sexta-feira, 25 de março de 2016

Nº 2702 - (85 - 2016) - SANTOS DE CADA DIA - 25 DE MARÇO DE 2016 - OITAVO ANO









Caros Amigos:


Desejo a todos os meus leitores

UM BOM ANO DE 2016

Nº 2702 -  (85-2016) 

25 DE MARÇO DE 2016

SANTOS DE CADA DIA

8º   A N O



 miscelania 008

LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO

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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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SEXTA-FEIRA SANTA DA PAIXÃO DO SENHOR



Quante e quante volte i nostri occhi si sono posati su un Crocifisso o una semplice croce, in questo mondo distratto, superattivo, superficiale?
Quante volte entrando in una chiesa o passando davanti a delle edicole religiose agli angoli delle strade, sui sentieri di campagna o di montagna, o mettendola al collo sia per devozione, sia per moda, i nostri occhi hanno visto la Croce; quante volte sin da bambini ci siamo segnati con il segno della Croce, recitando una preghiera o guardando il Crocifisso appeso alla parete della nostra stanza da letto, iniziando e terminando così la nostra giornata.
La Croce simbolo del cristianesimo, presente nella nostra vita sin dalla nascita, nei segni del rito del Battesimo, nell’assoluzione nel Sacramento della Penitenza, nelle benedizioni ricevute e date in ogni nostro atto devozionale e sacramentale; fino all’ultimo segno tracciato dal sacerdote nel Sacramento degli Infermi, nella croce astile che precede il funerale e nella croce di marmo o altro materiale, poggiata sulla tomba.
Così presente nella nostra vita e pur tante volte ignorata e guardata senza che ci dica niente, con occhio distratto e abituato; eppure la Croce è il supremo simbolo della sofferenza e della morte di Gesù, vero Dio e vero uomo, che con il Suo sacrificio ci ha riscattato dalla morte del peccato, indicandoci la vera Vita che passa attraverso la sofferenza.
Gesù stesso con le Sue parabole insegnò che il seme va sotterrato, marcisce e muore, per dare nuova vita alla pianta che da lui nascerà.
In tutta la vicenda umana e storica di Gesù, la “Passione” culminata nel Venerdì Santo, designa da sempre l’insieme degli avvenimenti dolorosi che lo colpirono fino alla morte in croce. E questo insieme di atti progressivi e dolorosi prese il nome di “Via Crucis” (pratica extraliturgica, introdotta in Europa dal domenicano beato Alvaro, (†1402), e dopo di lui dai Frati Minori Francescani); che la Chiesa Cattolica, ricorda in ogni suo tempio con le 14 ‘Stazioni’; quadretti attaccati alle pareti, oppure lungo i crinali delle colline dove sorgono Santuari, meta di pellegrinaggi; con edicole, gruppi statuari o cappelle, che invitano alla meditazione e penitenza; in ognuna di queste ‘Stazioni’ sono raffigurati con varie espressioni artistiche, momenti della dolorosa “Via Crucis” e Passione di Gesù; espressione di alta simbologia ed arte, sono ad esempio i Sacri Monti come quelli di Varallo e di Varese, e i celebri Calvari bretoni.
La “Passione” di Gesù cominciò dopo l’Ultima Cena tenuta con gli Apostoli, dove Egli diede all’umanità il dono più grande che si potesse: sé stesso nel Sacramento dell’Eucaristia, inoltre l’istituzione del Sacerdozio cristiano e la grande lezione di umiltà e di amore verso il prossimo con la lavanda dei piedi dei Dodici Apostoli.
I Vangeli raccontano gli avvenimenti in modo abbastanza preciso e concorde; nella primavera dell’anno 30, Gesù discese con i suoi discepoli dalla Galilea a Gerusalemme, in occasione della Pasqua ebraica, l’annuale “memoriale” della prodigiosa liberazione del popolo ebreo dall’Egitto.
Qui tenne l’Ultima Cena, dove di fatto fu sostituito il vecchio “memoriale” con il nuovo, da rinnovare nel tempo fino al suo ritorno: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi”; “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue che viene versato per voi”; “Fate questo in memoria di me!”.
Nella “redenzione dal peccato” si deve ricercare in buona parte, il senso della ‘Passione’ di Cristo e di questo trattano i racconti evangelici, nel susseguirsi degli avvenimenti che seguirono l’Ultima Cena; è bene ricordare che lo stesso Gesù preannunziò ciò che sarebbe accaduto ai suoi discepoli per ben tre volte, preparandoli al suo destino di sofferenze e di gloria; in particolare la terza volta (Luca 18, 31-33).
Ma il suo sacrificio, è presentato nei Vangeli anche come l’attuazione della parola dei profeti, contenuta nelle Scritture e si delinea una grande verità, consegnandosi mite e benevole nelle mani di uomini che faranno di lui quello che vorranno, l’”Agnello di Dio” ha preso su di sé e ha ‘tolto’ il peccato del mondo (Giovanni 1,29).
Per questo si nota che nel racconto evangelico della Passione, ogni atto è presentato come malvagio, ingiusto e crudele; anche tutti coloro che intervengono nei confronti di Gesù sono cattivi o meglio peccatori, come una sequenza impressionante dei peccati degli uomini contro di Lui.
È necessario che il male ed il peccato si scateni contro Gesù, portandolo fino alla morte e dando la sensazione di aver vinto il Bene; finché con la Sua Resurrezione alla fine si vedrà che la vittoria finale sul male, è la sua.
La ‘Passione’ si svolge con una sequenza di immagini drammatiche, prima di tutto il tradimento di Giuda, che lo vende e lo denuncia con un bacio nel giardino posto al di là del torrente Cedron, dove si era ritirato a pregare con i suoi discepoli, e dove Gesù, aveva avuto la visione angosciante della prossima fine, sudando sangue e al punto di chiedere al Padre di far passare, se era possibile, questo calice amaro di sofferenza, ma nel contempo accettò di fare la Sua volontà.
Segue l’arresto notturno da parte dei soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei; Gesù subisce l’interrogatorio di Anna, ex sommo sacerdote molto potente e suocero del sommo sacerdote in carica Caifa; poi il giudizio del Sinedrio giudaico capeggiato da Caifa, che formula ad ogni costo un’accusa che consenta la sua condanna a morte, che però per la legge vigente a Gerusalemme, non poteva essere attuata dalle autorità ebraiche.
Nel contempo si concreta il triplice rinnegamento del suo primo discepolo Pietro; poi Gesù viene condotto dal governatore romano Ponzio Pilato, accusato di essersi proclamato re dei Giudei, commettendo quindi un delitto di lesa maestà verso l’imperatore romano.
Nel confronto con Pilato, Gesù afferma la sua Regalità; nonostante che non si ravvisa in lui colpa alcuna, l’attaccamento al potere, la colpevole viltà del governatore, non fanno prendere una decisione a Pilato, che secondo il Vangelo di Luca (23,6) non volendo pronunciarsi, lo manda da re Erode, presente in quei giorni a Gerusalemme; il quale dopo un’inutile interrogatorio e istigato dai sommi sacerdoti e scribi, lo schernisce insultandolo, poi rivestito di una splendida veste lo rimanda da Pilato.
Ancora una volta Pilato titubante chiede al popolo che colpa ha quest’uomo, perché lui non ne trova; alle grida di condanna lo fa flagellare, pensando che così si calmassero, ma questi gridarono sempre più forte di crocifiggerlo; allora Pilato secondo le consuetudini locali, potendo liberare un prigioniero in occasione della Pasqua, chiese al popolo se intendevano scegliere fra Gesù e un ribelle prigioniero di nome Barabba, che aveva molti morti sulla coscienza, ma anche in questa scelta il popolo si espresse gridando a favore di Barabba.
Non potendo fare altro, il governatore simbolicamente si lavò le mani e condannò a morte Gesù, tramite la crocifissione, pena capitale praticata in quell’epoca e lo consegnò ai soldati.
I soldati con feroce astuzia, posero sul capo di Gesù, schernendolo, una corona di spine pungenti e caricarono sulle sue spalle, già straziate da una lacerante flagellazione, il “patibulum”, avviandosi verso la collina del Golgota o Calvario, luogo dell’esecuzione.
La “Via Crucis” di Gesù presenta alcuni incontri non tutti riportati concordemente dai quattro evangelisti, come l’incontro con Simone di Cirene, obbligato dai soldati a portare la croce di Gesù o a condividerne il peso; l’incontro con le donne di Gerusalemme alle quali dice con toni apocalittici di piangere su loro stesse; l’incontro con la Veronica, le cadute sull’erta salita.
Arrivati sulla cima del calvario, viene dai soldati spogliato delle sue vesti, che vennero tirate a sorte fra gli stessi soldati, poi crocifisso con chiodi alla croce, tortura orribile e atroce, che conduce Gesù alla morte dopo qualche ora, sempre fra insulti e offese, alla fine invece di spezzargli le gambe per accelerarne la morte per soffocamento, essendo già morto, la lancia di un centurione gli perforerà il costato per accertarsene.
C’è ancora tutta una serie di episodi che si verificano prima e dopo la sua morte, come il suicidio di Giuda, lo scambio di parole con i due ladroni, crocifissi anche loro in quell’occasione, lo squarcio del Velo del Tempio di Gerusalemme, il terremoto, lo sconvolgimento degli elementi atmosferici, la presenza ai piedi della Croce di Maria sua madre, di Maria di Magdala (Maddalena), di Maria di Cleofa, madre di Giacomo il Minore e Giuseppe, di Salome madre dei figli di Zebedeo e da Giovanni il più giovane degli apostoli; l’affidamento reciproco fra Maria e Giovanni; le sue ultime parole prima di morire.
La ‘Passione’ si conclude, dopo la deposizione affrettata per l’approssimarsi della festività del sabato, con la sepoltura del suo corpo mortale in una tomba data da Giuseppe d’Arimatea, anche lui diventato suo discepolo, avvolto in un candido lenzuolo e cosparso degli oli e aromi usuali, poi la tomba scavata nella roccia, venne chiusa da una grossa pietra.
In questo contesto finale s’inserisce l’esistenza e la venerazione per la Sacra Sindone, conservata nel Duomo di Torino, prova tangibile dei patimenti e del metodo crudele subito da Gesù per la crocifissione.
Dato il poco spazio disponibile, si è dovuto necessariamente essere veloci nel descrivere praticamente la ‘Passione di Nostro Signore’, ma questo storico evento lo si può meditare ampliamente, partecipando ai riti della Settimana Santa, che da millenni la Chiesa cattolica e le altre Chiese Cristiane celebrano.
Aggiungiamo solo che Gesù ha voluto con la sofferenza e la sua morte, prendere su di sé le sofferenze e i dolori di ogni genere dell’umanità, quasi un “chiodo scaccia chiodo”; indicando nel contempo che la sofferenza è un male necessario, perché iscritto nella storia di ogni singolo uomo, come lo è la morte del corpo, come conseguenza del peccato, ma essa può essere trasformata in una luce di speranza, di compartecipazione con le sofferenze degli altri nostri fratelli, che condividono con noi, ognuno nella sua breve o lunga vita terrena, il cammino verso la patria celeste.
Questo concetto e valorizzazione del dolore fu nei millenni cristiani, ben compreso ed assimilato da tante anime mistiche, al punto di non desiderare altro che condividere i dolori della ‘Passione’; ottenendo da Cristo di portare nel loro corpo i segni visibili e tormentati di tanto dolore; come pure per tanti ci fu il sacrificio della loro vita, seguendo l’esempio del Redentore, per l’affermazione della loro fede in Lui e nei suoi insegnamenti.
Ecco allora la schiera immensa dei martiri che a partire sin dai primi giorni dopo la morte di Gesù e fino ai nostri giorni, patirono e morirono violentemente, con metodi anche forse più strazianti della crocifissione, come quello di essere dilaniati vivi dalle belve feroci; bruciati vivi sui roghi; fatti a pezzi dai selvaggi nelle Missioni; scorticati vivi, ecc.
Poi riferendoci a quando prima accennato ai segni della ‘Passione’ sul proprio corpo, solo per citarne qualcuno: Le Stimmate di s. Francesco di Assisi, di s. Pio da Pietrelcina, la spina in fronte di s. Rita da Cascia, ecc.
La triste e dolorosa vicenda della ‘Passione’, ha ispirato da sempre la pietà popolare a partecipare ai riti del Venerdì Santo, con manifestazioni di grande suggestione e penitenza, con le processioni dei ‘Misteri’, grandi e piccole raffigurazioni, con statue per lo più di cartapesta, dei vari episodi della ‘Via Crucis’, in particolare l’incontro di Gesù che trasporta la croce con sua madre e le pie donne; oppure con Gesù morto, condotto al sepolcro, seguito dall’effige della Vergine Addolorata.
In tutte le chiese, a partire dal Colosseo con il papa, si svolgono le ‘Vie Crucis’, anche per le strade dei Paesi e nei rioni delle città; in alcuni casi per secolare tradizione esse sono svolte da fedeli con i costumi dell’epoca e giungono fino ad una finta crocifissione; in altri casi da secoli si svolgono cortei penitenziali di Confraternite con persone incappucciate o no, che si flagellano o si pungono con oggetti acuminati e così insanguinati proseguono nella processione penitenziale, come nella celebre penitenza di Guardia Sanframondi.
Ci vorrebbe un libro per descriverle tutte, ma non si può dimenticare di citare i riti barocchi del Venerdì Santo di Siviglia.
Alla ‘Passione’ di Gesù è associata l’immagine della Vergine Addolorata, che i più grandi artisti hanno rappresentato insieme alla Crocifissione, ai piedi della Croce, o con Cristo adagiato fra le sue braccia dopo la deposizione, come la celebre ‘Pietà’ di Michelangelo, il ‘Compianto sul Cristo morto’ di Giotto, la ‘Crocifissione’ di Masaccio, per citarne alcuni.
Il soggetto della ‘Passione’, ha continuato ad essere rappresentato anche con le moderne tecnologie, le quali utilizzando attori capaci, scenografie naturali e drammaticità delle espressioni dolorose; ha portato ad un più vasto pubblico nazionale ed internazionale l’intera vicenda terrena di Gesù.
È il caso soprattutto del cinema, con tanti filmati di indubbio valore emotivo, come “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini; il “Gesù di Nazareth” di Franco Zeffirelli, la serie di quelli storici e colossali, come “Il Re dei re”, “La tunica”, ecc. fino all’ultimo grandioso per la sua drammaticità “La Passione di Cristo” di Mel Gibson.
Inoltre la televisione presente ormai in ogni casa, ha riproposto ad un pubblico ancor più vasto le produzioni televisive ed i tanti films con questo soggetto, che per questioni economiche e per la crisi delle sale cinematografiche, non sarebbero stati più visti.
Il Venerdì Santo è il giorno della Croce, di questo simbolo che è di guida ai cristiani e nel contempo tiene lontani altri da questa religione, che per tanti versi ha al suo centro il dolore e la sofferenza, seppure accettata e trasfigurata; e si sa che a nessuno piace soffrire e tutti vorrebbero tendere alla felicità senza prima soffrire.

A conclusione si riportano i soggetti delle XIV Stazioni della Via Crucis:
I = Il processo e la condanna;
II = Il carico sulle spalle della croce;
III = La prima caduta;
IV = L’incontro con la Madre;
V = L’aiuto del Cireneo;
VI = L’incontro con la Veronica;
VII = Seconda caduta;
VIII = L’incontro con le donne di Gerusalemme;
IX = Terza caduta;
X = Gesù denudato e posto sulla croce;
XI = La crocifissione;
XII = La morte in Croce;
XIII = La deposizione;
XIV = La sepoltura nella tomba.



DIMAS, o Bom Ladrão, Santo



Comemoração do santo ladrão, chamado "DIMAS" segundo a tradição, que na cruz professou a fé em Cristo e mereceu ouvir d'Ele estas palavras: «Hoje estarás comigo no paraíso». 



DULA, Santo

Em Nicomédia, na Bitínia hoje Izmit, Turquia, São DULA mártir. (data incerta)

QUIRINO, Santo



Em Roma, no cemitério de Ponciano, junto à Via Portuense, São QUIRINO mártir. (data incerta)

MATRONA, Santa



Em Tessalónica, Macedónia, hoje Grécia, Santa MATRONA mártir que, sendo serva de uma mulher da Judeia secretamente seguia a fé de Cristo; descoberta pela sua senhora, foi atormentada com vários suplícios; finalmente, flagelada até à morte, confessando o nome de Cristo entregou incorrupto o seu espírito a Deus. (data incerta)

MONA, Santo


Em Milão, na Trasnpadânia hoje na Lombardia, Itália, São MONA bispo. (300)

HERMELANDO, Santo


Na ilha de Indre, próximo de Nantes, França, Santo HERMELANDO que passou da corte régia ao mosteiro de Fontenelle e depois foi o primeiro abade do mosteiro do lugar. (720)

NICODEMOS. Santo


Em Mâmmola, próximo de Gerace, na Calábria, Itália, São NICODEMOS eremita, que foi mestre da vida monástica, insigne pela sua austeridade e grandes virtudes. (990)


PROCÓPIO, Santo


Em Sazáva, na Boémia, hoje Chéquia São PROCÓPIO que, deixando a esposa e o filho se consagrou à vida eremítica depois erigiu o mosteiro por ele fundado neste lugar e celebrou os louvores divinos no rito grego e em língua eslava. (1053)


EVERARDO, Santo



Em Schaffhausen, na Suábia, hoje Alemanha, o Beato EVERARDO conde de Nellenburg, que abraçou a vida monástica no cenóbio de Todos os Santos por sua intervenção construído. (1078)


TOMÁS, Beato


Em Costacciaro, na Úmbria, Itália, o Beato TOMÁS eremita que passou 65 anos de vida anacorética e ensinou outros a seguir o mesmo caminho espiritual. (1337)


MARGARIDA CLITHEROW, Santa


Em York, Inglaterra, Santa MARGARIDA CLITHEROW mártir, que com o assentimento do esposo, aderiu à fé católica, nela educou os filhos e se prontificou a esconder em sua casa os sacerdotes perseguidos; por isso foi presa várias vezes no treinado de Isabel I, e recusando defender a causa no tribunal, para quie não pesasse sobre a consciência dos conselheiros do juiz o remorso de uma condenação à morte, foi esmagada sob um enorme peso até à morte por Cristo. (1586)


JAIME BIRD, Beato



Em Winton, Inglaterra, o Beato JAIME BIRD mártir que, sob o governo da mesma rainha, com  19 anos de idade e, recentemente convertido à fé católica, por ter recusado participar numa liturgia herética mereceu entrar na celebração do culto celeste. (1592)


LÚCIA FILIPPÍNI, Santa


Em Montefiascone, na Toscana, hoje no Lácio, Itália, Santa LÚCIA FILIPPÍNI fundadora do Instituto das Piedosas Mestras destinado a promover a formação das jovens e mulheres principalmente as mais pobres. (1732)


MARIA ROSA FLESCH (Margarida Flesch), Beata


Em Niederweinigen, próximo de Essen, na Alemanha, a Beata MARIA ROSA FLESCH (Margarida Flesch) virgem, fundadora do Instituto das Irmãs Franciscanas de Santa Maria dos Anjos,. (1906)


PLÁCIDO RICCÁRDI, Beato


Em Roma, junto de São Paulo, na Via Ostiense, o Beato PLÁCIDO RICCÁRDI presbitero da Ordem de São Bento que, atormentado por contínuas febres, enfermidades e paralisia, seguiu indefectivelmente a observância regular e a oração e ensinou aos outros a mesma atitude exemplar. (1915)


JOSAFATA (Miquelina Hordáshevska), Beata


Em Chervonohrad, cidade próxima de L'viv, na Ucrânia, a Beata JOSAFATA (Miquelina Hordáshevska) virgem que no Instituto das Irmãs Servas de Maria Imaculada por ela fundado se dedicou a fazer o bem onde houvesse maior necessidade. (1919)


MARIA ALFONSINA DANIL GHATTAS, Beata


Em Ein Keren, próximo de Jerusalém, a Beata MARIA ALFONSINA DANIL GHATTAS virgem fundadora da Congregação das Irmãs Dominicanas do Santíssimo Rosário de Jerusalém. (1927)

EMILIANO ou OMELJAN KOVC, Beato


Em Majdanek, próximo de Lublin, Polónia, o Beato EMILIANO ou OMELJAN KOVC presbitero e mártir que, durante a guerra deportado para um campo de concentração pelo combate da fé alcançou a vida eterna. (1944)


HILÁRIO JANUSZEWSKI, Beato


No campo de concentração de Dachau, Munique, Baviera, Alemanha, o Beato HILÁRIO JANUSZEWSKI presbitero da Ordem dos Irmãos Descalços de Nossa Senhora do Carmo e mártir, que, durante a guerra, deportado da Polónia para um cárcere estrangeiro pelo nome de Cristo, morreu contagiado pela tuberculosa na assistência aos enfermos deixando um insigne testemunho da fé e caridade. (1945)




...e AINDA  ...

ANDREA LAURENZO, Beato

Fiorì al principio del sec. XVI e da alcuni storici dell'Ordine è chiamato beato. Visse da perfetto religioso ed ebbe il dono della profezia. 
Il Pirro lo ricorda con queste parole: "fuit omnium virtutum genere ornatissimus, sui obitus diem atque imminentem ruinam quibusdam fossoribus qui, sub ripa, suam navabant operam certissime praedixit." (Fu ornato di ogni virtù, predisse la rovina di una rupe sotto cui lavoravano gli operai (salvandoli) e il giorno della sua morte.) 
Nel martirologio francescano è ricordato il 25 marzo come beato. 
Mori nel 1562 secondo il Caruso e Alimena

ANGELUS e REGINA CAELI

La recita dell’Angelus Domini è profondamente radicata nella devozione del popolo cristiano. L’uso di salutare la Vergine ogni sera, al suono delle campane di compieta (ora in cui si riteneva fosse avvenuto l’annuncio dell’angelo), cominciò a diffondersi verso la metà del Duecento. Nel 1724 papa Benedetto XIII concesse l’indulgenza plenaria mensile a chi avesse recitato l’Angelus in ginocchio al rintocco delle campane.
Il testo in latino fu approvato nel 1884 da papa Leone XIII, mentre la traduzione italiana ufficiale si trova nel Manuale vaticano delle indulgenze. Consiste in tre strofe alternate: «L’angelo del Signore portò l’annunzio a Maria. Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo». «Io sono la serva del Signore. Si compia in me la tua parola». «E il Verbo si è fatto uomo. E venne ad abitare in mezzo a noi». Quindi ci sono l’invocazione «Prega per noi, santa Madre di Dio. Rendici degni delle promesse di Cristo» e la preghiera finale.
Nel tempo di Pasqua, secondo quanto prescritto da papa Benedetto XIV nel 1742, l’Angelus viene sostituito dall’antifona Regina caeli, composta da un autore ignoto nel X secolo. Il testo, che si recita a cori alterni, comincia con la strofa: «Regina dei cieli, rallegrati, alleluia: / Cristo, che hai portato nel grembo, alleluia, / è risorto, come aveva promesso, alleluia».
Strettamente legata alla memoria dell’annunciazione alla Madonna è la Santa Casa, la camera in muratura – custodita all’interno della basilica di Loreto – dove secondo la tradizione Maria viveva quando giunse da lei l’arcangelo Gabriele. A mezzogiorno del 25 marzo (ma anche in altri momenti dell’anno liturgico), i devoti della Madonna di Loreto recitano una Supplica che fra l’altro afferma: «L’umanità è sconvolta da gravi mali, dai quali vorrebbe liberarsi da sola. Essa ha bisogno di pace, di giustizia, di verità, di amore e si illude di poter trovare queste divine realtà lontano da tuo Figlio. O Madre, tu portasti il Salvatore divino nel tuo seno purissimo: ottienici la grazia di cercare lui e di imitare i suoi esempi che conducono alla salvezza».


ARNALDO DE AMER, Beato


Appartenente alla famiglia di San Pietro de Amer, il Beato Arnaldo si distinse nel convento di Santa Maria degli Angeli di El Puig (Spagna), per i tanti meriti e perseveranza nella preghiera e digiuni. Il 29 settembre del 1301 venne eletto Maestro Generale dell’Ordine Mercedario con l’appoggio di Re Giacomo II° il quale chiese conferma dell’elezione a papa Bonifacio VIII°, fu inviato in seguito dal Re d’Aragona a trattare una questione di pace. Come redentore liberò 223 schiavi dalle carceri dei pagani e visitò tutti i conventi di Castiglia. Morì santamente nel 1308



AROLDO DE GLOUCESTER, Santo


Sant’Aroldo è uno dei numerosi fanciulli presunti vittime dell’omicidio rituale perpetrado dagli ebrei in odio alla fede cristiana. Numerosi altri suoi emuli sono venerati localmente, fra i quali Varnerio (Werner) di Oberwesel, Simonino di Trento, Rodolfo di Berna, Michele de' Giacobi, Giovannino Costa da Volpedo, Sebastiano da Porto Buffole, Lorenzino Sossio da Marostica, Domenico Del Val, Cristoforo della Guardia, Guglielmo di Norwich, Riccardo di Pontoise, Ugo di Lincoln, Simonino di Vilna, Andrea di Rinn, Corrado Scolaro di Weissensee, Enrico di Monaco, Luigi Von Bruck, Michele di Suppenfeld, Giovanni di Witow, Elisabetta di Punia, Mattia Tillich, Rodberto di Parigi


FRANCISCO BRUNO, Beato

Raro esempio di pazienza che meritò tante estasi, e la visione in ispirito del Paradiso, nato a Cammarata, ove vestì l'abito serafico e morto a Burgio, tra i Riformati, coi quali visse tanto tempo, il 25 Marzo 1614, celebre per miracoli in vita e dopo la morte

GUILHERME DE NORWICH, Beato


La nostra unica fonte riguardante l’esistenza di Guglielmo (1132-1144) è una Vita scritta da un monaco di Norwich, Tommaso di Monmouth, ca. il 1170, e inclusa da Giovanni di Tynemouth (m. ca. 1340) nella sua “Nova Legenda Angliae” che, a sua volta, è la fonte del testo di Giovanni Capgrave pubblicato negli Acta Sanctorum.
Secondo Tommaso di Monmouth, il sabato santo (25 marzo) 1144, in un bosco presso Norwich, si trovò appeso ad un albero un sacco contenente un corpo che, in seguito, fu identificato come appartenente a Guglielmo, un apprendista conciatore di dodici anni. Un mese dopo la scoperta, il corpo fu sepolto dai monaci della cattedrale di Norwich, nel loro comitero. I segni di violenza riscontrati sul corpo suggerirono che Guglielmo fosse stato crocifisso, ma soltanto dopo cinque anni si tentò di dare una spiegazione al fatto. In seguito, un ebreo convertito, di nome Teobaldo, affermò di aver visto degli ebrei assassinare il ragazzo in ossequio ad una credenza giudaica, secondo cui ogni anno si doveva sacrificare un cristiano per ottenere la liberazione del popolo ebreo. Una donna, inoltre, disse che veramente il venerdì santo (24 marzo 1144) Guglielmo era stato ucciso nella casa ebrea presso cui ella lavorava.
Qualunque sia il valore del racconto di Tommaso di Monmouth, questa leggenda costituisce il più antico esempio dell’accusa di sacrifici rituali rivolta agli ebrei. Probabilmente la leggenda ebbe origine dall’accertato culto tributato ad un bambino santo, chiamato Guglielmo di Norwich il cui corpo nel 1151, fu trasferito dal capitolo di Norwich, dove era stato sepolto, nella cattedrale. In questa occasione vi furono scene di grande fervore religioso ed il culto rimase costante, con attestazione di miracoli, per tutto il Medio Evo. La festa di Guglielmo è celebrata il 26 marzo a Norwich e il 25 altrove


ISAAC, Santo


Figlio di Abramo e Sara, padre di Esaú e Giacobbe. Visse piú a lungo di Abramo, meno nomade di lui, meno ricco di figli, meno favorito di visioni soprannaturali, per quello almeno che il Genesi narra di lui.
Erede delle divine promesse, rinnovategli da Iahweh dopo la morte di Abramo, intensamente devoto, sembra il tipo dell'umile che, nel nascondimento, si rimette sempre fiducioso alla volontà di Dio.
Sara nonagenaria dà alla luce Isacco, cosí chiamato per il riso di meraviglia e di gioia di Abramo, quando un anno prima gliene fu promessa e annunziata la nascita. Il figlio della promessa fu cosi anche il figlio del miracolo. Alcuni moderni hanno pensato che Isacco fosse un nome teoforico con l'apocope del finale el=Dio sorrida, cioè "sia favorevole". Senza recriminazioni, mansueto ed ossequiente, il giovane Isacco si lascia legare e porre sull'ara per essere immolato a Dio, nella prova rifulse la santità di Abramo e la profonda pietà del figliolo Gen. 22).
Isacco sentì fortemente la perdita di Sara, sua madre; ogni sera si recava nella solitudine della campagna per dare sfogo al suo dolore e meditare sui disegni della Provvidenza divina a rassegnazione del suo animo affranto. E in tale atteggiamento avvenne il suo incontro con Rebecca, che il vecchio Eliezer portava con sé dalla Mesopotamia. Isacco l'amò teneramente e la prese quale sua unica sposa. Aveva allora quarant'anni, ma Rebecca era sterile. Compreso della missione affidatagli dalla Provvidenza divina, non secondo nella fede al padre suo che morendo, lo lasciava erede legittimo della benedizione messianica, Isacco non dubitò dell'avvenire: "fece preghiere al Signore per avere il dono della posterità desiderata, e il Signore lo esaudì e fece che Rebecca concepisse". E Rebecca diede alla luce due gemelli: Esaú e Giacobbe, che sarà, per divina elezione, l'erede delle promesse. Alla nascita dei due gemelli, Isacco aveva sessant'anni. A centotrenta anni, avendo perduto la vista e credendo vicina la morte, Isacco volle benedire il suo primogenito Esaú; ma il furbo gemello, aiutato dalla madre carpí al vecchio genitore la benedizione speciaie che gli attribuiva i diritti di primogenitura. Isacco anche qui, nelle circostanze che avevano favorito Giacobbe, vide il volere clell'Eterno e non ritrattò la sua benedizione.
Morí ad Hebron a centottanta anni c fu sepolto da Esaú e Giacobbe nella tomba di famiglia, nella grotta di Macpelah, dove egli aveva piamente tumulato Sara ed Abramo. Il suo ricordo è vivo nel V.T.; s. Paolo ricorda l'elezione divina di Isacco ad unico erede delle divine nromesse, con l'esclusione di Ismaele e degli altri figli di Abramo, per dimostrare come eredi e partecipi della salvezza messianica non sono tutti i discendenti carnali di Israele, ma l'Israele di Dio, gli imitatori della fede di Abramo.
La Chiesa ha onorato Isacco come figura o tipo di Gesú, non in una sola azione, come nella maggior parte degli altri tipi, ma in tutta la sua vita: nel preannunzio della nascita, fatto dagli angeli ad Abramo, nella nascita, nelle vicende della sua vita particolarmente nella sua volontaria immolazione, quando si lasciò trattare quale vittima innocente, portando sulle sue spalle le stesse legna necessarie per l'olocausto (s. Ambrogio).
Il Cristo viene denominato "un secondo Isacco". La stessa Rebecca viene considerata figura della Chiesa, scelta per divenire la sposa di Cristo. L'incontro di Eliezer con Rebecca prefigura l'Annunciazione e il matrimonio di Rebecca con Isacco viene considerato figura del matrimonio della Vergine con s. Giuseppe.
In quella che i latini chiamano terza domenica d'Avvento, i greci celebrano la memoria dei santi "Propatri del Salvatore", e principalmente dei tre piú illustri, cioè Abramo, Isacco e Giacobbe, cui accenna il Menologio di Basilio al 16 dicembre. La loro solennità è posta dai Siri nella feria III dopo Pasqua; dagli Armeni, nel sabato della prima settimana dopo la Trasfigurazione e al 28 mesore (21 agosto.) dai copti.
La Chiesa latina ha posto, dopo il sec. IX, la sua memoria al 25 marzo in parecchi martirologi: immolatio Isaaci Patriarchae, ricordando anche gli altri patriarchi, in relazione con la passione del Cristo.

PELÁGIO DE LAODICEIA, Santo

Teodoreto di Ciro, con la sua Storia Ecclesiastica è la fonte quasi unica che ci fornisca qualche informazione su questo personaggio.
Pelagio era originario della Siria, si sposò molto giovane, ma, nello stesso giorno delle nozze, ottenne dalla sposa il consenso ad una vita di perfetta castità. Di fronte all'esempio di virtú che essi offrìvano ai cristiani di Laodícea (oggi Lataquieli), in Siria, costoro lo scelsero, nel 360, quale vescovo della città ed egli ricevette dalle mani di Acacio di Cesarea di Palestina la consacrazione episcopale.
Nel 363 assistette al concilio di Antiochia, dove fu ardente difensore della fede nicena contro gli Ariani e firmò la professione di fede in cui era incluso il termine "consustanziale". Partecipò anche al sinodi Tiana (367). L'imperatore Valente, avendo aderito all'eresia ariana, privò i vescovi ortodossi delle loro sedi e Pelagio, compreso nel loro numero, venne esiliato in Arabia.
Nel 378, dopo la morte di Valente, salí al trono imperiale Graziano e Pelagio poté rientrare in possesso della sua carica aderendo al partito di Melezio di Antiochia; successivamente si schierò tra i vescovi favorevoli all'elezione in Costantinopoli di s. Gregorio di Nazianzo.
Nel 381, infine, lo ritroviamo al secondo concílio ecumenico di Costantinopoli. Si ignora la data della sua morte.
Non pare che la Chiesa bizantina abbia mai reso un culto particolare a Pelagio. Anche in Occidente, il santo vescovo è rimasto ignoto alle liste dei martirologi storici; si dovette attendere C. Baronio perché la sua memoria fosse introdotta nel Martirologio Romano alla data, arbitrariamente scelta, del 25 marzo

PIETRO FORMICA, Santo


Nato a Savona, San Pietro Formica, fu dotato di santo comportamento, sincero e puro diede esempio di vita religiosa non tanto con l’insegnamento quanto con le opere. Famoso per i prodigi e miracoli da lui compiuti, dopo essere stato eletto Maestro Generale dell’Ordine Mercedario morì santamente a Barcellona nel marzo del 1302




RICARDO DE PONTOISE, Santo



I cronisti del regno di Filippo Augusto, Roberto di Torigny e Guglielmo il Brettone, riportarono la menzione di parecchie uccisioni di bambini cristiani che sarebbero state operate dagli Ebrei, cosa che valse a questi ultimi l’espulsione dalla Francia nel 1182. Nel numero di queste pretese vittime figura un bambino, Riccardo, originario di Pontoise, che sarebbe stato ucciso il 25 marzo 1179, e il cui corpo fu trasportato a Parigi nella chiesa dei Santi Innocenti, dove, alla vigilia della Rivoluzione, si trovava ancora la testa. Roberto Gaguin, generale dell’Ordine dei Trinitari (m. 1502) ne scrisse un’orazione funebre passata negli Acta Sanctorum. La realtà storica e l’interpretazione di questi pretesi crimini sono oggi assai contestate e sarà bene attenersi a una valutazione prudente sull’esempio di Vacandard

ROBERTO DE BURY ST. EDMOND'S, Santo


L’assassinio di Guglielmo di Norwich nel 1144, attribuito agli ebrei, generò in Inghilterra un’ondata di isterismo e Guglielmo fu soltanto il primo di una serie di ragazzi inglesi la cui morte misteriosa fu attribuita agli ebrei. Uno di questi fu Roberto, che i cronosti riferiscono sia stato ucciso il 10 giugno 1181 vicino a Bury St. Edmund’s, dove fu sepolto nella chiesa del monastero. La fonte più autorevole di questo episodio è Jocelyn di Braklund, un monaco di St. Edmund’s, il quale nella sua cronaca del monastero (prima del 1202) scrive riguardo alla morte di Roberto: “et fiebant prodigia et signa multa sicut alibi scripsimus”. Quest’opera a cui fa riferimento Jocelyn non la possediamo, sebbene possa essere la Vita Roberti martyris che il biografo Giovanni Bale attribuisce a Jocelyn nel compilare il suo indice degli scrittori nel 1550. Secondo l’Holweck la festa di Roberto si celebrava il 25 marzo

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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros










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