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8º A N O
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NOSSA SENHORA DAS DORES
Memória de NOSSA SENHORA DAS DORES que estando de pé junto à cruz de Jesus, foi associada íntima e fielmente à paixão salvífica do seu Filho e se apresentou como a nova Eva, de modo que, assim como a desobediência da primeira mulher conduziu à morte, assim a admirável obediência da Virgem Maria trouxe a vida.
Segue-se texto (não traduzido) inserto no site www.santiebeati.it:
Il 15 settembre ricorre la festa della Beata Vergine Maria Addolorata, di Colei che ha vissuto il più purissimo martirio, consumato attimo per attimo, e terribile al momento estremo della Croce. Così ornata della Corona del martirio, è gloriosamente invocata dalla Chiesa col titolo di “Regina dei martiri”.
Perché il martirio di Maria fu da Gesù...
Questo titolo di Regina dei martiri pare che non rechi onore a Maria, dal momento che non darebbe onore alla rosa il chiamarsi “regina delle spine”. Tuttavia, avendo Maria fatto suo proprio il martirio di Gesù, venne a coronarsi con le spine di Lui e ad imporporarsi con il suo Sangue divino. E siccome è gloria di Gesù essere il Re dei martiri, così pure è vanto di Maria l’esserne Regina. Ha Ella poi questa grande supremazia su tutti i martiri per molte potentissime ragioni.
La prima è: perché tutta la ragione del suo martirio fu da Dio. Tutti gli altri martiri furono tormentati da tiranni, e da carnefici, che con spade e mannaie straziarono i loro corpi; mentre Maria fu sommamente afflitta da Dio nell’anima, che assai più del corpo risente del dolore. Ed essendo stato strumento delle sue pene l’amore verso Gesù, ne segue che, essendo l’amabilità di Gesù infinita, siccome sommo fu l’amore di Maria verso di Lui, così sommo fu anche il suo dolore.
La pena di Maria fu tanto maggiore delle pene degli altri martiri, quanto è maggiore il dolore che può cagionare un Dio crocifisso che un uomo che crocifigga, più la mano di Dio che la mano di un uomo, più un Soggetto incarnato che un soggetto terreno. Perciò il serafico san Bonaventura giunge a preferire il dolore di Maria al dolore di Cristo medesimo! Poiché le piaghe divise nel Corpo di Gesù, furono invece unite, e perciò di dolore più intenso, nel Cuor di Maria. Tuttavia si ha a ritenere più vero con l’Angelico, che fosse maggiore il dolore di Cristo, poiché patì nell’anima e nel corpo; laddove Maria patì solo nell’anima.
Patì inoltre nell’anima ch’è più nobile e perciò più sensibile; e patì fino a restare priva di vita: Eius dolor fuit maximum inter dolores praesentis vitae. Ah Maria! E chi può mai comprendere i vostri dolori, se questi hanno in qualche modo a misurarsi con le forze della divina Onnipotenza che vi volle afflitta, e se sono tali che, per così dire, fanno a gara coi dolori stessi di Cristo!
...e fu il più vicino a quello di Gesù
Siccome Maria qui in terra fu la più simile nelle virtù al suo Divin Figlio, e siccome in Cielo gli siede più vicina nella gloria (In regni solio – dice san Girolamo – sublimata post Christum gloriosa resedit), così gli è stata più vicina nelle pene di un crudo martirio. Come Gesù fu coronato dalla madrigna Sinagoga con un diadema di pene, così similmente gli venne appresso, coronata di pene, Maria sua madre.
E così si avvera il vaticino di Gioele (cap. 2): Il sole si cambia in tenebra, la luna in sangue: il sole, la luna si oscurano, poiché quella stessa eclissi della Passione, che oscurò il vero Sole di giustizia, Gesù, riempì di tenebre e di sangue la mistica luna Maria. Così, se impallidiva Gesù, languiva Maria; se era ferito Gesù, tramortiva Maria; se era crocifisso Gesù, restava ancor crocifissa Maria. Avevano insomma Gesù e Maria due Cuori accordati in tanto bel concerto, che gli stessi affetti che concepiva l’Una concepiva anche l’Altro: In corde, et corde loquuti sunt. Solo la Vergine fu santa di due Cuori, cioè di un Cuore a Lei donato da Dio Creatore e di un Cuore a Lei donato da Cristo Redentore. Cosicché Ella si rattristava in corde, et corde; ed il suo dolore era insieme regolato dal suo Cuore e dal Cuore di Cristo penetrato nel suo.
Quindi: essendo stata Maria martire con Cristo, ed avendo fatto suo proprio il martirio di Cristo, il suo martirio fu più nobile di tutti gli altri: ed Ella con tutta ragione si invoca Regina dei martiri. Ah Maria! È talmente illustre il vostro martirio, ch’io non so se debba piuttosto contemplarlo o invidiarlo.
...fu tutto per Gesù nella maniera più nobile e più dolorosa
Sant’Ildefonso, parlando dei dolori di Maria, non temette di asserire che questi furono maggiori di tutti insieme i tormenti di tutti i martiri. E la verità di quanto detto può provarsi con molte ragioni:
1) perché tutti i martiri hanno patito nel corpo e Maria nell’anima;
2) perché, come argomenta sant’Antonino, arcivescovo di Firenze, tanto più è nobile e doloroso il martirio quanto è più nobile la vita che si dà per Dio. Avendo, dunque, Maria sacrificata la vita di suo Figlio, che era insieme la più nobile di tutte, e amata da Lei più della sua propria vita, ne segue che la corona di Maria fu maggiore di tutte, e che la rende Regina di tutti i martiri;
3) perché gli altri martiri patirono solo per il tempo in cui erano straziati dai tiranni; mentre il martirio di Maria durò per tutto il corso della sua vita;
4) perché Maria amava suo Figlio più di se stessa. Di conseguenza, furono per Lei di assai maggior pena i tormenti e la morte del Figlio, che non sarebbero stati i tormenti e la morte di se stessa, come afferma il beato Amedeo. E in fine perché, come dice Alberto Magno, Maria soffrì un dolore così grande, che bastava a darle più volte la morte; e perciò fu avvalorata da Dio con un miracolo per sostenere uno spasimo insoffribile alla vita umana. Così conclude che con tutta ragione si deve a Maria la preminenza sopra tutti i martiri: “Dunque ebbe la grazia del martirio e la corona dei martiri, e la sua corona fu più grande della corona di tutti gli altri martiri”. Ah Maria! Poiché Voi siete martire, più che martire e Regina dei martiri, siete degna altresì di esser compatita Voi sola più che tutti i martiri insieme.
Quante belle corone di gloria splendono sul vostro capo, o Maria! Voi siete Regina del Cielo e della terra: e siete Regina degli Angeli e dei santi; e siete persino Regina dei martiri. Però a me pare che vi adorni in modo particolare questo doloroso diadema; sì, perché vi rende più simile a Gesù Re dei martiri; sì, perché il Sangue di un Dio Crocifisso spruzzato sul vostro manto sul Calvario, vi ha dato una porpora più bella di quanto lo sia l’ammanto di sole che avete in Cielo.
Ave, dunque, Regina augusta: mi congratulo vivamente con Voi, mentre siete non meno gloriosa tra le pene, che tra i gaudi; e vi prego d’impetrarmi una cristiana costanza nelle croci di questo mondo, da riconoscermi per vostro parzialissimo suddito nel vostro impero doloroso.
Autore: Padre Liborio Siniscalchi
La Madonna è venerata nel mondo cristiano con un culto di iperdulia, che si estrinseca in vari titoli, quanti le sono stati attribuiti nei millenni per le sue virtù, il suo patrocinio, la sua posizione di creatura prediletta da Dio, per il posto primario occupato nel piano della Redenzione, per la sua continua presenza accanto all’uomo evidenziata anche dalle tante apparizioni.
Nel calendario delle celebrazioni mariane vi sono: 1° gennaio la B.V.M. Madre di Dio; 23 gennaio lo Sposalizio della B.V.M.; 2 febbraio la Presentazione al Tempio di Gesù e la Purificazione di Maria; 11 febbraio Beata Vergine di Lourdes; 25 marzo l’Annunciazione; 26 aprile B.V.M. del Buon Consiglio; 13 maggio Beata Vergine di Fatima; 24 maggio Madonna Ausiliatrice; 31 maggio Visitazione di M.V.; a giugno Cuore Immacolato di Maria; 2 luglio Madonna delle Grazie; 16 luglio B.V. del Carmelo; 5 agosto Madonna della Neve; 15 agosto Assunzione della Vergine; 22 agosto B.V.M. Regina; 8 settembre Natività di Maria; 12 settembre SS Nome di Maria; 15 settembre B. V. Addolorata; 19 settembre B. V. de La Salette; 24 settembre B.V. della Mercede; 7 ottobre B.V. del Rosario, 21 novembre Presentazione della B.V.M.; 8 dicembre Immacolata Concezione, 10 dicembre B. V. M. di Loreto.
Inoltre l’intero mese di Maggio è dedicato alla Madonna, senza dimenticare la suggestiva e devota Novena dell’Immacolata, poi vi sono le celebrazioni locali per i tantissimi Santuari Mariani esistenti; come si vede la Vergine ha un culto così diffuso, che non c’è mese dell’anno in cui non la si ricordi e veneri.
A mio parere però, fra i tanti titoli e celebrazioni, il più sentito perché più vicino alla realtà umana, è quello di Beata Vergine Maria Addolorata; il dolore è presente nella nostra vita sin dalla nascita, con il primo angosciato grido del neonato, che lascia il sicuro del grembo materno per proiettarsi in un mondo sconosciuto, non più legato alla madre e in preda alla paura e spavento; poi il dolore ci segue più o meno intenso, più o meno costante, nei suoi vari aspetti, fisici, morali, spirituali, lungo il corso della vita, per ritrovarlo comunque al termine del nostro cammino, per l’ultimo e definitivo distacco da questo mondo.
E il dolore di Maria, creatura privilegiata sì, ma sempre creatura come noi, è più facile comprenderlo, perché lo subiamo anche noi, seppure in condizioni e gradi diversi, al contrario delle altre prerogative che sono solo sue, Annunciazione, Maternità divina, Immacolata Concezione, Assunzione al Cielo, Apparizioni, ecc. le quali da parte nostra richiedono un atto di fede per considerarle.
Veder morire un figlio è per una madre il dolore più grande che ci sia, non vi sono parole che possano consolare, chi naturalmente aspettando di poter morire dopo aver generato, allevato ed educato, l’erede e il continuatore della sua umanità, vede invece morire il figlio mentre lei resta ancora in vita, quel figlio al quale avrebbe voluto ridare altre cento volte la vita e magari sostituirsi ad esso nel morire.
I milioni di madri che nel tempo hanno subito questo immenso dolore, a lei si sono rivolte per trovare sostegno e consolazione, perché Maria ha visto morire il Figlio in modo atroce, consapevole della sua innocenza, soffrendo per la cattiveria, incomprensione, malvagità, scatenate contro di lui, personificazione della Bontà infinita.
Ma non fu solo per la repentina condanna a morte, il dolore provato da Maria fu l’epilogo di un lungo soffrire, in silenzio e senza sfogo, conservato nel suo cuore, iniziato da quella profezia del vecchio Simeone pronunziata durante la Presentazione di Gesù al Tempio: “E anche a te una spada trapasserà l’anima”.
Quindi anche tutti coloro che soffrono nella propria carne e nel proprio animo, le pene derivanti da malattie, disabilità, ingiustizia, povertà, persecuzione, violenza fisica e mentale, perdita di persone care, tradimenti, mancanza di sicurezza, solitudine, ecc. guardano a Maria, consolatrice di tutti i dolori; perché avendo sofferto tanto già prima della Passione di Cristo, può essere il faro a cui guardare nel sopportare le nostre sofferenze ed essere comprensivi di quelle dei nostri fratelli, compagni di viaggio in questo nostro pellegrinare terreno.
Ma la Madonna è anche corredentrice per Grazia del genere umano, perché partecipe dell’umanità sofferente ed offerta del Cristo, per questo lei non si è ribellata come madre alla sorte tragica del Figlio, l’ha sofferta indicibilmente ma l’ha anche offerta a Dio per la Redenzione dell’umanità.
E come dalla Passione, Morte e Sepoltura di Gesù, si è passato alla trionfale e salvifica Resurrezione, anche Maria, cooperatrice nella Redenzione, ha gioito di questa immensa consolazione e quindi maggiormente è la più adatta ad indicarci la via della salvezza e della gioia, attraversando il crogiolo della sofferenza in tutte le sue espressioni, della quale comunque non potremo liberarci perché retaggio del peccato originale.
CULTO
La devozione alla Madonna Addolorata, che trae origine dai passi del Vangelo, dove si parla della presenza di Maria Vergine sul Calvario, prese particolare consistenza a partire dalla fine dell’XI secolo e fu anticipatrice della celebrazione liturgica, istituita più tardi.
Il “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius” di ignoto (erroneamente attribuito a s. Bernardo), costituisce l’inizio di una letteratura, che porta alla composizione in varie lingue del “Pianto della Vergine”.
Testimonianza di questa devozione è il popolarissimo ‘Stabat Mater’ in latino, attribuito a Jacopone da Todi, il quale compose in lingua volgare anche le famose ‘Laudi’; da questa devozione ebbe origine la festa dei “Sette Dolori di Maria SS.” Nel secolo XV si ebbero le prime celebrazioni liturgiche sulla “compassione di Maria” ai piedi della Croce, collocate nel tempo di Passione.
A metà del secolo XIII, nel 1233, sorse a Firenze l’Ordine dei frati “Servi di Maria”, fondato dai Ss. Sette Fondatori e ispirato dalla Vergine. L’Ordine che già nel nome si qualificava per la devozione alla Madre di Dio, si distinse nei secoli per l’intensa venerazione e la diffusione del culto dell’Addolorata; il 9 giugno del 1668, la S. Congregazione dei Riti permetteva all’Ordine di celebrare la Messa votiva dei sette Dolori della Beata Vergine, facendo menzione nel decreto che i Frati dei Servi, portavano l’abito nero in memoria della vedovanza di Maria e dei dolori che essa sostenne nella passione del Figlio.
Successivamente, papa Innocenzo XII, il 9 agosto 1692 autorizzò la celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine la terza domenica di settembre.
Ma la celebrazione ebbe ancora delle tappe, man mano che il culto si diffondeva; il 18 agosto 1714 la Sacra Congregazione approvò una celebrazione dei Sette Dolori di Maria, il venerdì precedente la Domenica delle Palme e papa Pio VII, il 18 settembre 1814 estese la festa liturgica della terza domenica di settembre a tutta la Chiesa, con inserimento nel calendario romano.
Infine papa Pio X (1904-1914), fissò la data definitiva del 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazione della Croce (14 settembre), con memoria non più dei “Sette Dolori”, ma più opportunamente come “Beata Vergine Maria Addolorata”.
Le devozioni
I Sette Dolori di Maria, corrispondono ad altrettanti episodi narrati nel Vangelo: 1) La profezia dell’anziano Simeone, quando Gesù fu portato al Tempio “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. – 2) La Sacra Famiglia è costretta a fuggire in Egitto “Giuseppe destatosi, prese con sé il Bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto”. – 3) Il ritrovamento di Gesù dodicenne nel Tempio a Gerusalemme “Tuo padre ed io angosciati ti cercavamo”. – 4) Maria addolorata, incontra Gesù che porta la croce sulla via del Calvario. – 5) La Madonna ai piedi della Croce in piena adesione alla volontà di Dio, partecipa alle sofferenze del Figlio crocifisso e morente. – 6) Maria accoglie tra le sue braccia il Figlio morto deposto dalla Croce. – 7) Maria affida al sepolcro il corpo di Gesù, in attesa della risurrezione.
La liturgia e la devozione hanno compilato anche le Litanie dell’Addolorata, ove la Vergine è implorata in tutte le necessità, riconoscendole tutti i titoli e meriti della sua personale sofferenza.
La tradizione popolare ha identificato la meditazione dei Sette Dolori, nella pia pratica della ‘Via Matris’, che al pari della Via Crucis, ripercorre le tappe storiche delle sofferenze di Maria e sempre più numerosi sorgono questi itinerari penitenziali, specie in prossimità di Santuari Mariani, rappresentati con sculture, ceramiche, gruppi lignei, affreschi.
Le processioni penitenziali, tipiche del periodo della Passione di Cristo, comprendono anche la figura della Madre dolorosa che segue il Figlio morto, l’incontro sulla salita del Calvario, Maria posta ai piedi del Crocifisso; in certi Comuni le processioni devozionali, assumono l’aspetto di vere e proprie rappresentazioni altamente suggestive, specie quelle dell’incontro tra il simulacro di Maria vestita a lutto e addolorata e quello di Gesù che trasporta la Croce tutto insanguinato e sofferente.
In certe località queste processioni, che nel Medioevo diedero luogo anche a rappresentazioni sacre dette “Misteri”, assumono un’imponenza di partecipazione popolare, da costituire oggi un’attrattiva oltre che devozionale e penitenziale, anche turistica e folcloristica, cito per tutte la grande processione barocca di Siviglia.
Le espressioni artistiche
Al testo del celebre “Stabat Mater”, si sono ispirati musicisti di ogni epoca; tra i più illustri figurano Palestrina, Pergolesi, Rossini, Verdi, Dvorak.
La Vergine Addolorata è stata raffigurata lungo i secoli in tante espressioni dell’arte, specie pittura e scultura, frutto dell’opera dei più grandi artisti che secondo il proprio estro, hanno voluto esprimere in primo luogo la grande sofferenza di Maria.
La vergine Addolorata è di solito vestita di nero per la perdita del Figlio, con una spada o con sette spade che le trafiggono il cuore.
Altro soggetto molto rappresentato è la Pietà, penultimo atto della Passione, che sta fra la deposizione e la sepoltura di Gesù. Il termine ‘Pietà’ sta ad indicare nell’arte, la raffigurazione dei due personaggi principali Maria e Gesù, la madre e il figlio; Maria lo sorregge adagiato sulle sue ginocchia, oppure sul bordo del sepolcro insieme a s. Giovanni apostolo (Michelangelo e Giovanni Bellini). Capolavoro dell’intensità del dolore dei presenti, è il ‘Compianto sul Cristo morto’ di Giotto.
Nel Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso (Isernia), secondo l’apparizione del 1888, Gesù è adagiato a terra e Maria sta in ginocchio accanto a lui e con le braccia aperte lo piange e lo offre nello stesso tempo.
In virtù del culto così diffuso all’Addolorata, ogni città e ogni paese ha una chiesa o cappella a lei dedicata; varie Confraternite assistenziali e penitenziali, come pure numerose Congregazioni religiose femminili e alcune maschili, sono poste sotto il nome dell’Addolorata, specie se collegate all’antico Ordine dei Servi di Maria.
L’amore e la venerazione per la Consolatrice degli afflitti e per la sua ‘compassione’, ha prodotto, specie nell’Ordine dei Servi splendide figure di santi, ne citiamo alcuni: I Santi Sette Fondatori, s. Giuliana Falconieri, s. Filippo Benizi, s. Pellegrino Laziosi, s. Antonio Maria Pucci, s. Gabriele dell’Addolorata (passionista), senza dimenticare, primo fra tutti, s. Giovanni apostolo ed evangelista, sempre accanto a lei per confortarla e condividerne l’indicibile dolore, accompagnandola fino al termine della sua vita.
Il nome Addolorata ebbe larga diffusione nell’Italia Meridionale, ma per l’evidente significato, ora c’è la tendenza a sostituirlo con il suo derivato spagnolo Dolores.
NICOMEDES DE ROMA, Santo
Em Roma, são NICOMEDES mártir, cujo corpo, guardado no cemitério junto à Via Nomentana, foi honrado pelo papa BONIFÁCIO V com uma basilica sepulcral. (data incerta)
VALERIANO DE TOURNUS ou TIRNITIUM, Santo
Em Tómis, na Cítia, hoje Constança, na Rom,énia, os santos ESTRATÃO, VALÉRIO, MACRÓBIO e GORDIANO mártires, quie foram mortos segundo a tradição, no tempo do imperador Licínio. (séc. IV)
NICETAS o Godo, Santo
Nas margens do Danúbio, em território da Roménia actual, São NICETAS o Godo mártir que por ordem do rei ariano Atanarico foi queimado vivo em ódio à fé católica. (370)
ALBINO ou ALPINO DE LIÃO, Santo
Em Lião, na Gália hoje França, Santo ALBINO ou ALPINO bispo que sucvedeu a São JUSTO. (séc. IV)
Em Toul, próximo de Nancy, na Gália Lionense, hoje França, Santo APRO bispo. (séc. VI)
No mosteiro de Jumièges, na Nêustria, hoje França, Santo AICARDO abade discipulo de São FILIBERTO que o nomeou prelado desse mosteiro. ((séc. VII)
ÉMILA e JEREMIAS, Santos
Em Córdova, na Andaluzia, Espanha, os santos mártires ÉMILA diácono e JEREMIAS que, durante a perseguição dos Mouros, depois de um longo e atribulado cativeiro, consumaram com a decapitação o seu martírio por Cristo. (852)
ROLANDO ou ORLANDO DE MÉDICIS, Beato
Em Busseto, território de Fidenza, na Emília-Romanha, Itália, o beato ROLANDO ou ORLANDO de Médicis anacoreta, que viveu em lugares inóspitos e solitários dos Alpes praticando rigorosa penitência e falando só com Deus. (1386)
CATARINA FIÉSCHI ADORNO DE GÉNOVA, Santa
Em Génova, na Ligúria, Itália, Santa CATARINA FIÉSCHI viúva, insigne pelo desprezo do mundo, frequentes jejuns , amor de Deus e caridade para com os indigentes e os enfermos. (1510)
CAMILO CONSTANZO, Beato
Em Hirado, Japão o beato CAMILO CONSTANZO presbitero da Companhia de Jesus e mártir que, condenado pelo supremo comandante Hidetada a ser queimado vivo, nem nas chamas da fogueira deixou de pregar o anúncio de Cristo. (1622)
JOÃO BAPTISTA e JACINTO DOS ANJOS, Beatos
Em Santo Domingo Xagácia, no México, os beatos JOÃO BAPTISTA e JACINTO DOS ANJOS mártires que, sendo catequistas cruelmente flagelados por se recusarem a venerar os ídolos em vez de Cristo, imitando a paixão do Senhor mereceram a recompensa eterna. ((1700)
ANTÓNIO MARIA SCHWARTZ, Beato
Em Viena de Áustria, o beato ANTÓNIO MARIA SCHWARTZ presbitero que para promover a assistência pastoral e a defesa dos direitos dos aprendizes e dos jovens operários, instituiu a Congregação de São José de Calasanz para os Operários Cristãos. (1929)
JOSÉ PUGLÍSI (Pino Puglísi), Beato
Em Palermo, na Sicília, Itália, o Beato JOSÉ PUGLÍSI presbitero diocesano e mártir, mais conhecido por Pino Puglísi, que durante os 33 anos do seu ministério pastoral se dedicou incansavelmente ao anúncio do Evangelho, especialmente aos seus "preferidos" - as crianças, os desprotegidos, os pobres - e foi assassinado por agentes da máfia. (1933)
PASCOAL PENADÉS JORNET, Beato
Em ;Llosa de Ranes, Valência, Espanha, o Beato PASCOAL PENADÉS JORNET presbítero e mártir que, durante o tempo da perseguição religiosa, vencendo o combate terreno, alcançou a plenitude da salvação eterna. ((1936)
LADISLAU MIEGON, Beato
Próximo de Munique, Baviera, Alemanha, o Beato LADISLAU MIEGON presbitero e mártir que, deportado da Polónia por um regime hostil a Deus e aos homens, foi encarcerado no campo de concentração de Dachau por causa da sua fé e, suportando numerosos tormentos, alcançou a coroa de glória. (1942)
PAULO MANNA, Beato
Em Nápoles, na Itália, o Beato PAULO MANNA presbitero do Instituto Pontifício para as Missões Estrangeiras que, deixando a acção missionária na Birmânia por causa da sua debilitada saúde, trabalhou intensamente na obra de evangelização, dedicando-se com toda a energia a pregação da palavra de Deus e à promoção da unidades dos cristãos. (1952)
BALDO, Beato
Una leggenda riportata in un manoscritto del priorato di S. Eligio di Parigi, datato del secolo XIV, narra la vita di s. Baldo penitente, che presenta tutti i tratti delle tragedie medioevali, degne di rappresentazioni teatrali di successo.
Nativo della Spagna o del Portogallo, Baldo sin dall’adolescenza aveva avuto il presagio che avrebbe ucciso il padre e la madre, sconvolto, per non macchiarsi di così grave delitto, abbandonò il paese natio ed andò ad abitare in un villaggio di altra regione, dove poi si sposò.
Dopo vari anni, i genitori presi dal desiderio di rivedere il figlio, si misero alla sua ricerca, trovandolo dopo molti tentativi.
Giunti alla sua casa, furono accolti dalla nuora, perché il marito era assente momentaneamente; pur non conoscendoli li trattò con affabilità, li rifocillò e visto la loro spossatezza per il lungo viaggio, li fece coricare insieme nel suo letto matrimoniale; poi uscì alla ricerca del marito.
Baldo tornò invece per altra strada non incontrandola, entrato in casa vide nel suo letto due corpi nella penombra e supponendo che fosse la moglie che lo tradiva con qualche uomo, accecato dalla gelosia e dall’ira, con una scure affilata tagliò loro la testa.
Pochi istanti dopo la moglie tornò e lui si accorse del terribile sbaglio; in espiazione della sua colpa, decise di abbandonare il tetto coniugale e di condurre vita nomade.
Fu pellegrino al Santo Sepolcro in Palestina, alle tombe degli Apostoli a Roma e ad altri celebri santuari; poi attraversò le Alpi e giunse a Sens in Francia (Gallia) di cui era vescovo Artemio, al quale si confidò chiedendo una penitenza.
Il vescovo gli porse il bastone che teneva in mano, ordinandogli di piantarlo sulla cima di un monte vicino alla città, innaffiandolo con l’acqua del fiume Icauna, finché non mettesse radici, rami, fiori e frutti.
Baldo accettò con gratitudine la penitenza, aumentando lo sforzo del trasporto dell’acqua, scegliendo una strada più lunga e aspra, invece di una breve.
Alla sua morte fu sepolto nella cella che si era costruita sulla cima del monte, si ritiene che morì verso il 620; dopo qualche tempo sul tempo fu edificata una chiesa che prese il suo nome.
Nell’ottobre 1081, la chiesa e i terreni circostanti, furono donati dall’arcivescovo di Sens, Richerio, a Guglielmo abate di S. Remigio sempre a Sens, che vi eresse un priorato detto di San Bond a Paron, meta di pellegrinaggi a Pentecoste.
Nel 1674 passò ai Padri Lazzaristi e nel 1854 divenne parrocchia, dove dopo alterne vicende riposano le sue reliquie.
Il culto fiorì in varie zone della Francia, a Parigi e a Soissons, dove è patrono della parrocchia di Pavant con festa al 15 settembre. A Sens invece è festeggiato il 29 ottobre.
CARLO DE MONTEGRABNELLI, Beato
Le notizie che abbiamo su questo frate non sono molte. Nacque a Perugia da nobile casato e pare abbia ricevuto l'abito religioso da s. Domenico a Bologna, dove era stato mandato dai genitori per frequentare l'università. Secondo il Fontana, lo stesso s. Domenico lo avrebbe mandato a Perugia insieme col b. Nicola da Giovinazzo, per erigervi un convento. I due domenicani conquistarono gli animi dei perugini, i quali concessero loro di scegliere il posto per la costruzione della chiesa e del convento da edificarsi a spese del comune. Nel 1235, Gregorio IX concesse un'indulgenza a coloro che avessero collaborato alla fabbrica che fu completata nel 1260 e consacrata da Clemente IV nel 1264, sebbene i frati avessero cominciato ad officiarla dal 1240, dedicandola a s. Domenico e a s. Stefano protomartire. In essa Gregorio IX canonizzò s. Elisabetta d'Ungheria, e Innocenzo IV s. Pietro martire.
Il Fontana, parlando degli uomini illustri del convento di Perugia, annovera Cristiano fra coloro che vitae sanclitate floruere, aggiungendo che ebbe particolare devozione per s. Agostino, il quale, apparendogli, lo esortò ad una vita più severa di penitenza. Fu priore del convento perugino e, come dice il necrologio, "quam plurimum gratus fratribus" e amato dai concittadini. Morì verso il 1276, dopo essere vissuto nell'Ordine cinquantacinque anni. Ebbe sepolcro comune con il b. Nicola da giovinazzo nella chiesa di S. Domenico.
I Bollandisti lo pongono tra i praetermissi con queste parole: "Vitam cum titulo Beati ad hunc diem (15 settembre) dat Jacobillus in Sanctis Umbriae". Anche il Masetti ed altri gli danno il titolo di beato.
FRANCISCO, TIAGO, SANCHO, ILDEFONSO, JOÃO e DIONÍSIO, Santos
Catturati dai mori nelle vicinanze di Valenza in Spagna, i Santi: Francesco, Giacomo, Sancio, Ildefonso, Giovanni e Dionisio, furono poi trasportati in Marocco. Per la difesa della fede e confessione di Cristo, furono maltrattati ed infine crocifissi e onorevolmente ricevettero la corona della gloria unendosi alla grande schiera dei martiri, nell’anno 1437. L’Ordine lo festeggia il 15 settembre.
Nacque a Monteverde, allora città episcopale (provincia di Avellino), da ragguardevole famiglia. Non può precisarsi l'anno. I genitori lo affidarono fanciullo ad uno zio in Benevento perché ne curasse l'educazione anche letteraria. Durante una malattia che lo colpi da grandicello comprese i pericoli che lo insidiavano a quella scuola; perciò, appena guarito, manifestò il proposito di partire; maltrattato per questo dallo zio, fuggí e si nascose in una selva. Fu lí che lo incontrò s. Giovanni da Matera, il quale allora tornava da Capua in Puglia. Egli lo ristorò, lo condusse con sé e lo istruí nella vita monastica. In essa il giovane fece tali progressi, che Giovanni lo considerò sempre come il suo piú caro discepolo e a Pulsano lo ebbe quale valido collaboratore.
Morto Giovanni nel 1139, per unanime consenso Giordano fu chiamato a succedergli. Accettata l'elezione, non volle però presentarsi al re Ruggero, che proprio allora era stato scomunicato da Innocenzo II. Avvenuta poi la riconciliazione del papa col re, Giordano mandò Gioele con altri due monaci al monarca, che li accolse favorevolmente e promise loro, anche per reverenza alla memoria di Giovanni, il suo aiuto e la sua protezione. Con Giordano ebbe nuovo impulso la propagazione della Congregazione di Pulsano; nel 1140 ebbe dal vescovo di Troia la chiesa di S. Nicola presso Foggia; al vescovo di Piacenza concesse alcuni suoi monaci per la fondazione di un cenobio a Ponte sulla Trebbia Egli affermò il principio dell'unità e della dipendenza di tutti i monasteri della Congregazione dal l'abate di Pulsano che aveva il diritto di correzione e di visita su tutti. Il sistema fu sanzionato anche dai papi.
Dopo aver governato con saggezza e santità, Giordano morí il 15 settembre 1145 e presto fu venerato come santo. Anche oggi nella chiesa di Pulsano; son conservati i suoi resti in un altare a lui dedicato, ornato di una bella tela di scuola napoletana del sec. XVIII.
Nelle "Lezioni" del suo Ufficio, viene paragonato allo Sposo, nel quale Dio riversa tutto il suo amore. Viene indicato come un uomo giusto, ed il giusto, è come "un albero piantatolungo il corso delle acque" che porta incessantemente frutti (Ger.17,8), e dal frutto di questi giusti nasce l'albero della vita. Cristo stesso è il frutto più bello che il cielo (Dio Padre) fa nascere dalla terra (Maria). E' ricordato nell’acta sanctorum e nel calendario liturgico il 15 di settembre, data della sua morte. Con decreto episcopale viene venerato a Monteverde (AV) nello stesso giorno.
LAVÍNIA SERNARDI, Serva de Deus
Lavinia nacque il 2 giugno 1588 a Grottammare da Sigismondo Sernardi e da Emilia Tesei. In quegli anni era Papa, Sisto V , nato nello stesso paese il 13 dicembre 1521. A quanto sembra Lavinia era la prima dei figli: certamente era la maggiore delle sue sorelle Angelella, Porzia e Vincenza. Ha avuto anche un fratello di nome Astolfo.
La madre Emilia si incaricò della formazione spirituale di Lavinia e la educò con somma cura. Nella via della santità Lavinia fu guidata da tre sacerdoti, che lei giudicava come suoi direttori spirituali: Padre Vagnozzo Pica, prete diocesano di Ripatransone e parroco della parrocchia S.Angelo della stessa città; Fra Nicolò Pallotta, francescano di Monteprandone; Don Girolamo Leti, pievano della chiesa del castello di S.Benedetto. E’ nota la grande devozione che Lavinia ebbe verso S.Benedetto Martire, sulla cui tomba spesso si recava a pregare, percorrendo a piedi la strada Lauretana.
Ad appena 15 anni, come era uso a quei tempi, andò sposa a Gio. Marino, figlio di Gio. Antonio, della famiglia dei Giammarini. Dopo sette anni di matrimonio le nacque una figlia, Ifigenia che morì dopo pochi mesi. Dopo qualche tempo ebbe un secondo figlio, cui mise nome Francesco e dopo tre anni le nacque un’altra figlia che chiamò Margherita.
Particolarmente curata fu l’educazione impartita da mamma Lavinia ai suoi figli Francesco che studiò fisica all’Università di Fermo e Margherita che seguì la vita religiosa e si fece Cappuccina a Fermo.
Scrive il Catani: È oltremodo commovente leggere le testimonianze dei confessori di Lavinia, che si trovano davanti un’anima così bella, lontana da ogni peccato e sempre in atteggiamento di preghiera. In realtà la vita di Lavinia non ha nulla di eclatante o di particolarmente grandioso, se si eccettua – e non è poco- questa scelta di unione mistica con Dio, questa prova di fedeltà evangelica, questa possibilità di mettere in pratica, da parte di una donna qualsiasi, per giunta sposata e con figli, la perfezione del discorso della montagna, rivolto non solo agli apostoli ma a tutti i discepoli di Cristo.
Qui sta la peculiarità di Lavinia Sernardi e la sua modernità nella Chiesa d’oggi: è una cristiana santa con l’anello al dito e testimonia che la via ordinaria del matrimonio e della vita familiare è una via alla beatitudine…
Lavinia ci insegna che la vita familiare è vita di santità, vita di virtù eroiche vissute nelle condizioni comuni e ordinarie dell’esistenza umana.
Dalla biografia di p.Bevilacqua non si riesce a diagnosticare di quale malattia morì Lavinia.
Era l’anno 1623, il 15 settembre, all’età di 35 anni, 3 mesi e 13 giorni. I funerali si svolsero nella chiesa della Madonna dei Monti, e lì fu sepolta. Ancor oggi una lapide ne indica la tomba.
TOMMASUCCIO DE FOLIGNO (de Nocera), Beato
Nacque a Nocera Umbra nel 1319. Quando era ancora molto giovane si ritirò a Serra Santa , nei pressi di Gualdo Tadino, sempre in Umbria. Dedicò tutta la sua vita alla predicazione itinerante in Umbria e soprattutto in Toscana. Morì a Foligno. Il corpo del Beato, che faceva parte dell’Ordine francescano, è sepolto all’interno della chiesa di Sant’Agostino a Foligno. Un ritratto del Beato Tomassuccio si trova all’interno del convento di San Bartolomeo a Foligno
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Desde o dia 1 de Janeiro que venho colocando aqui os meus Votos de um Bom Ano de 2016.
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar
UM BOM resto do ANO DE 2016
Nº 2878 - (259 - 2016)
15 DE SETEMBRO DE 2016
SANTOS DE CADA DIA
8º A N O
LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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NOSSA SENHORA DAS DORES
Memória de NOSSA SENHORA DAS DORES que estando de pé junto à cruz de Jesus, foi associada íntima e fielmente à paixão salvífica do seu Filho e se apresentou como a nova Eva, de modo que, assim como a desobediência da primeira mulher conduziu à morte, assim a admirável obediência da Virgem Maria trouxe a vida.
Segue-se texto (não traduzido) inserto no site www.santiebeati.it:
Il 15 settembre ricorre la festa della Beata Vergine Maria Addolorata, di Colei che ha vissuto il più purissimo martirio, consumato attimo per attimo, e terribile al momento estremo della Croce. Così ornata della Corona del martirio, è gloriosamente invocata dalla Chiesa col titolo di “Regina dei martiri”.
Perché il martirio di Maria fu da Gesù...
Questo titolo di Regina dei martiri pare che non rechi onore a Maria, dal momento che non darebbe onore alla rosa il chiamarsi “regina delle spine”. Tuttavia, avendo Maria fatto suo proprio il martirio di Gesù, venne a coronarsi con le spine di Lui e ad imporporarsi con il suo Sangue divino. E siccome è gloria di Gesù essere il Re dei martiri, così pure è vanto di Maria l’esserne Regina. Ha Ella poi questa grande supremazia su tutti i martiri per molte potentissime ragioni.
La prima è: perché tutta la ragione del suo martirio fu da Dio. Tutti gli altri martiri furono tormentati da tiranni, e da carnefici, che con spade e mannaie straziarono i loro corpi; mentre Maria fu sommamente afflitta da Dio nell’anima, che assai più del corpo risente del dolore. Ed essendo stato strumento delle sue pene l’amore verso Gesù, ne segue che, essendo l’amabilità di Gesù infinita, siccome sommo fu l’amore di Maria verso di Lui, così sommo fu anche il suo dolore.
La pena di Maria fu tanto maggiore delle pene degli altri martiri, quanto è maggiore il dolore che può cagionare un Dio crocifisso che un uomo che crocifigga, più la mano di Dio che la mano di un uomo, più un Soggetto incarnato che un soggetto terreno. Perciò il serafico san Bonaventura giunge a preferire il dolore di Maria al dolore di Cristo medesimo! Poiché le piaghe divise nel Corpo di Gesù, furono invece unite, e perciò di dolore più intenso, nel Cuor di Maria. Tuttavia si ha a ritenere più vero con l’Angelico, che fosse maggiore il dolore di Cristo, poiché patì nell’anima e nel corpo; laddove Maria patì solo nell’anima.
Patì inoltre nell’anima ch’è più nobile e perciò più sensibile; e patì fino a restare priva di vita: Eius dolor fuit maximum inter dolores praesentis vitae. Ah Maria! E chi può mai comprendere i vostri dolori, se questi hanno in qualche modo a misurarsi con le forze della divina Onnipotenza che vi volle afflitta, e se sono tali che, per così dire, fanno a gara coi dolori stessi di Cristo!
...e fu il più vicino a quello di Gesù
Siccome Maria qui in terra fu la più simile nelle virtù al suo Divin Figlio, e siccome in Cielo gli siede più vicina nella gloria (In regni solio – dice san Girolamo – sublimata post Christum gloriosa resedit), così gli è stata più vicina nelle pene di un crudo martirio. Come Gesù fu coronato dalla madrigna Sinagoga con un diadema di pene, così similmente gli venne appresso, coronata di pene, Maria sua madre.
E così si avvera il vaticino di Gioele (cap. 2): Il sole si cambia in tenebra, la luna in sangue: il sole, la luna si oscurano, poiché quella stessa eclissi della Passione, che oscurò il vero Sole di giustizia, Gesù, riempì di tenebre e di sangue la mistica luna Maria. Così, se impallidiva Gesù, languiva Maria; se era ferito Gesù, tramortiva Maria; se era crocifisso Gesù, restava ancor crocifissa Maria. Avevano insomma Gesù e Maria due Cuori accordati in tanto bel concerto, che gli stessi affetti che concepiva l’Una concepiva anche l’Altro: In corde, et corde loquuti sunt. Solo la Vergine fu santa di due Cuori, cioè di un Cuore a Lei donato da Dio Creatore e di un Cuore a Lei donato da Cristo Redentore. Cosicché Ella si rattristava in corde, et corde; ed il suo dolore era insieme regolato dal suo Cuore e dal Cuore di Cristo penetrato nel suo.
Quindi: essendo stata Maria martire con Cristo, ed avendo fatto suo proprio il martirio di Cristo, il suo martirio fu più nobile di tutti gli altri: ed Ella con tutta ragione si invoca Regina dei martiri. Ah Maria! È talmente illustre il vostro martirio, ch’io non so se debba piuttosto contemplarlo o invidiarlo.
...fu tutto per Gesù nella maniera più nobile e più dolorosa
Sant’Ildefonso, parlando dei dolori di Maria, non temette di asserire che questi furono maggiori di tutti insieme i tormenti di tutti i martiri. E la verità di quanto detto può provarsi con molte ragioni:
1) perché tutti i martiri hanno patito nel corpo e Maria nell’anima;
2) perché, come argomenta sant’Antonino, arcivescovo di Firenze, tanto più è nobile e doloroso il martirio quanto è più nobile la vita che si dà per Dio. Avendo, dunque, Maria sacrificata la vita di suo Figlio, che era insieme la più nobile di tutte, e amata da Lei più della sua propria vita, ne segue che la corona di Maria fu maggiore di tutte, e che la rende Regina di tutti i martiri;
3) perché gli altri martiri patirono solo per il tempo in cui erano straziati dai tiranni; mentre il martirio di Maria durò per tutto il corso della sua vita;
4) perché Maria amava suo Figlio più di se stessa. Di conseguenza, furono per Lei di assai maggior pena i tormenti e la morte del Figlio, che non sarebbero stati i tormenti e la morte di se stessa, come afferma il beato Amedeo. E in fine perché, come dice Alberto Magno, Maria soffrì un dolore così grande, che bastava a darle più volte la morte; e perciò fu avvalorata da Dio con un miracolo per sostenere uno spasimo insoffribile alla vita umana. Così conclude che con tutta ragione si deve a Maria la preminenza sopra tutti i martiri: “Dunque ebbe la grazia del martirio e la corona dei martiri, e la sua corona fu più grande della corona di tutti gli altri martiri”. Ah Maria! Poiché Voi siete martire, più che martire e Regina dei martiri, siete degna altresì di esser compatita Voi sola più che tutti i martiri insieme.
Quante belle corone di gloria splendono sul vostro capo, o Maria! Voi siete Regina del Cielo e della terra: e siete Regina degli Angeli e dei santi; e siete persino Regina dei martiri. Però a me pare che vi adorni in modo particolare questo doloroso diadema; sì, perché vi rende più simile a Gesù Re dei martiri; sì, perché il Sangue di un Dio Crocifisso spruzzato sul vostro manto sul Calvario, vi ha dato una porpora più bella di quanto lo sia l’ammanto di sole che avete in Cielo.
Ave, dunque, Regina augusta: mi congratulo vivamente con Voi, mentre siete non meno gloriosa tra le pene, che tra i gaudi; e vi prego d’impetrarmi una cristiana costanza nelle croci di questo mondo, da riconoscermi per vostro parzialissimo suddito nel vostro impero doloroso.
Autore: Padre Liborio Siniscalchi
La Madonna è venerata nel mondo cristiano con un culto di iperdulia, che si estrinseca in vari titoli, quanti le sono stati attribuiti nei millenni per le sue virtù, il suo patrocinio, la sua posizione di creatura prediletta da Dio, per il posto primario occupato nel piano della Redenzione, per la sua continua presenza accanto all’uomo evidenziata anche dalle tante apparizioni.
Nel calendario delle celebrazioni mariane vi sono: 1° gennaio la B.V.M. Madre di Dio; 23 gennaio lo Sposalizio della B.V.M.; 2 febbraio la Presentazione al Tempio di Gesù e la Purificazione di Maria; 11 febbraio Beata Vergine di Lourdes; 25 marzo l’Annunciazione; 26 aprile B.V.M. del Buon Consiglio; 13 maggio Beata Vergine di Fatima; 24 maggio Madonna Ausiliatrice; 31 maggio Visitazione di M.V.; a giugno Cuore Immacolato di Maria; 2 luglio Madonna delle Grazie; 16 luglio B.V. del Carmelo; 5 agosto Madonna della Neve; 15 agosto Assunzione della Vergine; 22 agosto B.V.M. Regina; 8 settembre Natività di Maria; 12 settembre SS Nome di Maria; 15 settembre B. V. Addolorata; 19 settembre B. V. de La Salette; 24 settembre B.V. della Mercede; 7 ottobre B.V. del Rosario, 21 novembre Presentazione della B.V.M.; 8 dicembre Immacolata Concezione, 10 dicembre B. V. M. di Loreto.
Inoltre l’intero mese di Maggio è dedicato alla Madonna, senza dimenticare la suggestiva e devota Novena dell’Immacolata, poi vi sono le celebrazioni locali per i tantissimi Santuari Mariani esistenti; come si vede la Vergine ha un culto così diffuso, che non c’è mese dell’anno in cui non la si ricordi e veneri.
A mio parere però, fra i tanti titoli e celebrazioni, il più sentito perché più vicino alla realtà umana, è quello di Beata Vergine Maria Addolorata; il dolore è presente nella nostra vita sin dalla nascita, con il primo angosciato grido del neonato, che lascia il sicuro del grembo materno per proiettarsi in un mondo sconosciuto, non più legato alla madre e in preda alla paura e spavento; poi il dolore ci segue più o meno intenso, più o meno costante, nei suoi vari aspetti, fisici, morali, spirituali, lungo il corso della vita, per ritrovarlo comunque al termine del nostro cammino, per l’ultimo e definitivo distacco da questo mondo.
E il dolore di Maria, creatura privilegiata sì, ma sempre creatura come noi, è più facile comprenderlo, perché lo subiamo anche noi, seppure in condizioni e gradi diversi, al contrario delle altre prerogative che sono solo sue, Annunciazione, Maternità divina, Immacolata Concezione, Assunzione al Cielo, Apparizioni, ecc. le quali da parte nostra richiedono un atto di fede per considerarle.
Veder morire un figlio è per una madre il dolore più grande che ci sia, non vi sono parole che possano consolare, chi naturalmente aspettando di poter morire dopo aver generato, allevato ed educato, l’erede e il continuatore della sua umanità, vede invece morire il figlio mentre lei resta ancora in vita, quel figlio al quale avrebbe voluto ridare altre cento volte la vita e magari sostituirsi ad esso nel morire.
I milioni di madri che nel tempo hanno subito questo immenso dolore, a lei si sono rivolte per trovare sostegno e consolazione, perché Maria ha visto morire il Figlio in modo atroce, consapevole della sua innocenza, soffrendo per la cattiveria, incomprensione, malvagità, scatenate contro di lui, personificazione della Bontà infinita.
Ma non fu solo per la repentina condanna a morte, il dolore provato da Maria fu l’epilogo di un lungo soffrire, in silenzio e senza sfogo, conservato nel suo cuore, iniziato da quella profezia del vecchio Simeone pronunziata durante la Presentazione di Gesù al Tempio: “E anche a te una spada trapasserà l’anima”.
Quindi anche tutti coloro che soffrono nella propria carne e nel proprio animo, le pene derivanti da malattie, disabilità, ingiustizia, povertà, persecuzione, violenza fisica e mentale, perdita di persone care, tradimenti, mancanza di sicurezza, solitudine, ecc. guardano a Maria, consolatrice di tutti i dolori; perché avendo sofferto tanto già prima della Passione di Cristo, può essere il faro a cui guardare nel sopportare le nostre sofferenze ed essere comprensivi di quelle dei nostri fratelli, compagni di viaggio in questo nostro pellegrinare terreno.
Ma la Madonna è anche corredentrice per Grazia del genere umano, perché partecipe dell’umanità sofferente ed offerta del Cristo, per questo lei non si è ribellata come madre alla sorte tragica del Figlio, l’ha sofferta indicibilmente ma l’ha anche offerta a Dio per la Redenzione dell’umanità.
E come dalla Passione, Morte e Sepoltura di Gesù, si è passato alla trionfale e salvifica Resurrezione, anche Maria, cooperatrice nella Redenzione, ha gioito di questa immensa consolazione e quindi maggiormente è la più adatta ad indicarci la via della salvezza e della gioia, attraversando il crogiolo della sofferenza in tutte le sue espressioni, della quale comunque non potremo liberarci perché retaggio del peccato originale.
CULTO
La devozione alla Madonna Addolorata, che trae origine dai passi del Vangelo, dove si parla della presenza di Maria Vergine sul Calvario, prese particolare consistenza a partire dalla fine dell’XI secolo e fu anticipatrice della celebrazione liturgica, istituita più tardi.
Il “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius” di ignoto (erroneamente attribuito a s. Bernardo), costituisce l’inizio di una letteratura, che porta alla composizione in varie lingue del “Pianto della Vergine”.
Testimonianza di questa devozione è il popolarissimo ‘Stabat Mater’ in latino, attribuito a Jacopone da Todi, il quale compose in lingua volgare anche le famose ‘Laudi’; da questa devozione ebbe origine la festa dei “Sette Dolori di Maria SS.” Nel secolo XV si ebbero le prime celebrazioni liturgiche sulla “compassione di Maria” ai piedi della Croce, collocate nel tempo di Passione.
A metà del secolo XIII, nel 1233, sorse a Firenze l’Ordine dei frati “Servi di Maria”, fondato dai Ss. Sette Fondatori e ispirato dalla Vergine. L’Ordine che già nel nome si qualificava per la devozione alla Madre di Dio, si distinse nei secoli per l’intensa venerazione e la diffusione del culto dell’Addolorata; il 9 giugno del 1668, la S. Congregazione dei Riti permetteva all’Ordine di celebrare la Messa votiva dei sette Dolori della Beata Vergine, facendo menzione nel decreto che i Frati dei Servi, portavano l’abito nero in memoria della vedovanza di Maria e dei dolori che essa sostenne nella passione del Figlio.
Successivamente, papa Innocenzo XII, il 9 agosto 1692 autorizzò la celebrazione dei Sette Dolori della Beata Vergine la terza domenica di settembre.
Ma la celebrazione ebbe ancora delle tappe, man mano che il culto si diffondeva; il 18 agosto 1714 la Sacra Congregazione approvò una celebrazione dei Sette Dolori di Maria, il venerdì precedente la Domenica delle Palme e papa Pio VII, il 18 settembre 1814 estese la festa liturgica della terza domenica di settembre a tutta la Chiesa, con inserimento nel calendario romano.
Infine papa Pio X (1904-1914), fissò la data definitiva del 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazione della Croce (14 settembre), con memoria non più dei “Sette Dolori”, ma più opportunamente come “Beata Vergine Maria Addolorata”.
Le devozioni
I Sette Dolori di Maria, corrispondono ad altrettanti episodi narrati nel Vangelo: 1) La profezia dell’anziano Simeone, quando Gesù fu portato al Tempio “E anche a te una spada trafiggerà l’anima”. – 2) La Sacra Famiglia è costretta a fuggire in Egitto “Giuseppe destatosi, prese con sé il Bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto”. – 3) Il ritrovamento di Gesù dodicenne nel Tempio a Gerusalemme “Tuo padre ed io angosciati ti cercavamo”. – 4) Maria addolorata, incontra Gesù che porta la croce sulla via del Calvario. – 5) La Madonna ai piedi della Croce in piena adesione alla volontà di Dio, partecipa alle sofferenze del Figlio crocifisso e morente. – 6) Maria accoglie tra le sue braccia il Figlio morto deposto dalla Croce. – 7) Maria affida al sepolcro il corpo di Gesù, in attesa della risurrezione.
La liturgia e la devozione hanno compilato anche le Litanie dell’Addolorata, ove la Vergine è implorata in tutte le necessità, riconoscendole tutti i titoli e meriti della sua personale sofferenza.
La tradizione popolare ha identificato la meditazione dei Sette Dolori, nella pia pratica della ‘Via Matris’, che al pari della Via Crucis, ripercorre le tappe storiche delle sofferenze di Maria e sempre più numerosi sorgono questi itinerari penitenziali, specie in prossimità di Santuari Mariani, rappresentati con sculture, ceramiche, gruppi lignei, affreschi.
Le processioni penitenziali, tipiche del periodo della Passione di Cristo, comprendono anche la figura della Madre dolorosa che segue il Figlio morto, l’incontro sulla salita del Calvario, Maria posta ai piedi del Crocifisso; in certi Comuni le processioni devozionali, assumono l’aspetto di vere e proprie rappresentazioni altamente suggestive, specie quelle dell’incontro tra il simulacro di Maria vestita a lutto e addolorata e quello di Gesù che trasporta la Croce tutto insanguinato e sofferente.
In certe località queste processioni, che nel Medioevo diedero luogo anche a rappresentazioni sacre dette “Misteri”, assumono un’imponenza di partecipazione popolare, da costituire oggi un’attrattiva oltre che devozionale e penitenziale, anche turistica e folcloristica, cito per tutte la grande processione barocca di Siviglia.
Le espressioni artistiche
Al testo del celebre “Stabat Mater”, si sono ispirati musicisti di ogni epoca; tra i più illustri figurano Palestrina, Pergolesi, Rossini, Verdi, Dvorak.
La Vergine Addolorata è stata raffigurata lungo i secoli in tante espressioni dell’arte, specie pittura e scultura, frutto dell’opera dei più grandi artisti che secondo il proprio estro, hanno voluto esprimere in primo luogo la grande sofferenza di Maria.
La vergine Addolorata è di solito vestita di nero per la perdita del Figlio, con una spada o con sette spade che le trafiggono il cuore.
Altro soggetto molto rappresentato è la Pietà, penultimo atto della Passione, che sta fra la deposizione e la sepoltura di Gesù. Il termine ‘Pietà’ sta ad indicare nell’arte, la raffigurazione dei due personaggi principali Maria e Gesù, la madre e il figlio; Maria lo sorregge adagiato sulle sue ginocchia, oppure sul bordo del sepolcro insieme a s. Giovanni apostolo (Michelangelo e Giovanni Bellini). Capolavoro dell’intensità del dolore dei presenti, è il ‘Compianto sul Cristo morto’ di Giotto.
Nel Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso (Isernia), secondo l’apparizione del 1888, Gesù è adagiato a terra e Maria sta in ginocchio accanto a lui e con le braccia aperte lo piange e lo offre nello stesso tempo.
In virtù del culto così diffuso all’Addolorata, ogni città e ogni paese ha una chiesa o cappella a lei dedicata; varie Confraternite assistenziali e penitenziali, come pure numerose Congregazioni religiose femminili e alcune maschili, sono poste sotto il nome dell’Addolorata, specie se collegate all’antico Ordine dei Servi di Maria.
L’amore e la venerazione per la Consolatrice degli afflitti e per la sua ‘compassione’, ha prodotto, specie nell’Ordine dei Servi splendide figure di santi, ne citiamo alcuni: I Santi Sette Fondatori, s. Giuliana Falconieri, s. Filippo Benizi, s. Pellegrino Laziosi, s. Antonio Maria Pucci, s. Gabriele dell’Addolorata (passionista), senza dimenticare, primo fra tutti, s. Giovanni apostolo ed evangelista, sempre accanto a lei per confortarla e condividerne l’indicibile dolore, accompagnandola fino al termine della sua vita.
Il nome Addolorata ebbe larga diffusione nell’Italia Meridionale, ma per l’evidente significato, ora c’è la tendenza a sostituirlo con il suo derivato spagnolo Dolores.
NICOMEDES DE ROMA, Santo
Em Roma, são NICOMEDES mártir, cujo corpo, guardado no cemitério junto à Via Nomentana, foi honrado pelo papa BONIFÁCIO V com uma basilica sepulcral. (data incerta)
VALERIANO DE TOURNUS ou TIRNITIUM, Santo
Em Tirnitium, junto ao rio Saône, na Gália Lionense, hoje França, São VALERIANO mártir. (data incerta)
ESTRATÃO, VALÉRIO, MACRÓBIO e GORDIANO, Santos
ESTRATÃO, VALÉRIO, MACRÓBIO e GORDIANO, Santos
Em Tómis, na Cítia, hoje Constança, na Rom,énia, os santos ESTRATÃO, VALÉRIO, MACRÓBIO e GORDIANO mártires, quie foram mortos segundo a tradição, no tempo do imperador Licínio. (séc. IV)
NICETAS o Godo, Santo
Nas margens do Danúbio, em território da Roménia actual, São NICETAS o Godo mártir que por ordem do rei ariano Atanarico foi queimado vivo em ódio à fé católica. (370)
ALBINO ou ALPINO DE LIÃO, Santo
Em Lião, na Gália hoje França, Santo ALBINO ou ALPINO bispo que sucvedeu a São JUSTO. (séc. IV)
APRO DE TOUL, Santo
Em Toul, próximo de Nancy, na Gália Lionense, hoje França, Santo APRO bispo. (séc. VI)
AICARDO DE JUMIÈGES, Santo
No mosteiro de Jumièges, na Nêustria, hoje França, Santo AICARDO abade discipulo de São FILIBERTO que o nomeou prelado desse mosteiro. ((séc. VII)
ÉMILA e JEREMIAS, Santos
Em Córdova, na Andaluzia, Espanha, os santos mártires ÉMILA diácono e JEREMIAS que, durante a perseguição dos Mouros, depois de um longo e atribulado cativeiro, consumaram com a decapitação o seu martírio por Cristo. (852)
ROLANDO ou ORLANDO DE MÉDICIS, Beato
Em Busseto, território de Fidenza, na Emília-Romanha, Itália, o beato ROLANDO ou ORLANDO de Médicis anacoreta, que viveu em lugares inóspitos e solitários dos Alpes praticando rigorosa penitência e falando só com Deus. (1386)
CATARINA FIÉSCHI ADORNO DE GÉNOVA, Santa
Em Génova, na Ligúria, Itália, Santa CATARINA FIÉSCHI viúva, insigne pelo desprezo do mundo, frequentes jejuns , amor de Deus e caridade para com os indigentes e os enfermos. (1510)
CAMILO CONSTANZO, Beato
Em Hirado, Japão o beato CAMILO CONSTANZO presbitero da Companhia de Jesus e mártir que, condenado pelo supremo comandante Hidetada a ser queimado vivo, nem nas chamas da fogueira deixou de pregar o anúncio de Cristo. (1622)
JOÃO BAPTISTA e JACINTO DOS ANJOS, Beatos
Em Santo Domingo Xagácia, no México, os beatos JOÃO BAPTISTA e JACINTO DOS ANJOS mártires que, sendo catequistas cruelmente flagelados por se recusarem a venerar os ídolos em vez de Cristo, imitando a paixão do Senhor mereceram a recompensa eterna. ((1700)
ANTÓNIO MARIA SCHWARTZ, Beato
Em Viena de Áustria, o beato ANTÓNIO MARIA SCHWARTZ presbitero que para promover a assistência pastoral e a defesa dos direitos dos aprendizes e dos jovens operários, instituiu a Congregação de São José de Calasanz para os Operários Cristãos. (1929)
JOSÉ PUGLÍSI (Pino Puglísi), Beato
Em Palermo, na Sicília, Itália, o Beato JOSÉ PUGLÍSI presbitero diocesano e mártir, mais conhecido por Pino Puglísi, que durante os 33 anos do seu ministério pastoral se dedicou incansavelmente ao anúncio do Evangelho, especialmente aos seus "preferidos" - as crianças, os desprotegidos, os pobres - e foi assassinado por agentes da máfia. (1933)
PASCOAL PENADÉS JORNET, Beato
Em ;Llosa de Ranes, Valência, Espanha, o Beato PASCOAL PENADÉS JORNET presbítero e mártir que, durante o tempo da perseguição religiosa, vencendo o combate terreno, alcançou a plenitude da salvação eterna. ((1936)
LADISLAU MIEGON, Beato
Próximo de Munique, Baviera, Alemanha, o Beato LADISLAU MIEGON presbitero e mártir que, deportado da Polónia por um regime hostil a Deus e aos homens, foi encarcerado no campo de concentração de Dachau por causa da sua fé e, suportando numerosos tormentos, alcançou a coroa de glória. (1942)
PAULO MANNA, Beato
Em Nápoles, na Itália, o Beato PAULO MANNA presbitero do Instituto Pontifício para as Missões Estrangeiras que, deixando a acção missionária na Birmânia por causa da sua debilitada saúde, trabalhou intensamente na obra de evangelização, dedicando-se com toda a energia a pregação da palavra de Deus e à promoção da unidades dos cristãos. (1952)
... E AINDA ...
BALDO, Beato
Una leggenda riportata in un manoscritto del priorato di S. Eligio di Parigi, datato del secolo XIV, narra la vita di s. Baldo penitente, che presenta tutti i tratti delle tragedie medioevali, degne di rappresentazioni teatrali di successo.
Nativo della Spagna o del Portogallo, Baldo sin dall’adolescenza aveva avuto il presagio che avrebbe ucciso il padre e la madre, sconvolto, per non macchiarsi di così grave delitto, abbandonò il paese natio ed andò ad abitare in un villaggio di altra regione, dove poi si sposò.
Dopo vari anni, i genitori presi dal desiderio di rivedere il figlio, si misero alla sua ricerca, trovandolo dopo molti tentativi.
Giunti alla sua casa, furono accolti dalla nuora, perché il marito era assente momentaneamente; pur non conoscendoli li trattò con affabilità, li rifocillò e visto la loro spossatezza per il lungo viaggio, li fece coricare insieme nel suo letto matrimoniale; poi uscì alla ricerca del marito.
Baldo tornò invece per altra strada non incontrandola, entrato in casa vide nel suo letto due corpi nella penombra e supponendo che fosse la moglie che lo tradiva con qualche uomo, accecato dalla gelosia e dall’ira, con una scure affilata tagliò loro la testa.
Pochi istanti dopo la moglie tornò e lui si accorse del terribile sbaglio; in espiazione della sua colpa, decise di abbandonare il tetto coniugale e di condurre vita nomade.
Fu pellegrino al Santo Sepolcro in Palestina, alle tombe degli Apostoli a Roma e ad altri celebri santuari; poi attraversò le Alpi e giunse a Sens in Francia (Gallia) di cui era vescovo Artemio, al quale si confidò chiedendo una penitenza.
Il vescovo gli porse il bastone che teneva in mano, ordinandogli di piantarlo sulla cima di un monte vicino alla città, innaffiandolo con l’acqua del fiume Icauna, finché non mettesse radici, rami, fiori e frutti.
Baldo accettò con gratitudine la penitenza, aumentando lo sforzo del trasporto dell’acqua, scegliendo una strada più lunga e aspra, invece di una breve.
Alla sua morte fu sepolto nella cella che si era costruita sulla cima del monte, si ritiene che morì verso il 620; dopo qualche tempo sul tempo fu edificata una chiesa che prese il suo nome.
Nell’ottobre 1081, la chiesa e i terreni circostanti, furono donati dall’arcivescovo di Sens, Richerio, a Guglielmo abate di S. Remigio sempre a Sens, che vi eresse un priorato detto di San Bond a Paron, meta di pellegrinaggi a Pentecoste.
Nel 1674 passò ai Padri Lazzaristi e nel 1854 divenne parrocchia, dove dopo alterne vicende riposano le sue reliquie.
Il culto fiorì in varie zone della Francia, a Parigi e a Soissons, dove è patrono della parrocchia di Pavant con festa al 15 settembre. A Sens invece è festeggiato il 29 ottobre.
CARLO DE MONTEGRABNELLI, Beato
Carlo di Bandino dei conti Guidi di Romena, nacque verso il 1330 nella
contea di Montegranelli (Romagna Fiorentina); come i suoi avi feudatari
fedeli all’imperatore, intraprese la carriera delle armi. Nel pieno
della sua gioventù, sentì la chiamata di Dio allo stato ecclesiastico,
divenne sacerdote a Firenze, dove da tempo si era trasferito, dedicando
tutto sé stesso all’apostolato.
Ma non era soddisfatto, volendo estraniarsi dal frastuono del mondo, che anche allora si faceva sentire soprattutto per le lotte fra il papato e l’imperatore, fra i poteri declinanti dei feudatari e il sorgere delle Signorie; Carlo decise nel 1360 di ritirarsi a vivere fra i ruderi delle mura che circondavano la rocca di Fiesole.
Probabilmente, Cosimo de’ Medici il Vecchio, gli donò il terreno su cui si era rifugiato e qui costruì una cella ed un oratorio dedicato a S. Gerolamo, vivendo così una vita di eremita. Ma il suo santo esempio attirò vari giovani anch’essi desiderosi di dedicarsi totalmente a Dio per cui fu necessario ingrandire il suo romitorio aggiungendo altre cellette.
Consigliato da eminenti domenicani del tempo, decise di istituire una nuova Congregazione religiosa e così nel 1405, nacque a Fiesole e poi diffusasi in tutta Italia, la Congregazione degli Eremiti di S. Gerolamo, approvata nello stesso anno dal papa Innocenzo VII e con la Regola di S. Agostino.
Gli eremiti vestivano una rozza tonaca con cappuccio, scapolare e mantello di colore grigio con zoccoli ai piedi. Per venire incontro alla devozione dei pellegrini fiorentini che specie il sabato, salivano a Fiesole, fondò la Compagnia di S. Gerolamo, inoltre istituì presso l’Ospedale di S. Maria della Scala, una Congregazione per ragazzi detta di S. Michele Arcangelo poi approvata nel 1427; fondò conventi in varie città specie dell’Italia Centro-Settentrionale.
Desiderando andare in Terra Santa si recò a Venezia per imbarcarsi, ma nell’attesa di farlo, si ammalò e qui morì il 15 settembre 1417, fu sepolto nella chiesa di S. Maria delle Grazie; mentre in seguito, la reliquia del cranio, fu conservata nella chiesa di S. Gerolamo a Fiesole.
Cosimo de’ Medici, che vivente il fondatore Carlo da Montegranelli, avrebbe voluto ingrandire e abbellire il romitaggio di Fiesole, ricevendone sempre un rifiuto, perché si desiderava restare a vivere in povertà, dopo la morte del suo amico fondatore, nel 1540 fece erigere un nuovo convento e una nuova chiesa su progetto di Michelozzo.
La Congregazione degli Eremiti di S. Gerolamo a Fiesole, fu soppressa da papa Clemente IX il 6 settembre 1668, pur essendo abbastanza fiorente con 40 conventi di eremiti. L’eremo passò di proprietà tra varie Istituzioni lungo i secoli, per essere utilizzato attualmente da una Comunità di suore.
La sua festa liturgica sin dal XV secolo è al 15 settembre.
Ma non era soddisfatto, volendo estraniarsi dal frastuono del mondo, che anche allora si faceva sentire soprattutto per le lotte fra il papato e l’imperatore, fra i poteri declinanti dei feudatari e il sorgere delle Signorie; Carlo decise nel 1360 di ritirarsi a vivere fra i ruderi delle mura che circondavano la rocca di Fiesole.
Probabilmente, Cosimo de’ Medici il Vecchio, gli donò il terreno su cui si era rifugiato e qui costruì una cella ed un oratorio dedicato a S. Gerolamo, vivendo così una vita di eremita. Ma il suo santo esempio attirò vari giovani anch’essi desiderosi di dedicarsi totalmente a Dio per cui fu necessario ingrandire il suo romitorio aggiungendo altre cellette.
Consigliato da eminenti domenicani del tempo, decise di istituire una nuova Congregazione religiosa e così nel 1405, nacque a Fiesole e poi diffusasi in tutta Italia, la Congregazione degli Eremiti di S. Gerolamo, approvata nello stesso anno dal papa Innocenzo VII e con la Regola di S. Agostino.
Gli eremiti vestivano una rozza tonaca con cappuccio, scapolare e mantello di colore grigio con zoccoli ai piedi. Per venire incontro alla devozione dei pellegrini fiorentini che specie il sabato, salivano a Fiesole, fondò la Compagnia di S. Gerolamo, inoltre istituì presso l’Ospedale di S. Maria della Scala, una Congregazione per ragazzi detta di S. Michele Arcangelo poi approvata nel 1427; fondò conventi in varie città specie dell’Italia Centro-Settentrionale.
Desiderando andare in Terra Santa si recò a Venezia per imbarcarsi, ma nell’attesa di farlo, si ammalò e qui morì il 15 settembre 1417, fu sepolto nella chiesa di S. Maria delle Grazie; mentre in seguito, la reliquia del cranio, fu conservata nella chiesa di S. Gerolamo a Fiesole.
Cosimo de’ Medici, che vivente il fondatore Carlo da Montegranelli, avrebbe voluto ingrandire e abbellire il romitaggio di Fiesole, ricevendone sempre un rifiuto, perché si desiderava restare a vivere in povertà, dopo la morte del suo amico fondatore, nel 1540 fece erigere un nuovo convento e una nuova chiesa su progetto di Michelozzo.
La Congregazione degli Eremiti di S. Gerolamo a Fiesole, fu soppressa da papa Clemente IX il 6 settembre 1668, pur essendo abbastanza fiorente con 40 conventi di eremiti. L’eremo passò di proprietà tra varie Istituzioni lungo i secoli, per essere utilizzato attualmente da una Comunità di suore.
La sua festa liturgica sin dal XV secolo è al 15 settembre.
CRISTIANO DE PERÚGIA, Beato
Le notizie che abbiamo su questo frate non sono molte. Nacque a Perugia da nobile casato e pare abbia ricevuto l'abito religioso da s. Domenico a Bologna, dove era stato mandato dai genitori per frequentare l'università. Secondo il Fontana, lo stesso s. Domenico lo avrebbe mandato a Perugia insieme col b. Nicola da Giovinazzo, per erigervi un convento. I due domenicani conquistarono gli animi dei perugini, i quali concessero loro di scegliere il posto per la costruzione della chiesa e del convento da edificarsi a spese del comune. Nel 1235, Gregorio IX concesse un'indulgenza a coloro che avessero collaborato alla fabbrica che fu completata nel 1260 e consacrata da Clemente IV nel 1264, sebbene i frati avessero cominciato ad officiarla dal 1240, dedicandola a s. Domenico e a s. Stefano protomartire. In essa Gregorio IX canonizzò s. Elisabetta d'Ungheria, e Innocenzo IV s. Pietro martire.
Il Fontana, parlando degli uomini illustri del convento di Perugia, annovera Cristiano fra coloro che vitae sanclitate floruere, aggiungendo che ebbe particolare devozione per s. Agostino, il quale, apparendogli, lo esortò ad una vita più severa di penitenza. Fu priore del convento perugino e, come dice il necrologio, "quam plurimum gratus fratribus" e amato dai concittadini. Morì verso il 1276, dopo essere vissuto nell'Ordine cinquantacinque anni. Ebbe sepolcro comune con il b. Nicola da giovinazzo nella chiesa di S. Domenico.
I Bollandisti lo pongono tra i praetermissi con queste parole: "Vitam cum titulo Beati ad hunc diem (15 settembre) dat Jacobillus in Sanctis Umbriae". Anche il Masetti ed altri gli danno il titolo di beato.
FRANCISCO, TIAGO, SANCHO, ILDEFONSO, JOÃO e DIONÍSIO, Santos
Catturati dai mori nelle vicinanze di Valenza in Spagna, i Santi: Francesco, Giacomo, Sancio, Ildefonso, Giovanni e Dionisio, furono poi trasportati in Marocco. Per la difesa della fede e confessione di Cristo, furono maltrattati ed infine crocifissi e onorevolmente ricevettero la corona della gloria unendosi alla grande schiera dei martiri, nell’anno 1437. L’Ordine lo festeggia il 15 settembre.
GIORDANO DE PULSANO, Beato
Nacque a Monteverde, allora città episcopale (provincia di Avellino), da ragguardevole famiglia. Non può precisarsi l'anno. I genitori lo affidarono fanciullo ad uno zio in Benevento perché ne curasse l'educazione anche letteraria. Durante una malattia che lo colpi da grandicello comprese i pericoli che lo insidiavano a quella scuola; perciò, appena guarito, manifestò il proposito di partire; maltrattato per questo dallo zio, fuggí e si nascose in una selva. Fu lí che lo incontrò s. Giovanni da Matera, il quale allora tornava da Capua in Puglia. Egli lo ristorò, lo condusse con sé e lo istruí nella vita monastica. In essa il giovane fece tali progressi, che Giovanni lo considerò sempre come il suo piú caro discepolo e a Pulsano lo ebbe quale valido collaboratore.
Morto Giovanni nel 1139, per unanime consenso Giordano fu chiamato a succedergli. Accettata l'elezione, non volle però presentarsi al re Ruggero, che proprio allora era stato scomunicato da Innocenzo II. Avvenuta poi la riconciliazione del papa col re, Giordano mandò Gioele con altri due monaci al monarca, che li accolse favorevolmente e promise loro, anche per reverenza alla memoria di Giovanni, il suo aiuto e la sua protezione. Con Giordano ebbe nuovo impulso la propagazione della Congregazione di Pulsano; nel 1140 ebbe dal vescovo di Troia la chiesa di S. Nicola presso Foggia; al vescovo di Piacenza concesse alcuni suoi monaci per la fondazione di un cenobio a Ponte sulla Trebbia Egli affermò il principio dell'unità e della dipendenza di tutti i monasteri della Congregazione dal l'abate di Pulsano che aveva il diritto di correzione e di visita su tutti. Il sistema fu sanzionato anche dai papi.
Dopo aver governato con saggezza e santità, Giordano morí il 15 settembre 1145 e presto fu venerato come santo. Anche oggi nella chiesa di Pulsano; son conservati i suoi resti in un altare a lui dedicato, ornato di una bella tela di scuola napoletana del sec. XVIII.
Nelle "Lezioni" del suo Ufficio, viene paragonato allo Sposo, nel quale Dio riversa tutto il suo amore. Viene indicato come un uomo giusto, ed il giusto, è come "un albero piantatolungo il corso delle acque" che porta incessantemente frutti (Ger.17,8), e dal frutto di questi giusti nasce l'albero della vita. Cristo stesso è il frutto più bello che il cielo (Dio Padre) fa nascere dalla terra (Maria). E' ricordato nell’acta sanctorum e nel calendario liturgico il 15 di settembre, data della sua morte. Con decreto episcopale viene venerato a Monteverde (AV) nello stesso giorno.
LAVÍNIA SERNARDI, Serva de Deus
Lavinia nacque il 2 giugno 1588 a Grottammare da Sigismondo Sernardi e da Emilia Tesei. In quegli anni era Papa, Sisto V , nato nello stesso paese il 13 dicembre 1521. A quanto sembra Lavinia era la prima dei figli: certamente era la maggiore delle sue sorelle Angelella, Porzia e Vincenza. Ha avuto anche un fratello di nome Astolfo.
La madre Emilia si incaricò della formazione spirituale di Lavinia e la educò con somma cura. Nella via della santità Lavinia fu guidata da tre sacerdoti, che lei giudicava come suoi direttori spirituali: Padre Vagnozzo Pica, prete diocesano di Ripatransone e parroco della parrocchia S.Angelo della stessa città; Fra Nicolò Pallotta, francescano di Monteprandone; Don Girolamo Leti, pievano della chiesa del castello di S.Benedetto. E’ nota la grande devozione che Lavinia ebbe verso S.Benedetto Martire, sulla cui tomba spesso si recava a pregare, percorrendo a piedi la strada Lauretana.
Ad appena 15 anni, come era uso a quei tempi, andò sposa a Gio. Marino, figlio di Gio. Antonio, della famiglia dei Giammarini. Dopo sette anni di matrimonio le nacque una figlia, Ifigenia che morì dopo pochi mesi. Dopo qualche tempo ebbe un secondo figlio, cui mise nome Francesco e dopo tre anni le nacque un’altra figlia che chiamò Margherita.
Particolarmente curata fu l’educazione impartita da mamma Lavinia ai suoi figli Francesco che studiò fisica all’Università di Fermo e Margherita che seguì la vita religiosa e si fece Cappuccina a Fermo.
Scrive il Catani: È oltremodo commovente leggere le testimonianze dei confessori di Lavinia, che si trovano davanti un’anima così bella, lontana da ogni peccato e sempre in atteggiamento di preghiera. In realtà la vita di Lavinia non ha nulla di eclatante o di particolarmente grandioso, se si eccettua – e non è poco- questa scelta di unione mistica con Dio, questa prova di fedeltà evangelica, questa possibilità di mettere in pratica, da parte di una donna qualsiasi, per giunta sposata e con figli, la perfezione del discorso della montagna, rivolto non solo agli apostoli ma a tutti i discepoli di Cristo.
Qui sta la peculiarità di Lavinia Sernardi e la sua modernità nella Chiesa d’oggi: è una cristiana santa con l’anello al dito e testimonia che la via ordinaria del matrimonio e della vita familiare è una via alla beatitudine…
Lavinia ci insegna che la vita familiare è vita di santità, vita di virtù eroiche vissute nelle condizioni comuni e ordinarie dell’esistenza umana.
Dalla biografia di p.Bevilacqua non si riesce a diagnosticare di quale malattia morì Lavinia.
Era l’anno 1623, il 15 settembre, all’età di 35 anni, 3 mesi e 13 giorni. I funerali si svolsero nella chiesa della Madonna dei Monti, e lì fu sepolta. Ancor oggi una lapide ne indica la tomba.
TOMMASUCCIO DE FOLIGNO (de Nocera), Beato
Nacque a Nocera Umbra nel 1319. Quando era ancora molto giovane si ritirò a Serra Santa , nei pressi di Gualdo Tadino, sempre in Umbria. Dedicò tutta la sua vita alla predicazione itinerante in Umbria e soprattutto in Toscana. Morì a Foligno. Il corpo del Beato, che faceva parte dell’Ordine francescano, è sepolto all’interno della chiesa di Sant’Agostino a Foligno. Un ritratto del Beato Tomassuccio si trova all’interno del convento di San Bartolomeo a Foligno
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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
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MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
e
sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros
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Blogue: SÃO PAULO (e Vidas de Santos) - http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com
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