Caros Amigos:
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10º A N O
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Modesto, Santo
Em Jerusalém, São MODESTO bispo que, depois de ter sido conquistada e devastada a Cidade Santa pelos Persas, reconstruíu os mosteiros e os encheu de monges e com muito trabalho restaurou os santuários destruídos pelo incêndio. (634)
50 soldados, entre os quais JOÃO, PAULO, outros cinco com o nome de JOÃO, outro PAULO, FOTINO, ZITAS, EUGÉNIO, MUSÉLIO, ESTÊVÃO, TEODORO, outro TEODORO, filho do precedente, JORGE, TEOPENTO, outros quatro com o nome de JORGE, SÉRGIO, outro TEODORO, CIRÍACO, ZITAS, FILÓXENO, todos da coorte dos Citas; TEODÓSIO, EPIFÂNIO, JOÃO, TEODORO, SÉRGIO, JORGE, TOMÁS, ESTÊVÃO, CÓNON, outro TEODORO, PAULO, outros três com o nome de JOÃO, outro JORGE, PAULINO, CAIMUAS, ABRÂMIO, MARMISES e MARINO, Santos
Comemoração em Eleuterópolis, na Palestina, a paixão dos santos 50 soldados, entre os quais, JOÃO, PAULO, outros cinco com o nome de JOÃO, outro PAULO, FOTINO, ZITAS, EUGÉNIO, MUSÉLIO, ESTÊVÃO, TEODORO, outro TEODORO, filho do precedente, JORGE, TEOPENTO, outros quatro com o nome de JORGE, SÉRGIO, outro TEODORO, CIRÍACO, ZITAS, FILÓXENO, todos da coorte dos Citas; TEODÓSIO, EPIFÂNIO, JOÃO, TEODORO, SÉRGIO, JORGE, TOMÁS, ESTÊVÃO, CÓNON, outro TEODORO, PAULO, outros três com o nome de JOÃO, outro JORGE, PAULINO, CAIMUAS, ABRÂMIO, MARMISES e MARINO, todos da coorte dos Voluntários. Santos que, no tempo do imperador Heráclio, por causa da sua fé em Cristo foram mortos pelos Sarracenos que sitiavam Gaza. (638)
Judicael, Santo
Na Bretanha menor, hoje França, São JUDICAEL que restabeleceu a concórdia entre os Bretões e os Francos e, abdicando da sua realeza, consta que passou o resto da sua vida no mosteiro de Méen. (650)
Bega, Santa
Em Andenne, no Brabante, hoje Bélgica, Santa BEGA viúva que, depois do assassinato do esposo, fundou o mosteiro da Bem-aventurada Virgem Maria sob a regra de São COLUMBANO e de São BENTO. (693)
Estúrmio de Fulda, Santo
No mosteiro de Fulda, na Austrásia, hoje Alemanha, Santo ESTÚRMIO abade, discipulo de São BONIFÁCIO que evangelizou a Saxónia e, por ordem do mestre, edificou este célebre mosteiro, do qual foi o primeiro abade. (779)
Cristóvão de Collesano, Santo
Em Dom Benito, Badajoz, Espanha, a Beata MATILDE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS (Matilde Téllez Robles) virgem que, vendo no próximo a imagem de Cristo, se entregou com grande solicitude à assistência material e espiritual dos indigentes e fundou a Congregação das Filhas de Maria, Mãe da Igreja. (1902)
Jacinto Cormier (Henrique Cormier), Beato
Em Roma, junto de Santa Sabina, no Aventino, JACINTO CORMIER (Henrique Cormier), presbítero que, sendo mestre geral, governou prudentemente a Ordem dosd Pregadores, fomentando os estudos de teologia e de espiritualidade. ((1916),
Ananias, Misaele e Azaria
(Abdenago, Misach e Sidrach), Santos
Abdenago, Misach e Sidrach, chiamati anche Anania, Misaele e Azaria, sono personaggi biblici. Il libro del profeta Daniele, nei primi tre capitoli, espone la vicenda di questi tre personaggi con dovizia di particolari. Sono i tre giovinetti, divenuti governatori di Babilonia, che, per non aver voluto adorare un idolo pagano, furono gettati in una fornace ardente dalla quale rimasero, però, illesi. Le reliquie dei tre santi vetero-testamentari furono traslati da Babilonia a Costantinopoli, nella chiesa di S. Daniele stilita. Da là queste reliquie furono portate, nel 1156, nell’abazzia di Montevergine dove tuttora si venerano. Le reliquie dei tre fanciulli babilonesi sono esposte in tre reliquiari diversi. In uno di questi, su una targhetta, c’è scritto “Ossa S. Misach ex tribus puer Babylon”. Nel secondo la targhetta avverte trattasi di “Ossa S. Sidrach ex tribus puer Babylon”. Nel terso reliquiario vi sono le “Ossa S. Abdenago ex tribus puer Babylon”. La festa dei tre fanciulli babilonesi viene celebrata, a Montevergine, il 16 dicembre.
Di questa santa dell’agiografia greca, non ci sono dubbi sulla sua ‘Vita’ perché ci sono pervenuti vari importanti documenti storici e contemporanei che la citano o descrivono; inoltre vi sono ben 17 lettere che le inviò, dal suo esilio, s. Giovanni Crisostomo.
Olimpia nacque verso il 361 da una agiata e distinta famiglia di Costantinopoli, suo nonno Ablabios godeva della stima dell’imperatore Costantino ed era stato prefetto di Oriente quattro volte, suo padre era conte di palazzo.
Divenuta orfana in giovane età, fu posta sotto la tutela di Procopio prefetto della capitale, il quale l’affidò per la sua educazione a Teodosia, donna di grande cultura e sentimenti cristiani, sorella del vescovo di Iconio s. Anfilochio; di lei avevano grande stima sia s. Basilio che s. Gregorio di Nazianzo, Dottori della Chiesa; s. Gregorio di Nissa le dedicò il suo commento al ‘Cantico dei Cantici’.
Fin da giovanissima, Olimpia ebbe lezioni sulla Sacra Scrittura, considerata da altre dame della società, come s. Melania l’Anziana, la via per giungere alla perfezione cristiana; e imitando s. Melania, si dedicò alla mortificazione, ella pur potendo aspirare ad una brillante posizione nella corte essendo ricca, istruita e nobile, invece se ne allontanò.
Nel 384-85, sposò Nebridio che fu prefetto di Costantinopoli nel 386, ma la sua felicità durò poco, dopo solo venti mesi il marito morì; l’imperatore Teodosio il Grande voleva risposarla con un suo cugino, ma Olimpia rifiutò dicendo: “Se il mio re avesse voluto che io vivessi con un uomo, non mi avrebbe tolto il mio primo”.
Teodosio considerò ciò un capriccio e per vincere le sue resistenze, le sequestrò tutti i suoi beni, finché non avesse compiuti 30 anni; il prefetto della città aggiunse il divieto di intrattenersi con i vescovi più illustri e perfino di andare in chiesa.
Ma nel 391, Teodosio visto la sua virtù e la costanza nella prova di Olimpia, che conduceva una vita di penitente povera, le restituì i suoi beni. Lei ne approfittò per fondare a Costantinopoli alcune opere caritative, fra cui un grande ospizio per ricevere gli ecclesiastici di passaggio e i viaggiatori poveri.
Avendo una grande ricchezza e proprietà, sia in città che nelle altre regioni, altrettanto grande fu la sua generosità, donò a s. Giovanni Crisostomo 10.000 denari d’oro e 20.000 d’argento per la sua chiesa di S. Sofia; il vescovo Nettario (381-397) contrariamente all’usanza, la nominò diaconessa, dignità che allora si dava alle vedove di 60 anni, mentre Olimpia ne aveva solo 30 e a lei ricorreva per consigli densi della sua scienza e saggezza.
Fondò sotto il portico meridionale di S. Sofia, un monastero le cui religiose appartenevano alle migliori famiglie della città, fra cui tre sue sorelle Elisanzia, Martiria e Palladia, in più una sua nipote chiamata anch’essa Olimpia; iniziò con circa 50 suore che in breve tempo divennero 250.
Agli inizi del 398, giunse in città s. Giovanni Crisostomo che pur non volendo, era stato nominato arcivescovo di Costantinopoli, trovando un fervore cristiano affievolito sia nei fedeli che nel clero e monaci, fino alla corte divenuta oltremodo mondana con la presenza di Eudossia moglie dell’imperatore d’Oriente Arcadio.
Ma si consolò vedendo il monastero di Olimpia, formato da anime ben disposte e adatte a servire da modello. Tra l’arcivescovo e Olimpia si instaurò una salda amicizia, le tre sorelle furono ordinate diaconesse e affiancarono in questo compito Olimpia.
Si sforzava di aiutarlo in tutto, dal cibo al suo vestire, divenne in certo modo la collaboratrice nell’opera di rinnovamento spirituale da lui iniziata. Tutto questo attirò anche su di lei il rancore di coloro che intendevano intralciare l’opera riformatrice del vescovo.
Due dei vescovi dissidenti, ottennero da Arcadio un decreto d’esilio contro s. Giovanni Crisostomo, il quale fra il tumulto dei fedeli e delle suore, dovette lasciare S. Sofia e venne condotto dai soldati a Cucusa fra i monti dell’Armenia, dove giunse affranto dal viaggio due mesi dopo, alla fine di agosto del 404.
Nello stesso giorno della partenza, il 30 giugno 404, un incendio distrusse l’episcopio e gran parte della chiesa e del senato. Furono accusati i fedeli del vescovo e la stessa Olimpia fu portata davanti al prefetto della città Optato, accusata dell’incendio, si difese dicendo che avendo dato spese considerevoli per costruire chiese, non aveva nessuna necessità di bruciarle.
Optato le offrì di lasciare in pace lei e le sue suore, se avessero riconosciuto il nuovo vescovo Arsace e Olimpia rifiutò; fu condannata a pagare una grossa somma come multa e dopodiché nello stesso anno 405 si ritirò volontariamente a Cizico.
Giacché proseguiva la persecuzione contro i “giovanniti” (seguaci di s. Giovanni Crisostomo) Olimpia fu nuovamente processata dal prefetto e esiliata a Nicomedia. In quegli anni mantenne una corrispondenza (che le era permesso) con il vescovo esiliato in Armenia, interessandosi della sua salute, inviandogli del denaro che veniva speso per i poveri della regione e per il riscatto di persone cadute nelle mani dei briganti isauriani.
Giovanni tramite questi scritti, descrive i particolari del penosissimo viaggio per giungere lì. La esorta a bandire la tristezza e a far nascere la gioia spirituale che distacca dalle cose del mondo ed eleva l’anima, raccomandandole di sostenere i suoi amici, che subivano la persecuzione per causa sua.
Olimpia morì verso il 408 in un data non documentata, secondo lo scrittore Palladio, “gli abitanti di Costantinopoli la pongono fra i confessori della fede, perché ella è morta ed è ritornata al Signore fra le battaglie sostenute per Dio”, anticamente i confessori erano i martiri.
Il suo monastero ebbe alterne vicende, le suore coinvolte nella disgrazia dell’arcivescovo, si dispersero nel 404, quando fu mandato in esilio; si riunirono solo nel 416, quando i “giovanniti” si riappacificarono con i successori del Crisostomo; sotto la guida di Onorina, parente di Olimpia; il monastero fu poi distrutto dall’incendio di S. Sofia nel 532, ritornarono poi quando Giustiniano lo ricostruì.
Le reliquie di s. Olimpia, che erano state portate da Nicomedia nella chiesa di S. Tommaso sul Bosforo, andarono perse durante l’incendio della chiesa appiccato dai Persiani nelle loro incursioni (616-626). La superiora Sergia, fu fortunata nel ritrovarle fra le macerie e le fece trasportare all’interno del monastero; in seguito non si hanno più notizie di esse.
S. Olimpia è festeggiata nella Chiesa Orientale il 24-25-29 luglio, il ‘Martirologio Romano’ al 17 dicembre.
Famoso per la propagazione della fede cattolica, il Beato Pietro di Spagna, cavaliere laico dell'Ordine Mercedario, fu uomo di grande dottrina e santità della vita.Trovandosi ad Algeri in Africa, andò in testa all'esercitò cristiano e avanzando con una croce in mano contro le schiere dei saraceni, fu trafitto da una freccia dei mussulmani e poi venne tagliato a pezzi ricevendo la corona dei martiri di Cristo nell'anno 1418.
L'Ordine lo festeggia il 17 d
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Entramos hoje, dia 17 na última Semana do Advento, o que quer dizer que de hoje a 8 dias é Dia de Natal.
Nº 2960 - (351-2016)
17 de DEZEMBRO de 2016
SANTOS DE CADA DIA
10º A N O
LOUVADO SEJA PARA SEMPRE
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
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Comemorar e lembrar
os Santos de cada dia,
é dever de todo o Católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
os Santos de cada dia,
é dever de todo o Católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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Modesto, Santo
Em Jerusalém, São MODESTO bispo que, depois de ter sido conquistada e devastada a Cidade Santa pelos Persas, reconstruíu os mosteiros e os encheu de monges e com muito trabalho restaurou os santuários destruídos pelo incêndio. (634)
50 soldados, entre os quais JOÃO, PAULO, outros cinco com o nome de JOÃO, outro PAULO, FOTINO, ZITAS, EUGÉNIO, MUSÉLIO, ESTÊVÃO, TEODORO, outro TEODORO, filho do precedente, JORGE, TEOPENTO, outros quatro com o nome de JORGE, SÉRGIO, outro TEODORO, CIRÍACO, ZITAS, FILÓXENO, todos da coorte dos Citas; TEODÓSIO, EPIFÂNIO, JOÃO, TEODORO, SÉRGIO, JORGE, TOMÁS, ESTÊVÃO, CÓNON, outro TEODORO, PAULO, outros três com o nome de JOÃO, outro JORGE, PAULINO, CAIMUAS, ABRÂMIO, MARMISES e MARINO, Santos
Comemoração em Eleuterópolis, na Palestina, a paixão dos santos 50 soldados, entre os quais, JOÃO, PAULO, outros cinco com o nome de JOÃO, outro PAULO, FOTINO, ZITAS, EUGÉNIO, MUSÉLIO, ESTÊVÃO, TEODORO, outro TEODORO, filho do precedente, JORGE, TEOPENTO, outros quatro com o nome de JORGE, SÉRGIO, outro TEODORO, CIRÍACO, ZITAS, FILÓXENO, todos da coorte dos Citas; TEODÓSIO, EPIFÂNIO, JOÃO, TEODORO, SÉRGIO, JORGE, TOMÁS, ESTÊVÃO, CÓNON, outro TEODORO, PAULO, outros três com o nome de JOÃO, outro JORGE, PAULINO, CAIMUAS, ABRÂMIO, MARMISES e MARINO, todos da coorte dos Voluntários. Santos que, no tempo do imperador Heráclio, por causa da sua fé em Cristo foram mortos pelos Sarracenos que sitiavam Gaza. (638)
Judicael, Santo
Na Bretanha menor, hoje França, São JUDICAEL que restabeleceu a concórdia entre os Bretões e os Francos e, abdicando da sua realeza, consta que passou o resto da sua vida no mosteiro de Méen. (650)
Bega, Santa
Em Andenne, no Brabante, hoje Bélgica, Santa BEGA viúva que, depois do assassinato do esposo, fundou o mosteiro da Bem-aventurada Virgem Maria sob a regra de São COLUMBANO e de São BENTO. (693)
Estúrmio de Fulda, Santo
No mosteiro de Fulda, na Austrásia, hoje Alemanha, Santo ESTÚRMIO abade, discipulo de São BONIFÁCIO que evangelizou a Saxónia e, por ordem do mestre, edificou este célebre mosteiro, do qual foi o primeiro abade. (779)
Cristóvão de Collesano, Santo
No monte Mercúrio, na Lucânia, hoje Basilicata, Itália, São CRISTÓVÃO DE COLLESANO monge que se dedicou com toda a sua família à propagação da vida monástica. (séc. X)
Vivina, Santa
Perto de Bruxelas, no Brabante, hoje Bélgica, Santa VIVINA primeira abadessa do mosteiro de Santa Maria de Grand-Bigard. (1170)
João da Mata, Santo
Em Roma, no monte Célio, São JOÃO DA MATA presbítero, de origem francesa que fundou a Ordem da Santíssima Trindade para a Redenção dos Cativos. (1213)
Vivina, Santa
Perto de Bruxelas, no Brabante, hoje Bélgica, Santa VIVINA primeira abadessa do mosteiro de Santa Maria de Grand-Bigard. (1170)
João da Mata, Santo
Em Roma, no monte Célio, São JOÃO DA MATA presbítero, de origem francesa que fundou a Ordem da Santíssima Trindade para a Redenção dos Cativos. (1213)
José Manyaet y Vives, Santo
Em Barcelona, Espanha, São JOSÉ MANAYAET Y VIVES presbítero que fundou as Congregações dos Filhos e das Filhas da Sagrada Família de Nazaré, Jesus, Maria e José. (1901)
Em Barcelona, Espanha, São JOSÉ MANAYAET Y VIVES presbítero que fundou as Congregações dos Filhos e das Filhas da Sagrada Família de Nazaré, Jesus, Maria e José. (1901)
Matilde do Sagrado Coração de Jesus
(Matilde Téllez Robles), Beata
(Matilde Téllez Robles), Beata
Em Dom Benito, Badajoz, Espanha, a Beata MATILDE DO SAGRADO CORAÇÃO DE JESUS (Matilde Téllez Robles) virgem que, vendo no próximo a imagem de Cristo, se entregou com grande solicitude à assistência material e espiritual dos indigentes e fundou a Congregação das Filhas de Maria, Mãe da Igreja. (1902)
Jacinto Cormier (Henrique Cormier), Beato
Em Roma, junto de Santa Sabina, no Aventino, JACINTO CORMIER (Henrique Cormier), presbítero que, sendo mestre geral, governou prudentemente a Ordem dosd Pregadores, fomentando os estudos de teologia e de espiritualidade. ((1916),
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Ananias, Misaele e Azaria
(Abdenago, Misach e Sidrach), Santos
Abdenago, Misach e Sidrach, chiamati anche Anania, Misaele e Azaria, sono personaggi biblici. Il libro del profeta Daniele, nei primi tre capitoli, espone la vicenda di questi tre personaggi con dovizia di particolari. Sono i tre giovinetti, divenuti governatori di Babilonia, che, per non aver voluto adorare un idolo pagano, furono gettati in una fornace ardente dalla quale rimasero, però, illesi. Le reliquie dei tre santi vetero-testamentari furono traslati da Babilonia a Costantinopoli, nella chiesa di S. Daniele stilita. Da là queste reliquie furono portate, nel 1156, nell’abazzia di Montevergine dove tuttora si venerano. Le reliquie dei tre fanciulli babilonesi sono esposte in tre reliquiari diversi. In uno di questi, su una targhetta, c’è scritto “Ossa S. Misach ex tribus puer Babylon”. Nel secondo la targhetta avverte trattasi di “Ossa S. Sidrach ex tribus puer Babylon”. Nel terso reliquiario vi sono le “Ossa S. Abdenago ex tribus puer Babylon”. La festa dei tre fanciulli babilonesi viene celebrata, a Montevergine, il 16 dicembre.
Floriano, Santo
Nei primi decenni del sec. XIV il culto di questo martire, attestato peraltro dal sec. precedente, ebbe un notevole incremento tanto che fu proclamato protettore di Bologna. Eppure si tratta di un personaggio fittizio.
Sull'origine del culto a Bologna, le leggendarie Passio sancli Floriani et sociorum e la Vita in volgare di s. Petronio (entrambe del sec. XIV ca.) ci danno alcuni ragguagli: il vescovo Petronio, si sarebbe recato in pellegrinaggio in Palestina, e vi avrebbe acquistato numerose reliquie fra cui quelle di Floriano di Gaza e dei suoi compagni. In questa narrazione sono evidenti alcune sfasature: i martiri di Gaza, infatti, realmente esistiti furono suppliziati nel 638, mentre Petronio visse al principio del sec. V; inoltre, essi furono sessanta e non quaranta, come vuole la leggenda bolognese. Del resto la più antica biografia di s. Petronio del sec. XII, pur menzionando il viaggio in Palestina, non accenna al particolare dell'acquisto delle reliquie.
Per spiegare la genesi del culto di Floriano bisogna rifarsi ad un documento storico del sec. XII, ossia al Sermo de in vention e san ctarum reliq uiarum dove si narra come, nel 1141, i monaci di S. Stefano di Bologna trovarono sotto il pavimento di una delle basiliche del complesso stefaniano (S. Croce) "speciosas arcas" in cui "sanctorum quadraginta martyrum pretiosa continentur corpora". Su uno di tali corpi era deposta "ulcherrima crux aurea". In questo documento autentico, peraltro, pur essendo elencati numerosissimi nomi di santi di cui furono trovate le reliquie, non esiste alcuna menzione esplicita né di Floriano né dei martiri di Gaza. In realtà i monaci che trovarono le quaranta salme parlarono di "martiri", ma probabilmente diedero questa qualifica a persone che non erano morte per la causa di Cristo.
Successivamente si volle precisare la provenienza di quei corpi sconosciuti; infatti, si cominciò a parlare dei quaranta, trovati nelle preziose arche, come dei martiri di Gaza alla fine del XII o al principio del XIII sec.; la salma decorata con croce aurea, poi, fu ritenuta quella del capo a cui fu dato il nome di Floriano. Il Lanzoni, che ha esaminato la leggenda, ritiene che un anonimo chierico bolognese nel sec. XIII abbia collegato l'invenzione delle salme con la Vita del vescovo Petronio che del complesso stefaniano era considerato il fondatore. Queste costruzioni erano considerate imitazioni di quelle palestinesi, per cui si può fare l'ipotesi che il leggendista ritenesse le reliquie dei quaranta di provenienza palestinese.
Per compilare poi la Passio s. Floriani et sociorum l'anonimo autore si servì della Passio sexaginta martyrum di Gaza compilata prima del sec. XI dove, però, non c'è alcuna menzione di Floriano, per cui resta sconosciuto il motivo della scelta del suo nome per la salma con la crux aurea. Può darsi che lo scrittore bolognese abbia imitato un passo del Liber Pontificalis di Agnello ravennate nel quale si riferisce che il vescovo Massimiano portò a Ravenna molte reliquie di martiri fra cui quelle di Floriano (probabilmente un martire nel Norico; cf. Delehaye, Origines, p. 326). Come Massimiano anche Petronio avrebbe portato a Bologna le reliquie di Floriano.
Nella passio che porta il suo nome, Floriano entra nella narrazione in modo saltuario e marginale. Da Gerusalemme, dove si trovava, un angelo miracolosamente lo trasportò a Gaza facendolo apparire ai sessanta soldati suoi dipendenti, fatti prigionieri dai Saraceni, che egli consolò. Dieci di questi, con a capo Callinico, furono poi trasferiti a Gerusalemme ed ivi decapitati; gli altri cinquanta subirorono analogo martirio dopo un mese. Floriano li seppellì ad Eleuteropoli; per questo fatto il governatore Ambro lo condannò a morte.
Gli storici bolognesi dei secc. XVI e sgg., accortisi della incongruenza cronologica, hanno fatto di Floriano un martire della persecuzione di Diocleziano; ma già nel sec. XVIII il Lambertini, pur non negandone l'esistenza, mostrava molte perplessità sulle vicende di questo Floriano. La bolla di Celestino III riguardante il culto di Floriano è un falso.
Nel calendario bolognese la festa era il 17 dicembre.
Nei primi decenni del sec. XIV il culto di questo martire, attestato peraltro dal sec. precedente, ebbe un notevole incremento tanto che fu proclamato protettore di Bologna. Eppure si tratta di un personaggio fittizio.
Sull'origine del culto a Bologna, le leggendarie Passio sancli Floriani et sociorum e la Vita in volgare di s. Petronio (entrambe del sec. XIV ca.) ci danno alcuni ragguagli: il vescovo Petronio, si sarebbe recato in pellegrinaggio in Palestina, e vi avrebbe acquistato numerose reliquie fra cui quelle di Floriano di Gaza e dei suoi compagni. In questa narrazione sono evidenti alcune sfasature: i martiri di Gaza, infatti, realmente esistiti furono suppliziati nel 638, mentre Petronio visse al principio del sec. V; inoltre, essi furono sessanta e non quaranta, come vuole la leggenda bolognese. Del resto la più antica biografia di s. Petronio del sec. XII, pur menzionando il viaggio in Palestina, non accenna al particolare dell'acquisto delle reliquie.
Per spiegare la genesi del culto di Floriano bisogna rifarsi ad un documento storico del sec. XII, ossia al Sermo de in vention e san ctarum reliq uiarum dove si narra come, nel 1141, i monaci di S. Stefano di Bologna trovarono sotto il pavimento di una delle basiliche del complesso stefaniano (S. Croce) "speciosas arcas" in cui "sanctorum quadraginta martyrum pretiosa continentur corpora". Su uno di tali corpi era deposta "ulcherrima crux aurea". In questo documento autentico, peraltro, pur essendo elencati numerosissimi nomi di santi di cui furono trovate le reliquie, non esiste alcuna menzione esplicita né di Floriano né dei martiri di Gaza. In realtà i monaci che trovarono le quaranta salme parlarono di "martiri", ma probabilmente diedero questa qualifica a persone che non erano morte per la causa di Cristo.
Successivamente si volle precisare la provenienza di quei corpi sconosciuti; infatti, si cominciò a parlare dei quaranta, trovati nelle preziose arche, come dei martiri di Gaza alla fine del XII o al principio del XIII sec.; la salma decorata con croce aurea, poi, fu ritenuta quella del capo a cui fu dato il nome di Floriano. Il Lanzoni, che ha esaminato la leggenda, ritiene che un anonimo chierico bolognese nel sec. XIII abbia collegato l'invenzione delle salme con la Vita del vescovo Petronio che del complesso stefaniano era considerato il fondatore. Queste costruzioni erano considerate imitazioni di quelle palestinesi, per cui si può fare l'ipotesi che il leggendista ritenesse le reliquie dei quaranta di provenienza palestinese.
Per compilare poi la Passio s. Floriani et sociorum l'anonimo autore si servì della Passio sexaginta martyrum di Gaza compilata prima del sec. XI dove, però, non c'è alcuna menzione di Floriano, per cui resta sconosciuto il motivo della scelta del suo nome per la salma con la crux aurea. Può darsi che lo scrittore bolognese abbia imitato un passo del Liber Pontificalis di Agnello ravennate nel quale si riferisce che il vescovo Massimiano portò a Ravenna molte reliquie di martiri fra cui quelle di Floriano (probabilmente un martire nel Norico; cf. Delehaye, Origines, p. 326). Come Massimiano anche Petronio avrebbe portato a Bologna le reliquie di Floriano.
Nella passio che porta il suo nome, Floriano entra nella narrazione in modo saltuario e marginale. Da Gerusalemme, dove si trovava, un angelo miracolosamente lo trasportò a Gaza facendolo apparire ai sessanta soldati suoi dipendenti, fatti prigionieri dai Saraceni, che egli consolò. Dieci di questi, con a capo Callinico, furono poi trasferiti a Gerusalemme ed ivi decapitati; gli altri cinquanta subirorono analogo martirio dopo un mese. Floriano li seppellì ad Eleuteropoli; per questo fatto il governatore Ambro lo condannò a morte.
Gli storici bolognesi dei secc. XVI e sgg., accortisi della incongruenza cronologica, hanno fatto di Floriano un martire della persecuzione di Diocleziano; ma già nel sec. XVIII il Lambertini, pur non negandone l'esistenza, mostrava molte perplessità sulle vicende di questo Floriano. La bolla di Celestino III riguardante il culto di Floriano è un falso.
Nel calendario bolognese la festa era il 17 dicembre.
Olímpia, Santa
Di questa santa dell’agiografia greca, non ci sono dubbi sulla sua ‘Vita’ perché ci sono pervenuti vari importanti documenti storici e contemporanei che la citano o descrivono; inoltre vi sono ben 17 lettere che le inviò, dal suo esilio, s. Giovanni Crisostomo.
Olimpia nacque verso il 361 da una agiata e distinta famiglia di Costantinopoli, suo nonno Ablabios godeva della stima dell’imperatore Costantino ed era stato prefetto di Oriente quattro volte, suo padre era conte di palazzo.
Divenuta orfana in giovane età, fu posta sotto la tutela di Procopio prefetto della capitale, il quale l’affidò per la sua educazione a Teodosia, donna di grande cultura e sentimenti cristiani, sorella del vescovo di Iconio s. Anfilochio; di lei avevano grande stima sia s. Basilio che s. Gregorio di Nazianzo, Dottori della Chiesa; s. Gregorio di Nissa le dedicò il suo commento al ‘Cantico dei Cantici’.
Fin da giovanissima, Olimpia ebbe lezioni sulla Sacra Scrittura, considerata da altre dame della società, come s. Melania l’Anziana, la via per giungere alla perfezione cristiana; e imitando s. Melania, si dedicò alla mortificazione, ella pur potendo aspirare ad una brillante posizione nella corte essendo ricca, istruita e nobile, invece se ne allontanò.
Nel 384-85, sposò Nebridio che fu prefetto di Costantinopoli nel 386, ma la sua felicità durò poco, dopo solo venti mesi il marito morì; l’imperatore Teodosio il Grande voleva risposarla con un suo cugino, ma Olimpia rifiutò dicendo: “Se il mio re avesse voluto che io vivessi con un uomo, non mi avrebbe tolto il mio primo”.
Teodosio considerò ciò un capriccio e per vincere le sue resistenze, le sequestrò tutti i suoi beni, finché non avesse compiuti 30 anni; il prefetto della città aggiunse il divieto di intrattenersi con i vescovi più illustri e perfino di andare in chiesa.
Ma nel 391, Teodosio visto la sua virtù e la costanza nella prova di Olimpia, che conduceva una vita di penitente povera, le restituì i suoi beni. Lei ne approfittò per fondare a Costantinopoli alcune opere caritative, fra cui un grande ospizio per ricevere gli ecclesiastici di passaggio e i viaggiatori poveri.
Avendo una grande ricchezza e proprietà, sia in città che nelle altre regioni, altrettanto grande fu la sua generosità, donò a s. Giovanni Crisostomo 10.000 denari d’oro e 20.000 d’argento per la sua chiesa di S. Sofia; il vescovo Nettario (381-397) contrariamente all’usanza, la nominò diaconessa, dignità che allora si dava alle vedove di 60 anni, mentre Olimpia ne aveva solo 30 e a lei ricorreva per consigli densi della sua scienza e saggezza.
Fondò sotto il portico meridionale di S. Sofia, un monastero le cui religiose appartenevano alle migliori famiglie della città, fra cui tre sue sorelle Elisanzia, Martiria e Palladia, in più una sua nipote chiamata anch’essa Olimpia; iniziò con circa 50 suore che in breve tempo divennero 250.
Agli inizi del 398, giunse in città s. Giovanni Crisostomo che pur non volendo, era stato nominato arcivescovo di Costantinopoli, trovando un fervore cristiano affievolito sia nei fedeli che nel clero e monaci, fino alla corte divenuta oltremodo mondana con la presenza di Eudossia moglie dell’imperatore d’Oriente Arcadio.
Ma si consolò vedendo il monastero di Olimpia, formato da anime ben disposte e adatte a servire da modello. Tra l’arcivescovo e Olimpia si instaurò una salda amicizia, le tre sorelle furono ordinate diaconesse e affiancarono in questo compito Olimpia.
Si sforzava di aiutarlo in tutto, dal cibo al suo vestire, divenne in certo modo la collaboratrice nell’opera di rinnovamento spirituale da lui iniziata. Tutto questo attirò anche su di lei il rancore di coloro che intendevano intralciare l’opera riformatrice del vescovo.
Due dei vescovi dissidenti, ottennero da Arcadio un decreto d’esilio contro s. Giovanni Crisostomo, il quale fra il tumulto dei fedeli e delle suore, dovette lasciare S. Sofia e venne condotto dai soldati a Cucusa fra i monti dell’Armenia, dove giunse affranto dal viaggio due mesi dopo, alla fine di agosto del 404.
Nello stesso giorno della partenza, il 30 giugno 404, un incendio distrusse l’episcopio e gran parte della chiesa e del senato. Furono accusati i fedeli del vescovo e la stessa Olimpia fu portata davanti al prefetto della città Optato, accusata dell’incendio, si difese dicendo che avendo dato spese considerevoli per costruire chiese, non aveva nessuna necessità di bruciarle.
Optato le offrì di lasciare in pace lei e le sue suore, se avessero riconosciuto il nuovo vescovo Arsace e Olimpia rifiutò; fu condannata a pagare una grossa somma come multa e dopodiché nello stesso anno 405 si ritirò volontariamente a Cizico.
Giacché proseguiva la persecuzione contro i “giovanniti” (seguaci di s. Giovanni Crisostomo) Olimpia fu nuovamente processata dal prefetto e esiliata a Nicomedia. In quegli anni mantenne una corrispondenza (che le era permesso) con il vescovo esiliato in Armenia, interessandosi della sua salute, inviandogli del denaro che veniva speso per i poveri della regione e per il riscatto di persone cadute nelle mani dei briganti isauriani.
Giovanni tramite questi scritti, descrive i particolari del penosissimo viaggio per giungere lì. La esorta a bandire la tristezza e a far nascere la gioia spirituale che distacca dalle cose del mondo ed eleva l’anima, raccomandandole di sostenere i suoi amici, che subivano la persecuzione per causa sua.
Olimpia morì verso il 408 in un data non documentata, secondo lo scrittore Palladio, “gli abitanti di Costantinopoli la pongono fra i confessori della fede, perché ella è morta ed è ritornata al Signore fra le battaglie sostenute per Dio”, anticamente i confessori erano i martiri.
Il suo monastero ebbe alterne vicende, le suore coinvolte nella disgrazia dell’arcivescovo, si dispersero nel 404, quando fu mandato in esilio; si riunirono solo nel 416, quando i “giovanniti” si riappacificarono con i successori del Crisostomo; sotto la guida di Onorina, parente di Olimpia; il monastero fu poi distrutto dall’incendio di S. Sofia nel 532, ritornarono poi quando Giustiniano lo ricostruì.
Le reliquie di s. Olimpia, che erano state portate da Nicomedia nella chiesa di S. Tommaso sul Bosforo, andarono perse durante l’incendio della chiesa appiccato dai Persiani nelle loro incursioni (616-626). La superiora Sergia, fu fortunata nel ritrovarle fra le macerie e le fece trasportare all’interno del monastero; in seguito non si hanno più notizie di esse.
S. Olimpia è festeggiata nella Chiesa Orientale il 24-25-29 luglio, il ‘Martirologio Romano’ al 17 dicembre.
Pietro de Spagna, Beato
Famoso per la propagazione della fede cattolica, il Beato Pietro di Spagna, cavaliere laico dell'Ordine Mercedario, fu uomo di grande dottrina e santità della vita.Trovandosi ad Algeri in Africa, andò in testa all'esercitò cristiano e avanzando con una croce in mano contro le schiere dei saraceni, fu trafitto da una freccia dei mussulmani e poi venne tagliato a pezzi ricevendo la corona dei martiri di Cristo nell'anno 1418.
L'Ordine lo festeggia il 17 d
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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
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In
MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
e
sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros
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Blogue:
SÃO PAULO (e Vidas de Santos) http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com
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