quarta-feira, 27 de julho de 2016

Nº 2828 - (209 - 2016) - SANTOS DE CADA DIA - 27 DE JULHO DE 2016 - OITAVO ANO

Caros Amigos:




Desejo a todos os meus leitores



UM BOM ANO DE 2016

Nº 2828 -  (209 - 2016) 

27 DE JULHO DE 2016

SANTOS DE CADA DIA

8º   A N O



 miscelania 008



LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO



**********************************************************

Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
___________________________________________________________________________
===========================================

===========================================




OS SETE DORMENTES de Éfeso
 Maximiano, Malco, Marciano, Dionísio, João, Serapião e Constantino, Santos

 
     
Comemoração dos SANTOS DORMENTES DE ÉFESO que, segundo a tradição, consumado o martírio, descansam em paz, esperando o dia da ressurreição. (data incerta). Segue-se o texto inserto em www.santiebeati.it:
“Ricordo dei Santi Sette Dormienti di Efeso, che, come si narra, consumato il martirio, riposano in pace, aspettando il giorno della resurrezione”: in modo così assai scarno il nuovo Martyrologium Romanum ricorda questi misteriosi personaggi la cui leggenda è una delle più fiabesche nel campo dell’agiografia cristiana.
Si narra che l’imperatore Decio, grande persecutore dei cristiani, verso il 250, in occasione di un suo viaggio in Oriente, chiamò davanti al tribunale sette giovani cristiani di Efeso, città un tempo famosa per il tempio di Diana, una delle sette meraviglie del mondo, e poi per la devozione alla Madonna. Tra un interrogatorio e l’altro, i sette riuscirono a fuggire ed a nascondersi in una grotta. Furono però scoperti e, per ordine dello stesso imperatore, murati vivi al suo interno. Ai ragazzi allora, non restò che prepararsi a morire in grazia di Dio ed a tal fine si stesero a terra. Caddero però inaspettatamente in un profondissimo sonno. Non appena si svegliarono, si videro attorniati da facce stupite che li osservavano. Il muro della grotta era stato abbattuto da un pastore che voleva ricavarne un ricovero per le sue bestie. I sette, convinti di essersi addormentati il giorno prima, si informarono se fuori ci fosse ancora pericolo, ma dopo qualche battuta si giunse a capo del madornale equivoco: avevano dormito per ben due secoli per risvegliati dunque attorno al 450 sotto l’imperatore Teodosio II, cristiano, ma con poca fede nella risurrezione. La versione cristiana della vicenda dei sette dormienti vi sono principalmente due fonti: la prima è Gregorio di Tours, mentre la seconda versione è contenuta nella Leggenda Aurea, grandiosa opera di Jacopo Da Varazze, du cui si ripota di seguito la versione dei fatti.

“I Sette Dormienti nacquero nella città di Efeso. Quando l’imperatore Decio perseguitava i cristiani andò a Efeso e fece edificare dei templi in mezzo alla città, perché tutti si unissero a lui per sacrificare agli dei. Fece cercare tutti i cristiani e li fece mettere in catene, obbligandoli a scegliere se sacrificare agli dei o morire: tale era il terrore che l'amico rinnegava l’amico, il padre il figlio e il figlio il padre. C’erano in quella città sette cristiani, Massimiano, Malco, Marciano, Dionisio, Giovanni, Serapione e Costantino, che, considerata la situazione, se ne rammaricavano molto. Essendo molto in vista alla corte, non volendo sacrificare agli dei, stavano nascosti in casa, sempre intenti in digiuni e preghiere. Processati in presenza di Decio, e dimostrato che erano realmente cristiani, furono lasciati in libertà, fino al ritorno dell'imperatore, perché avessero il tempo di ravvedersi. Ne approfittarono invece per distribuire tutti i loro averi ai poveri. Decisero di ritirarsi sul monte Celion, dove avrebbero potuto rimanere nascosti. Così rimasero a lungo nascosti, mentre uno di loro serviva gli altri, e ogni volta che andava in città assumeva le vesti e l'aspetto di un mendicante.
Quando Decio tornò in città, mandò a cercare i sette per farli sacrificare. Malco, che serviva loro, ne fu atterrito, tornò dagli altri e riferì le brutali intenzioni dell'imperatore. Dato che tutti avevano paura, Malco dette loro i pani che aveva portato, perché, rifocillatisi, acquistassero più forze per la battaglia. Poi cenarono, sedendo e parlando tra lamenti e lacrime, e, come Dio volle, si addormentarono. La mattina li cercarono, ma senza successo; Decio si doleva di aver perso dei giovani di tale valore. Furono poi accusati di essere nascosti sul monte Celion, di aver distribuito tutti i loro averi ai poveri e di non aver assolutamente cambiato proposito.
Decio allora fece venire i loro genitori, minacciandoli di morte se non avessero detto tutto quello che sapevano. Anche loro fecero le stesse accuse, e si lamentarono che le ricchezze erano state tutte date ai poveri. Decio allora pensò cosa fare di loro, e ispirato da Dio, fece chiudere l'ingresso della caverna con un muro di pietre, perché i sette, rinchiusi là dentro, morIssero di fame e di stenti.
Così fecero gli incaricati, e due cristiani, Teodoro e Rufino, descrissero tutto il loro martirio, e nascosero il testo fra le pietre della prigione. Morto Decio e morti tutti i contemporanei, nel 371, nel trentesimo anno d'impero di Teodosio, si diffuse l'eresia di coloro che negavano la resurrezione dei morti e Teodosio, imperatore cristianissimo, ne fu molto rattristato, poiché vedeva essere messa in pericolo la fede con una tale empietà. Ogni giorno si ritirava a piangere in un luogo appartato, indossando il cilicio. Iddio, vedendo questo, volle consolare quelli che piangevano e confermare la speranza nella resurrezione; apri il tesoro della sua pietà e risvegliò i martiri di cui si è parlato. Mise allora in mente a un efesino di costruire su quel monte alcuni ovili per i suoi pastori. Quando i muratori aprirono la grotta, i santi si svegliarono e si salutarono l’un l’altro, convinti di aver dormito una sola notte, e ricordandosi delle pene del giorno precedente, chiesero a Malco, che si occupava di loro, che cosa aveva deciso Decio in merito della loro sorte.
Ma egli rispose la stessa cosa che aveva risposto la sera prima: - Ci è stato richiesto di sacrificare agli idoli: ecco cosa vuole da noi l' imperatore.
Massimiano rispose: - Ma Dio sa che non sacrificheremo.
Dopo aver confortato i compagni ordinò a Malco di scendere in città a comprare il pane, un po' più che il giorno precedente e tornare a riferire cosa aveva disposto l' imperatore. Marco prese cinque soldi, uscì dalla spelonca, vide le pietre ammassate, se ne stupì, ma pensando ad altro, non vi dette molto peso.
Arrivò, circospetto, alla porta della città, e si meravigliò molto di vedervi esposto il segno della croce; andò allora a un'altra porta e di nuovo vide il segno della croce, e si stupì ancora di più. Andò a vedere tutte le porte, e sempre c'era il segno della croce: la città era cambiata. Si fece il segno di croce e tornò alla prima porta, convinto di star sognando: Si copri la faccia e avvicinatosi ai venditori di pane, sentì che tutti parlavano di Cristo, e, al colmo dello stupore esclamò: - Com'è che ieri nessuno osava neppur nominare Cristo, e oggi tutti proclamano il suo nome? Forse questa non è la città di Efeso, perché è diversa: ma non conosco altre città fatte così.
Ma quando gli fu risposto che si trattava veramente di Efeso, credette di essersi sbagliato, e pensò di tornare ai compagni. Decise comunque di andare dai venditori di pane, ma quando tirò fuori le monete d'argento, i venditori stupiti credettero che il ragazzo avesse trovato un antico tesoro. Malco, vedendo che confabulavano tra di loro, pensò che volessero portarlo dall'imperatore, e allora per la paura li implorò di lasciarlo andare e di tenersi il pane e le monete d'argento.
Allora quelli lo fermarono e gli dissero: - Ma tu da dove vieni? Se hai trovato dei tesori degli antichi imperatori, diccelo, e saremo compari: ti terremo nascosto, altrimenti tutti lo sapranno.
Malco per la paura non sapeva più cosa dire; gli altri, visto che stava zitto, gli misero una fune al collo e lo trascinarono per tutte le strade fino in centro alla città; intanto si diffuse la voce che un giovane aveva scoperto dei tesori.
Tutti si accalcavano attorno a lui, e lui voleva convincerli di non aver trovato nulla; guardava attorno ma nessuno lo riconosceva, e lui pure, guardando la folla, voleva trovare qualche suo parente - che credeva in buona fede fosse vivo e vegeto - e non trovando nessuno stava in mezzo alla gente della città come uno scemo.
Quando lo seppero il vescovo san Martino e il proconsole Antipatro, che era appena giunto in città, dettero disposizione di portare loro, con cautela, quell'uomo e le sue monete d' argento. Mentre era condotto alla chiesa dalle guardie pensava che lo stessero portando dall'imperatore. Il vescovo e il proconsole, meravigliati delle monete d'argento, gli chiesero dove aveva trovato quel tesoro sconosciuto, ma lui rispose che quei soldi venivano dal sacchetto del suoi genitori. Alla domanda da che città venisse, rispose: - Sono di questa città; è ben Efeso, no? - Fai venire i tuoi genitori, - disse allora il proconsole, - che possano giustificarti. Quando però disse i loro nomi, nessuno li conosceva, e pensarono che stesse architettando qualcosa per poi poter scappare. Il procuratore gli disse: - Come vuoi che facciamo a credere che questi soldi siano dei tuoi genitori, se la scritta che c' è sopra dice che hanno più di trecentosettantasette anni?
Risalgono ai primi anni di Decio imperatore e sono del tutto diversi dalle monete d’argento dei nostri giorni. Vorrai mica che i tuoi genitori siano così vecchi? Tu, ragazzo vuoi forse prenderti gioco dei sapienti di Efeso? Ti affiderò alla Giustizia, fino a che non confesserai cosa hai trovato.
Malco allora si gettò ai loro piedi e disse: - Signori, per carità di Dio, ditemi ciò che vi chiedo, e io vi aprirò il mio cuore. L' imperatore Decio, che è stato in questa città, dove è ora? - Non c'è ai giorni nostri, - rispose il vescovo, - un imperatore di nome Decio; ce ne fu uno molto tempo fa.
- Mio signore, questo mi stupisce, e nessuno mi crede. Seguitemi, però, e vi farò vedere i miei compagni, che sono nel monte Celion, e a loro crederete. So di certo che siamo scappati dal cospetto di Decio, e io proprio ieri sera l 'ho visto entrare in questa città sempre che questa città sia proprio Efeso.
Il vescovo pensieroso disse al proconsole: - Dio vuol mostrarci una qualche prodigiosa visione attraverso questo ragazzo. Dunque lo seguirono, e con loro venne una gran folla di gente dalla città. Entrò per primo Malco dai suoi compagni, poi il vescovo, che vide fra le pietre la lettera con due sigilli d'argento. Chiamata la folla attorno la lesse, e tutti quelli che l 'ascoltavano erano pieni di meraviglia. Vedendo i santi di Dio seduti nella grotta freschi come rose, si gettarono a terra a glorificare il Signore. Il vescovo e il proconsole mandarono a dire a Teodosio di venire presto a vedere il grande prodigio compiuto da Dio in quei giorni. Subito alzandosi dal sacco su cui giaceva a terra piangendo, venne da Costantinopoli a Efeso rendendo grazie a Dio; tutti quelli che gli si facevano intorno andarono con lui alla grotta. Appena i santi videro l'imperatore, i loro volti risplendettero, e l'imperatore si gettò ai loro piedi rendendo gloria a Dio; rialzatosi li abbracciò, e pianse su ciascuno di loro dicendo : - Vi guardo ed è come se vedessi il Signore che resuscita Lazzaro.
Allora san Massimiano disse: - Credici, è per causa tua che il Signore ci ha resuscitati proprio alla vigilia della festa della Resurrezione, e credi che la resurrezione dei morti è una verità. In verità noi siamo risorti e viviamo, e come un bambino sta nell'utero della madre senza sentire urti, cosi anche noi fummo vivi, giacendo addormentati, senza sentire alcuno stimolo.
Pronunciate queste parole sotto gli occhi di tutti reclinarono nuovamente il capo a terra, addormentandosi e rendendo lo spirito, come Dio volle. L 'imperatore si rialzò e cadde su di essi piangendo e baciandoli. Avendo l’imperatore deciso di farli riporre in sepolcri d'oro, la notte stessa apparvero all'imperatore dicendo che, come sino a poc'anzi erano giaciuti in terra e dalla terra erano risorti, così li lasciasse, sino a che il Signore non concedesse una seconda resurrezione. L’imperatore allora dispose che quella località fosse adornata di pietre dorate, e che tutti i vescovi che professavano la fede nella resurrezione fossero prosciolti”.


La vicenda di questi intrepidi testimoni della fede è divenuta tanto popolare da trovare spazio anche nell’islamico Mito della Caverna contenuto nel Corano alla Sura XVIII. Ma questo non è che uno dei vari casi di santi cristiani che godono di una certa forma di venerazione anche da parte mussulmana, come anche San Giorgio e Santa Caterina d’Alessandria. A Chenini, paese facilmente raggiungibile da Tataouine, sorge ancora oggi uno splendido edificio a loro dedicato. Edificato verso il 1100 dai Berberi, il paese pare un formicaio su montagne cosparse di grotte e caverne. Oggi disabitato, si può però ancora visitare la Moschea dei Sette Dormienti, costruita intorno al 1250 vicino ad un cimitero con alcune gigantesche tombe, in cui secondo la leggenda riposano le spoglie mortali dei Sette Dormienti. L’Islam li interpreta quali personaggi mitici che, convertitisi al cristianesimo, morirono solo apparentemente per poi risvegliarsi dopo la predicazione di Maometto e convertirsi alla vera fede, cioè a loro giudizio l’Islam. Appagarono così la loro sete di verità e poterono morire in pace.
Indipendendemente da quale tradizione sul loro conto si preferisca prendere in considerazone, resta dunque fermo come comune denominatore il loro porsi alla ricerca della Verità e la pazienza di vegliare per aspettare il momento di darle testimonianza.



PANTALEÃO ou PANTALAIMÃO, Santo
   
 

Em Nicomédia, na Bitínia hoje Izmit, na Turquia, São PANTALEÃO ou PANTALAIMÃO mártir, venerado no Oriente por ter exercitado a profissão de medicina sem receber recompensa alguma pelo seu trabalho. (305)




DESIDERATO de Besançon, Santo



Em Lons-le-Saulnier, nos montes do Jura, na Gália, hoje França, São DESIDERATO que é considerado como bispo de Besançon. (séc. V)



CELESTINO I, Santo

  

Em Roma, no cemitério de Priscila, junto à Via Salária, São CELESTINO I papa, que, para defender a fé da Igreja e expandir as suas fronteiras, constituiu o episcopado na Inglaterra e na Irlanda e apoiou o Concílio de Éfeso, no qual, em oposição a Nestório foi saudada a Bem-aventurada Virgem Maria como Mãe de Deus. (432)


SIMEÃO o Estilista, Santo


 

Próximo de Antioquia, na Síria, hoje Turquia, São SIMEÃO monge que viveu muitos anos sobre uma coluna, pelo qual foi denominado o Estilista, homem admirável pela sua vida e pela sua palavra. (459)

URSO de Loches, Santo
  


Em Loches, junto ao riio Indre, nol territorio de Tours, na Gália, hoje França, Santo URSO abade, pai de muitos cenóbios célebre pela sua abstinência e outras virtudes. (séc. V)
 
ECLÉSIO CÉLIO, Santo



Em Ravena, na Flamínia, hoje Emília-Romanha, Itália, Santo ECLÉSIO CÉLIO bispo que foi companheiro do papa São JOÃO I na oposição às atrocidades do rei Teodorico e, depois de as superar sozinho, deu à sua Igreja novo esplendor. (532)


GALACTÓRIO de Lescar, Santo
 


  
Na região de Béarn, situada nos Pirinéus, na Gasconha da Gália, hoje França, São GALACTÓRIO que é venerado como bispo de Lescar e mártir. (séc. VI)


ANTUSA de Onoríade, Santa



Em Mantineia, próximo de Eskihisar, em Honoriades, território da Anatólia, hoje na Turquia, Santa ANTUSA virgem, que sendo monja, sofreu a flagelação e o exílio no tenmpo do imperador Constantino Coprónimo por causa do culto das sagradas imagens e, finalmente, pôde regressar à sua pátria, onde morreu em paz. (séc. VIII)


JORGE, AURÉLIO, SABIGOTO, FÉLIX e LILIOSA, Santos




Em Córdova, na Andaluzia, Espanha, os santos mártires JORGE diácono e monge sírio; AURÉLIO e SABIGOTO esposos, FÉLIX e LILIOSA também esposos que, durante a perseguição dos Mouros, animados pelo desejo de dar testemunho da fé em Cristo, não cessaram de louvar Jesus Cristo até ao momento de serem decapitados. (852)


CLEMENTE, GORAZDO, NAHUM, SABAS e ANGELÁRIO, Santos
  
 

Em Ocrida no Ílirico, hoje Macedónia, São CLEMENTE bispo de Velica, ilustre pela sua cultura e conhecimento das ciências sagradas, que levou a luz da fé ao povo búlgaro. Com ele se comemoram os santos bispos GORAZDO, NAHUM, SABAS e ANGELÁRIO que continuaram na Bulgária a obra dos santos CIRILO e METÓDIO. (séc. IX e X)


BERTOLDO de Garsten, Beato


   

No cenóbio de Garsten, na Estíria, hoje Áustria, o Beato BERTOLDO abade, ao qual tinham fácil acesso os penitentes em busca de conselho e todos os que procuravam auxílio. (1142)

RAIMUNDO ZANFOGNI ou PALMÉRIO, Beato




Em Piacenza, na Emília-Romanha, Itália, o Beato RAIMUNDO ZANFOGNI ou PALMÉRIO pai de família que, depois de morrerem a esposa e os filhos, fundou um hospício para acolher os pobres. (1200)



NEVOLONE de Faenza, Beato

   

Em Faenza, Emília Romanha, o Beato NEVOLONE célebre pelas suas peregrinações religiosas, austeridade de vida e observância eremítica. (1280)

LÚCIA BUFALÁRI de Amélia, Beata



Em Amélia, na Úmbria, Itália, a beata LÚCIA BUFALÁRI virgem, irmã de São JOÃO DE RIÉTI, das Oblatas da Ordem de Santo Agiostinho, iluesdtre pela sua penitência e zelo das almas. (1350)


ROBERTO SUTTON, Beato

 

Em Stafford, na Inglaterra, o Beato ROBERTO SUTTON presbitero e mártir que, no reinado de Isabel I, foi enforcado por causa do sacerdócio. (1588)

GUILHERME DAVIES, Beato



Em Beaumaris, no País de Gales, o Beato GUILHERME DAVIES presbitero e mártir, que, na mesma perseguição, por causa do sacerdócio, depois de orar pelos presentes, sofreu o mesmo suplício. (1593)
MARIA MADALENA MARTINENGO,Beata



Em Bréscia, na Lombardia, Itália, a beata MARIA MADALENA MARTINENGO abadessa da Ordem das Clarissas Capuchinhas, insigne pela sua abstinência. (1737)



MARIA DA PAIXÃO DE NOSSO SENHOR JESUS CRISTO (Maria da Graça Tarallo), Beata




Em San Giorgio a Cremano, Nápoles, Itália, a beata MARIA DA PAIXÃO DE NOSSO SENHOR JESUS CRISTO (Maria da Graça Tarallo) religiosa da Congregação das Religiosas Crucificadas Adoradoras da Eucaristia. (1912)

JOAQUIM VILANOVA CAMALLONGA, Beato


Em Olleria, Valência, Espanha, o beato JOAQUIM VILANOVA CAMALLONGA presbitero e mártir que, em tempo de perseguição contra a fé, alcançou a glória celeste. (1936)

MODESTO VEGAS VEGAS, Beato




Em Llisá, Barcelona, Espanha, o beato MODESTO VEGAS VEGAS presbitero da Ordem dos Frades Menores Conventuais e mártir, que durante a mesma perseguição contra a fé, derramou o seu sangue por Cristo. (1936)


FILIPE HERNÁNDEZ MARTÍNEZ, 
ZACARIAS ABADIA BUESA e 
JAIME ORTIZ ALZUETA, Beatos

    



Em Barcelona, Espanha, os beatos FILIPE HERNÁNDEZ MARTÍNEZ, ZACARIAS ABADIA BUESA e JAIME ORTIZ ALZUETA religiosos da Sociedade Salesiana e mártires, que na mesma perseguição sofreram o martitrio. (1936)


ANDRÉ JIMENEZ GALERA, Beato



Em Guadalajara, Espanha, o beato ANDRÉ JIMENEZ GALERA presbitero da Sociedade Salesiana e mártir. (1936)


ANTOLIN ASTORGA DÍAZ, HENRIQUE BERNARDINO FRANCISCO SERRA CHORRO, JOSÉ AURÉLIO CALLEJA DEL HIERRO, JOSÉ GUTIÉRREZ ARRANZ e VICENTE TOLEDANO VALENCIANO, Beatos



Em Las «emes» de Bellinchón, Cuenca, Espanha, os beatos mártires  ANTOLIN ASTORGA DÍAZ, HENRIQUE BERNARDINO FRANCISCO SERRA CHORRO, JOSÉ AURÉLIO CALLEJA DEL HIERRO, JOSÉ GUTIÉRREZ ARRANZ presbiteros da Ordem de Santo Agostinho e VICENTE TOLEDANO VALENCIANO presbitero da Diocese de Cuenca. (1936)


BARTOLOMEU RODRÍGUEZ SÓRIA, Beato

Em Munera, Albacete, Espanha, o beato BARTOLOMEU RODRÍGUEZ SÓRIA presbitero da diocese de Albacete e mártir. (1936)


JOAQUIM DE LA MADRID ARESPACOCHAGA, Beato

Em Toledo, Espanha, o beato JOAQUIM DE LA MADRID ARESPACOCHAGA presbitero da diocese de Toledo e mártir. (1936)


FRANCISCO MAGIN (António Tost Llaveria) e 
RAIMUNDO ELÓI (Narciso Serra Rovina), Beatos

Em Balsareñy, Catalunha, Espanha, os beatos FRANCISCO MAGIN (António Tost Llaveria) e RAINMUNDO ELÓI (Narciso Serra Rovina) religiososda Congregação dos Irmãos das Escolas Cristyãs e mártires. (1936)


HONESTO MARIA (Francisco Pujol Espinalt), beato

Em San Frutuoso de Bages, Catalunha, Espanha, o beato HONESTO MARIA (Franmcisco Pujol Espinalt) religioso da Congregação dos Irmãos das Escolas Cristãs e mártir. (1936)


RAIMUNDA FOSSAS ROMAN, ADELFA SORO BÓ, 
TERESA PRATS MARTI, OTÍLIA ALONSO GONZÁLEZ e RAIMUNDA PERRAMÓN VILA, Beatos

Em Vallvidrera, na Catalunha, Espanha, as beatas RAIMUNDA FOSSAS ROMAN, ADELFA SRO BÓ, TERESA PRATYS MARTI, OTÍLIA ALONSO GONZÁLEZ e RAIMUNDA PERRAMÓN VILA, virgens da Congregfação das Irmãs Dominicanas da Anunciata e mártires. (1936)


MARIA CLEMENTE DE JESUS CRUCIFICADO 
(Helena Staszewska), beata



Em Auschwitz, Cracóvia, Polónia, a beata MARIA CLEMENTE DE JESUS CRUCIFICADO (Helena Staszewska) virgem da Ordem de Santa Úrsula e mártir, que, durante o furor da guerra, foi encarcerada no desumano campo de extermínio, onde morreu vítima dos tormentos suportados pela fé cristã. (1943)





 ... E AINDA  ...


ARNALDO DE LIONE, Santo

Nel Catalogus Generalis Sanctorum il Ferrari menziona al 27 luglio un Arnaldo, vescovo di Lione, che sarebbe morto martire nel 1128. La notizia è però inverosimile, perché noi conosciamo i nomi dei vescovi che occupavano la sede in quel periodo, e tra essi non figura Arnaldo. La formula usata dall'agiografo "ex tabulis episcop. Lugdun." è troppo vaga perché se ne possa fare un controllo
 
FRONIMIO DE METZ, Santo

Nella lista episcopale della città di Metz occupa il ventesimo posto, ciò che permette di collocare il suo episcopato verso l'anno 500, poichè il ventitreesimo vescovo, sant'Esperio, assistè nel 535 al concilio di Clermont. Fronimio morì, secondo la tradizione liturgica, un 27 luglio, dopo otto anni di episcopato, e fu sepolto a Saint-Clement. Gli altri autori che ne hanno parlato l'hanno spesso confuso con Firmino, undicesimo vescovo della lista

TIAGO PAPOCCHI DE MONTIERI, Beato


Vivesse oggi, i “no global” ben volentieri lo annovererebbero tra le loro fila e saprebbero di poter contare su un giovane entusiasta, insoddisfatto, “politicizzato”, pronto a battersi per una giusta causa ed a contestare il sistema, disposto alla protesta ed al rischio incontrollato, specialmente di fronte a certe situazioni economico-sociali che proprio non riesce a condividere. E tutto questo, anche a costo di… perderci un piede ed una mano. Ma andiamo con ordine, facendo un salto indietro nel tempo di almeno 800 anni, tanti quanti ci separano dall’inizio dell’avventura umana del Beato Giacomo Papocchi.
Che nasce, appunto, agli inizi del XIII secolo a Montieri, un paese distante 90 miglia da Siena e che troviamo esuberante e gagliardo minatore, fino ai 30 anni, nelle miniere d’argento disseminate sui fianchi del colle che sovrasta il suo paese natale. Fino ai 30 anni, dicevamo, quando avviene il fattaccio: Giacomo, insieme ad alcuni giovani del paese, è accusato di furto del prezioso materiale, arrestato e condannato. E che, mettono un ladro sugli altari?, può scandalizzarsi qualcuno. A parte il fatto che proprio di un ladro (ovviamente pentito) Cristo stesso ha celebrato una “canonizzazione per direttissima” addirittura sul Calvario, del nostro Giacomo Papocchi nessuno si sogna di mettere in dubbio che ladro sia stato. E ladro raffinato, pure, che punta direttamente alla zecca del paese. La condanna, oggi sicuramente crudele, all’epoca ritenuta esemplare e prevista dagli statuti cittadini, è l’amputazione di una mano, riservata a chi non vuole o non può pagare la multa prevista per i ladri del prezioso minerale. A Giacomo, oltre alla mano, amputano anche un piede, perché è andato a rubare argento già raffinato e depositato nella zecca.
Una rilettura storica, oggi, porta a ritenere che il gesto ladresco di Giacomo e dei suoi amici non sia semplicemente un furto, ma un segno di aperta protesta verso il sistematico sfruttamento che Siena sta operando sul suo paese e sull’intero circondario. Un gesto politico, insomma, punito in modo esemplare e plateale con quella doppia mutilazione. Che oltre a lasciarlo invalido, però, gli fa cambiare completamente vita. Di pari passo al cicatrizzarsi delle ferite del corpo si cicatrizzano anche le ferite dell’anima, attraverso la preghiera e la penitenza. Anzi, il suo desiderio di penitenza e di segregazione, dopo tanta esuberanza e vitalità, è tale da portarlo a chiudersi in una cella, appositamente costruita per lui e addossata alla chiesa di San Giacomo. Si chiude la porta alle spalle, anzi la fa murare, per non uscire da quella cella mai più.
Per 46 anni, tanti quanti gli restano da vivere. E non per la sua pur comprensibile difficoltà a camminare, ma soltanto per il suo desiderio di restare con “Dio solo”. Lo chiameranno “il Murato”, perché in pratica la sua fu un’esistenza di “murato vivo”. Giacomo non può salire l’angusta scaletta ricavata nella spessa parete della adiacente chiesa dedicata all’Apostolo omonimo, sia perché reso zoppo e monco dalla terribile giustizia dell’epoca, sia per rispettare il voto di perpetua clausura; Lui dalla cella partecipa intimamente alla Messa che si celebrava nella chiesa ed il sacerdote, al momento della Comunione, scende a porgerGli il S.Corpo del suo Signore. Tale però è il desiderio di Giacomo di partecipare direttamente al S.Sacrificio che Gli pare che la spessa parete divisoria con il tempio si apra e così Egli può vedere il sacerdote celebrante all’altare.
Un giorno, causa abbondante nevicata il sacerdote non può salire a S.Giacomo a celebrare; tanto è in  Lui il desiderio dell’Eucarestia, che Gesù stesso,“ministro e vittima” al medesimo tempo” porge Se Stesso con le proprie mani” sotto le S.Specie al Murato estasiato per il Paradiso che scende nella nuda cella.
Qui muore il 28 dicembre 1289, quando ormai la sua fama si è sparsa all’intorno e la gente sa di avere un santo, abbarbicato sul monte, che prega per loro. E la devozione si diffonde subito, in un misto di venerazione e patriottismo, è attestata già dieci anni dopo la morte e rimane inalterata attraverso i secoli. Iniziato dagli stessi Senesi il processo di beatificazione, la peste del 1348 sconvolge tutti i loro piani, comprese la progettata grandiosa cattedrale e la causa per canonizzare il Papocchi.
Tutta la documentazione va perduta, ma il suo popolo seguita nei secoli a riconoscerLo  e a venerarLo come proprio Patrono. Il papa Pio IV, nel 1798, prigioniero di Napoleone nella Certosa di Firenze, su istanza dell’intero popolo di Montieri, rappresentata dal vescovo diocesano di Volterra, conferma il culto del beato Giacomo Papocchi, che viene iscritto nel catalogo dei santi della Chiesa volterrana.
Il 27 luglio, la seconda domenica di Maggio ed il 27/28 dicembre di ogni anno Montieri festeggia il suo patrono, ex ladro e rivoluzionario mancato, ma soprattutto recluso, anzi, murato vivo per amore.


JOSÉ MARIA RUIZ CANO, Beato

  

Benedetto XVI ha riconosciuto il loro martirio il 1° luglio 2010. José María Ruiz Cano e 15 compagni sono stati beatificati il 13 ottobre 2013 sotto il pontificato di Papa Francesco

JUSTINA, Santa

 
 
"Corpo santo" venerato nella chiesa parrocchiale di Bellusco (MI) dal 1808.
La memoria liturgica celebrata inizialmente il 27 luglio (anniversario dell'arrivo del s. corpo), fu poi trasferita alla prima domenica di Settembre con decreto della Sacra Congregazione dei Riti in data 28 maggio 1816.
 
 
NATÁLIA e companheiras, Santas
 
 
 
 
Visse durante l’occupazione musulmana a Cordova, centro del califfato ommiade (756-1091) e il suo nome era Sabigoto, conosciuta poi con il nome di Natalia. Cristiana di fede, sposò Aurelio giovane dalla solida formazione cristiana (era nato da madre cristiana e da padre maomettano, divenuto orfano fu educato da una zia cristiana).
Essi vivevano da perfetti cristiani ma senza farsi riconoscere dai musulmani, ebbero l’occasione di assistere alle offese e insulti che il cristiano Giovanni subiva da parte dei maomettani, edificati dalla serenità di lui, sentirono il desiderio di subire anch’essi il martirio per Cristo
Questo desiderio venne rafforzato dalle visite che facevano in carcere ai futuri martiri, Giovanni, Eulogio, Flora e Maria, ma c’era un impedimento all’ardore di fede dei due coniugi, le due piccole figlie di cinque e otto anni, che rimaste sole sarebbero diventate musulmane, come tutti i loro parenti, secondo le disposizioni vigenti degli arabi.
Allora decisi, le portarono al monastero ‘Tabanense’ sotto la cura di Isabella, vedova del martire Geremia, lasciandole denaro a sufficienza per il loro mantenimento.
C’era anche un’altra coppia cristiana, che aveva gli stessi ideali, Felice e Liliosa, tutti e due figli di genitori, mori di razza, ma cristiani di religione, a loro si aggiunse un diacono Giorgio, monaco di S. Saba di Gerusalemme, giunto in Spagna per chiedere elemosine per il suo monastero e arrivato da Sabigoto (Natalia), si sentì dire da lei che aspettava proprio lui, perché in una visione le era stato promesso un monaco come compagno di martirio.
Anche Giorgio sentì il desiderio di dare la propria vita per Cristo; i cinque si accordarono affinché le due donne andassero nella moschea a viso scoperto, facendosi così riconoscere come cristiane; furono tutti arrestati e mentre le due coppie spagnole Natalia ed Aurelio, Liliosa e Felice furono condannati a morte, Giorgio essendo straniero venne rilasciato, ma non era quello che desiderava, allora si mise ad offendere Maometto e quindi venne decapitato insieme agli altri quattro, il 27 luglio dell’852 a Cordova.
I cristiani ricuperati i loro corpi, li seppellirono in vari monasteri e chiese, separati e distanti. Natalia (Sabigoto) fu sepolta nella chiesa dei SS. Fausto, Gennaro e Marziale, poi chiamata di S. Pietro.
Lo storico agiografo Usuardo nell’858, nel suo viaggio in Spagna, prese con sé i corpi dei santi Aurelio e Giorgio e li portò nel monastero parigino di Saint-Germain-des-Prés.
Sono celebrati tutti e cinque nel giorno del loro martirio, il 27 luglio.  

SIMÃO DE EGEE, Santo

 
 
 Nel cap. 57 del suo Prato Spirituale, Giovanni Mosco (m. 619) racconta: « A quattro miglia dalla città di Egee (Aigaiai) stava uno stilita chiamato Simeone. Col­pito da un fulmine questi mori. Ora l'abbàs Giu­liano, lo stilita del golfo, disse ai suoi discepoli fuori del tempo in cui era solito [rivolger loro la parola]: "Buttate l'incenso [nel turibolo] ". I discepoli gli dissero: " Padre, dicci la ragione ". Giuliano rispose: " Perché il fratello Simeone, quello di Egee, è stato colpito dal fulmine ed è morto; ed ecco passa [a miglior vita] l'anima sua con alle­grezza ". Ora [i due stiliti] erano distanti l'un l'altro di ventiquattro miglia ». L'epo­ca in cui visse Simeone dovrebbe essere il sec. VI.Diverse località greche portano il nome di Aìgai o Aìgaìai. Qui si tratta della città marittima di Cilicia, oggi Ayash, come risulta dal cap. 27 del medesimo Prato Spirituale.
L'edificante racconto mira innanzi tutto a sotto­lineare il dono di « televisione » proprio a Giu­liano. Il transitus di Simeone non è narrato per se stesso e la santità dello stilita è del tutto marginale nella galleria di Giovanni Mosco. Tuttavia il bollandista Du Sollier ha creduto poter indivi­duare il Simeone « fulminato » nel Simeone archimandrita del 26/27 lugl. (calendari orientali) e nel Simeone monaco e confessore « in Sicilia » commemorato il 27 lugl. nei martirologi latini medievali (leggendo Cilicia invece di Sicilia). Ora sappiamo che quel Simeone è l'An­ziano Stilita, e che è quindi del tutto ingiusti­ficata l'opinione del Du Sollier secondo la quale sarebbe « ridicola e inaccettabile » l'aggiunta « in Mandra » del Sinassario di Chifflet. Altri invece non sanno quale giorno assegnare a Simeone « stilita in Cilicia ».
È però possibile, seguendo un'altra via, recu­perare l'eventualità di una commemorazione di Simeone il 27 lugl. In quel giorno, il Lezionario geor­giano della Chiesa di Gerusalemme, detto di Parigi (secc. V-VIII) annunzia: « Commemorazione di Simeone e di Simeone stiliti ». Il secondo stilita non sembra da identificare con Simeone il Giovane, com­memorato nel citato Lezionario il 28 magg., ma con un terzo Simeone stilita, precisa­mente quello iscritto dopo i due più famosi, senza titolo particolare, nel calendario georgiano di Gio­vanni Zosimo, il 27 lugl. Negli ambienti monastici siro-palestinesi il Simeone sti­lita di Giovanni Mosco avrebbe cosi trovato un'eco che si è ripercossa anche nella liturgia bizantina, per mezzo di Teodoro Studita al quale è stato attribuito il Canone dei ss. Padri inserito nel­l'Ufficio mattutino del sabato tès tyrinès (seconda settimana prima della Quaresima); di tale canone la sesta ode esalta, nel terzo tropario, « l'omonimia simeoniana doppiamente doppia: gli stiliti sono tre, e uno il Salò ». Esclusa dall'antichità del canone la possibilità di un riferimento a Simeone stilita iconodulo, non rimane che l'asceta di Egee, la cui morte fulminea è stata interpretata, per merito del carismatico Giuliano, in un modo agiograficamente positivo. 
 
 
HUGO DE LINCOLN, Santo
 
Il nostro martire, noto, per distinguerlo da un altro santo omonimo della stessa città, come il “piccolo Ugo di Lincoln”, era figlio di una povera donna, della quale c’è stato tramandato il nome di Beatrice, ed abitava a Lincoln, nella regione inglese del Lincolnshire. Nacque probabilmente nel 1246.
Il 31 luglio del 1255, il giovinetto, che aveva circa otto anni, scomparve in circostanze misteriose. Il suo corpo, ormai esangue, fu ritrovato il 29 agosto successivo, ricoperto di immondizie, in un anfratto o in un pozzo, di proprietà di un ebreo di nome Jopin.
Tanto bastò per incriminare dell’uccisione del piccolo Ugo gli ebrei della sua città. L’accusa era sempre quella che, nel corso del Medioevo e sino quasi ai nostri giorni, si ripeterà in continuazione: quella, vale a dire, di aver ucciso ritualmente fanciulli innocenti.
A Jopin, in primo luogo, si addebitava di aver attirato il piccolo Ugo nella sua abitazione. Insieme, quindi, ad altri correligionari lì convenuti per l’occasione, egli avrebbe torturato il bambino, flagellandolo e coronandolo di spine, ed, infine, lo avrebbe crocefisso in irrisione della morte di Cristo.
La storia, tramandateci da antiche cronache, continua a dire che la terra, con vari prodigi, si rifiutò di coprire il misfatto, accogliendo e nascondendo nelle sue viscere il corpo di Ugo. Per tale ragione, il cadaverino inerme del giovane fu abbandonato in un pozzo o in un anfratto, come già ricordato.
Qualche tempo dopo la scomparsa, i compagni di gioco del piccolo riferirono alla madre di aver visto Ugo seguire l’ebreo. Nell’andare alla casa di questi, ella scoprì il corpo del figlio.
Su Jopin pesava, quindi, la pesante accusa di aver commesso un omicidio rituale. Egli confessò questo crimine confidando nella promessa del giudice incaricato del caso, certo Giovanni di Lexington, che sarebbe stata risparmiata la vita a lui ed agli altri ebrei coinvolti qualora si fosse autoaccusato del misfatto, indicando nei suoi correligionari i complici.
Nella sua deposizione, Jopin aggiunse, inoltre, che era un’usanza ebraica quella di crocifiggere ragazzi cristiani una volta l’anno in odio a Cristo.
Il re Enrico III, però, passando per Lincoln circa cinque settimane dopo, agli inizi di ottobre, rifiutò di mantenere la promessa di Giovanni di Lexington.
Jopin fu, quindi, giustiziato e novantuno ebrei di Lincoln furono arrestati e tradotti a Londra. Diciotto di loro furono giustiziati. I superstiti, ritenuti colpevoli, dapprima condannati a morte, furono perdonati grazie ai buoni uffici dei francescani o, secondo taluno, grazie all’esborso di una gran somma di denaro.
I miracoli, che si disse essersi verificati sulla tomba del bam-bino per sua intercessione, fecero sì che il suo corpo fosse traslato dalla chiesa della parrocchia a cui Ugo apparteneva alla maestosa cattedrale gotica di Lincoln, dove fu lì sepolto con tutti gli onori e venerato come martire.
Il racconto del martirio del piccolo S. Ugo è stato oggetto, nel corso del Medioevo, di ballate poetiche. Se vi era una qualche base di verità storica nell’accusa contro gli ebrei della città di Lincoln e di Jopin in particolare non c’è dato poterlo accertare con sicurezza.
Quel che è indubitabile è che tali accuse (non provate), frutto di pregiudizi religiosi, assai spesso sono state strumentalmente utilizzate allo scopo di discriminare, nel corso dei secoli, gli apparte-nenti alla stirpe d’Israele e di estorcere ingenti somme di denaro alle loro comunità. 

»»»»»»»»»»»»»»»»
&&&&&&&&&&&
Local onde se processa este blogue, na cidade do Porto


miscelania 003


Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros











Blogue: SÃO PAULO (e Vidas de Santos) -  http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com

Sem comentários:

Enviar um comentário

Gostei.
Muito interessante.
Medianamente interessante.
Pouco interessante.
Nada interessante.

Igreja da Comunidade de São Paulo do Viso

Nº 5 801 - SÉRIE DE 2024 - Nº (277) - SANTOS DE CADA DIA - 2 DE OUTUBRO DE 2024

   Caros Amigos 17º ano com início na edição  Nº 5 469  OBSERVAÇÃO: Hoje inicia-se nova numeração anual Este é, portanto, o 277º  Número da ...