segunda-feira, 26 de dezembro de 2016

Nº 2969 - (360 - 2016) - SANTOS DE CADA DIA - 26 DE DEZEMBRO DE 2016 - DÉCIMO ANO

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Nº 2969 - (360-2016)

26 de DEZEMBRO de 2016



SANTOS DE CADA DIA

10º   A N O



 miscelania 008



LOUVADO SEJA PARA SEMPRE 
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO 
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA



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Comemorar e lembrar 
os Santos de cada dia, 
é dever de todo o Católico, 
assim como procurar seguir os seus exemplos
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Estêvão, Santo





Festa de Santo ESTÊVÃO protomártir, homem cheio de fé e do Espírito Santo, que foi um dos primeiros Sete diáconos escolhidos pelos Apóstolos como seus colaboradores no ministério e foi também o primeiro dos discípulos do Senhor a derramar o seu sangue em Jerusalém, onde, enquanto era apedrejado pelos perseguidores, deu testemunho de Cristo Jesus, afirmando que O via sentado na glória à direita do Pai.




Dionísio, Santo


Em Roma, no cemitério de CALISTO, junto à Via Ápia, São DIONÍSIO papa que depois da perseguição do imperador Valeriano, consolou com as suas cartas e a sua presença os irmãos aflitos, com dinheiro resgatou os cativos dos suplícios e ensinou os fundamentos da fé aos que a ignoravam, resplandecendo em todas as virtudes. (268)

Zenão, Santo




Comemoração de São ZENÃO bispo de Maiuma, na Palestina, que edificou uma basílica dedicada aos santos mártires EUSÉBIO, NESTÁBIO e ZENÃO seus primos, e até ao fim da sua vida trabalhou como tecelão para conseguir o sustento e ajudar os pobres. (400) 



Zósimo, Santo




Em Roma, na Via Tiburtina, junto de São LOURENÇO o sepultamento de São ZÓSIMO, papa. (418)

   
Eutímio de Sardi, Santo



Em Sardes, na Lídia, hoje Turquia, Santo EUTÍMIO bispo e mártir que, condenado ao exílio pelo imperador iconoclasta Miguel por causa do culto das sagradas imagens, consumou finalmente o seu martírio no tempo do imperador Teófilo desumanamente fustigado com nervos de boi. (824)


Vicenta Maria López Vicuña, Santa



  

Em Madrid, Espanha, Santa VICENTA MARIA LÓPEZ VICUÑA virgem que fundou e difundiu o Instituto das Filhas de Maria Imaculada, para dar auxílio material e espiritual às jovens separadas da família e empregadas como doméstica. (1890)


Lamberto Carlos (Jaime Mases Boncompte), Beato



Em Barcelona, Espanha, o Beato LAMBERTO CARLOS (Jaime Mases Boncompte) religioso da Congregação dos Irmãos das Escolas Cristãs e mártir. (1936)


Inês Fila, Luzia Khambang, Águeda Futa, Cecília Butsí, Bibiana Hampai e Maria Phon, Beatas



Em Song-Khom, Tailândia, as beatas mártires INÊS FILA e LUZIA KHAMBANG virgens das Irmãs Amantes da Cruz, e também ÁGUEDA FUTA, CECÍLIA BUTSÍ, BIBIANA HAMPAI e MARIA PHON que, por se recusarem a renegar a fé cristã, foram fuziladas no cemitério do lugar. (1940)

Segundo Pollo, Beato



Em Dragali, Montenegro, o Beato SEGUNDO POLLO presbítero de Vercelas que, exercendo o ministério de capelão castrense durante a guerra, foi gravemente ferido ao assistir a um soldado moribundo e pouco depois, esvaído de sangue, entregou a alma a Deus. (1941). (1941)





...  e, A i n d a ...




Alessandro Sardiní, Beato



Infanzia e vocazione
Aleksander Sirdani, detto Lek o Leke, nacque a Boga nel nord dell’Albania nel 1892. Rimasto orfano dei genitori quand’era ancora un bambino, fu educato prima da una zia e poi da un pio musulmano albanese.
Aveva circa otto anni, quando fu accolto nel Collegio Saveriano di Scutari, retto dai Gesuiti, i quali gli diedero poi la possibilità di continuare gli studi in Austria, dove nel 1916, a 24 anni, fu ordinato sacerdote. Anche suo fratello Marin si era consacrato a Dio, tra i Frati Minori.


Parroco e letterato
Tornato in Albania, fu parroco in vari paesini sulle montagne di Scutari. Nei momenti liberi dal ministero sacerdotale, prese a raccogliere dalla viva voce della sua gente le tradizioni, le fiabe, i canti della sua terra, insegnandoli ai ragazzi della parrocchia e pubblicandoli in alcune raccolte: «Il piccolo albanese», «Racconti popolari», «Parole d’oro», «La leggenda del foglio del porro», «Il giovane frate». Mise poi in poesia i dieci comandamenti, per renderne più agevole l’apprendimento, e compose «Il martire dell’Eucaristia», un’opera su san Tarcisio.



La situazione politica
Intanto l’Albania, durante la seconda guerra mondiale, era rimasta coinvolta nelle politiche espansionistiche e militari dell’Italia alleata dei nazisti: veniva assunta come base delle operazioni belliche, contro Grecia, Montenegro, Jugoslavia e altri Paesi balcanici.
Nel 1942 comparve sulla scena politica il capo dei partigiani comunisti Enver Hoxha, legato a doppio filo con la politica sovietica e con i principi marxisti. Due anni dopo, diventato capo del Governo, mise in atto una politica antireligiosa, scatenando persecuzioni contro il clero e contro i fedeli, che non intendevano aderire al nuovo corso di un’Albania veramente atea.



L’inizio della persecuzione
Don Aleksander, a 56 anni, era parroco a Boga, suo paese natale, quando ormai si era scatenata la persecuzione contro i cattolici in particolare, con esecuzioni pubbliche di massa, deportazioni e torture, campi di concentramento, arresti sotto qualunque giustficazione di sacerdoti e religiosi, eliminazione di ogni forma di culto pubblico e privato.
La fede era considerata “oppio del popolo”, per cui ci fu una sistematica imposizione dell’ateismo di Stato, con la graduale distruzione di chiese e conventi. Si giunse a mettere in atto il meschino espediente di nascondere delle armi nei conventi e chiese, per poi accusare i religiosi di cospirare contro il regime.
Ad un giovane della parrocchia, che gli esternava le sue preoccupazioni a riguardo, don Aleksander rispose: «Tu abbi lunga vita, giovanotto, ma per me morire per Cristo significa rinascere».



L’arresto
Il 26 luglio 1948, in occasione della festa di sant’Anna, pronunciò un’omelia che faceva velatamente riferimento alla situazione politica: «Fratelli e sorelle, una nube nera ci ha coperti, ma non spaventatevi, perché questa passerà e una nube bianca verrà e noi risplenderemo come le pietre del fiume dopo la pioggia». Un fedele prese nota di quelle parole, che il regime non tardò a prendere come pretesto per eliminarlo.
Il giorno seguente, infatti, fu arrestato in casa del cugino: venne malmenato con tale violenza da rimanere con una sola scarpa ai piedi e senza il Breviario, che gli erano sfuggiti mentre veniva trascinato via.
Fu spintonato e bastonato per circa trenta chilometri, esposto alla pubblica umiliazione, fino al carcere di Koplik, nei pressi di Scutari. Lì fu torturato in vari modi e a più riprese: gli fu applicato del ferro rovente, subì scariche elettriche e venne quasi scorticato vivo, tanto da apparire irriconoscibile.



Il martirio
Nello stesso carcere erano rinchiusi altri sacerdoti, compresi padre Simon Cubani e padre Anton Luli, gesuita. Questi, la mattina del 29 luglio, non sentirono più le grida di dolore di don Aleksander, per cui padre Anton domandò alla guardia dove fosse: era stato da poco gettato nel pozzo nero (praticamente, una buca molto grande) dei bagni dei detenuti.
Il gesuita pregò allora la guardia di lasciarlo andare al bagno, anche se non era l’orario consentito; essendo trascorse le otto del mattino, avrebbe dovuto aspettare la sera.
La guardia comprese il motivo reale e, impietosita, lo accompagnò al pozzo: il liquame era ancora gorgogliante. Sconvolto, padre Anton si avvicinò, come se dovesse fare i bisogni: rapidamente tracciò un segno di croce su quel povero prete, che moriva soffocato in quel modo orribile e disumano.
Don Cubani aggiunse che don Aleksander e un altro prigioniero, don Pjetër Çuni, furono soffocati nella fossa nera, dopo aver pompato le loro budella con la pompa della macchina. Quando ai due sacerdoti, già immersi nel liquame, fu proposto di rinnegare la loro fede in cambio della vita, rifiutarono decisamente. A quel punto, uno dei persecutori spinse con un forcone le loro teste sotto la melma, mentre un altro sparava all’impazzata nella fogna.
Altre fonti hanno riferito che il martirio di don Aleksander sia avvenuto il 26 dicembre 1948, mentre quello di don Pjetër Çuni, molto probabilmente, risale al 31 luglio.



La fama di santità e la beatificazione
La chiesa parrocchiale di Boga fu trasformata in un forno per il pane, ma i compaesani di don Aleksander lo hanno sempre venerato di nascosto, considerandolo un martire. A 54 anni dalla sua uccisione, nella chiesa ripristinata al culto, gli hanno eretto una statua.
Compreso nell’elenco di 38 martiri uccisi sotto il regime comunista in Albania, capeggiati dal vescovo Vincenzo Prennushi e comprendenti anche don Pjetër Çuni, è stato beatificato il 5 novembre 2016 nella piazza davanti alla cattedrale di Santo Stefano a Scutari.




Evaristo de Constantinopla, Santo


Nacque in Galazia (Asia Minore) il 17 aprile 819 e fu battezzato con il nome di Sergio, era imparentato con un alto funzionario della Corte bizantina, che lo prese al suo servizio, quando Evaristo fu condotto dal padre a Costantinopoli verso l’842. 
Sergio accompagnò il suo benefattore in Bulgaria alla fine dell’842, inizio 843, dove doveva svolgere un incarico datogli dalla corte, ma strada facendo nel ritorno, lo lasciò dopo aver letto un passo di s. Efrem sul giudizio finale e si ritirò in Tracia presso anziani asceti. 
Rientrò a Costantinopoli, sei mesi dopo, andando nel monastero di ‘Studios’, il cui egumeno Neucrazio, gli diede l’abito, imponendogli il nome di Evaristo. 
Si distinse da giovane monaco per il suo fervore nella preghiera e per la sua austerità, gli furono date dapprima cariche subalterne, finché un nuovo abate (egumeno) s. Nicola, lo nominò subeconomo, funzione che tenne per dieci anni. 
Al tempo di Fozio (859) che aveva usurpato la carica di patriarca di Costantinopoli ad Ignazio, di cui Evaristo era sostenitore, dovette lasciare il monastero, stabilendosi in casa di un uomo caritatevole di nome Samuele. 
Lasciò questo rifugio per andare a curare il suo vecchio egumeno s. Nicola, ammalato in una località della Tracia, ritornò dal suo ospite quando il vecchio egumeno fu richiamato dall’imperatore; Samuele mise a disposizione dei due, a cui si aggiunsero molti altri monaci, la sua proprietà di Cocorobion. 
Ma i guai non erano finiti, per ordine imperiale fu internato nel monastero di ‘Studios’, ma non per molto, perché salito al trono, nel settembre 867, Basilio I, l’usurpatore Fozio fu deposto ed Evaristo ritornò libero. 
S. Nicola ritornò al monastero di ‘Studios’ fino alla morte avvenuta nell’868 ed Evaristo invece si stabilì a Cocorobion, divenendo egumeno, ingrandì il monastero ed edificò una bella chiesa dedicata alla Madonna (Theotokos), diresse il cenobio per 30 anni, morendo in pace la notte di Natale dell’897. 
La sua festa fu trasferita al 26 dicembre a causa della celebrazione del Natale.




Giovanni Orsíni, Beato


Giovanni Orsini nacque nel 1333 nella nobile famiglia dei Signori di Rivalta, presso Torino. Figlio di Guglielmo, ebbe numerosi fratelli, tra i quali Pietro che sarà anch’egli religioso. Giovanni condusse fin da ragazzo una vita esemplare, intraprese gli studi ecclesiastici, licenziandosi in legge. Fu investito della commenda dell’abbazia di Rivalta che, grazie all’affiliazione del 1266 ai cistercensi di Staffarla, era tornata al passato splendore. Molti membri della sua famiglia, lungo i secoli, ricopriranno tale incarico. Nobile tanto nei natali, quanto nell’animo, acquisì una profonda dottrina, era dedito alle opere buone, soccorreva i poveri e dedicava molto tempo alla predicazione e alle confessioni. Era il successore ideale per la cattedra di S. Massimo e nel 1364 fu eletto vescovo di Torino. Fu un pastore zelante, che unì la fermezza necessaria per svolgere il suo compito delicato in tempi assai complessi per la Chiesa, all’innata bontà. Nell’ampio territorio della diocesi erano molte le situazioni problematiche cui far fronte. Nel 1367 il pio prelato visitò la Val Susa e riscontrò che in molte parrocchie vi erano disagi a causa delle guerre e delle continue scorribande dei soldati. I predecessori avevano tentato di porvi rimedio, ma senza grandi risultati. Il 5 settembre 1368 inviò le lettere convocatorie per l’indizione di un sinodo che si celebrò nella chiesa maggiore di San Salvatore. Purtroppo non ci sono pervenuti gli atti anche se sappiamo che furono pubblicati nel 1403. Intraprese quindi la visita pastorale, iniziando dalle valli di Luserna e Angrogna dove maggiore era il pericolo della diffusione delle eresie. I valdesi, in particolare, provenienti dalla Francia, si erano stabiliti, sul principio del secolo precedente, nelle vallate di confine. Giovanni fece la visita con un inquisitore e diversi collaboratori. Si rivolgevano principalmente ai capi delle comunità, detti "barba", perché con la loro conversione era più facile convincerne i seguaci. In casi estremi, secondo le leggi del tempo, gli ostinati potevano essere puniti con la pena capitale. Era ancora vivo il ricordo dell’assassinio a Susa del beato Pietro da Ruffia, avvenuto proprio ad opera dei valdesi il 2 febbraio 1365, mentre Bricherasio fu teatro del martirio del beato Antonio Pavoni avvenuto la domenica in Albis del 1374. Il papa scrisse una lettera di incoraggiamento indirizzandola al Conte Amedeo e al vescovo Giovanni. Gli assassini furono in seguito catturati e giudicati. Tutti gli ecclesiastici erano tenuti a collaborare con l’inquisitore e il vescovo, fondamentalmente con la predicazione nelle chiede delle verità della fede. Emblematico è il caso di un chierese, Giacomo Bech, che il 21 agosto 1388, nel palazzo episcopale di Torino, fu ascoltato dall’Orsini, alla presenza dell’inquisitore. Era vissuto nei pressi di Firenze e a Perugia ed era entrato in contatto con una comunità di "apostolici", in parte originaria del torinese. Gli interrogatori erano fatti sia nel palazzo vescovile che nel "castrum" del Drosso, che era feudo episcopale e in cui abitualmente Giovanni risiedeva.
Importante fu l’aiuto che l’Orsini diede alle Clarisse di Carignano, come si evince in una patente del 3 giugno 1372 ove confermava alle monache i diritti acquisiti. Il loro monastero non era in buone condizioni e sorgeva in luogo non sicuro a causa delle guerre. Le suore ripararono in case private sotto la parrocchia di s. Remigio poi, quando fu possibile, decisero di ricostruire l’antico sito, contro il volere degli abitanti. Le religiose ricorsero al Conte Amedeo di Savoia e al vescovo Giovanni. Per motivi di giurisdizione contro la nuova costruzione insorse anche l’abate di Chiusa S. Michele. Le clarisse fecero ricorso a papa Gregorio XI che era in Avignone. Non presentandosi alcuno per conto dell’abate, fu data ragione all’operato del vescovo. Il medesimo abate fu protagonista di altre controversie per la giurisdizione delle parrocchie di Giaveno, Sant’Ambrogio, Prarostino e Carignano e mosse persino accuse al papa. Giovanni fu incaricato di mediare, ma si arrivò alla scomunica.
Grande preoccupazione del vescovo Orsini fu quella di contrastare una certa rilassatezza dei costumi nel clero e promulgò alcune norme perché gli ecclesiastici rispettassero i sacri canoni. Grazie al suo impegno riportò alla fede molti fedeli che se ne erano allontanati. La permanenza del papa ad Avignone, causava in alcune comunità delle divisioni. Erano i tristi tempi dello Scisma d’Occidente (che si sarebbe risolto solo nel 1415). Il cardinale Egidio Albornoz, che aveva il difficile compito di restaurare lo stato della Chiesa in Italia, nelle sue visite piemontesi, ebbe il sostegno morale ed economico di Giovanni. Il presule torinese collaborò al ritorno a Roma, seppur temporaneo, del Beato Papa Urbano V. Nel 1370 fu eletto papa Gregorio XI che tornò in Italia solo nel 1377 in un contesto più che mai complesso. Fu nominato antipapa Clemente VII che si stabilì ad Avignone. La Chiesa era spaccata in due. Giovanni, come gli altri presuli della Savoia e della Francia, sostenne Clemente.
Grande stima avevano per il “beato” Giacomo di Savoia e Guglielmo d’Acaja che lo nominò suo esecutore testamentario. Durante il suo lungo episcopato Giovanni fece importanti concessioni. Autorizzò gli abitanti di Fossano nel 1380 a riedificare la Collegiata di S. Maria e di S. Giovenale, mentre alle clarisse di Carignano, all’abate di Rivalta e al vicario di Lanzo condonò molti debiti. Nel 1395 approvò l’elezione di Aimone da Romagnano a preposito dei Canonici del Moncenisio. Dopo un lungo e fruttuoso episcopato, ben quarantasette anni, Giovanni morì nel giugno 1411. Fu sepolto in cattedrale, si diffuse la fama della sua santità e sul suo sepolcro si verificarono grazie, come venne registrato negli atti capitolari. In un documento del 21 febbraio 1438 si lamentava che dal sepolcro il popolo portava via gli ex-voto. Purtroppo le spoglie si persero nei lavori di ricostruzione della cattedrale fatti alla fine del secolo XV e forse per questo motivo il suo culto andò diminuendo e non fu mai confermato, anche se unanimemente tutti gli storici ne lodarono i meriti. In alcune cappelle di Rivalta fu effigiato con berretta cardinalizia e aureola. Nel duomo di Torino è oggi posta una lapide in un monumento cinquecentesco con un’epigrafe incisa nel 1892 che indica la presenza delle ceneri di un uomo le cui virtù sono note solo a Dio. Alcuni studiosi vi collocherebbero la tomba del vescovo di Rivalta mentre, a causa delle complesse vicende storiche della Chiesa di quei decenni, non è certa la nomina cardinalizia avvenuta nel 1388 e a legato apostolico alla corte del re Carlo VI.



Pagano de Lecco, Beato





Fu uno dei più illustri inquisitori domenicani del XIII secolo in Lombardia; in quel periodo buio della storia della Chiesa, dove sorsero tante eresie, inquinamenti della politica nelle controversie religiose, fanatismo, superstizione e soprattutto tanta violenza con torture di ogni specie e condanne a morte strazianti con il rogo, al punto che il termine Inquisizione, per secoli è stato simbolo di paura e obbrobrio, che facilmente viene imputato alla Chiesa ed ai suoi inquisitori dell’epoca.
L’Ordine Domenicano in particolare, fu chiamato ad ostacolare le eresie, esaminare le nuove teorie ed idee in materia di religione ed ortodossia della fede e fra loro vi furono confratelli dotti, che espletarono questo compito con discernimento e coscienza.
Alcuni di questi però pagarono con la vita, l’intolleranza che si era creata verso questa forma d’indagine o per affermare il proprio modo di vedere o di credere.
Fra questi martiri, il cui esempio più conosciuto è s. Pietro da Verona, è da annoverare il beato Pagano di Lecco domenicano, nativo appunto di Lecco nel XIII secolo, si formò nel convento di Bergamo, soggiornando anche per un lungo periodo in quello di Rimini, dove espletò il suo apostolato; si dice che ricevette l’abito dell’Ordine a Padova dallo stesso s. Domenico, ma ciò non è documentato.
Di certo si sa la sua attività di inquisitore, che svolse per mandato pontificio in Lombardia, Piemonte e Liguria, insieme ai confratelli Anselmo di Alessandria e Daniele di Giussano. Dalla sua residenza conventuale di Como, città dilaniata da scontri di fazioni civili, Pagano operò specialmente in Valtellina, condannando come eretico e portatore di eresia il nobile Corrado di Venosta, importante esponente politico-religioso.
Il 26 dicembre 1277, mentre lo conduceva prigioniero in altro luogo, venne assalito dai suoi complici a Mazzo di Valtellina e ferito a morte al capo ed al petto; insieme a lui furono uccisi due notai del tribunale e due guardie. Il suo corpo fu trasportato a Colorina e il 31 dicembre ebbe onoranze funebri a Como, venendo sepolto nella chiesa domenicana di S. Giovanni in Pedemonte, dove restò fino al 1810.
Le sue reliquie furono poste nella Cappella dell’Episcopio; nel 1932 dopo una ricognizione delle stesse, vennero trasferite nella Cappella del Seminario Maggiore; parte delle reliquie si trovano a Colorina, a Lecco e nella chiesa dell’ospedale di questa città.
Il Capitolo Generale dei Frati Predicatori, tenuto a Milano nel 1278, ne raccomandò il culto come martire e di trascriverne i miracoli. Papa Nicolò III ne esaltò la dedizione per la fede, in due documenti del 1° giugno 1278 e il 29 novembre 1279. 
Pagano di Lecco comunque non è da confondere con due domenicani omonimi, Pagano inquisitore in Lombardia e Pagano di Bergamo, autore di commenti biblici.






Pietro Boffet, Beato


Di origine francese, il Beato Pietro Boffet, ispirato alla grazia di Dio entrò nell'Ordine della Mercede dove per i suoi grandi progressi negli studi e nella pietà, acquistò buona reputazione. Fu per alcuni anni professore di Teologia, rinomato predicatore ed infine venne designato come redentore. Nel 1442 assieme a San Lorenzo Company mentre ritornavano da una redenzione in Africa, furono sorpresi da una grande tempesta che li riportarono nuovamente a Tunisi. Rinchiusi tutti quanti in prigione compreso loro due, durante la prigionia usavano tutti i danari che l'Ordine gli inviava per la loro liberazione, riscattando altri schiavi al loro posto. Dopo 10 anni di schiavitù, padre Boffet, godendo di una semilibertà, ricondusse alla fede un rinnegato, allora i mori spinti dal loro odio verso la religione cristiana, lo rimisero in carcere e dopo vari maltrattamenti abbracciò con gioia il martirio per il Signore nell'anno 1452.
L'Ordine lo festeggia il 26 dicembre








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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros







Natal no Porto - 2016



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