quinta-feira, 24 de março de 2016

Nº 2701 - (84 - 2016) - SANTOS DE CADA DIA - 24 DE MARÇO DE 2016 - OITAVO ANO











Caros Amigos:


Desejo a todos os meus leitores

UM BOM ANO DE 2016

Nº 2701 -  (84-2016) 

24 DE MARÇO DE 2016

SANTOS DE CADA DIA

8º   A N O



 miscelania 008

LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO

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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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QUINTA-FEIRA SANTA





Il giorno del Giovedì Santo è riservato a due distinte celebrazioni liturgiche, al mattino nelle Cattedrali, il vescovo con solenne cerimonia consacra il sacro crisma, cioè l’olio benedetto da usare per tutto l’anno per i Sacramenti del Battesimo, Cresima e Ordine Sacro e gli altri tre oli usati per il Battesimo, Unzione degli Infermi e per ungere i Catecumeni. 
A tale cerimonia partecipano i sacerdoti e i diaconi, che si radunano attorno al loro vescovo, quale visibile conferma della Chiesa e del sacerdozio fondato da Cristo; accingendosi a partecipare poi nelle singole chiese e parrocchie, con la liturgia propria, alla celebrazione delle ultime fasi della vita di Gesù con la Passione, morte e Resurrezione. 
Nel tardo pomeriggio c’è la celebrazione della Messa in “Cena Domini”, cioè la ‘Cena del Signore’. Non è una cena qualsiasi, è l’Ultima Cena che Gesù tenne insieme ai suoi Apostoli, importantissima per le sue parole e per gli atti scaturiti; tutti e quattro i Vangeli riferiscono che Gesù, avvicinandosi la festa degli ‘Azzimi’, chiamata Pasqua ebraica, mandò alcuni discepoli a preparare la tavola per la rituale cena, in casa di un loro seguace. 
La Pasqua è la più solenne festa ebraica e viene celebrata con un preciso rituale, che rievoca le meraviglie compiute da Dio nella liberazione degli Ebrei dalla schiavitù egiziana (Esodo 12); e la sua celebrazione si protrae dal 14 al 21 del mese di Nisan (marzo-aprile). 
In quella notte si consuma l’agnello, precedentemente sgozzato, durante un pasto (la ‘cena pasquale’) di cui è stabilito ogni gesto; in tale periodo è permesso mangiare solo pane senza lievito (in greco, azymos), da cui il termine ‘Azzimi’. 
Gesù con gli Apostoli non mangiarono solo secondo le tradizioni, ma il Maestro per l’ultima volta aveva con sé tutti i dodici discepoli da lui scelti e a loro parlò molto, con parole che erano di commiato, di profezia, di direttiva, di promessa, di consacrazione. 
Il Vangelo di Giovanni, il più giovane degli Apostoli, racconta che avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine, e mentre il diavolo già aveva messo nel cuore di Giuda Iscariota, il seme del tradimento, Gesù si alzò da tavola, depose le vesti e preso un asciugatoio se lo cinse attorno alla vita, versò dell’acqua nel catino e con un gesto inaudito, perché riservato agli schiavi ed ai servi, si mise a lavare i piedi degli Apostoli, asciugandoli poi con l’asciugatoio di cui era cinto. 
Si ricorda che a quell’epoca si camminava a piedi su strade polverose e fangose, magari sporche di escrementi di animali, che rendevano i piedi, calzati da soli sandali, in condizioni immaginabili a fine giornata. La lavanda dei piedi era una caratteristica dell’ospitalità nel mondo antico, era un dovere dello schiavo verso il padrone, della moglie verso il marito, del figlio verso il padre e veniva effettuata con un catino apposito e con un “lention” (asciugatoio) che alla fine era divenuto una specie di divisa di chi serviva a tavola. 
Quando fu il turno di Simon Pietro, questi si oppose al gesto di Gesù: “Signore tu lavi i piedi a me?” e Gesù rispose: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo”; allora Pietro che non comprendeva il simbolismo e l’esempio di tale atto, insisté: “Non mi laverai mai i piedi”. Allora Gesù rispose di nuovo: “Se non ti laverò, non avrai parte con me” e allora Pietro con la sua solita impulsività rispose: “Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!”. 
Questa lavanda è una delle più grandi lezioni che Gesù dà ai suoi discepoli, perché dovranno seguirlo sulla via della generosità totale nel donarsi, non solo verso le abituali figure, fino allora preminenti del padrone, del marito, del padre, ma anche verso tutti i fratelli nell’umanità, anche se considerati inferiori nei propri confronti. 
Dopo la lavanda Gesù si rivestì e tornò a sedere fra i dodici apostoli e instaurò con loro un colloquio di alta suggestione, accennando varie volte al tradimento che avverrà da parte di uno di loro, facendo scendere un velo di tristezza e incredulità in quel rituale convivio. 
“In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà”, gli Apostoli erano sgomenti e in varie tonalità gli domandarono chi fosse, lo stesso Giovanni il discepolo prediletto, poggiandosi con il capo sul suo petto, in un gesto di confidenza, domandò: “Signore, chi è?”. E Gesù commosso rispose: “È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò” e intinto un boccone lo porse a Giuda Iscariota, dicendogli: “quello che devi fare, fallo al più presto”; fra lo stupore dei presenti che continuarono a non capire, mentre Giuda, preso il boccone si alzò, ed uscì nell’oscurità della notte. 
Questa scena del Cenacolo è stata in tutti i secoli soggetto privilegiato di tanti artisti, che l’hanno efficacemente raffigurata, generalmente con Gesù al centro e gli Apostoli seduti divisi ai due lati, con Giovanni appoggiato col capo sul petto e con il solo Giuda seduto al di là del tavolo, di fronte a Gesù, che intinge il pane nello stesso piatto. L’atteggiamento di Gesù e degli Apostoli è sacerdotale, ma con i volti che tradiscono il dramma che si sta vivendo. 
Dopo l’uscita di Giuda, il quale pur ricevendo con il gesto cordiale e affettuoso il boccone intinto nel piatto, che in Oriente era segno di grande distinzione, non seppe capire, ormai in preda all’opera del demonio, l’ultimo richiamo che il Maestro gli faceva, facendogli comprendere che lui sapeva del tradimento ordito d’accordo con i sacerdoti e del compenso pattuito dei trenta denari; Gesù rimasto con gli undici discepoli riprese a colloquiare con loro. 
I discorsi che fece, nel Vangelo di S. Giovanni, occupano i capitoli dal 13 al 17, con argomenti distinti ed articolati, dagli studiosi definiti ad ‘ondate’ perché essi sono ripresi più volte e in forme sempre nuove; ne accenneremo i più importanti. 
“Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri”. 
E a Pietro che insisteva di volerlo seguire, assicurandogli che era disposto a dare la sua vita per lui, Gesù rispose: “Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte”. 
Il discorso di Gesù prosegue con una promessa “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Io vado a prepararvi un posto; ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”. 
Il concetto del ‘posto’ o della casa che ci aspetta, risente dell’antica concezione che si aveva dell’aldilà, come una abitazione dove i defunti prendevano posto. Così nell’Apocalisse, il cielo era immaginato come una casa al cui centro stava il trono di Dio, circondato dalla corte celeste e dalle dimore dei giusti e dei santi. Anche nei testi rabbinici si legge che le anime saranno introdotte nell’aldilà, in sette dimore distinte per i giusti e sette per gli empi. 
A Tommaso che gli chiede: “Se non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?”, Gesù risponde con un’altra grande rivelazione: “Io sono la Via, la Verità, la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. E a Filippo che chiede di mostrare loro il Padre, Gesù ribadisce la profonda unità e intimità fra lui e Dio Padre. 
Le sue parole e le sue opere di salvezza sono animate e sostenute dal Padre, che parla e opera nel Figlio. A questo punto Gesù, per la prima delle cinque volte che pronuncierà nei suoi discorsi di quella sera, nomina il ‘Consolatore’ traduzione del termine greco “paraklitos” (Paraclito), che solo nel Vangelo di Giovanni designa lo Spirito Santo; cioè il dono dello Spirito che sostiene nella lotta contro il male e che rivela la volontà divina; riservato ai credenti e che continuerà l’opera di Gesù dopo la sua Risurrezione. 
“Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. Non come la dà il mondo, io la dò. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi…”. 
I Vangeli di Matteo, Marco e Luca dicono poi che “Gesù mentre mangiava con loro, prese il pane e pronunciata la benedizione, lo spezzò e lo distribuì agli apostoli dicendo: “Prendete questo è il mio corpo”, poi prese il calice con il vino, rese grazie, lo diede loro dicendo: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti”. 
Gesto strano, inusuale, forse non subito capito dagli Apostoli, ma che conteneva il dono più prezioso che avesse potuto fare all’umanità: sé stesso nel Sacramento dell’Eucaristia e con il completamento della frase: “fate questo in memoria di me”, riportata da Luca 22,19, egli istituiva il sacerdozio cristiano, che perpetuerà nei secoli futuri il sacrificio cruento di Gesù, nel sacrificio incruento celebrato ogni giorno ed in ogni angolo della Terra, con la celebrazione della Messa. 
Inoltre rivolto a Pietro, ancora una volta lo indica come capo della futura Chiesa e primo fra gli Apostoli: “Simone, Simone, ecco: Satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede; e tu una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli”, cioè di essere da sostegno agli altri nella fede; con ciò Gesù è sempre con lo sguardo rivolto oltre la sua morte e delinea il futuro della Chiesa. 
Nel prosieguo del suo discorso, Gesù ammaestra gli Apostoli con altra similitudine, quella della vite e dei tralci: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto…. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neppure voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla…”. 
Poi preannuncia le persecuzioni e le sofferenze che saranno loro inflitte per causa sua: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me… Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono Colui che mi ha mandato”. “ Vi scacceranno dalle sinagoghe, anzi verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà, crederà di rendere culto a Dio”. 
Infine dopo altre frasi di consolazione e rassicurazione dell’aiuto del Padre attraverso di Lui, Gesù conclude la lunga cena, con quella che nel capitolo 17 del Vangelo di S. Giovanni, è stata chiamata da s. Cirillo di Alessandria “la preghiera sacerdotale”, vertice del testamento spirituale, racchiuso nei ‘discorsi d’addio’ fatti quella sera. 
È una bellissima invocazione al Padre per raccomandargli quegli uomini, capostipiti di una nuova Chiesa, che hanno creduto in lui, tranne uno, perché veramente Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, e lo hanno seguito lungo quegli anni, assimilato i suoi insegnamenti, disposti con l’aiuto dello Spirito, a proseguire il suo messaggio di salvezza. 
Ecco perché la Chiesa celebra oltre l’Istituzione dell’Eucaristia, anche l’Istituzione dell’Ordine Sacro; è la “festa del sacerdozio cristiano” e della fondazione della Chiesa. 
Per concludere queste note sul Giovedì Santo, ricordiamo che Gesù dopo la cena, si ritirò nell’Orto degli Ulivi, luogo abituale delle sue preghiere a Gerusalemme, in compagnia degli Apostoli, i quali però stanchi della giornata, delle forti emozioni, della cena, dell’ora tarda, si addormentarono; più volte furono svegliati da Gesù, che interrompeva la sua preghiera: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”; “Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”; “Basta, è venuta l’ora: ecco il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori: alzatevi e andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino”. 
Era cominciata la ‘Passione’ che la Chiesa ricorda il Venerdì Santo; i riti liturgici del Giovedì Santo si concludono con la reposizione dell’Eucaristia in un cappella laterale delle chiese, addobbata a festa per ricordare l’Istituzione del Sacramento; cappella che sarà meta di devozione e adorazione, per la rimanente sera e per tutto il giorno dopo, finché non iniziano i riti del pomeriggio del Venerdì Santo. 
Tutto il resto del tempio viene oscurato, in segno di dolore perché è iniziata la Passione di Gesù; le campane tacciono, l’altare diventa disadorno, il tabernacolo vuoto con la porticina aperta, i Crocifissi coperti. 
Nella devozione popolare dei miei tempi di ragazzo, le madri raccomandavano ai figli di non giocare, di non correre o saltare, perché Gesù stava a terra nel “sepolcro”, nome erroneamente scaturito al tempo del Barocco e indicante l’”altare della reposizione”, dove è posta in adorazione l’Eucaristia.

TIMOLAU, DIONÍSIO, PÁUSIDES, RÓMULO, ALEXANDRE e outro ALEXANDRE, AGÁPIO e outro DIONÍSIO, Santos



Em Cesareia da Palestina, os santos mártires TIMOLAU, DIONÍSIO, PÁUSIDES, RÓMULO, ALEXANDRE e outro ALEXANDRE que, durante a perseguição do imperador Diocleciano conduzidos de mãos atadas aio prefeito Urbano, confessaram ser cristãos e, poucos dias depois, foram decapitados com os companheiros AGÁPIO e outro DIONÍSIO merecendo assim as coroas da vida eterna. (303)



SECÚNDULO ou SECUNDINO, Santo

Na Mauritânia, no território actual da Argélia, Santo SECÚNDULO ou SECUNDINO que sofreu o martírio pela fé em Cristo. (data incerta)

MAC CAIRTHIND, Santo



Em Clogher, na Hibérnia, hoje Irlanda, São MAC CAIRTHIND bispo que é considerado discípulo de São PATRÍCIO. (séc. V)

SEVERO, Santo



Em Catânia, na Sicília, Itália, São SEVERO bispo. (814)

JOÃO DEL BASTONE, Santo


Em Fabriano, no Piceno, hoje Marcas, Itália, o Beato JOÃO DEL BASTONE presbitero e monge companheiro de São SILVESTRE abade. (1290)

CATARINA, Santa


Em Valdstena, na Suécia, Santa CATARINA virgem, filha de Santa Brígida que dada em casamento contra a sua vontade, conservou a virgindade de comum acordo com seu esposo e, após a morte dele, se consagrou à vida de piedade. Peregrina de Roma e da Terra Santa, trasladou os restos mortais de sua mãe para a Suécia e depositou-os no mosteiro de Valdstena, onde ela mesmo tomou o hábito monástico. (1381)

DIOGO JOSÉ DE CÁDIS (Francisco José López-Caamaño), Beato


Em Ronda, Andaluzia, Espanha, o Beato DIOGO JOSÉ DE CÁDIS (Francisco José López-Caamaño) presbitero da Ordem dos Frades Menores Capuchinhos, pregador insigne e intrépido defensor da liberdade da Igreja. (1801)


MARIA SERAFINA DO SAGRADO CORAÇÃO 
(Clotilde Michele), Beato



Em Faicchio, Benevento, Itália, a Beata MARIA SERAFINA DO SAGRADO CORAÇÃO (Clotilde Michele) virgem fundadora da Congregação das Irmãs dos Anjos, Adoradoras da Santíssima Trindade. (1911)


MARIA KARLOWSKA, Beata

   

Em Pniewite, junto de Gdansk, Polónia, a beata MARIA KARLOWSKA virgem que, para reconduzir as jovens e mulheres indigentes e de vida dissoluta à dignidade de filhas de Deus, fundou a Congregação das Irmãs do Divino Pastor da Divina Providência. (1935)

...e AINDA  ...

ALDEMARO DE BUCCHIANICO, Santo

Benedettino, originario di Capua, dopo essere stato per alcuni anni monaco a Montecassino, fu nominato, benché ancora diacono, rettore del monastero di San Lorenzo di Capua, edificato dalla principessa Aloara, vedova di Pandolfo Testa di Ferro, verso il 982. La fama di santità e i miracoli che vi compì indussero l'abate Aligerno (949-86) a richiamarlo a Montecassino. Nacque allora una grossa lite tra la principessa e l'abate, per troncar la quale Aldemaro fuggì a Boviano. Qui operò ancora miracoli: tra l’altro guarì un canonico da grave malatt1a; sfuggì miracolosamente all’attentato di un tale, irritato per una donazione di terre fatta dal fratello al Santo. Più tardi fu ordinato sacerdote

BERNOLFO, Santo


Le fonti relative alla vita di San Bernolfo, presunto vescovo della diocesi piemontese di Mondovì, sono assai scarse e sono principalmente di carattere cultuale. Nel 1514, durante la consacrazione dell’altare maggiore della cattedrale, il vescovo Lorenzo Fieschi ricordava di aver ivi collocato le reliquie di San Donato, cui l’edificio era dedicato, e di San Bernolfo martire


BERTRADA DE LAON, Beata


Tanto è celebre il figlio, tanto è caduta nell’oblio della storia la madre. Trattasi della Beata Bertrada (o Berta) di Laon, madre dell’imperatore San Carlo Magno. Nata nel 726, sposa dunque di Pipino il Breve, fu regina dei Franchi. Morì il 12 luglio 783 e venne inumata a Saint-Denis, ove la sua tomba, fatta restaurare dal re francese San Luigi IX, porta come unica iscrizione “Berta, mater Caroli Magni”. Gli storici dicono che il grande imperatore nutrisse nei confronti di sua madre una tenerezza rispettosa e che ascoltassi i suoi consigli con una certa deferenza. Nulla di certo sappiamo circa le esatte origini di Bertrada: secondo alcuni era figlia di Cariberto, conte di Laon, mentre altri la riterrebbero addirittura figlia di un imperatore di Costantinopoli. E’ però risaputo come i re franchi si preocupassero poco delle origini più o meno illustri delle loro spose e nessuno si è mai occupato di scoprire verosimilmente donde venisse la regina Berta, visto che anche l’antica poesia eroica e varie leggende tralasciarono la questione. Il suo culto quale “beata” ha carattere prettamente locale. Talvolta è nota come “Berta La Pia”. E’ considerata patrona delle filatrici. La sua festa ricorre al 24 marzo




ÓSCAR ARNULFO ROMERO GALDÁMEZ, Beato


“Non ho la vocazione di martire”, confida, anche se predica che “uno non deve mai amarsi al punto da evitare ogni possibile rischio di morte che la storia gli pone davanti. Chi cerca in tutti i modi di evitare un simile pericolo, ha già perso la propria vita”.
Oscar Arnulfo Romero nasce il 15 marzo 1917 a Ciudad Barrios di El Salvador; ordinato il 4 aprile 1942 a Roma dove sta studiando, quando torna in patria, gli trovano un posto in parrocchia; poi diventa rettore del seminario interdiocesano di San Salvador, direttore di riviste pastorali e segretario della Conferenza Episcopale dell'America Centrale e di Panama. È un uomo che conta, conosciuto per la sua posizione conservatrice e tradizionalista, spiritualmente molto vicino all’Opus Dei


SIMONINO ou SIMÃO, Beato


Anche se la festa liturgica di questa singolare figura di beato fanciullo è stata eliminata nel 1965, vale la pena di ricordarla per le implicazioni sociali e religiose che dal lontano 1475 aveva impresso nella società trentina. 
Il piccolo Simone, chiamato poi nei secoli Simonino, figlio del conciacapelli Andrea (parrucchiere dell’epoca), all’età di due anni e mezzo, scomparve misteriosamente la sera del 23 marzo 1475, ricorrenza del giovedì santo e il suo corpo dopo convulse ricerche fu ritrovato la mattina del 26 nel giorno di Pasqua, in condizioni strazianti, in un fosso d'acqua che attraversava lo scantinato della casa, di uno dei maggiori rappresentanti degli ebrei di Trento


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miscelania 003


Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros









































Blogue: SÃO PAULO (e Vidas de Santos) -  http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com

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