Caros Amigos
Desejo que este Ano de 2019 traga tudo de Bom para toda a Humanidade.
As minhas melhores Saudações de
Amizade e Gratidão
para todos os leitores e/ou simples Visitantes que queiram passar os olhos por este Blogue
Nº 3 7 1 7
Série - 2019 - (nº 0 1 3)
13 de JANEIRO de 2019
SANTOS DE CADA DIA
Nº 67
12º A N O
12º A N O
LOUVADO SEJA PARA SEMPRE
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
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Todos os Católicos com verdadeira Fé,
deverão Comemorar e Recordar
os Santos e Beatos de cada dia, além de Procurar seguir os seus exemplos
deverão Comemorar e Recordar
os Santos e Beatos de cada dia, além de Procurar seguir os seus exemplos
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BAPTISMO DE JESUS
Texto do SITE http://santiebeati.it
Em Nam Dinh, Tonquim hoje Vietname, os santos DOMINGOS PHAM TRONG (Án) KHAM, LUCAS (Cai) THIN, seu filho e JOSÉ PHAM TRONG (Cai) TÁ, os quais sob o governo do imperador Tu Duc, preferiram sofrer os tormentos e a morte do que calcar a cruz. (1859)
No campo de concentração de Dachau, Munique, na Baviera - Alemanha, o beato EMÍLIO SZRAMEK presbitero e mártir, natural da Polónia que durante a guerra, foi desumanamente deportado para este campo, onde sofreu atrozes tormentos e morreu por defender perante os perseguidores a fé em Cristo. (1942)
I primi anni
Francesco Maria Greco nacque ad Acri, piccolo paese in provincia di Cosenza, il 26 luglio 1857, e fu battezzato due giorni dopo nella parrocchia di Santa Chiara ad Acri. Era il primo dei cinque figlio di Raffaele Greco, farmacista, e Concetta Pancaro. La madre fu la sua prima educatrice nella fede, mentre un fratello di lei, don Luigi Pancaro, parroco di Acri, lo seguì negli studi. Francesco Maria conseguì la licenza ginnasiale a Cosenza il 31 luglio 1874, poi si trasferì a Napoli per frequentare il liceo.
Una vocazione contrastata
Suo padre, molto religioso come la moglie, sperava di fargli ereditare la propria professione, ma lui maturò una scelta diversa: non gli studi per diventare farmacista, ma quelli per essere sacerdote. Dopo aver lungamente pregato ai piedi della Madonna nel santuario di Pompei, si risolse con determinazione per quella via.
Il 14 gennaio 1877 indossò quindi l’abito talare nella chiesa di San Nicola da Tolentino a Napoli ed entrò nel pensionato tenuto dal parroco del luogo, don Luigi Marigliano, per poter frequentare da esterno il liceo arcivescovile: era stato infatti ammesso dall’arcivescovo di Napoli nella Congregazione dei Chierici forestieri.
Il 9 dicembre 1880 fu ospite dei padri Cappuccini di Acri per prepararsi a ricevere il diaconato, che gli fu conferito il 17 dello stesso mese dal vescovo di San Marco Argentano, monsignor Livio Parladore. L’ordinazione presbiterale, invece, avvenne dopo un anno, il 17 dicembre 1881, sempre ad Acri, per mano di monsignor Filippo De Simone, già vescovo di Nicotera-Tropea.
Il 7 settembre 1889, a Napoli, don Francesco conseguì il Dottorato in Sacra Teologia, realizzando una delle sue aspirazioni: non solo essere prete, ma “prete istruito”, per compiere al meglio il proprio ministero. Un primo evento che contribuì a dare al suo sacerdozio una diversa direzione fu l’epidemia di colera esplosa a Napoli nel 1884. Affiancando don Marigliano, si prodigò nell’assistenza medica e spirituale agli ammalati, rischiando il contagio in prima persona.
Parroco e organizzatore della Scuola Catechistica
Il 10 settembre 1887, don Francesco Maria divenne parroco della parrocchia di San Nicola di Bari ad Acri e l’anno successivo fu nominato arciprete, ottenendo il titolo di monsignore. Il contatto con gli effettivi bisogni della sua gente gli suggerì di cominciare dall’istruzione religiosa, in una terra dove anche quella culturale scarseggiava: basti pensare, ad esempio, che le ragazze difficilmente potevano uscire di casa da sole.
Monsignor Greco, quindi, organizzò una Scuola Catechistica a partire dalla più tenera età: divise bambini e bambine per fasce di età e per classi, ciascuna delle quali era affidata a ragazze particolarmente motivate. Il nome che aveva dato a quell’associazione di catechiste era “Figlie dei Sacri Cuori”, in quanto sin da diacono aveva mostrato una profonda devozione verso il Cuore di Gesù e verso quello della Vergine Maria.
Gli inizi delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori
Il 13 ottobre 1889 ottenne dal suo vescovo, Monsignor Stanislao De Luca, una lettera di approvazione dell’associazione. Tuttavia, dopo pochi mesi dall’apertura, morì la responsabile, sua sorella Maria Teresa. Monsignor Greco pensò dunque di affidare la direzione della scuola alla vice-responsabile, Raffaella De Vincenti, la quale da tempo desiderava consacrarsi a Dio, ma era stata impedita dai familiari.
Il 21 novembre del 1894, festa della purificazione della Beata Vergine al Tempio, l’arciprete accolse i suoi voti evangelici di castità, povertà, obbedienza. Ricevendo l’abito religioso, Raffaella cambiò il nome in suor Maria Teresa dei Sacri Cuori, proprio in memoria della prima responsabile dell’associazione.
Altre giovani seguirono il suo esempio, tanto che non si parlava più di una semplice associazione, ma di un istituto religioso. Da “Figlie dei Sacri Cuori” cambiarono denominazione in “Piccole Operaie dei Sacri Cuori”, anche se monsignor Greco le definiva informalmente “Piccole Manovali”, perché col loro operato contribuivano all’edificazione del Regno di Dio nell’insegnamento della catechesi e nel servizio ai più bisognosi.
L’istituto si espande
La prima comunità religiosa vera e propria si stabilì nel 1898 nella casa che il padre di suor Maria Teresa, che era già la superiora, le aveva donato: quella fu la “Casa culla” delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori. La Casa madre, invece, fu individuata nel convento dei Frati Minimi che sorgeva dall’altra parte di Acri, dopo i necessari interventi di restauro.
Intanto le suore crescevano di numero: monsignor Greco e madre Maria Teresa si occuparono della loro formazione, mandandone due a compiere il tirocinio nel noviziato di Acireale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, mentre inviarono altre a Napoli e a Roma. Ad Acri, intanto, sorgevano man mano varie attività: il noviziato, una scuola d’infanzia, un collegio per alunne che frequentavano le scuole cittadine. Su tutte spicca l’ospedale “Charitas”, il primo del paese, attivo fino agli anni ’60 del secolo scorso.
La prima casa filiale fuori Acri fu, nel 1911, il Ricovero Umberto I a Cosenza, un ospizio provinciale per anziani, infermi e poveri, uomini e donne. Un significativo e originale campo di apostolato si aprì il 26 ottobre del 1917, quando le suore furono inviate a San Demetrio Corone, uno dei paesi italo-albanesi dove si segue il rito greco-bizantino. Per l’occasione, monsignor Greco fece compilare un catechismo liturgico del rito bizantino ad uso dell’Istituto delle Piccole Operaie. Quanto alle filiali fuori regione, la prima fu a Napoli nel 1929.
La spiritualità e la morte
Monsignor Greco, oltre ad aver risvegliato la vita religiosa ad Acri, fu accompagnatore del vescovo nella visita pastorale alla diocesi di San Marco-Bisignano, oggi divisa in due. Alla base della sua vita sacerdotale pose un’intensa e prolungata preghiera, spesso notturna, davanti all’Eucaristia: «Sono davanti a Gesù Sacramentato chiuso nel Santo ciborio; quanta pace si sperimenta nel silenzio della notte ai piedi del Maestro!», lasciò scritto.
Era sicuro che la fecondità dell’azione apostolica, sua e in generale, dipendesse dal rapporto intimo e profondo con Gesù e Maria: per questo s’impegnò a «vivere intensamente per amore dei Sacri Cuori e per farLi amare e conoscere dai fratelli». Con una frase sintetica, contenuta nelle sue lettere, espresse così il suo progetto basato sulla catechesi: è «educando alla fede che si educa alla vita».
Ormai anziano, morì ad Acri il 13 gennaio 1931; era stato superiore dell’istituto da lui fondato per 35 anni. Madre Maria Teresa dei Sacri Cuori lo seguì il 23 novembre 1936.
La causa di beatificazione
Dato che la sua buona fama non sembrava venir meno col passare del tempo, fu avviato il suo processo di beatificazione. La fase informativa diocesana si svolse nell’attuale diocesi di Cosenza-Bisignano dall’8 dicembre 1957 al 31 ottobre 1977. I suoi resti mortali, insieme a quelli di madre Maria Teresa dei Sacri Cuori (anche per lei è stato aperto il processo, attualmente in fase romana), sono stati traslati nella chiesa di San Francesco di Paola ad Atri, annessa alla Casa madre, il 22 maggio 1961. Due giorni dopo, in seguito alla regolare ricognizione canonica, entrambi i corpi sono stati tumulati in due loculi nel presbiterio della chiesa, sulla destra dell’altare.
La Congregazione per le Cause dei Santi ha quindi emesso il decreto sugli scritti il 23 maggio 1981 e ha convalidato il processo informativo il 16 febbraio 1990. La “positio super virtutibus” è stata trasmessa a Roma nel 1994.
Sia i consultori teologi, il 2 dicembre 2003, sia i cardinali e vescovi membri della Congregazione per le Cause dei Santi si sono espressi favorevolmente circa l’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane da parte di monsignor Greco. Il 19 aprile 2004 il Papa san Giovanni Paolo II ha quindi autorizzato la promulgazione del decreto che lo dichiarava Venerabile.
Il miracolo e la beatificazione
Come presunto miracolo per ottenere la beatificazione è stato preso in esame il caso di una donna, Nina Pancaro, di Altomonte in provincia di Cosenza. Era affetta da una malattia grave per cui fu necessaria un’operazione chirurgica, a seguito della quale lei entrò in coma. Dopo pochi giorni si risvegliò guarita e rivelò ai medici e ai familiari di aver fatto un sogno: un sacerdote, che si era presentato come Francesco Maria Greco, le aveva garantito una pronta guarigione. Quando le fu mostrato un santino del Venerabile, Nina riconobbe in lui il prete del sogno.
L’inchiesta diocesana sull’asserito miracolo fu conclusa nella diocesi di Cosenza-Bisignano il 17 novembre 2011 e venne convalidata il 1° giugno 2012. La Consulta medica della Congregazione per le Cause dei Santi ha dato parere favorevole circa l’inspiegabilità del fatto il 21 maggio 2015, confermato dai consultori teologi il 10 settembre dello stesso anno e dai cardinali e vescovi membri della Congregazione.
Il 21 gennaio 2016 papa Francesco ha quindi autorizzato la promulgazione del decreto che riconosceva la guarigione di Nina Pancaro come miracolosa e ottenuta per intercessione del Venerabile Francesco Maria Greco, aprendo la strada per la beatificazione. Il rito si è svolto il 21 maggio 2016, nello stadio San Vito – Marulla di Cosenza, che già nel 2011 aveva ospitato la beatificazione di madre Elena Aiello. La sua memoria liturgica, per la diocesi di Cosenza-Bisignano e per le Piccole Operaie dei Sacri Cuori, è stata fissata al 13 gennaio, giorno della sua nascita al cielo.
Le Piccole Operaie dei Sacri Cuori oggi
A poco meno di dieci anni dalla morte del fondatore e a sette da quella della confondatrice, le Piccole Operaie dei Sacri Cuori sbarcarono negli Stati Uniti d’America, prima tappa di un’espansione all’estero che oggi conta case anche in Albania e in Argentina. Nel 1954 la Casa generalizia, con il noviziato annesso e lo iuniorato, venne trasferita da Acri a Roma.
L’istituto aveva avuto l’approvazione diocesana il 17 febbraio 1902. Il 22 dicembre 1931 ricevette la prima approvazione “ad experimentum”, confermata con l’approvazione pontificia il 7 luglio 1940. Le sue caratteristiche specifiche sono la speciale consacrazione ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria, l’evangelizzazione specialmente in forma di catechesi e il servizio di carità come fonte di un’autentica promozione umana.
Nel 1993 è stata ripresa l’ammissione di aggregati laici, esattamente come le prime catechiste che furono il nucleo delle suore. Ad essi
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Texto do SITE http://santiebeati.it
Ci sono pagine straordinarie e difficili nei vangeli: quella in cui si racconta il battesimo di Gesù è una di esse. Le azioni si incrociano con le parole e le parole con la Parola: è la testimonianza del Padre che rivela in Gesù il proprio Figlio (Mc 1,9-11)
Aprire i cuori al "più forte"
Il racconto è appena iniziato, o forse sta soltanto iniziando. La scena è dominata da Giovanni, colui che precede Gesù e ne prepara la via. È il battezzatore nel deserto a levare per primo la voce: coloro che lo ascoltano sono risvegliati al senso di Dio e alla necessità di cambiare qualcosa nella propria vita. Che gli animi siano preparati ad accogliere la radicale esortazione alla conversione che di lì a poco Gesù avrebbe rivolto a molti (Mc 1,15). Un gran numero di persone dalla Giudea e da Gerusalemme accorrono presso la valle intorno al Giordano per vedere il Battista, ascoltarlo e farsi battezzare. Egli è retto, onesto: ha coscienza di non essere il "più forte", il più importante; non osa neppure paragonarsi ad uno schiavo, tra i cui compiti c'è quello di sciogliere i lacci ai sandali del suo padrone. Egli sa altrettanto bene che cosa sta facendo: il battesimo, quello vero, in Spirito Santo, non lo può dare lui, ma il Messia che sta per arrivare.
Gesù, il "più forte" che si fa debole
Viene da Nazaret di Galilea: là era cresciuto e per molti anni aveva vissuto. La sua famiglia è conosciuta: è il figlio di Maria e del falegname. Viene da là, ma il tempo di essere rivelato al mondo si sta compiendo. Il suo è un arrivo improvviso, non annunciato. Nessuno lo accompagna, nessuno lo introduce; non parla, non fa discorsi. Come gli altri viene "battezzato nel Giordano da Giovanni". Uno dei tanti, uno tra i tanti, eppure è "il più forte", colui che avrebbe battezzato nello Spirito. La scena è talmente scarna da non lasciar immaginare nulla. Ed è giusto che sia così: Gesù è Dio ed è uomo tra gli uomini, povero tra i poveri, totalmente solidale con l'umanità. Egli non ha bisogno né di perdono, né di conversione, ma è nella debolezza che vuole mostrarsi. Ci colpisce che il momento stesso in cui Gesù entra nel racconto, vi prenda parte da umile, si confonda coi peccatori e lo faccia veramente, intendo dire con la volontà di assumere il nostro cuore per cambiarlo dal di dentro e salvarci. È la scelta costante di Gesù che lo porterà a privilegiare tutto ciò che è ultimo e tutti coloro che sono ultimi ed umili per farne luogo della manifestazione dell'amore potente di Dio. La Croce ne sarà la prova più esaustiva. In fondo la storia del battesimo di Gesù parla la stessa lingua della passione e della morte di Gesù che fa propria la nostra povertà ed il nostro peccato per redimerci con la debolezza più radicale del sacrificio della vita.
La scelta del Figlio di Dio
La scelta di Gesù di Nazaret potrà sembrare strana quanto basta, eppure è vincente! Nel momento stesso in cui egli esce dall'acqua dopo essere stato battezzato, è Dio stesso che si rende infatti presente per attestarne il valore: lo squarcio nei cieli è nel linguaggio biblico chiara indicazione simbolica della rottura di ogni forma di separazione tra noi ed il Signore dell'universo. Nella persona di Cristo, nella sua scelta per la debolezza, Dio ci incontra e ci riapre la strada verso il Cielo. Lo Spirito scende su Gesù, rimane con lui ed attesta chi egli è. Infine una voce dal cielo: azioni e parole ora tacciono perché si ascolti la Parola in cui il Padre rivela che Gesù è suo Figlio, l'amato di cui il egli suffraga il cammino e di cui compiace. Stupisce, ma proprio nella debolezza il Padre sceglie di incontrare il Figlio e di manifestarlo. Non è una casualità che a metà del Vangelo di Marco, dopo che Gesù ha annunciato la sua passione, si faccia presente per la seconda volta il Padre per riconfermare che Gesù è suo Figlio e che le sue parole sulla debolezza sono da ascoltare e da imitare perché sono via di salvezza.
Autore: Marco Rossetti sdb
Scrivere del Battesimo di Gesù, è compito di teologi ed esegeti, perché nell’atto battesimale cui si sottopose Gesù, c’è tutto il simbolismo della dottrina del cristianesimo, che allacciandosi alla Tradizione del Vecchio Testamento, apre la strada della nuova concezione di “figli di Dio” e quindi compartecipi con Cristo della gioia del Padre, attraverso lo Spirito Santo.
Nell’anno XV del regno di Tiberio (cioè tra il 28 e il 29, oppure tra il 27 e il 28 d.C.), Giovanni Battista il Precursore, l’ultimo dei Profeti del Vecchio Testamento, giunse nel deserto meridionale di Giuda, nei pressi del Mar Morto, dove confluisce il fiume Giordano, a predicare l’avvento del Regno di Dio, esortando alla conversione e amministrando un battesimo di pentimento per il perdono dei peccati.
Ciò avveniva con l’immersione nell’acqua del fiume, secondo quanto profetizzava Ezechiele: “Le nazioni sapranno che io sono il Signore, quando mostrerò la mia santità in voi davanti a loro. Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. Vi aspergerò con acqua e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli”.
Il profeta Ezechiele spiegava ad Israele che se dopo il peccato verso Dio, che gli ha meritato l’esilio, vuole rivivere in relazione di nuovo con il suo Dio e ricevere il suo Spirito, deve essere totalmente rifatto, purificato, pronunciando il simbolismo dell’acqua, “vi aspergerò con acqua e sarete purificati”.
E con questo spirito di purificazione che Giovanni battezzava, quanti accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalle regioni intorno al Giordano.
E duemila anni fa sulla sponda del fiume comparve anche il giovane Gesù, di circa 30 anni, cittadino della Galilea che era una provincia del vasto Impero Romano e osservava la folla dei penitenti che si avviavano al rito di purificazione e di perdono; mentre Giovanni diceva a tutti, perché si mormorava che fosse il Messia: “Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali; costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco…”.
Anche Gesù, innocente da ogni colpa, volle avvicinarsi per ricevere il Battesimo, per solidarizzare con quei penitenti alla ricerca della salvezza dell’anima e santificare con la sua presenza l’atto, che non sarà più di sola purificazione, ma anche la venuta in ognuno dello Spirito di Dio e rappresenterà la riconciliazione divina con il genere umano, dopo il peccato originale.
Giovanni riconosciutolo, si ritrasse dicendo: “Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?” e Gesù rispose: “Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia”. Allora Giovanni lo battezzò; appena uscito dall’acqua, si aprirono i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed una voce dal cielo disse: “Questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3, 13-17).
Gesù pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e si ritirò nel deserto per quaranta giorni in meditazione, prima di iniziare la sua vita pubblica, in Galilea.
Completiamo queste brevi note, che vanno comunque approfondite consultando le riflessioni dei competenti studiosi, con il descrivere l’importanza assunta quale Sacramento nella Chiesa Cattolica.
Istituito da Gesù Cristo con il suo diretto Battesimo, il rito consiste in un’abluzione accompagnata dalla formula trinitaria: “Io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”; la materia del Battesimo è l’acqua naturale e il suo uso come già detto è simbolo della purificazione dell’anima; può essere applicata in tre modi diversi “per immersione” in uso nelle Chiese Orientali e nella liturgia ambrosiana; per “infusione” cioè acqua versata sulla testa del battezzato (generalmente usata dal XV secolo nella Chiesa Occidentale); “per aspersione” (acqua gettata sulla persona del battezzato, in casi particolari).
Il battesimo cancella il peccato originale e le colpe commesse fino al giorno in cui si riceve, rimette tutte le pene, rende il battezzato partecipe della grazia di Dio, capace della fede, membro della Chiesa; imprimendogli il carattere indelebile di cristiano.
È il primo dei setti Sacramenti; viene amministrato ai bambini fino all’età della ragione, con il solo consenso dei genitori e alla presenza di almeno un padrino, con il quale il battezzato contrae una parentela spirituale; gli adulti lo ricevono dietro loro richiesta, dopo aver ricevuto un’opportuna istruzione religiosa.
Il Sacramento è amministrato ordinariamente dai ministri del culto (vescovo, sacerdote, diacono), ma in caso di pericolo di morte, qualsiasi persona anche non cristiana, può battezzare, purché agisca secondo l’intendimento della Chiesa.
Aggiungiamo che la teologia ufficiale riconosce anche il battesimo di desiderio, ossia la grazia battesimale ottenuta col voto di ricevere il battesimo, anche se le circostanze lo impedirono; poi il battesimo di sangue, cioè il martirio avvenuto prima che lo si ricevesse.
Con la cerimonia del battesimo si impone al battezzato il nome, per lo più cristiano, scelto dai genitori se è minorenne.
Il Battesimo costituì, per quanto riguarda l’Occidente, la registrazione ufficiale della nascita di un bambino, negli archivi parrocchiali; attiva nei primi secoli, questa pratica fu poi abbandonata per essere ripresa dal XV secolo, divenendo legge con il Concilio di Trento. In Italia la registrazione negli uffici parrocchiali, funzionò finché non venne istituito l’Ufficio dello ‘stato civile’ da parte del Regno d’Italia.
Ritornando al Battesimo di Gesù, esso fu soggetto privilegiato degli artisti di tutti i secoli cristiani e la scena ruota normalmente intorno alle due figure di Gesù e di s. Giovanni, e si svolge all’aria aperta; inizialmente Gesù era raffigurato immerso nell’acqua e poi successivamente lo si è raffigurato seminudo, con il Battista che gli versa l’acqua sulla testa.
In conclusione la festa del Battesimo di Gesù, è da sempre l’occasione più propizia per riflettere sul Battesimo dei cristiani; i Padri della Chiesa dicevano che Gesù scendendo nelle acque del Giordano, ha idealmente santificato le acque di tutti i Battisteri; dal più semplice e moderno, posto all’ingresso delle chiese, a quelli che si innalzano a gloria imperitura del Sacramento e dell’arte, vicino alle grandi cattedrali dei secoli scorsi.
Gesù stesso nel Vangelo di s. Marco (16,16) dice: “Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato”.
HILÁRIO DE POITIERS, Santo
Santo HILÁRIO bispo e doutor da Igreja que, elevado à sede episcopal de Poitiers na Aquitânia, França, defendeu energicamente a fé nicena sobre a Trindade e sobre a divindade de Cristo, no tempo do imperador Constâncio, adepto da heresia ariana, sendo por isso relegado quatro anos para a Frígia. Compôs também célebres comentários sobre os Salmos e sobre o Evangelho de São Mateus. (367)
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Este grande padre da Igreja do Ocidente, a quem PIO IX concedeu a título de Doutor em 1851, nasceu em Poitiers, França no ano de 315, de nobre familia pagã, que o educou na ciência antiga da Grécia e Roma, e em todas as práticas religiosas do gentilismo. Ele mesmo nos conta como chegou à luz da fé num ambiente de trevas e de obscuridade moral. Angustiava-o enormemente o problema da sua existência. Jovem rico e pai duma filha que adorava, não se sentia feliz. Do fundo da consciência brotava-lhe sempre inquietante a pergunta sobre o fim do homem.
Qual o fim da vida humana ? Basta deixarmo-nos deslizar placidamente, no meio do prazer e da opulência ?
"Não -. protestavam o seu coração sincero e a sua razão aberta - ; a vida não pode ser só caminho para o túmulo: o doce sentimento da existência seria muito amargo, se incluísse apenas o medo doloroso de perdê-la... Pensando deste modo, cheguei à convicção de que, se a vida presente não nos foi dada senão para avançarmos para a eternidade, não se deve considerar como beneficio. Com este pensamento inflamava-se a minha alma numa ânsia de compreender a Deus, de conhecê-Lo pelo menos, de apoiar n'Ele a minha esperança, de abrigar-me n'Ele como em porto seguro e protector".
HILÁRIO estudara todos os sistemas filosóficos da Grécia e de Roma. Eram um caos de afirmações e negações que entre si se desfaziam. A luz ficava envolta num espaço infinito de trevas. Os sábios deste mundo não o podiam orientar navegando para a verdade. Providencialmente, veio-lhe às mãos a Sagrada Escritura dos Judeus. Leu-a com avidez. O que mais o surpreendeu foi a Teodiceia, o sistema simples sobre a unidade e natureza do Deus criador e providente. Admirou sobretudo aquela definição que Deus dá de si mesmo a MOISÉS: "Aquele que é, enviou-me a vós" (Ex 3, 14).
Santo HILÁRIO tinha encontrado a Deus, a ciência perfeita, que, segundo ele escreve, "consiste em conhecer a Deus como impossivel de ignorar e como impossivel de descrever. É necessário crer n'Ele, senti-Lo, adorá-Lo e falar d'Ele unicamente com a nossa vassalagem".
Logo a seguir, compenetrou-se do Evangelho de São JOÃO. Amanheceu o dia para ele, sobretudo quando penetrou naquela frase de majestade deslumbradora: «O Verbo fez-Se carne e habitou entre nós». Com ela aprendeu mais do que se tinha atrevido a esperar. recebeu a luz e foi baptizado em 345. Muito depressa, pelo ano de 350, o povo e o clero da sua cidade elegeram-no bispo. A esposa, dando exemplo que foi frequente na Igreja primitiva, resolveu-se a não olhar pare ele senão no altar, transfigurado pela chama do sacrifício.
Estava então candente a luta contra o arianismo: este unicamente admitia como Deus o Pai; Cristo para os arianos não passava de um homem divino, fórmula cómoda que permitia dosear à vontade a divindade e a humanidade, cada uma ao gosto de cada um. O Concilio de Arles, de 353, e o de Milão, de 355, depuseram uma vez mais Santo ATANÁSIO campeão da verdadeira fé. Santo HILÁRIO não tomou parte em nenhum deles, mas dedicou-se a organizar a resistência dos Bispos católicos da Gália contra o metropolita SATURNINO DE ARLES, que simpatizava com os arianos. Esta atitude de HILÁRIO desagradou ao Imperador Constâncio que o desterrou. Na Ásia menor passou o santo os anos de 356 a 358, elaborando a sua obra fundamental, o livro sobre a Santíssima Trindade. O desterro revelou-se fecundo em actividade literária e apostólica. Por isso dizia: "Permaneçamos sempre desterrados, contanto que se pregue a verdade".
Ainda que bispo não oriental, foi convidado para o Concilio de Selêucia em 359, em seguida, apresentou-se na coite de Constantinopla e deixou ao Imperador um escrito corajoso, que revela alma de fogo, do apóstolo e do mártir:
«Passou o tempo de estar calado; os mercenários fugiram e o pastor tem de levantar a voz. Toda a gente sabe que, desde que estou proscrito nunca deixei de confessar a fé, mas sem recusar nenhum meio aceitável e honroso de restabelecer a paz. E como guardei silêncio até agora, não tendo voz com a liberdade do fiel, não me deixo levar pela paixão. Gostaria de ter vivido no tempo de Décio e de Nero. Inflamado pelo Espírito Santo, sustentado pela misericórdia de Deus, ter-me-ia rido da tortura e do fogo, e nem a própria cruz me teria amedrontado... Agora combatemos contra um perseguidor disfarçado, contra um inimigo que afaga, contra o anticristo Constâncio. Não nos condena a fim de nos fazer nascer para a vida; enriquece-nos para nos levar à morte. Não nos encarcera numa prisão para nos tornar livres: honra-nos no seu palácio para escravizar-nos. Não nos corta a nossa cabeça com a espada; mata a nossa alma com o mouro. Não nos ameaça com a fogueira: mas acende secretamente o fogo do inferno. Reprime a heresia para não haver cristãos; honra os sacerdotes para não haver bispos; edifica igrejas para demolir a fé... Mas eu declaro-te, ó Constâncio, o que teria dito a Nero, a Décio e a Maximiano; combates contra Deus; levantas-te contra a Sua Igreja; persegues os Santos; és tirano, não das coisas humanas, mas das divinas».
este homem de aço, que até ao imperador falava com a espada da verdade desembainhada, era temível e perigoso no oriente. Mesmo os seus inimigos, aconselharam a Constâncio que lhe permitisse voltar a Poitiers. Regressando no ano de 360, reuniu logo um concilio em Paris para excomungar o ariano SATURNINO. Foi acto enérgico e salvador. A fé católica, que naufragava em França, firmou-se de novo na sua barquinha e seguiu para a frente, pelo caminho da ortodoxia do concilio ecuménico de Niceia, do ano de 321.
Em 364 vemos Santo HILÁRIO em Lião à frente doutro Concilio de bispos italianos, com o mesmo propósito de assegurar a fé, contra as intrigas e astúcias dos hereges, Mas o bispo de Milão, AUXÊNCIO, ariano, conseguiu que o imperador Valentiniano o obrigasse a sair de Itália; obedeceu: mas escreveu, pela verdade, o livro Contra Auxêncio.
Santo HILÁRIO é o mais corajoso adversário dos arianos no Ocidente. Por isso foi chamado o "ATANÁSIO DO OCIDENTE" . A sua actividade de bispo e doutor coincide precisamente com a grande cisão que então produziram dentro da Igreja as ideias heréticas de ÁRIO. O rápido ressurgir da Igreja ocidental, por morte de Constâncio no ano de 361, deve-se em grande parte ao zelo infatigável de Santo HILÁRIO.
No ardor da peleja conservou sempre a Cristo uma devoção terna e delicada de poeta e literato. Num dos três hinos seus, que se conserva, diz:
«Oh! Tu que és o verdadeiro astro do dia. Não aquele cuja efémera luz anuncia a pálida aurora. Tu que brilhas mais que o sol. Tu, que és pleno dia e luz soberana, vem, ilumina o intimo do meu coração... Sou indigno de levantar para as tuas brilhantes estrelas os meus olhos desafortunados, que o peso esmagador das minhas culpas inclina para a terra. Ó Cristo, tem compaixão dos que remiste».
Santo HILÁRIO uniu-se a Cristo no ano de 367. Também o seu corpo foi queimado pelos huguenotes em meados do século XVII.
GUMERSINDO e SERVIDEU ou SERVÍDIO, Santos
Em Córdova, Andaluzia - Espanha, São GUMERSINDO presbitero e São SERVIDEU ou SERVÍDIO monge que, declarando-se cristãos perante os príncipes e juizes dos Mouros, morreram pela fé em Cristo (852(
Do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O., de Braga:
GUMERSINDO ou GOMES, natural de Toledo, era ainda criança quando veio para Córdova com os pais. Admitido no clero e elevado ao diaconado, ocupou-se em formar piedosos mestres para a juventude, junto da basílica dos santos Mártires FAUSTO, JANUÁRIO e MARCIAL. Ordenado sacerdote foi encarregado de se ocupar duma igreja de aldeia, perto de Córdova.
Abedarramão II que reinava nesta cidade, tinha permitido a qualquer muçulmano tirar a vida, sem inquérito prévio, a qualquer cristão que se atrevesse a dizer mal de Maomé. Um dia em que GUMERSINDO acompanhado dum monge chamado SERDIEU ou SERVIDEU (= Servus Dei) veio a Córdova, foram ambos denunciados como cristãos e decapitados por causa da fé (13 de Janeiro de 852).
Os corpos destes mártires foram levados às escondidas pelos cristãos, que os sepultaram na igreja de São CRISTOVÃO. Começaram logo a ser venerados como objectos de culto; e os nomes foram incluídos no Martirológio Romano com a data de hoje.
Em Belgrado na Mésia, actual Sérvia, os santos HERMILIO e ESTRATÓNICO mártires que, no tempo do imperador Licínio, depois de cruéis torturas, foram afogados no rio Danúbio. (310)
AGRÍCIO de Treveris, Santo
Em Tréveris na Gália Bélgica hoje Alemanha, Santo AGRÍCIO bispo mque converteu em igreja o palácio que lhe doou Santa HELENA. (330)
REMÍGIO, Santo
Em Reims, Gália Bélgica hoje França, o sepultamento de São REMÍGIO bispo que, depois de ter iniciado o Rei Clóvis na fonte sagrada do Baptismo e nos sacramentos da fé, converteu a Cristo o povo dos Francos e, e completados mais de 70 anos de episcopado, partiu desta vida com grande fama de santidade. (530)
KENTIGERNO, Santo
Em Glasgow, na Escócia, São KENTIGERNO presbitero e abade que estabeleceu nesta cidade a sua sede e de quem se conta que formou numa grande comunidade de monges para viverem segundo o modelo da Igreja nascente. (603)
PEDRO DE CAPITOLÍADES, Santo
Em Milão na Lombardia - Itália a Beata VERÓNICA NERÓNI DE BINASCO virgem que entrou no mosteiro de santa Maria, sob a regra de Santo Agostinho, onde se consagrou profundamente à contemplação. (1497)
Santo HILÁRIO bispo e doutor da Igreja que, elevado à sede episcopal de Poitiers na Aquitânia, França, defendeu energicamente a fé nicena sobre a Trindade e sobre a divindade de Cristo, no tempo do imperador Constâncio, adepto da heresia ariana, sendo por isso relegado quatro anos para a Frígia. Compôs também célebres comentários sobre os Salmos e sobre o Evangelho de São Mateus. (367)
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Este grande padre da Igreja do Ocidente, a quem PIO IX concedeu a título de Doutor em 1851, nasceu em Poitiers, França no ano de 315, de nobre familia pagã, que o educou na ciência antiga da Grécia e Roma, e em todas as práticas religiosas do gentilismo. Ele mesmo nos conta como chegou à luz da fé num ambiente de trevas e de obscuridade moral. Angustiava-o enormemente o problema da sua existência. Jovem rico e pai duma filha que adorava, não se sentia feliz. Do fundo da consciência brotava-lhe sempre inquietante a pergunta sobre o fim do homem.
Qual o fim da vida humana ? Basta deixarmo-nos deslizar placidamente, no meio do prazer e da opulência ?
"Não -. protestavam o seu coração sincero e a sua razão aberta - ; a vida não pode ser só caminho para o túmulo: o doce sentimento da existência seria muito amargo, se incluísse apenas o medo doloroso de perdê-la... Pensando deste modo, cheguei à convicção de que, se a vida presente não nos foi dada senão para avançarmos para a eternidade, não se deve considerar como beneficio. Com este pensamento inflamava-se a minha alma numa ânsia de compreender a Deus, de conhecê-Lo pelo menos, de apoiar n'Ele a minha esperança, de abrigar-me n'Ele como em porto seguro e protector".
HILÁRIO estudara todos os sistemas filosóficos da Grécia e de Roma. Eram um caos de afirmações e negações que entre si se desfaziam. A luz ficava envolta num espaço infinito de trevas. Os sábios deste mundo não o podiam orientar navegando para a verdade. Providencialmente, veio-lhe às mãos a Sagrada Escritura dos Judeus. Leu-a com avidez. O que mais o surpreendeu foi a Teodiceia, o sistema simples sobre a unidade e natureza do Deus criador e providente. Admirou sobretudo aquela definição que Deus dá de si mesmo a MOISÉS: "Aquele que é, enviou-me a vós" (Ex 3, 14).
Santo HILÁRIO tinha encontrado a Deus, a ciência perfeita, que, segundo ele escreve, "consiste em conhecer a Deus como impossivel de ignorar e como impossivel de descrever. É necessário crer n'Ele, senti-Lo, adorá-Lo e falar d'Ele unicamente com a nossa vassalagem".
Logo a seguir, compenetrou-se do Evangelho de São JOÃO. Amanheceu o dia para ele, sobretudo quando penetrou naquela frase de majestade deslumbradora: «O Verbo fez-Se carne e habitou entre nós». Com ela aprendeu mais do que se tinha atrevido a esperar. recebeu a luz e foi baptizado em 345. Muito depressa, pelo ano de 350, o povo e o clero da sua cidade elegeram-no bispo. A esposa, dando exemplo que foi frequente na Igreja primitiva, resolveu-se a não olhar pare ele senão no altar, transfigurado pela chama do sacrifício.
Estava então candente a luta contra o arianismo: este unicamente admitia como Deus o Pai; Cristo para os arianos não passava de um homem divino, fórmula cómoda que permitia dosear à vontade a divindade e a humanidade, cada uma ao gosto de cada um. O Concilio de Arles, de 353, e o de Milão, de 355, depuseram uma vez mais Santo ATANÁSIO campeão da verdadeira fé. Santo HILÁRIO não tomou parte em nenhum deles, mas dedicou-se a organizar a resistência dos Bispos católicos da Gália contra o metropolita SATURNINO DE ARLES, que simpatizava com os arianos. Esta atitude de HILÁRIO desagradou ao Imperador Constâncio que o desterrou. Na Ásia menor passou o santo os anos de 356 a 358, elaborando a sua obra fundamental, o livro sobre a Santíssima Trindade. O desterro revelou-se fecundo em actividade literária e apostólica. Por isso dizia: "Permaneçamos sempre desterrados, contanto que se pregue a verdade".
Ainda que bispo não oriental, foi convidado para o Concilio de Selêucia em 359, em seguida, apresentou-se na coite de Constantinopla e deixou ao Imperador um escrito corajoso, que revela alma de fogo, do apóstolo e do mártir:
«Passou o tempo de estar calado; os mercenários fugiram e o pastor tem de levantar a voz. Toda a gente sabe que, desde que estou proscrito nunca deixei de confessar a fé, mas sem recusar nenhum meio aceitável e honroso de restabelecer a paz. E como guardei silêncio até agora, não tendo voz com a liberdade do fiel, não me deixo levar pela paixão. Gostaria de ter vivido no tempo de Décio e de Nero. Inflamado pelo Espírito Santo, sustentado pela misericórdia de Deus, ter-me-ia rido da tortura e do fogo, e nem a própria cruz me teria amedrontado... Agora combatemos contra um perseguidor disfarçado, contra um inimigo que afaga, contra o anticristo Constâncio. Não nos condena a fim de nos fazer nascer para a vida; enriquece-nos para nos levar à morte. Não nos encarcera numa prisão para nos tornar livres: honra-nos no seu palácio para escravizar-nos. Não nos corta a nossa cabeça com a espada; mata a nossa alma com o mouro. Não nos ameaça com a fogueira: mas acende secretamente o fogo do inferno. Reprime a heresia para não haver cristãos; honra os sacerdotes para não haver bispos; edifica igrejas para demolir a fé... Mas eu declaro-te, ó Constâncio, o que teria dito a Nero, a Décio e a Maximiano; combates contra Deus; levantas-te contra a Sua Igreja; persegues os Santos; és tirano, não das coisas humanas, mas das divinas».
este homem de aço, que até ao imperador falava com a espada da verdade desembainhada, era temível e perigoso no oriente. Mesmo os seus inimigos, aconselharam a Constâncio que lhe permitisse voltar a Poitiers. Regressando no ano de 360, reuniu logo um concilio em Paris para excomungar o ariano SATURNINO. Foi acto enérgico e salvador. A fé católica, que naufragava em França, firmou-se de novo na sua barquinha e seguiu para a frente, pelo caminho da ortodoxia do concilio ecuménico de Niceia, do ano de 321.
Em 364 vemos Santo HILÁRIO em Lião à frente doutro Concilio de bispos italianos, com o mesmo propósito de assegurar a fé, contra as intrigas e astúcias dos hereges, Mas o bispo de Milão, AUXÊNCIO, ariano, conseguiu que o imperador Valentiniano o obrigasse a sair de Itália; obedeceu: mas escreveu, pela verdade, o livro Contra Auxêncio.
Santo HILÁRIO é o mais corajoso adversário dos arianos no Ocidente. Por isso foi chamado o "ATANÁSIO DO OCIDENTE" . A sua actividade de bispo e doutor coincide precisamente com a grande cisão que então produziram dentro da Igreja as ideias heréticas de ÁRIO. O rápido ressurgir da Igreja ocidental, por morte de Constâncio no ano de 361, deve-se em grande parte ao zelo infatigável de Santo HILÁRIO.
No ardor da peleja conservou sempre a Cristo uma devoção terna e delicada de poeta e literato. Num dos três hinos seus, que se conserva, diz:
«Oh! Tu que és o verdadeiro astro do dia. Não aquele cuja efémera luz anuncia a pálida aurora. Tu que brilhas mais que o sol. Tu, que és pleno dia e luz soberana, vem, ilumina o intimo do meu coração... Sou indigno de levantar para as tuas brilhantes estrelas os meus olhos desafortunados, que o peso esmagador das minhas culpas inclina para a terra. Ó Cristo, tem compaixão dos que remiste».
Santo HILÁRIO uniu-se a Cristo no ano de 367. Também o seu corpo foi queimado pelos huguenotes em meados do século XVII.
GUMERSINDO e SERVIDEU ou SERVÍDIO, Santos
Em Córdova, Andaluzia - Espanha, São GUMERSINDO presbitero e São SERVIDEU ou SERVÍDIO monge que, declarando-se cristãos perante os príncipes e juizes dos Mouros, morreram pela fé em Cristo (852(
Do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O., de Braga:
GUMERSINDO ou GOMES, natural de Toledo, era ainda criança quando veio para Córdova com os pais. Admitido no clero e elevado ao diaconado, ocupou-se em formar piedosos mestres para a juventude, junto da basílica dos santos Mártires FAUSTO, JANUÁRIO e MARCIAL. Ordenado sacerdote foi encarregado de se ocupar duma igreja de aldeia, perto de Córdova.
Abedarramão II que reinava nesta cidade, tinha permitido a qualquer muçulmano tirar a vida, sem inquérito prévio, a qualquer cristão que se atrevesse a dizer mal de Maomé. Um dia em que GUMERSINDO acompanhado dum monge chamado SERDIEU ou SERVIDEU (= Servus Dei) veio a Córdova, foram ambos denunciados como cristãos e decapitados por causa da fé (13 de Janeiro de 852).
Os corpos destes mártires foram levados às escondidas pelos cristãos, que os sepultaram na igreja de São CRISTOVÃO. Começaram logo a ser venerados como objectos de culto; e os nomes foram incluídos no Martirológio Romano com a data de hoje.
HERMÍLIO e ESTRATÓNICO, Santos
Em Belgrado na Mésia, actual Sérvia, os santos HERMILIO e ESTRATÓNICO mártires que, no tempo do imperador Licínio, depois de cruéis torturas, foram afogados no rio Danúbio. (310)
Em Tréveris na Gália Bélgica hoje Alemanha, Santo AGRÍCIO bispo mque converteu em igreja o palácio que lhe doou Santa HELENA. (330)
REMÍGIO, Santo
Em Reims, Gália Bélgica hoje França, o sepultamento de São REMÍGIO bispo que, depois de ter iniciado o Rei Clóvis na fonte sagrada do Baptismo e nos sacramentos da fé, converteu a Cristo o povo dos Francos e, e completados mais de 70 anos de episcopado, partiu desta vida com grande fama de santidade. (530)
KENTIGERNO, Santo
Em Glasgow, na Escócia, São KENTIGERNO presbitero e abade que estabeleceu nesta cidade a sua sede e de quem se conta que formou numa grande comunidade de monges para viverem segundo o modelo da Igreja nascente. (603)
PEDRO DE CAPITOLÍADES, Santo
Em Capitolíades, na Batânia hoje Síria, São PEDRO presbitero e mártir que tendo sido acusado a Walid principe dos Sarracenos, de que ensinava publicamente pelas ruas a fé em Cristo, foi amputado dos pés, das mãos e da língua e, pregado numa cruz, consumou o martírio que tão ardentemente desejava. (713
GODOFREDO, Santo
No mosteiro de Ilbenstadt na Alemanha, São GODOFREDO que, abandonando o bem estar que lhe proporcionava a condição de conde de Kappenberg decidiu transformar o seu próprio castelo num mosteiro e, tomando o hábito premonstratense, se dedicou infatigavelmente a socorrer os indigentes e os enfermos. (112/9ovo. (659)
IVETE, Beata
Perto de Huy, Liége, Bélgica a Beata IVETE viúva que se dedicou ao cuidado dos leprosos e finalmente viveu reclusa numa cela perto deles. (1228
VERÓNICA NEGRÓNI DE BINASCO, Beata
GODOFREDO, Santo
No mosteiro de Ilbenstadt na Alemanha, São GODOFREDO que, abandonando o bem estar que lhe proporcionava a condição de conde de Kappenberg decidiu transformar o seu próprio castelo num mosteiro e, tomando o hábito premonstratense, se dedicou infatigavelmente a socorrer os indigentes e os enfermos. (112/9ovo. (659)
IVETE, Beata
Perto de Huy, Liége, Bélgica a Beata IVETE viúva que se dedicou ao cuidado dos leprosos e finalmente viveu reclusa numa cela perto deles. (1228
VERÓNICA NEGRÓNI DE BINASCO, Beata
Em Milão na Lombardia - Itália a Beata VERÓNICA NERÓNI DE BINASCO virgem que entrou no mosteiro de santa Maria, sob a regra de Santo Agostinho, onde se consagrou profundamente à contemplação. (1497)
DOMINGOS PHAM TRONG (Án) KHAM, LUCAS (Cai) THIN e JOSÉ PHAM TRONG (Cai) TÁ, Beatos
Em Nam Dinh, Tonquim hoje Vietname, os santos DOMINGOS PHAM TRONG (Án) KHAM, LUCAS (Cai) THIN, seu filho e JOSÉ PHAM TRONG (Cai) TÁ, os quais sob o governo do imperador Tu Duc, preferiram sofrer os tormentos e a morte do que calcar a cruz. (1859)
FRANCISCA DA ENCARNAÇÃO
(Maria Francisca Espejo y Martos) Beata
(Maria Francisca Espejo y Martos) Beata
Em Casillas de Martos, perto de Jaén, Espanha, a Beata FRANCISCA DA ENCARNAÇÃO (Maria Francisca Espejo y Martos) monja da Ordem da Santíssima Trindade e mártir (1937)
EMÍLIO SZRAMEK, Beato
EMÍLIO SZRAMEK, Beato
... e, A i n d a ...
os seguintes Santos e Beatos descritos em
Santiebeati.it
AMEDEO DE CLERMONT, Beato
Amedeo di Clermont il Vecchio era signore di Hauterive, nella regione Drôme, ed apparteneva ad una nobile famiglia imparentata con la casa reale di Franconia.Abbandonò il mondo con altri sedici cavalieri suoi vassalli entrando nell’Ordine dei Cluniacensi a Bonnevaux. Morì nel 1150, dopo essersi prodigato nella fondazione di vari monasteri. Nell’entrare a Bonnevaux portò con se il figlio omonimo, non ancora decenne. Quest’ultimo, che fu abate di Hautecombe e vescovo di Losanna, è venerato come “santo” il 30 agosto. Il padre invece, venerato come “beato”, è commemorato il 13 gennaio.
Amedeo di Clermont il Vecchio era signore di Hauterive, nella regione Drôme, ed apparteneva ad una nobile famiglia imparentata con la casa reale di Franconia.Abbandonò il mondo con altri sedici cavalieri suoi vassalli entrando nell’Ordine dei Cluniacensi a Bonnevaux. Morì nel 1150, dopo essersi prodigato nella fondazione di vari monasteri. Nell’entrare a Bonnevaux portò con se il figlio omonimo, non ancora decenne. Quest’ultimo, che fu abate di Hautecombe e vescovo di Losanna, è venerato come “santo” il 30 agosto. Il padre invece, venerato come “beato”, è commemorato il 13 gennaio.
ERBINO (Ervan), Santo
Figlio di Cystennin Gorneu e fratello di s. Digain, fu padre di s. Geraint, che divenne suo successore. Ebbe una chiesa mel Galles (Erbistock) e probabilmente fu il fondatore o il patrono della chiesa di S. Ervan in Cornovaglia. Morì prima del 480 e antichi calendari gallesi lo commemorano il 13 genn. O il 29 maggio.
FRANCESCO MARIA GRECO, Beato
I primi anni
Francesco Maria Greco nacque ad Acri, piccolo paese in provincia di Cosenza, il 26 luglio 1857, e fu battezzato due giorni dopo nella parrocchia di Santa Chiara ad Acri. Era il primo dei cinque figlio di Raffaele Greco, farmacista, e Concetta Pancaro. La madre fu la sua prima educatrice nella fede, mentre un fratello di lei, don Luigi Pancaro, parroco di Acri, lo seguì negli studi. Francesco Maria conseguì la licenza ginnasiale a Cosenza il 31 luglio 1874, poi si trasferì a Napoli per frequentare il liceo.
Una vocazione contrastata
Suo padre, molto religioso come la moglie, sperava di fargli ereditare la propria professione, ma lui maturò una scelta diversa: non gli studi per diventare farmacista, ma quelli per essere sacerdote. Dopo aver lungamente pregato ai piedi della Madonna nel santuario di Pompei, si risolse con determinazione per quella via.
Il 14 gennaio 1877 indossò quindi l’abito talare nella chiesa di San Nicola da Tolentino a Napoli ed entrò nel pensionato tenuto dal parroco del luogo, don Luigi Marigliano, per poter frequentare da esterno il liceo arcivescovile: era stato infatti ammesso dall’arcivescovo di Napoli nella Congregazione dei Chierici forestieri.
Il 9 dicembre 1880 fu ospite dei padri Cappuccini di Acri per prepararsi a ricevere il diaconato, che gli fu conferito il 17 dello stesso mese dal vescovo di San Marco Argentano, monsignor Livio Parladore. L’ordinazione presbiterale, invece, avvenne dopo un anno, il 17 dicembre 1881, sempre ad Acri, per mano di monsignor Filippo De Simone, già vescovo di Nicotera-Tropea.
Il 7 settembre 1889, a Napoli, don Francesco conseguì il Dottorato in Sacra Teologia, realizzando una delle sue aspirazioni: non solo essere prete, ma “prete istruito”, per compiere al meglio il proprio ministero. Un primo evento che contribuì a dare al suo sacerdozio una diversa direzione fu l’epidemia di colera esplosa a Napoli nel 1884. Affiancando don Marigliano, si prodigò nell’assistenza medica e spirituale agli ammalati, rischiando il contagio in prima persona.
Parroco e organizzatore della Scuola Catechistica
Il 10 settembre 1887, don Francesco Maria divenne parroco della parrocchia di San Nicola di Bari ad Acri e l’anno successivo fu nominato arciprete, ottenendo il titolo di monsignore. Il contatto con gli effettivi bisogni della sua gente gli suggerì di cominciare dall’istruzione religiosa, in una terra dove anche quella culturale scarseggiava: basti pensare, ad esempio, che le ragazze difficilmente potevano uscire di casa da sole.
Monsignor Greco, quindi, organizzò una Scuola Catechistica a partire dalla più tenera età: divise bambini e bambine per fasce di età e per classi, ciascuna delle quali era affidata a ragazze particolarmente motivate. Il nome che aveva dato a quell’associazione di catechiste era “Figlie dei Sacri Cuori”, in quanto sin da diacono aveva mostrato una profonda devozione verso il Cuore di Gesù e verso quello della Vergine Maria.
Gli inizi delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori
Il 13 ottobre 1889 ottenne dal suo vescovo, Monsignor Stanislao De Luca, una lettera di approvazione dell’associazione. Tuttavia, dopo pochi mesi dall’apertura, morì la responsabile, sua sorella Maria Teresa. Monsignor Greco pensò dunque di affidare la direzione della scuola alla vice-responsabile, Raffaella De Vincenti, la quale da tempo desiderava consacrarsi a Dio, ma era stata impedita dai familiari.
Il 21 novembre del 1894, festa della purificazione della Beata Vergine al Tempio, l’arciprete accolse i suoi voti evangelici di castità, povertà, obbedienza. Ricevendo l’abito religioso, Raffaella cambiò il nome in suor Maria Teresa dei Sacri Cuori, proprio in memoria della prima responsabile dell’associazione.
Altre giovani seguirono il suo esempio, tanto che non si parlava più di una semplice associazione, ma di un istituto religioso. Da “Figlie dei Sacri Cuori” cambiarono denominazione in “Piccole Operaie dei Sacri Cuori”, anche se monsignor Greco le definiva informalmente “Piccole Manovali”, perché col loro operato contribuivano all’edificazione del Regno di Dio nell’insegnamento della catechesi e nel servizio ai più bisognosi.
L’istituto si espande
La prima comunità religiosa vera e propria si stabilì nel 1898 nella casa che il padre di suor Maria Teresa, che era già la superiora, le aveva donato: quella fu la “Casa culla” delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori. La Casa madre, invece, fu individuata nel convento dei Frati Minimi che sorgeva dall’altra parte di Acri, dopo i necessari interventi di restauro.
Intanto le suore crescevano di numero: monsignor Greco e madre Maria Teresa si occuparono della loro formazione, mandandone due a compiere il tirocinio nel noviziato di Acireale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, mentre inviarono altre a Napoli e a Roma. Ad Acri, intanto, sorgevano man mano varie attività: il noviziato, una scuola d’infanzia, un collegio per alunne che frequentavano le scuole cittadine. Su tutte spicca l’ospedale “Charitas”, il primo del paese, attivo fino agli anni ’60 del secolo scorso.
La prima casa filiale fuori Acri fu, nel 1911, il Ricovero Umberto I a Cosenza, un ospizio provinciale per anziani, infermi e poveri, uomini e donne. Un significativo e originale campo di apostolato si aprì il 26 ottobre del 1917, quando le suore furono inviate a San Demetrio Corone, uno dei paesi italo-albanesi dove si segue il rito greco-bizantino. Per l’occasione, monsignor Greco fece compilare un catechismo liturgico del rito bizantino ad uso dell’Istituto delle Piccole Operaie. Quanto alle filiali fuori regione, la prima fu a Napoli nel 1929.
La spiritualità e la morte
Monsignor Greco, oltre ad aver risvegliato la vita religiosa ad Acri, fu accompagnatore del vescovo nella visita pastorale alla diocesi di San Marco-Bisignano, oggi divisa in due. Alla base della sua vita sacerdotale pose un’intensa e prolungata preghiera, spesso notturna, davanti all’Eucaristia: «Sono davanti a Gesù Sacramentato chiuso nel Santo ciborio; quanta pace si sperimenta nel silenzio della notte ai piedi del Maestro!», lasciò scritto.
Era sicuro che la fecondità dell’azione apostolica, sua e in generale, dipendesse dal rapporto intimo e profondo con Gesù e Maria: per questo s’impegnò a «vivere intensamente per amore dei Sacri Cuori e per farLi amare e conoscere dai fratelli». Con una frase sintetica, contenuta nelle sue lettere, espresse così il suo progetto basato sulla catechesi: è «educando alla fede che si educa alla vita».
Ormai anziano, morì ad Acri il 13 gennaio 1931; era stato superiore dell’istituto da lui fondato per 35 anni. Madre Maria Teresa dei Sacri Cuori lo seguì il 23 novembre 1936.
La causa di beatificazione
Dato che la sua buona fama non sembrava venir meno col passare del tempo, fu avviato il suo processo di beatificazione. La fase informativa diocesana si svolse nell’attuale diocesi di Cosenza-Bisignano dall’8 dicembre 1957 al 31 ottobre 1977. I suoi resti mortali, insieme a quelli di madre Maria Teresa dei Sacri Cuori (anche per lei è stato aperto il processo, attualmente in fase romana), sono stati traslati nella chiesa di San Francesco di Paola ad Atri, annessa alla Casa madre, il 22 maggio 1961. Due giorni dopo, in seguito alla regolare ricognizione canonica, entrambi i corpi sono stati tumulati in due loculi nel presbiterio della chiesa, sulla destra dell’altare.
La Congregazione per le Cause dei Santi ha quindi emesso il decreto sugli scritti il 23 maggio 1981 e ha convalidato il processo informativo il 16 febbraio 1990. La “positio super virtutibus” è stata trasmessa a Roma nel 1994.
Sia i consultori teologi, il 2 dicembre 2003, sia i cardinali e vescovi membri della Congregazione per le Cause dei Santi si sono espressi favorevolmente circa l’esercizio in grado eroico delle virtù cristiane da parte di monsignor Greco. Il 19 aprile 2004 il Papa san Giovanni Paolo II ha quindi autorizzato la promulgazione del decreto che lo dichiarava Venerabile.
Il miracolo e la beatificazione
Come presunto miracolo per ottenere la beatificazione è stato preso in esame il caso di una donna, Nina Pancaro, di Altomonte in provincia di Cosenza. Era affetta da una malattia grave per cui fu necessaria un’operazione chirurgica, a seguito della quale lei entrò in coma. Dopo pochi giorni si risvegliò guarita e rivelò ai medici e ai familiari di aver fatto un sogno: un sacerdote, che si era presentato come Francesco Maria Greco, le aveva garantito una pronta guarigione. Quando le fu mostrato un santino del Venerabile, Nina riconobbe in lui il prete del sogno.
L’inchiesta diocesana sull’asserito miracolo fu conclusa nella diocesi di Cosenza-Bisignano il 17 novembre 2011 e venne convalidata il 1° giugno 2012. La Consulta medica della Congregazione per le Cause dei Santi ha dato parere favorevole circa l’inspiegabilità del fatto il 21 maggio 2015, confermato dai consultori teologi il 10 settembre dello stesso anno e dai cardinali e vescovi membri della Congregazione.
Il 21 gennaio 2016 papa Francesco ha quindi autorizzato la promulgazione del decreto che riconosceva la guarigione di Nina Pancaro come miracolosa e ottenuta per intercessione del Venerabile Francesco Maria Greco, aprendo la strada per la beatificazione. Il rito si è svolto il 21 maggio 2016, nello stadio San Vito – Marulla di Cosenza, che già nel 2011 aveva ospitato la beatificazione di madre Elena Aiello. La sua memoria liturgica, per la diocesi di Cosenza-Bisignano e per le Piccole Operaie dei Sacri Cuori, è stata fissata al 13 gennaio, giorno della sua nascita al cielo.
Le Piccole Operaie dei Sacri Cuori oggi
A poco meno di dieci anni dalla morte del fondatore e a sette da quella della confondatrice, le Piccole Operaie dei Sacri Cuori sbarcarono negli Stati Uniti d’America, prima tappa di un’espansione all’estero che oggi conta case anche in Albania e in Argentina. Nel 1954 la Casa generalizia, con il noviziato annesso e lo iuniorato, venne trasferita da Acri a Roma.
L’istituto aveva avuto l’approvazione diocesana il 17 febbraio 1902. Il 22 dicembre 1931 ricevette la prima approvazione “ad experimentum”, confermata con l’approvazione pontificia il 7 luglio 1940. Le sue caratteristiche specifiche sono la speciale consacrazione ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria, l’evangelizzazione specialmente in forma di catechesi e il servizio di carità come fonte di un’autentica promozione umana.
Nel 1993 è stata ripresa l’ammissione di aggregati laici, esattamente come le prime catechiste che furono il nucleo delle suore. Ad essi
LEONZIO DI CESAREIA DI CAPADÓCIA, Santo
Con il nome di Leonzio si venerano ben 35 santi in buona parte martiri e quasi tutti Orientali.
Al 13 gennaio troviamo la celebrazione del santo vescovo di Cesarea di Cappadocia. Non esiste una ‘Vita’ narrata di questo santo, ma varie testimonianze storiche scritte della sua esistenza, al punto che sembra che ve ne siano stati due omonimi nella stessa sede episcopale, uno nel III secolo verso il 285 e un altro all’inizio del IV sec. (314).
S. Gregorio l’Illuminatore, il famoso apostolo dell’Armenia fu consacrato vescovo da Leonzio di Cesarea nello stesso periodo che si teneva un Concilio in questa città (314).
Sempre nel 314 troviamo tra i firmatari degli Atti del Concilio di Ancira e di Neocesarea, un Leonzio di Cesarea; come pure lo troviamo tra i padri del I Concilio ecumenico di Nicea (325).
S. Gregorio Nazianzeno dice nella sua “Oratio” che il padre Gregorio venne battezzato da un vescovo Leonzio di Cesarea di passaggio nella sua casa. Nel sec. IX troviamo un’altra testimonianza della sua esistenza, nello scrivere un testo sul Concilio di Nicea, un sacerdote Gregorio di Cesarea, narra che le reliquie di s. Leonzio erano ancora visibili ed intatte, poste nella stessa basilica di s. Esichio in Cesarea di Cappadocia, insieme ai corpi degli altri vescovi della città, lì sepolti.
Quello che è certo che fino al sec. XVI sia che si tratti di un solo santo, sia che si tratti di due omonimi, non vi era stato nessun culto perché non riportato come santo in nessun calendario sia occidentale che orientale.
E’ stato il grande studioso Cesare Baronio che nel suo Martyrologium Romanum lo inserì al 13 gennaio.
Autore: Mauro Bonato
Al 13 gennaio troviamo la celebrazione del santo vescovo di Cesarea di Cappadocia. Non esiste una ‘Vita’ narrata di questo santo, ma varie testimonianze storiche scritte della sua esistenza, al punto che sembra che ve ne siano stati due omonimi nella stessa sede episcopale, uno nel III secolo verso il 285 e un altro all’inizio del IV sec. (314).
S. Gregorio l’Illuminatore, il famoso apostolo dell’Armenia fu consacrato vescovo da Leonzio di Cesarea nello stesso periodo che si teneva un Concilio in questa città (314).
Sempre nel 314 troviamo tra i firmatari degli Atti del Concilio di Ancira e di Neocesarea, un Leonzio di Cesarea; come pure lo troviamo tra i padri del I Concilio ecumenico di Nicea (325).
S. Gregorio Nazianzeno dice nella sua “Oratio” che il padre Gregorio venne battezzato da un vescovo Leonzio di Cesarea di passaggio nella sua casa. Nel sec. IX troviamo un’altra testimonianza della sua esistenza, nello scrivere un testo sul Concilio di Nicea, un sacerdote Gregorio di Cesarea, narra che le reliquie di s. Leonzio erano ancora visibili ed intatte, poste nella stessa basilica di s. Esichio in Cesarea di Cappadocia, insieme ai corpi degli altri vescovi della città, lì sepolti.
Quello che è certo che fino al sec. XVI sia che si tratti di un solo santo, sia che si tratti di due omonimi, non vi era stato nessun culto perché non riportato come santo in nessun calendario sia occidentale che orientale.
E’ stato il grande studioso Cesare Baronio che nel suo Martyrologium Romanum lo inserì al 13 gennaio.
MATTEO DE LANA, Beato
Mercedario nel monastero di Santa Maria degli Ulivi, il Beato Matteo de Lana, per la sua vita esemplare onorò l’Ordine Mercedario e come una stella del mattino in mezzo alla nebbia, una luna piena e un sole splendente così egli rifulse nel regno di Dio.
L’Ordine lo festeggia il 13 gennaio.
Etimologia: Matteo = uomo di Dio, dall'ebraico
TEGWY, Santo
San Tegwy è il santo patrono di Llandygwydd, un piccolo insediamento a Ceredigion nel Galles occidentale, tra Newcaste Emlyn e la città di Cardigan.
Di san Tegwy non sappiamo nulla.
Un’antica tradizione tramanda che fosse il figlio di Dingad ab Nudd Hael vissuto nel VI secolo.
Autore: Mauro Bonato
VERO II de Viena, Santo
San Vero II o Verus è il venticinquesimo vescovo di Vienne, vissuto nel VI secolo.
Nella cronotassi ufficiale della diocesi, figura dopo Sant’Evanzio e prima di San Desiderio. San Vero II fa parte di quella lista tutti i primi quaranta vescovi di Vienne vengono menzionati santi.
Il nome di Vero II si trova nell’elenco dei vescovi della città redatto dal Vescovo Adone nella seconda metà del IX secolo, che lo dice contemporaneo degli imperatori Tiberio e Maurizio, accostandone il nome a quello del martire visigoto Ermenegildo morto nel 585.
Inoltre il nome di Verus II, è stato riportato anche nelle due serie episcopali esistenti al tempo del vescovo Léger, autore di un “Liber episcopalis Viennensis ecclesiae”.
San Vero II è stato menzionato da San Gregorio di Tours. Il grande santo francese afferma che Vero, “presbiter de senatoribus” era stato voluto dal re Gontranno quale vescovo della diocesi di Vienne.
Non sappiamo nulla del suo governo pastorale.
Di sicuro San Vero II fu vescovo della città prima del 596, anno in cui Gregorio Magno era in corrispondenza con il suo successore, il vescovo Desiderio.
Non abbiamo alcuna traccia antica del suo culto, in quanto, non era riportato negli antichi martirologi.
La sua festa ricorre il 13 gennaio.
Nella cronotassi ufficiale della diocesi, figura dopo Sant’Evanzio e prima di San Desiderio. San Vero II fa parte di quella lista tutti i primi quaranta vescovi di Vienne vengono menzionati santi.
Il nome di Vero II si trova nell’elenco dei vescovi della città redatto dal Vescovo Adone nella seconda metà del IX secolo, che lo dice contemporaneo degli imperatori Tiberio e Maurizio, accostandone il nome a quello del martire visigoto Ermenegildo morto nel 585.
Inoltre il nome di Verus II, è stato riportato anche nelle due serie episcopali esistenti al tempo del vescovo Léger, autore di un “Liber episcopalis Viennensis ecclesiae”.
San Vero II è stato menzionato da San Gregorio di Tours. Il grande santo francese afferma che Vero, “presbiter de senatoribus” era stato voluto dal re Gontranno quale vescovo della diocesi di Vienne.
Non sappiamo nulla del suo governo pastorale.
Di sicuro San Vero II fu vescovo della città prima del 596, anno in cui Gregorio Magno era in corrispondenza con il suo successore, il vescovo Desiderio.
Non abbiamo alcuna traccia antica del suo culto, in quanto, non era riportato negli antichi martirologi.
La sua festa ricorre il 13 gennaio.
VITTORIA VALVERDE GONZALEZ, Beata
La Serva di Dio Victoria Valverde González (1888-1937), religiosa del Pio Istituto Calasanziano Figlie della Divina Pastora, la cui Positio super martirio fu consegnata alla Santa Sede in data 28 gennaio del 2000, è stata dichiarata Martire dal Papa Benedetto XVI il 28 giugno 2012 e beatificata sotto il pontificato di Papa Francesco il 13 ottore 2013.
VIVENZIO, Santo
Eremita, è il protettore principale di Blera, in provincia di Viterbo. La grotta di San Vivenzio (il suo eremo) è meta di 2 pellegrinaggi: uno il lunedì di Pasqua e l’altro la seconda domenica di Maggio. I blerani dunque festeggiano il proprio santo per ben tre volte l’anno: in occasione dei due pellegrinaggi e l'11 dicembre.
Secondo una tradizione orale, San Vivenzio è stato insigne ed amato vescovo di Blera dal 457 al 484. Su questo Santo c’è appunto una fortissima tradizione orale, ricca di particolari poetici e suggestivi, ma purtroppo nessun documento di valore storico che ci possa aiutare a ricostruire le fasi della sua vita terrena. La Collegiata di Blera è appunto intitolata a Maria Assunta e San Vivenzio. La cripta, con volte a crociera impreziosite da stucchi e capitelli, custodisce la tomba del Santo. Il portale marmoreo della chiesa è sormontato dal busto di San Vivenzio.
Un immagine del Santo la troviamo anche all’interno dell’edificio religioso: San Vivenzio è infatti raffigurato su un grande stendardo di tela insieme a San Sensia e la Madonna Assunta. Anche una cappella della navata destra della Collegiata è dedicata a San Vivenzio; il Santo infatti è molto amato, la venerazione del patrono è tuttora fortemente sentita e radicata nell’animo dei blerani.
Secondo alcuni San Vivenzio (il nome deriva dal latino Viventius e significa “che ha tanta vitalità”) fu confessore a Vergy in Francia.
Il Martirologio d'Usuardo lo cita alla data del 13 gennaio e da lì è passato nel Martirologio Romano alla stessa data. A Blera (VT) viene festeggiato l'11 dicembre..
Secondo una tradizione orale, San Vivenzio è stato insigne ed amato vescovo di Blera dal 457 al 484. Su questo Santo c’è appunto una fortissima tradizione orale, ricca di particolari poetici e suggestivi, ma purtroppo nessun documento di valore storico che ci possa aiutare a ricostruire le fasi della sua vita terrena. La Collegiata di Blera è appunto intitolata a Maria Assunta e San Vivenzio. La cripta, con volte a crociera impreziosite da stucchi e capitelli, custodisce la tomba del Santo. Il portale marmoreo della chiesa è sormontato dal busto di San Vivenzio.
Un immagine del Santo la troviamo anche all’interno dell’edificio religioso: San Vivenzio è infatti raffigurato su un grande stendardo di tela insieme a San Sensia e la Madonna Assunta. Anche una cappella della navata destra della Collegiata è dedicata a San Vivenzio; il Santo infatti è molto amato, la venerazione del patrono è tuttora fortemente sentita e radicata nell’animo dei blerani.
Secondo alcuni San Vivenzio (il nome deriva dal latino Viventius e significa “che ha tanta vitalità”) fu confessore a Vergy in Francia.
Il Martirologio d'Usuardo lo cita alla data del 13 gennaio e da lì è passato nel Martirologio Romano alla stessa data. A Blera (VT) viene festeggiato l'11 dicembre..
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Localização do Bairro do Viso - Porto
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Os textos são recolhidos prioritariamente do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial de Braga (os mais descritivos, até com imagens) e os restantes do
MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
e ainda eventualmente através dos sites:
Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral,
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Também no que se refere às imagens que aparecem aqui no fim das mensagens diárias, são recolhidas aleatoriamente ou através de fotos próprias que vou obtendo, ou transferindo-as das redes sociais e que creio, serem livres.
Quanto às de minha autoria, (que serão diferentes e versando diversos temas - diariamente) não
são colocados quaisquer entraves para quem quiser copiá-las
ANTÓNIO FONSECA
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