVA e seu filho TOMÉ KAIYA YOEMON; ÁGUEDA, MARIA CHUJÓ, JERÓNIMO SOROKU e sua esposa LUZIA; JOÃO SAKURAI e sua filha URSULA SAKURAI; MÂNCIO KYUJIRÓ, LUÍS MATAGORO; LEÃO KYUSUKE e sua esposa MARTA; MÊNCIA e sua filha LUZIA; MADALENA, DIOGO TAUZU, FRANCISCO e MARIA, mártires. (1619)







 ... E AINDA  ...


ALBERTA DE AGEN, Santo



Nella nuova edizione del ‘Martyrologium Romanum’ del 2003, il nome di s. Alberta vergine e martire non compare, forse era riportato in precedenti edizioni.
Invece l’autorevole “Bibliotheca Sanctorum”, riporta una sola santa Alberta, vergine e martire di Agen, città della Francia (Lot-et-Garonne), il suo culto e vicenda umana è strettamente legato a quello di s. Fede di Agen, celebre fanciulla martire che subì tanti tormenti, prima di essere uccisa al tempo della persecuzione di Diocleziano contro i cristiani nel 303.
Di Alberta si crede che fosse sorella di s. Fede e con lei decapitata, insieme ai santi Caprasio, Primo e Feliciano, altri cristiani del luogo. Ma mentre il culto per la martire s. Fede, forse a causa del significato del suo nome, per la sua giovanissima età e soprattutto perché le fu dedicata una chiesa a Conques-en-Rouergne, che custodiva alcune sue reliquie, ubicata sul percorso medioevale, dei pellegrini diretti a S. Giacomo di Compostella, che si fermavano a venerare la santa, come anche i cavalieri cristiani che si recavano allo stesso santuario di Compostella, prima di affrontare i Mori invasori in Spagna.
Anche la chiesa di S. Fede divenne così celebre, e il suo culto si diffuse enormemente in tutta Europa ed anche poi in America, dove tante chiese e città (Santa Fé) le furono intitolate.
Tutto questo deve aver lasciato in ombra la figura della presunta sorella Alberta, probabilmente più grande di età. Si è creduto di riconoscerne i resti nelle ossa di una fanciulla, trovate nel 1884 a Venerque (Tolosa), nella tomba di s. Febade, dove forse furono traslate; comunque non ci sono certezze.
S. Alberta è ricordata l’11 ottobre nel ‘Proprio’ della diocesi di Agen del 1727, ma se ne celebra la festa il 6 ottobre, insieme alla sorella s. Fede. Il nome Alberta è più che altro ricordato come il femminile di s. Alberto Magno, maestro di s. Tommaso d’Aquino, che si ricorda il 15 novembre, ma nell’uso corrente è diffusa la versione Albertina. 
 
 
ALEXANDRE DE CEVA (Ascânio Pallavicino), Beato




Ascanio nacque il 13 gennaio 1538 nel castello di Garessio, terzogenito di Giovanni Pallavicino e Caterina Scarampi, marchesi di Ceva e consignori di Garessio e di Ormea. Il primogenito Giorgi,o uomo di consumata bontà e morigeratezza, fu consigliere del duca Vittorio Amedeo I di Savoia; il secondogenito, Pompeo, vestì in giovanissima età l’abito di frate minore conventuale e si distinse per la sua bontò e l’integerrima dottrina. Il marchese Giovanni, loro padre, scorgendo in Ascanio un’indole eccellente ed una propensione particolare allo studio, lo affidò dunque alle saggie cure dell’abate Galbiate da Pontremoli, poi vescovo di Ventimiglia. Terminati gli studi teologici, per la sua esemplare condotta ed i suoi rari talenti a Roma colpì l’attenzione del cardinale Alessandro Crivelli, che lo nominò suo segretario.
Mantenne questo incarico per dieci anni, ma il suo amore per la solitudine lo spinse a rinunciare alle grandezze del mondo e chiese di poter passare alla vita religiosa tra i seguaci di San Romualdo. Non gli fu però semplice convincere il cardinale a rinunciare ad un così prezioso collaboratore, ma infine poté finalmente stabilirsi nell’abbazia di Camaldoli in Toscana. Ascanio vestì l’abito camaldolese ed asunse il nome religioso di Alessandro. Emise la professione solenne il 1° novembre 1571 e, per la santità dei costumi, per la prudenza e la dottrina, nel 1592 fu nominato procuratore generale dell’ordine ed inviato a Roma per affari riguardanti il romitaggio di Camaldoli. Nella Città Eterna fu ben accolto da Papa Clemente VIII, che da cardinale era molto amico del Crivelli, già suo principale.
I camaldolesi si erano diffusi anche in Piemonte grazie a San Giovanni Vincenzo, fondatore della celebre Sacra di San Michele. Nel 1596 Fra’ Alessandro fu eletto priore del monastero camaldolese di Santa Maria di Pozzo Strada in Torino, con piena facoltà di ampliarlo ed eventualmente erigerne di nuovi. Entrò dunque in relazione con l’allora arcivescovo torinese, monsignor Carlo Broglia, il quale lo presentò al duca Carlo Emmanuele I di Savoia. Il sovrano non tardò a conoscerne i distinti meriti e specialmente la sua eminente pietà. Lo scelse quale suo confessore e gli propose l’edificazione di un nuovo eremo.
Questo progetto dovette però essere rimandato a tempi migliori, a causa della terribile peste che colpì Torino. Chiamò allora Padre Alessandro ad assistere gli appestati della capitale, che non mancò di dar prova di tanta carità ed abnegazione di se stesso. Da tutti fu infatti considerato come un angelo consolatore loro concesso dalla provvidenza divina. Fece ergere un altare in mezzo alla contrada di Dora Grossa, odierna Via Garibaldi, ove celebrava messa con grande edificazione dei desolati cittadini. Il terribile flagello della peste commosse l’animo religioso del duca sabaudo, che fece voto solenne di ergere il progettato eremo se il suo popolo fosse stato liberato dalla grave pestilenza.
Questa cessò e Carlo Emanuele ordinò allora al suo ambasciatore a Roma, il conte di Verrua, di ottenere dal Santo Padre il breve di erezione del nuovo eremo facente capo a Padre Alessandro. Si scelse uno dei punti più alti della collina torinese, nei pressi di Pecetto, ed il sito fu visitato dallo stesso duca, dall’arcivescovo Broglia e dall’ingegnere Ascanio Vitozzi. Il 21 luglio 1602 si pose la prima pietra di quella chiesa, alla presenza del duca e dei principi reali suoi figli. Stabilito finalmente l’eremo, ne fu sempre confermato ogni triennio priore proprio Padre Alessandro. Il sovrano ne apprezzò sempre più i meriti e lo propose per le sedi episcopali di Saluzzo, Ivrea e Tarantasia, ma l’umile religioso rifiutò ripetutamente tali offerte ed addirittura avrebbe voluto rimettere l’incarico di confessore di Sua Altezza.
Padre Alessandro fu anche fondatore di altri due eremi in terra piemontese: quello di Lanzo e quella di Belmonte presso Busca nel cuneese. Fu amico dei suoi contemporanei papa Paolo V e San Francesco di Sales. Non poche volte fu sorpreso in estasi.
Alessandro, ormai carico d’anni ma anche di meriti, morì in concetto di santità nell’eremo di Pecetto il 16 ottobre 1612, ove fu sepolto il suo corpo innanzi all’altar maggiore, poi ritrovato incorrotto trent’anni dopo la sua morte. Ai suoi funerali prese parte anche il duca, che fece scortare il feretro da un gran numero di cavalieri. Continuarono a verificarsi miracoli che già non erano mancati quando era ancora in vita. Nella sua città natale, nella cappella dell’Assunta il Beato Alessandro figura con gli altri tre santi garessini. Le sue spoglie mortali sono state recentemente traslate nella chiesa parrocchiale di Pecetto, vista l’incuria che ha travolto l’antico eremo.
Molte furono le iscrizioni mortuarie che furono apposte sulla sua antica tomba, ai piedi della sua statua eretta in suo onore o sotto i ritratti, uno dei quali volle nelle sue stanze Carlo Emmanuele. Per la sua tomba ne compose una il celebre letterato milanese Don Valeriano Castiglione, monaco Cassinese, che merita di essere qui riportata: “D. O M Clausus diu jacqui Diutius hic claudendus jaceo Resurrectionem expectans Cella stetit mihi pro Coelo Coelestia cum meditabar Stetit et pro sepulchro Mortis cogitatio dum me tenebat Sepulchrum nunc verius me habet Eremi erectorem eremitarum rectorem Sub lapide ne sim ignotus Lapis hic me fecit notum Alexander sum a Ceva Silentiosus vixsi; viator tace”. Sotto la statua si leggeva invece: “Ven. P. Alexander ex marchionibus Cevae eremita Camaldulensis fundator et maioris eremi Taurinensis a serenissimo Carolo Emmanuele Sabaudiae duce erectae et dotatae, ex apostolico indulto deputatus. Obdormivit in Domino pridie nonas octobris an. 1612, aetatis suae 74, professionis vero vitae eremiticae 42”. Sotto il suo ritratto si leggeva infine questo elogio: “Pedemontanae Camaldulensium eremitarum congregationis institutor, severioris monasticae disciplinae cultor exsimius et propagator, ob recusatos episcopatus duos, et archiepiscopatum Tarantensem singularis modestiae laude clarissimus”.
Il Menologio Camaldolese lo commemora quale “beato” al 6 ottobre, ma il suo culto non ha ancora ricevuto conferma ufficiale da parte della Chiesa. I “Praenotanda” del Martyrologium Romanum, nell’ultima edizione promulgata nel 2004, ricordano comunque come i calendari delle diocesi e delle congregazioni religiose costituiscano delle vere e proprie versioni locali del Martirologio e pertanto sia cosa legittima tributare il titolo di “santo” o “beato” a quei personaggi che già ne godono da tempo immemorabile.
Le strutture eremitiche da lui fondate in Piemonte furono pozzi di nuova fiorente santità e si segnalano in particolare presso Torino i venerabili Apollinare Chioma (27 gennaio), Franceschino Garberi (1° febbraio), Tito de Presbyteris (9 febbraio), Ignazio Carelli (10 aprile), Onofrio Natta (21 maggio), Massimo Soria (24 maggio), Gioacchino Tubassi (25 maggio), Basilio Nicolis de Robilant (12 luglio), Mauro da Sabina (20 luglio), Benedetto Pettinai (18 agosto), Carlo Amedeo Botti (19 agosto), Clemente Per lasco (27 agosto), Giovanni Grisostomo Chieppi (24 settembre), Massimino Chariers (12 ottobre), Bonifacio Scozia (18 novembre), Prospero Magliano (1° dicembre) e Pietro Vacca (27 dicembre), mentre altri due venerabili morirono invece presso l’eremo di Belmonte presso Busca nel cuneese: Giovanni Chiotassi (17 settembre) e Bernardino Milano (23 novembre). 
 
 
GIACOMO DE PRUNERA, Santo

 


Mercedario redentore di estrema bontà, il Beato Giacomo de Prunera, predicò il vangelo a coloro che erano schiavi. Uomo di grandissima santità fu ammirato anche dai mori meravigliati per la sua affabilità.Carico di meriti morì nel bacio del Signore l'anno 1448 nel convento di Santa Colomba a Queralt.
L'Ordine lo festeggia il 6 ottobre . 
 
 

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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros











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