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8º A N O
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HEDISTO, Santo
Em Roma, junto à Via Laurentina, Santo HEDISTO mártir. (data incerta)
SENHORINHA, Santa
Em Anazarbo na Cilícia, hoje na Turquia, Santa SENHORINHA mártir, que, segundo a tradição, no tempo do imperador Diocleciano e do governador Lícias, depois de sofrer muitos tormentos, no cárcere entregou o seu espírito a Deus. (304)
CIPRIANO e FÉLIX e mais
4 966 MÁRTIRES E CONFESSORES DA FÉ NA ÁFRICA SETENTRIONAL, Santos
FÉLIX IV, Santo
Em Roma, São FÉLIX IV papa que transformou dois templos do Foro Romano na igreja dedicada aos santos COSME e DAMIÃO e trabalhou com grande zelo pela fé católica. (530)
MAXIMILIANO DE CELEIA, Santo
Na província do Nórico Ripense, actualmente na Áustria, São MAXIMILIANO que é venerado como bispo de Lorch. ((séc. VII)
ROTOBALDO DE PAVIA, Santo
Em Pavia, Lombardia, Itália, São ROTOBALDO bispo homem de exemplar espírito de penitência, muito dedicado ao culto divino e à investigação das relíquias dos santos. (1254)
Em Áscoli, Piceno, hoje nas Marcas, Itália, São SERAFIM DE MONTE GRANARO (Félix de Nicola) religioso da Ordem dos Frades Menores Capuchinhos, memorável pela sua humildade, pobreza e piedade. (1604)
TOMÁS BULLAKER, Beato
Em Londres, Inglaterra, o Beato TOMÁS BULLAKER presbitero da Ordem dos Frades Menores e mártir que, aprisionado no reinado de Carlos I no momento em que celebrava missa, morreu na forca de Tyburn por causa do seu sacerdócio e esquartejado quando ainda estava vivo. (1642)
EUFRÁSIO DO MENINO JESUS
(Eufrásio Barredo Fernández), Beato
Em Oviedo, Espanha, o beato EUFRÁSIO DO MENINO JESUS (Eufrásio Barredo Fernández) presbitero da Ordem dos Carmelitas Descalços e mártir. (1934)
JOSÉ GONZÁLEZ HUGUET, Beato
Em Ribarroja de Túria, Valência, Espanha, o Beato JOSÉ GONZALEZ HUGUET presbitero e mártir que, durante a perseguição contra a fé, combateu por Cristo um glorioso combate. (1936)
PACÍFICO DE VALÊNCIA
(Pedro Salcedo Puchades) Beato
Em Massamagrel, Valência, o Beato PACÍFICO DE VALÊNCIA (Pedro Salcedo Puchades) religioso da Ordem dos Frades Menores Capuchinhos e mártir que, na mesma perseguição foi configurado à Paixão de Cristo. (1936)
ROMÃO SITKO, Beato
No campo de concentração de Auschwitz, perto de Cracóvia, Polónia, o Beato ROMÃO STIKO presbitero e mártir, que, durante a ocupação militar da Polónia depois de ter sido atrozmente atormentado pelos perseguidores hostis à dignidade dos homens e da religião, partiu para a visão da eterna bem-aventurança. (1942)
AMÉLIO e AMICO, Santos
Sono commemorati a Mortara (Pavia) dove i loro corpi furono sepolti. Appartengono, secondo gli Atti, al periodo carolingio; ma nella loro vicenda si riscontrano elementi più propri del ciclo bretone di avventura che del ciclo guerriero di Carlo Magno. Tali Atti sono favolosi e i Bollandisti rifiutarono di pubblicarli perché "in omnibus nihil videbit lector, quod factis historicis aliunde notis contrarium non sit". Tuttavia ecco quanto vi si narra. Al tempo di Pipino nacquero due bambini straordinariamente simili, uno "ex comite alvernensi", I'altro "ex quodam milite bericano". Mentre erano condotti a Roma per il battesimo, si incontrarono in Lucca, dove fecero amicizia e alleanza, e quindi andarono insieme a Roma a ricevervi il battesimo dal papa, che al figlio del conte impose il nome di Amelio, al figlio del soldato il nome di Amico. Come ricordo del battesimo ricevuto nel Laterano, ciascuno dei due ebbe in dono dal papa una coppa di legno, ornata d'oro e di pietre preziose; quindi ritornarono entrambi nella propria patria.
Dopo la morte del padre, Amico, a causa di insorte difficoltà ed inimicizie, fu costretto a lasciare la patria; partì allora con dieci servi, per recarsi presso Amelio, nella speranza di essere bene accolto, ma non lo trovò, perché anche questi si era messo in viaggio alla volta di Bericum, per visitare Amico. Dopo molte e varie avventure, Amico, afflitto per non essere riuscito nell'intento e colpito dalla lebbra, ritornò a Roma, dove fu accolto dal papa Costantino, ma dopo tre anni, essendo sopraggiunta una grande carestia, si fece riportare alla casa di Amelio, che, prima di vederlo, non sapendo che fosse l'antico compagno, gli fece apprestare il cibo nella coppa ricevuta dal papa: così si riconobbero.
Passarono intanto vari anni, finché i Longobardi, divenuti molto minacciosi, determinarono l'intervento di Carlo Magno contro Desiderio; riuscite vane le trattative, il re franco, superate le Chiuse di Susa, con il suo esercito nel quale militavano Amelio e Amico, vinse il re longobardo, e lo mise in fuga, fino al luogo, ora detto Mortarium per il gran numero dei morti in combattimento, prima chiamato Pulchrasilva per l'amenità del luogo. Amelio e Amico, i quali, benché soldati, esercitavano le virtù cristiane e conducevano vita di penitenza, morirono in quella battaglia, uniti così in vita e in morte (773). Desiderio si rifugiò in Pavia, presa poi da Carlo Magno il quale fece costruire una chiesa nel luogo della sua vittoria. Furono costruite poi anche altre due chiese: una in onore di S. Eusebio di Vercelli, I'altra in onore di S. Pietro; Amelio fu sepolto presso la chiesa di S. Pietro, Amico presso quella di S. Eusebio, in due arche fatte venire da Milano. Il giorno dopo, il sarcofago di Amelio si trovò vicino a quello di Amico: allora il vescovo Albino comandò che i corpi dei due santi fossero conservati insieme nella chiesa di S. Eusebio dove ancora si trovano.
Questo, per sommi capi, il contenuto della passio, la quale si conclude in modo molto interessante: volendo dare ai due personaggi la gloria del martirio, I'estensore della passio stessa considera Desiderio come un imperatore romano, persecutore dei cristiani, usando le stesse parole degli Atti dei Martiri: "Passi sunt sub Desiderio rege Langobardorum quarto Idus Octobris: regnante Domino nostro Iesu Christo: cui est honor et gloria in saecula saeculorum. Amen". La formula è perfettamente uguale a quella, per es., degli Acta Proconsularia di s. Cipriano: "Passus est autem beatissimus Cyprianus martyr... sub Valeriano et Gallieno imperatoribus: regnante vero domino nostro Iesu Christo cui est honor et gloria in saecula saeculorum. Amen".
Relativamente ai papi, di cui si fa cenno nella passio, non si può dire con certezza quale sia quello che abbia battezzato in Roma Amelio e Amico. sempre che la circostanza sia vera; I'altro, presso il quale si rifugiò Amico, cioè Costantino, non potrebbe essere se non l'antipapa di questo nome, ricordato tra il pontificato di s. Paolo I (757-767) e quello di Stefano IV (768-772).
Il santo oggi festeggiato si inserisce nella folta schiera di santità che contraddistinse parecchie corti inglesi nel primo millennio. Il regno di Northumbria era costituito principalmente da due territori, la Bernicia e la Deira, sostanzialmente gli attuali Northumbria e Yorkshire, e Sant’Edwin era un principe della Deira che trascorse molti anni di esilio, durante il regno di Etelfrith di Bernicia. Quando questi nel 616 cadde in battaglia, Edwin succedette al trono, divenendo ben presto “bretwalda”, cioè monarca assoluto con autorità estesa anche su tutti gli altri sovrani anglosassoni. In quel periodo della sua vita egli era ancora pagano e quindi, nel chiedere in moglie Etelburga, figlia del re cristiano del Kent, dovette assicurare che non avrebbe interferito con la vita religiosa della sposa. Etelburga partì allora per il nord, accompagnata dal suo cappellano San Paolino.
Secondo il celebre storico cristiano San Beda il Venerabile, Edwin era una persona assai prudente e meditò a lungo sull’eventualità della propria conversione al cristianesimo, ma infine tre fattori lo influenzarono verso tale scelta: l’essere scampato ad un attentato, il ricordo di una visione e di un voto fatto durante l’esilio ed infine, ma assolutamente non meno importante, una calorosa lettera ricevuta del pontefice San Gregorio Magno.
Come da tradizione il re radunò dunque i suoi consiglieri per sentire il loro autorevole parere ed uno di essi affermò: “O re, la vita degli uomini sulla terra, a confronto di tutto il tempo che ci è conosciuto, mi sembra come quando tu stai a cena con i tuoi dignitari d’inverno, con il fuoco acceso e le sale riscaldate, mentre fuori infuria una tempesta di pioggia e di neve, ed un passero entra in casa e passa velocissimo. Mentre entra da una porta e subito esce dall’altra, per questo poco tempo che è dentro non è toccato dalla tempesta ma trascorre un brevissimo momento di serenità; ma subito dopo rientra nella tempesta e scompare ai tuoi occhi. Così la vita degli uomini resta in vista per un momento, e noi ignoriamo del tutto che cosa sarà dopo, che cosa è stato prima. Perciò se questa nuova dottrina ci fa conoscere qualcosa di più certo, senz’altro merita di essere seguita”.
Stabilirono allora che la nuova religione avrebbe dovuto essere accolta solo nel qual caso fosse riuscita ad aiutarli a comprendere meglio il senso della vita, in quanto lo stesso sommo sacerdote dell’antico culto pagano locale riconobbe che a tal fine la religione dei loro padri non era di alcun aiuto. Invitato allora Paolino ad insegnare loro qualcosa in più sul suo Dio, decisero infine di aderire alla fede cristiana e di essere battezzati con il re Edwin a York nel 627.
Il re nominò poi San Paolino vescovo di tale città e promosse la costruzione di una chiesa in pietra nel sito ove ancora oggi sorge la cattedrale. Il santo monarca si adoperò inoltre per diffondere il cristianesimo ed una duratura pace in tutto il suo regno, tanto che Beda poté scrivere di lui: “Si tramanda che in quel tempo ci fu tanta pace in Britannia fin dove si estendeva il dominio del re Edwin che, come tuttora si usa dire proverbialmente, anche se una donna sola voleva percorrere tutta l’isola con un figlio natole da poco, poteva farlo senza pericolo alcuno”.
Nel 633 però Edwin cadde in battaglia, sconfitto preso Hetfield Chase dalle forze alleate del re gallese Cadwallon e del re pagano Penda di Mercia. In Inghilterra iniziò ben presto a nascere un culto popolare nei suoi confronti quale martire, soprattutto a York ed a Whitby, che culminò con la traslazione nell’abbazia di quest’ultima località, evento da considerarsi per quei tempi una vera e propria canonizzazione. Il pontefice Gregorio XIII concesse che venisse raffigurato tra i martiri nella cappella del Collegio inglese di Roma, dove gli furono anche dedicate una o due antiche chiese.
La presunta santità di Sant’Edwin è comunque certamente da considerarsi più sicura rispetto a quella di parecchi altri santi sovrani di varie nazionalità venerati dalle Chiese cristiane: infatti Beda, fonte sicuramente attendibilissima in materia, lo definì re giusto e capace, convertitosi alla fede cristiana non prima di una meditata riflessione ed impegnato con tutto il cuore nell’evangelizzazione dei sudditi, senza ricorrere alla forza.
Sua moglie Etelburga, che gli sopravvisse sino all’8 settembre 647 divenendo badessa di Lyming, è talvolta anch’essa venerata come santa, anche se in tono assai minore.
JOÃO DE RIGA, Santo
San Giovanni, Arcivescovo di Riga, “Nuovo Martire” della Chiesa Ortodossa Russa, è festeggiato al 12 ottobre.
GIOVANNI OSIENSE, Beato
Mercedario del convento di Santa Maria a Guardia de los Prados (Spagna), il Beato Giovanni Ostiense, era maestro in Sacra Teologia.Santo religioso pieno di prudenza compì un numero considerevole di miracoli, morì presso il suo convento raggiungendo le gioie eterne del paradiso.
L'Ordine lo festeggia il 12 ottobre.
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Desde o dia 1 de Janeiro que venho colocando aqui os meus Votos de um Bom Ano de 2016.
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar
Como estamos no último terço do Ano, que se aproxima do seu fim velozmente, passo a desejar
UM BOM resto do ANO DE 2016
Nº 2905 - (286 - 2016)
12 DE OUTUBRO DE 2016
SANTOS DE CADA DIA
8º A N O
LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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HEDISTO, Santo
Em Roma, junto à Via Laurentina, Santo HEDISTO mártir. (data incerta)
SENHORINHA, Santa
Em Anazarbo na Cilícia, hoje na Turquia, Santa SENHORINHA mártir, que, segundo a tradição, no tempo do imperador Diocleciano e do governador Lícias, depois de sofrer muitos tormentos, no cárcere entregou o seu espírito a Deus. (304)
CIPRIANO e FÉLIX e mais
4 966 MÁRTIRES E CONFESSORES DA FÉ NA ÁFRICA SETENTRIONAL, Santos
Comemoração dos 4966 MÁRTIRES E CONFESSORES DA FÉ que durante a perseguição desencadeada pelos Vândalos na África Setentrional, foram mortos por ordem do rei ariano Hunerico em ódio a fé católica, bispos, presbiteros e diáconos da Igreja de Deus, juntamente com uma grande multidão de fiéis, foram confinados num horrível ermo, onde, depois de submetidos a vários géneros de torturas, celebraram o seu martírio; entre eles estavam os bispos CIPRIANO e FÉLIX insignes sacerdotes do Senhor. (483)
OPÍLIO DE PIACENZA, Santo
OPÍLIO DE PIACENZA, Santo
Em Em Piacenza, na Emília-Romanha, Itália, Santo OPÍLIO diácono. (séc. V)
FÉLIX IV, Santo
Em Roma, São FÉLIX IV papa que transformou dois templos do Foro Romano na igreja dedicada aos santos COSME e DAMIÃO e trabalhou com grande zelo pela fé católica. (530)
MAXIMILIANO DE CELEIA, Santo
Na província do Nórico Ripense, actualmente na Áustria, São MAXIMILIANO que é venerado como bispo de Lorch. ((séc. VII)
ROTOBALDO DE PAVIA, Santo
Em Pavia, Lombardia, Itália, São ROTOBALDO bispo homem de exemplar espírito de penitência, muito dedicado ao culto divino e à investigação das relíquias dos santos. (1254)
SERAFIM DE MONTE GRANARO
(Félix de Nicola), Santo
(Félix de Nicola), Santo
Em Áscoli, Piceno, hoje nas Marcas, Itália, São SERAFIM DE MONTE GRANARO (Félix de Nicola) religioso da Ordem dos Frades Menores Capuchinhos, memorável pela sua humildade, pobreza e piedade. (1604)
TOMÁS BULLAKER, Beato
Em Londres, Inglaterra, o Beato TOMÁS BULLAKER presbitero da Ordem dos Frades Menores e mártir que, aprisionado no reinado de Carlos I no momento em que celebrava missa, morreu na forca de Tyburn por causa do seu sacerdócio e esquartejado quando ainda estava vivo. (1642)
EUFRÁSIO DO MENINO JESUS
(Eufrásio Barredo Fernández), Beato
Em Oviedo, Espanha, o beato EUFRÁSIO DO MENINO JESUS (Eufrásio Barredo Fernández) presbitero da Ordem dos Carmelitas Descalços e mártir. (1934)
JOSÉ GONZÁLEZ HUGUET, Beato
Em Ribarroja de Túria, Valência, Espanha, o Beato JOSÉ GONZALEZ HUGUET presbitero e mártir que, durante a perseguição contra a fé, combateu por Cristo um glorioso combate. (1936)
PACÍFICO DE VALÊNCIA
(Pedro Salcedo Puchades) Beato
Em Massamagrel, Valência, o Beato PACÍFICO DE VALÊNCIA (Pedro Salcedo Puchades) religioso da Ordem dos Frades Menores Capuchinhos e mártir que, na mesma perseguição foi configurado à Paixão de Cristo. (1936)
ROMÃO SITKO, Beato
No campo de concentração de Auschwitz, perto de Cracóvia, Polónia, o Beato ROMÃO STIKO presbitero e mártir, que, durante a ocupação militar da Polónia depois de ter sido atrozmente atormentado pelos perseguidores hostis à dignidade dos homens e da religião, partiu para a visão da eterna bem-aventurança. (1942)
... E AINDA ...
AMÉLIO e AMICO, Santos
Sono commemorati a Mortara (Pavia) dove i loro corpi furono sepolti. Appartengono, secondo gli Atti, al periodo carolingio; ma nella loro vicenda si riscontrano elementi più propri del ciclo bretone di avventura che del ciclo guerriero di Carlo Magno. Tali Atti sono favolosi e i Bollandisti rifiutarono di pubblicarli perché "in omnibus nihil videbit lector, quod factis historicis aliunde notis contrarium non sit". Tuttavia ecco quanto vi si narra. Al tempo di Pipino nacquero due bambini straordinariamente simili, uno "ex comite alvernensi", I'altro "ex quodam milite bericano". Mentre erano condotti a Roma per il battesimo, si incontrarono in Lucca, dove fecero amicizia e alleanza, e quindi andarono insieme a Roma a ricevervi il battesimo dal papa, che al figlio del conte impose il nome di Amelio, al figlio del soldato il nome di Amico. Come ricordo del battesimo ricevuto nel Laterano, ciascuno dei due ebbe in dono dal papa una coppa di legno, ornata d'oro e di pietre preziose; quindi ritornarono entrambi nella propria patria.
Dopo la morte del padre, Amico, a causa di insorte difficoltà ed inimicizie, fu costretto a lasciare la patria; partì allora con dieci servi, per recarsi presso Amelio, nella speranza di essere bene accolto, ma non lo trovò, perché anche questi si era messo in viaggio alla volta di Bericum, per visitare Amico. Dopo molte e varie avventure, Amico, afflitto per non essere riuscito nell'intento e colpito dalla lebbra, ritornò a Roma, dove fu accolto dal papa Costantino, ma dopo tre anni, essendo sopraggiunta una grande carestia, si fece riportare alla casa di Amelio, che, prima di vederlo, non sapendo che fosse l'antico compagno, gli fece apprestare il cibo nella coppa ricevuta dal papa: così si riconobbero.
Passarono intanto vari anni, finché i Longobardi, divenuti molto minacciosi, determinarono l'intervento di Carlo Magno contro Desiderio; riuscite vane le trattative, il re franco, superate le Chiuse di Susa, con il suo esercito nel quale militavano Amelio e Amico, vinse il re longobardo, e lo mise in fuga, fino al luogo, ora detto Mortarium per il gran numero dei morti in combattimento, prima chiamato Pulchrasilva per l'amenità del luogo. Amelio e Amico, i quali, benché soldati, esercitavano le virtù cristiane e conducevano vita di penitenza, morirono in quella battaglia, uniti così in vita e in morte (773). Desiderio si rifugiò in Pavia, presa poi da Carlo Magno il quale fece costruire una chiesa nel luogo della sua vittoria. Furono costruite poi anche altre due chiese: una in onore di S. Eusebio di Vercelli, I'altra in onore di S. Pietro; Amelio fu sepolto presso la chiesa di S. Pietro, Amico presso quella di S. Eusebio, in due arche fatte venire da Milano. Il giorno dopo, il sarcofago di Amelio si trovò vicino a quello di Amico: allora il vescovo Albino comandò che i corpi dei due santi fossero conservati insieme nella chiesa di S. Eusebio dove ancora si trovano.
Questo, per sommi capi, il contenuto della passio, la quale si conclude in modo molto interessante: volendo dare ai due personaggi la gloria del martirio, I'estensore della passio stessa considera Desiderio come un imperatore romano, persecutore dei cristiani, usando le stesse parole degli Atti dei Martiri: "Passi sunt sub Desiderio rege Langobardorum quarto Idus Octobris: regnante Domino nostro Iesu Christo: cui est honor et gloria in saecula saeculorum. Amen". La formula è perfettamente uguale a quella, per es., degli Acta Proconsularia di s. Cipriano: "Passus est autem beatissimus Cyprianus martyr... sub Valeriano et Gallieno imperatoribus: regnante vero domino nostro Iesu Christo cui est honor et gloria in saecula saeculorum. Amen".
Relativamente ai papi, di cui si fa cenno nella passio, non si può dire con certezza quale sia quello che abbia battezzato in Roma Amelio e Amico. sempre che la circostanza sia vera; I'altro, presso il quale si rifugiò Amico, cioè Costantino, non potrebbe essere se non l'antipapa di questo nome, ricordato tra il pontificato di s. Paolo I (757-767) e quello di Stefano IV (768-772).
DOMNINA (Donnina) e DONNINO DE ANAZARBO, Santos
Non crediamo che al giorno d'oggi molti cristiani e molte cristiane
siano battezzati col nome di Donnino, diminutivo del romano Dominus,
cioè Signore e padrone. In italiano, dunque, Donnino avrebbe il
significato di signorotto e di padroncino. Ma se nell'anagrafe il nome
di Donnino si è fatto raro, o addirittura è sparito, non così è nella
toponomastica. Gastone Imbrighi, in un suo interessantissimo studio sui
Santi nella toponomastica italiana, registra nove paesi che portano il
nome del Santo di oggi: Cavaglia San Donnino, in provincia di Novara;
San Donnino in provincia di Ancona, due San Donnino in provincia di
Reggio Emilia; uno in provincia di Pesaro; uno in provincia di Arezzo,
uno in provincia di Firenze, uno in provincia di Modena; uno in
provincia di Lucca.
Ma il paese più importante che portava questo nome era, fino a qualche tempo fa, Borgo San Donnino, che venne non diciamo ribattezzato, ma piuttosto sbattezzato, per rendergli l'antico nome di Fidenza, nome augurale di una colonia romana, simile a quelli di Fiorenza, Piacenza e Potenza.
Borgo San Donnino portava il nome del Santo con buon diritto, perché proprio lì, sulla via Claudia, il cristiano Donnino, che fuggiva incalzato dalla persecuzione di Massimiano, venne raggiunto e martirizzato, all'inizio del IV secolo.
Sul terreno arrossato dal suo sangue sorse prestissimo un oratorio, e attorno all'episodio del martirio fiorì una di quelle passioni che avevano per fondamento certo l'avvenuta uccisione per mezzo della spada. Si disse allora che Donnino fosse il " cubicolario ", cioè il cameriere dell' Imperatore stesso, fuggito dal palazzo quando, inaspettatamente e improvvisamente, Massimiano si abbandonò a quella che doveva essere l'ultima delle persecuzioni.
Veramente, il San Donnino Martire caduto sulla via Claudia, e che diede il proprio nome all'antica Fidenza dovrebbe essere festeggiato il 9 ottobre. Noi lo ricordiamo oggi perché oggi ricorre la memoria di una Santa Donnina, anch'essa Martire della stessa epoca, ma in Cilicia.
Il mese di ottobre, sembra dedicato ai Santi e alle Sante di questo nome. Infatti il 4, festa di San Francesco e di San Petronio, è anche festa di un'altra Santa Donnina, Martire e madre di due Martiri, Prosdocea e Bernicea, tutt'e tre vittime anch'esse dell'ultima persecuzione.
Il loro ricordo non è affidato a leggende ma alla penna del maggiore storico della Chiesa antica, Eusebio di Cesarea, il quale racconta come, per sfuggire alle vergognose insidie dei soldati che le conducevano ad Antiochia, la madre Donnina avesse consigliato le bellissime e castissime figlie, a cercare lo scampo in un fiume, che le inghiottì tutte e tre. " Noi siamo state salvate dall'acqua - ella disse; e nelle acque troveremo la corona della gloria ".
EDWIN, Santo
rei da Nortúmbria
Ma il paese più importante che portava questo nome era, fino a qualche tempo fa, Borgo San Donnino, che venne non diciamo ribattezzato, ma piuttosto sbattezzato, per rendergli l'antico nome di Fidenza, nome augurale di una colonia romana, simile a quelli di Fiorenza, Piacenza e Potenza.
Borgo San Donnino portava il nome del Santo con buon diritto, perché proprio lì, sulla via Claudia, il cristiano Donnino, che fuggiva incalzato dalla persecuzione di Massimiano, venne raggiunto e martirizzato, all'inizio del IV secolo.
Sul terreno arrossato dal suo sangue sorse prestissimo un oratorio, e attorno all'episodio del martirio fiorì una di quelle passioni che avevano per fondamento certo l'avvenuta uccisione per mezzo della spada. Si disse allora che Donnino fosse il " cubicolario ", cioè il cameriere dell' Imperatore stesso, fuggito dal palazzo quando, inaspettatamente e improvvisamente, Massimiano si abbandonò a quella che doveva essere l'ultima delle persecuzioni.
Veramente, il San Donnino Martire caduto sulla via Claudia, e che diede il proprio nome all'antica Fidenza dovrebbe essere festeggiato il 9 ottobre. Noi lo ricordiamo oggi perché oggi ricorre la memoria di una Santa Donnina, anch'essa Martire della stessa epoca, ma in Cilicia.
Il mese di ottobre, sembra dedicato ai Santi e alle Sante di questo nome. Infatti il 4, festa di San Francesco e di San Petronio, è anche festa di un'altra Santa Donnina, Martire e madre di due Martiri, Prosdocea e Bernicea, tutt'e tre vittime anch'esse dell'ultima persecuzione.
Il loro ricordo non è affidato a leggende ma alla penna del maggiore storico della Chiesa antica, Eusebio di Cesarea, il quale racconta come, per sfuggire alle vergognose insidie dei soldati che le conducevano ad Antiochia, la madre Donnina avesse consigliato le bellissime e castissime figlie, a cercare lo scampo in un fiume, che le inghiottì tutte e tre. " Noi siamo state salvate dall'acqua - ella disse; e nelle acque troveremo la corona della gloria ".
EDWIN, Santo
rei da Nortúmbria
Il santo oggi festeggiato si inserisce nella folta schiera di santità che contraddistinse parecchie corti inglesi nel primo millennio. Il regno di Northumbria era costituito principalmente da due territori, la Bernicia e la Deira, sostanzialmente gli attuali Northumbria e Yorkshire, e Sant’Edwin era un principe della Deira che trascorse molti anni di esilio, durante il regno di Etelfrith di Bernicia. Quando questi nel 616 cadde in battaglia, Edwin succedette al trono, divenendo ben presto “bretwalda”, cioè monarca assoluto con autorità estesa anche su tutti gli altri sovrani anglosassoni. In quel periodo della sua vita egli era ancora pagano e quindi, nel chiedere in moglie Etelburga, figlia del re cristiano del Kent, dovette assicurare che non avrebbe interferito con la vita religiosa della sposa. Etelburga partì allora per il nord, accompagnata dal suo cappellano San Paolino.
Secondo il celebre storico cristiano San Beda il Venerabile, Edwin era una persona assai prudente e meditò a lungo sull’eventualità della propria conversione al cristianesimo, ma infine tre fattori lo influenzarono verso tale scelta: l’essere scampato ad un attentato, il ricordo di una visione e di un voto fatto durante l’esilio ed infine, ma assolutamente non meno importante, una calorosa lettera ricevuta del pontefice San Gregorio Magno.
Come da tradizione il re radunò dunque i suoi consiglieri per sentire il loro autorevole parere ed uno di essi affermò: “O re, la vita degli uomini sulla terra, a confronto di tutto il tempo che ci è conosciuto, mi sembra come quando tu stai a cena con i tuoi dignitari d’inverno, con il fuoco acceso e le sale riscaldate, mentre fuori infuria una tempesta di pioggia e di neve, ed un passero entra in casa e passa velocissimo. Mentre entra da una porta e subito esce dall’altra, per questo poco tempo che è dentro non è toccato dalla tempesta ma trascorre un brevissimo momento di serenità; ma subito dopo rientra nella tempesta e scompare ai tuoi occhi. Così la vita degli uomini resta in vista per un momento, e noi ignoriamo del tutto che cosa sarà dopo, che cosa è stato prima. Perciò se questa nuova dottrina ci fa conoscere qualcosa di più certo, senz’altro merita di essere seguita”.
Stabilirono allora che la nuova religione avrebbe dovuto essere accolta solo nel qual caso fosse riuscita ad aiutarli a comprendere meglio il senso della vita, in quanto lo stesso sommo sacerdote dell’antico culto pagano locale riconobbe che a tal fine la religione dei loro padri non era di alcun aiuto. Invitato allora Paolino ad insegnare loro qualcosa in più sul suo Dio, decisero infine di aderire alla fede cristiana e di essere battezzati con il re Edwin a York nel 627.
Il re nominò poi San Paolino vescovo di tale città e promosse la costruzione di una chiesa in pietra nel sito ove ancora oggi sorge la cattedrale. Il santo monarca si adoperò inoltre per diffondere il cristianesimo ed una duratura pace in tutto il suo regno, tanto che Beda poté scrivere di lui: “Si tramanda che in quel tempo ci fu tanta pace in Britannia fin dove si estendeva il dominio del re Edwin che, come tuttora si usa dire proverbialmente, anche se una donna sola voleva percorrere tutta l’isola con un figlio natole da poco, poteva farlo senza pericolo alcuno”.
Nel 633 però Edwin cadde in battaglia, sconfitto preso Hetfield Chase dalle forze alleate del re gallese Cadwallon e del re pagano Penda di Mercia. In Inghilterra iniziò ben presto a nascere un culto popolare nei suoi confronti quale martire, soprattutto a York ed a Whitby, che culminò con la traslazione nell’abbazia di quest’ultima località, evento da considerarsi per quei tempi una vera e propria canonizzazione. Il pontefice Gregorio XIII concesse che venisse raffigurato tra i martiri nella cappella del Collegio inglese di Roma, dove gli furono anche dedicate una o due antiche chiese.
La presunta santità di Sant’Edwin è comunque certamente da considerarsi più sicura rispetto a quella di parecchi altri santi sovrani di varie nazionalità venerati dalle Chiese cristiane: infatti Beda, fonte sicuramente attendibilissima in materia, lo definì re giusto e capace, convertitosi alla fede cristiana non prima di una meditata riflessione ed impegnato con tutto il cuore nell’evangelizzazione dei sudditi, senza ricorrere alla forza.
Sua moglie Etelburga, che gli sopravvisse sino all’8 settembre 647 divenendo badessa di Lyming, è talvolta anch’essa venerata come santa, anche se in tono assai minore.
JOÃO DE RIGA, Santo
San Giovanni, Arcivescovo di Riga, “Nuovo Martire” della Chiesa Ortodossa Russa, è festeggiato al 12 ottobre.
GIOVANNI OSIENSE, Beato
Mercedario del convento di Santa Maria a Guardia de los Prados (Spagna), il Beato Giovanni Ostiense, era maestro in Sacra Teologia.Santo religioso pieno di prudenza compì un numero considerevole di miracoli, morì presso il suo convento raggiungendo le gioie eterne del paradiso.
L'Ordine lo festeggia il 12 ottobre.
NOSSA SENHORA DO PILAR
La festa «pilarica» del 12 ottobre è la giornata della hispanidad: la
giornata della Spagna e di tutte le nazioni di lingua e cultura
spagnola.
Il più antico santuario non solo della Spagna, ma probabilmente della cristianità tutta è quello della «Beata Vergine del Pilar» a Saragoza, che da secoli chiama milioni di pellegrini.
La tradizione vuole che la cappella primitiva venisse costruita da san Giacomo il Maggiore verso il 40 d.C. in memoria della prodigiosa apparizione della Vergine, giunta in bilocazione da Gerusalemme a Saragoza per confortare l’apostolo molto deluso dei risultati della sua predicazione. Il «Pilar» è la colonna di alabastro sulla quale la Madonna avrebbe posato i piedi.
Alcuni mistici, come la venerabile Maria d’Agreda e Anna Caterina Emmerick confermarono questa antica narrazione attraverso le loro visioni e rivelazioni.
Storicamente, comunque, è provato che la chiesa di «Sancta Maria intra muros» a Saragoza esisteva ancora prima dell’invasione araba, avvenuta nel 711. Il monaco Aimoinus, giunto in Spagna nell’anno 855 alla ricerca delle reliquie di san Vincenzo, scrisse che «la chiesa dedicata alla Vergine a Saragozza era la madre di tutte le chiese della città, e che san Vincenzo vi aveva esercitato le funzioni di diacono al tempo del vescovo Valerio». Nel 1118 Saragoza, liberata dal dominio musulmano, ritornò capitale del Regno di Aragona e nel 1294 «Santa Maria del Pilar» venne restaurata ed ampliata.
Al tempo dell’unificazione della Spagna, avvenuta nel XV secolo, per opera del re di Aragona Ferdinando il Cattolico e della regina Isabella di Castiglia, sua sposa, il culto della «Madonna del Pilar» si affermò in campo nazionale e con la scoperta dell’America il culto raggiunse anche il Nuovo Mondo. Nel 1492, infatti, avvenne la cacciata definitiva dei Saraceni dalla Spagna mentre Cristoforo Colombo si avviava, alla sua stessa insaputa, alla scoperta dell’America con le tre caravelle di cui una si chiamava proprio Santa Maria. Ma non basta, la terra del Nuovo Mondo venne trovata il 12 di ottobre, festa della Madonna del Pilar.
Nel 1640 un miracolo eccezionale, sul quale Vittorio Messori ha indagato in maniera approfondita fino a scriverne un libro, ha reso ancora più celebre nel mondo il santuario di Saragozza.
Un giovane di 17 anni, Miguel-Juan Pellicer di Calanda, conducendo un giorno un carro aggiogato a due muli, cadde dalla cavalcatura andando a finire sotto una ruota del carro che gli spezzò la tibia della gamba destra. Soccorso immediatamente si ritenne urgente l’amputazione della gamba stessa a circa quattro dita dalla rotula. Prima dell’operazione il giovane si era recato al Santuasrio del Pilar per fare le sue devozioni e ricevere i sacramenti; subito dopo l’intervento era ritornato a ringraziare la Madonna per averlo tenuto in vita. Non potendo più lavorare si unì agli altri mendicanti che domandavano l’elemosina fuori dalla chiesa; intanto, ogni volta che veniva rinnovato l’olio delle 77 lampade d’argento accese nella Cappella della Vergine, egli si strofinava con quell’olio la sua piaga, benché il medico avesse sconsigliato quel procedimento perché avrebbe ritardato la cicatrizzazione del moncherino. Miguel-Juan tornò a Calanda e con una gamba di legno ed una gruccia mendicò anche nei paesi limitrofi.
Il 29 marzo 1640 rientrò a casa e dopo aver invocato la Madonna del Pilar si addormentò. Al mattino, svegliandosi, si ritrovò con due gambe: la gamba destra, amputata da due anni e cinque mesi era segnata al polpaccio dalle stesse cicatrici presenti già prima dell’infortunio. Venne subito istituita una Commissione d’inchiesta, nominata dall’arcivescovo e nel corso di accurati accertamenti la gamba sepolta nel cimitero dell’ospedale non fu più trovata. La fama dell’eccezionale miracolo fu causa della realizzazione del grandioso Santuario attuale, iniziato nel 1681 e consacrato il 10 ottobre 1872.
All’inizio della navata centrale è situata la «Santa Cappella», dove si venera una piccola statua della Vergine con il Bambino del XIV secolo, la quale poggia i piedi sul «Pilar» ricoperto di bronzo e argento, e che viene rivestita con manti diversi a seconda dei tempi liturgici e delle circostanze. Tale immagine fu incoronata il 20 maggio 1905 con una corona tempestata da circa diecimila perle preziose e fu solennemente benedetta da papa san Pio X.
Il Museo del Pilar, custodito nella Sacristia de la Virgen è ricco di oggetti preziosi fra cui i manti della statua, che spesso sono stati richiesti da illustri moribondi che desideravano morire sotto il manto come avvenne per re Alfonso XIII, morto in esilio a Roma nel 1941.
Una devozione tutta speciale alla Madonna del Pilar di Saragozza appartenne al beato Guillaume-Jospeh Chaminade che il Pontefice ha elevato all’onore degli altari il 3 settembre del 2000. Vissuto all’epoca della Rivoluzione francese, Chaminade rimase in Francia come clandestino. Durante i giorni del «Terrore» capitava di incontrare per le strade di Bordeaux un operaio con abiti rattoppati che, girando con un paiolo in testa, si fermava sotto le finestre delle case ripetendo: «Stagnaro!». Era padre Chaminade che si recava in incognito dalle famiglie per esercitare il suo ministero. Nel 1797 venne arrestato e condannato all’esilio, fu così che decise di trasferirsi a Saragozza grazie all’intensa devozione che lo legava alla Madonna. Per vivere modellava statuette e il resto del tempo lo trascorreva in preghiera inginocchiato davanti all’immagine miracolosa della Vergine del Pilar. Proprio in una di tali meditazioni la Madonna lo illuminò sulla sua nuova missione: la fondazione, che avverrà nel 1817, di un nuovo Ordine religioso chiamato la «Società di Maria».
Autore: Cristina Siccardi
Il più antico santuario della Spagna e forse della cristianità è quello della Beata Vergine del Pilar a Saragozza. In stile barocco, la costruzione è a forma rettangolare, divisa a tre navate e riccamente decorata e affrescata da Velázquez, Francisco de Goya, Ramon e Francisco Bayen. Lunga ben centotrentacinque metri e larga cinquantanove, ha quattro torri e undici cupole, di cui quella centrale, particolarmente imponente, svetta per ben ottanta metri.
Secondo la leggenda, la cappella primitiva sarebbe stata costruita da S. Giacomo il Maggiore verso l’anno 40, in ricordo della prodigiosa “Venuta” della Vergine da Gerusalemme a Saragozza per confortare l'apostolo assai deluso dei risultati negativi della sua predicazione. Il “Pilar” è appunto la colonna di alabastro su cui la Vergine avrebbe posato i piedi.
Alcuni mistici, come la venerabile Maria d’Agreda e Anna Caterina Emmerick,confermarono questa antichissima tradizione secondo le loro rivelazioni e visioni, ma già nel 1200 l’episodio è riportato in quello che è considerato il primo documento scritto sulla Madonna del Pilar.
Bisogna anche dire, per amore di verità storica, che la chiesa di “Sancta Maria intra muros” a Saragozza esisteva ancor prima della invasione araba, avvenuta nel 711. Il monaco Aimoinus, giunto in Spagna nell’anno 855 alla ricerca delle reliquie di S. Vincenzo, scrisse che “la chiesa dedicata alla Vergine a Saragozza era la madre di tutte le chiese della città, e che S. Vincenzo vi aveva esercitato le funzioni di diacono al tempo del vescovo Valerio”.
Nel 1118 Saragozza, liberata dal dominio dei musulmani, ritornò capitale del regno di Aragona e nel 1294 Santa Maria del Pilar venne restaurata per accogliere schiere sempre più numerose di pellegrini.
Al tempo dell’unificazione della Spagna (sec. XV) per opera del re di Aragona Ferdinando il Cattolico e della regina Isabella di Castiglia, sua sposa, il culto della Madonna del Pilar si affermò in campo nazionale. Con la scoperta dell’America tale culto raggiunse anche il Nuovo Mondo: nell’anno 1492 avveniva la cacciata definitiva dei Saraceni dalla Spagna, Cristoforo Colombo partiva con tre caravelle, di cui una si chiamava per l’appunto “Santa Maria”, e – fatto abbastanza curioso, se non addirittura strabiliante – la data della scoperta del continente americano coincideva proprio con la data della festa del Pilar, il 12 ottobre.
Forse per tutte queste circostanze, nel 1958, la festa “pilarica” del 12 ottobre fu dichiarata festa della hispanidad, cioè della Spagna e di tutte le nazioni di lingua e cultura spagnola.
Ma nel 1640 un miracolo spettacolare doveva rendere ancora più celebre il santuario. Un giovane di diciassette anni, Miguel-Juan Pellicer di Calanda, conducendo un giorno un carro aggiogato a due muli, cadde dalla cavalcatura e andò a finire sotto una ruota del carro, che gli spezzò e gli schiacciò nel mezzo la tibia della gamba destra. Trasportato in ospedale per le cure del caso, si ritenne urgente amputargli la gamba a circa quattro dita dalla rotula.
Prima dell’operazione, l’infelice si era recato al santuario del Pilar per farvi le sue devozioni e ricevervi i sacramenti. Dopo l'intervento, vi era tornato per ringraziare la Madonna di averlo conservato in vita. Ma,non potendo più lavorare, Miguel-Juan si era unito agli altri mendicanti che domandavano l’elemosina all’ingresso della basilica. Nel frattempo, ogni volta che veniva rinnovato l’olio delle 77 lampade d’argento, accese nella cappella della Vergine, egli vi strofinava le sue piaghe, benché il chirurgo glielo avesse sconsigliato in quanto l’olio ritardava la cicatrizzazione del moncherino.
Tornato infine a Calanda, con la gamba di legno e una gruccia cominciò a mendicare spingendosi fino ai paesi vicini. Ma, il 29 marzo 1640, rientrò a casa sua e, a sera, dopo aver invocato, come al solito, la Vergine del Pilar, si addormentò. Al mattino, svegliandosi, si ritrovò con due gambe ed avvertì così i suoi genitori che la gamba destra, amputata da due anni e cinque mesi, era segnata al polpaccio dalle stesse cicatrici di prima dell’infortunio.
Fu istituita subito una Commissione d’inchiesta, nominata dall’arcivescovo,e i suoi membri, nel corso di accurati accertamenti, con loro grande meraviglia non trovarono più la gamba di Miguel sepolta tempo prima nel cimitero dell’ospedale. La fama del miracolo corse per tutta la Spagna e fu la causa della realizzazione del grandioso santuario attuale, iniziato nel 1681 e consacrato il 10 ottobre 1872.
Nel santuario, all’inizio della navata centrale è situata la “santa cappella”, dove si venera una piccola statua della Vergine col Bambino del secolo XIV, che poggia i piedi sul “Pilar” ricoperto di bronzo e argento, e che viene rivestita con manti diversi a seconda dei tempi liturgici e delle circostanze.
Questa immagine fu incoronata il 20 maggio 1905, con una corona tempestata da circa diecimila perle preziose, e solennemente benedetta dal pontefice S. Pio X.
La Madonna del Pilar, come Patrona della Spagna, da secoli attrae masse imponenti di pellegrini appartenenti a ogni classe sociale: dai più umili contadini ai più grandi re di Spagna, da Ferdinando il Cattolico a Juan Carlos, dal cardinale di Retz nel 1654 al papa Giovanni Paolo II nel 1982.
I pellegrinaggi al santuario sono ininterrotti lungo tutto l’arco dell’anno e si svolgono con la partecipazione alla santa Messa, alla recita del Rosario, con canti mariani e con il bacio alla colonna sulla piccola parte scoperta, che, a causa di questa devozione, presenta un marcato solco prodotto proprio dall’usura.
Molte famiglie spagnole danno il nome di Pilar alle loro bambine e tengono ad avere la sacra immagine in casa; numerosi altari e cappelle, dedicati alla Madonna del Pilar, si trovano nella Spagna e nell’America Latina. C’è a tal proposito un canto popolare spagnolo il cui ritornello a suon di nacchere ripete giustamente questa semplice verità: “Es la Virgen del Pilar, la que màs altares tiene, y no hay un buen español, que en su pecho no la lleve”: “È la Vergine del Pilar, quella che ha più altari, né si trova uno spagnolo, che non la porti nel cuore”.
NOSSA SENHORA DA APARECIDA
I dati forniti dalla Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb), infatti, – come riportato dall’Osservatore Romano – mostrano l’indiscutibile primato raggiunto dal famoso Santuario mariano, che nel corso del 2012 ha registrato la presenza totale di 11.114.639 visitatori, dato nettamente superiore alle statistiche dell’anno precedente (10.900.000 fedeli nel 2011 e 10.300.000 nel 2010). Il grande afflusso di visitatori – spiega padre Valdivino Guimarães, missionario redentorista e prefetto del santuario nazionale – “è dovuto innanzitutto grazie all’accoglienza, alle infrastrutture, al significativo sostegno dei mass media (tra cui Radio e Tv Aparecida, la Rivista di Aparecida) e, in particolare, alla grande devozione del popolo brasiliano a Nostra Signora di Aparecida”. In Brasile nessun altro luogo – chiarisce l’episcopato brasiliano – riceve così tanta gente, basti pensare che nel mese di settembre il santuario ha accolto oltre un milione di visitatori provenienti da ogni parte del mondo.
Nella tradizione brasiliana, la Vergine Aparecida (Apparsa), sotto il nome di Immacolata Concezione, divenne la patrona della città di San Paolo in seguito ad un episodio risalente al XVIII secolo, quando alcuni pescatori, gettando le reti nel fiume Paraiba, portarono in superfice una statua decapitata della Vergine Nera e in un secondo momento la testa. La devozione alla Vergine Immacolata Concezione “Aparecida”, con il passare degli anni divenne sempre più grande, e furono ottenute molte grazie. Nel 1737 venne così costruita una cappella per accogliere i numerosi fedeli.
Nel luglio del 1980 fu Giovanni Paolo II il primo pontefice a visitare il Santuario di Aparecida; durante il Pellegrinaggio Apostolico il Papa devoto a Maria disse: “Sono noti i pellegrinaggi, ai quali nel corso dei secoli prendono parte persone di tutte le classi sociali e delle più diverse e lontane regioni del paese. […] Che cosa cercavano gli antichi pellegrini? Che cosa cercano i pellegrini di oggi? Proprio quello che cercavano nel giorno, più o meno remoto, del battesimo: la fede e i mezzi per alimentarla. Cercano i sacramenti della Chiesa, soprattutto la riconciliazione con Dio e l’alimento eucaristico. E ripartono fortificati e riconoscenti alla Signora, Madre di Dio e nostra”.
Nel corso di quella storica visita, durante la quale Giovanni Paolo II consacrò la Basilica alla Vergine Aparecida, il Pontefice pregò con queste parole: “Signora Aparecida, un figlio vostro / che vi appartiene senza riserva - totus tuus! - /chiamato per misterioso disegno della provvidenza / a essere vicario del vostro Figlio in terra, / si rivolge a voi in questo momento. / Egli ricorda con emozione, / per il colore bruno di questa vostra immagine, / un’altra vostra immagine / la Vergine Nera di Jasna Gora!”.
Nel 2007 fu Papa Benedetto XVI a venerare il simulacro della Vergine Maria Brasiliana; “Considero un dono speciale della Provvidenza – affermò il Pontefice – che questa Santa Messa venga celebrata in questo tempo e in questo luogo. Il tempo è quello liturgico di Pasqua, giunto alla sesta Domenica: è ormai vicina la Pentecoste, e la Chiesa è invitata ad intensificare l’invocazione allo Spirito Santo. Il luogo è il Santuario nazionale di Nostra Signora Aparecida, cuore mariano del Brasile: Maria ci accoglie in questo Cenacolo e, quale Madre e Maestra, ci aiuta ad elevare a Dio una preghiera unanime e fiduciosa”. “Com’è bello – sottolineò inoltre Papa Ratzinger – stare qui riuniti nel nome di Cristo, nella fede, nella fraternità, nella gioia, nella pace e «nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù» (At 1,14). Come è bello, […] essere qui nel Santuario Nazionale di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che è Dimora di Dio, Casa di Maria e Casa dei Fratelli, […]. Come è bello essere qui in questa Basilica Mariana verso la quale, in questo tempo, convergono gli sguardi e le speranze del mondo cristiano, in modo speciale dell’America Latina e dei Caraibi!”.
Il più antico santuario non solo della Spagna, ma probabilmente della cristianità tutta è quello della «Beata Vergine del Pilar» a Saragoza, che da secoli chiama milioni di pellegrini.
La tradizione vuole che la cappella primitiva venisse costruita da san Giacomo il Maggiore verso il 40 d.C. in memoria della prodigiosa apparizione della Vergine, giunta in bilocazione da Gerusalemme a Saragoza per confortare l’apostolo molto deluso dei risultati della sua predicazione. Il «Pilar» è la colonna di alabastro sulla quale la Madonna avrebbe posato i piedi.
Alcuni mistici, come la venerabile Maria d’Agreda e Anna Caterina Emmerick confermarono questa antica narrazione attraverso le loro visioni e rivelazioni.
Storicamente, comunque, è provato che la chiesa di «Sancta Maria intra muros» a Saragoza esisteva ancora prima dell’invasione araba, avvenuta nel 711. Il monaco Aimoinus, giunto in Spagna nell’anno 855 alla ricerca delle reliquie di san Vincenzo, scrisse che «la chiesa dedicata alla Vergine a Saragozza era la madre di tutte le chiese della città, e che san Vincenzo vi aveva esercitato le funzioni di diacono al tempo del vescovo Valerio». Nel 1118 Saragoza, liberata dal dominio musulmano, ritornò capitale del Regno di Aragona e nel 1294 «Santa Maria del Pilar» venne restaurata ed ampliata.
Al tempo dell’unificazione della Spagna, avvenuta nel XV secolo, per opera del re di Aragona Ferdinando il Cattolico e della regina Isabella di Castiglia, sua sposa, il culto della «Madonna del Pilar» si affermò in campo nazionale e con la scoperta dell’America il culto raggiunse anche il Nuovo Mondo. Nel 1492, infatti, avvenne la cacciata definitiva dei Saraceni dalla Spagna mentre Cristoforo Colombo si avviava, alla sua stessa insaputa, alla scoperta dell’America con le tre caravelle di cui una si chiamava proprio Santa Maria. Ma non basta, la terra del Nuovo Mondo venne trovata il 12 di ottobre, festa della Madonna del Pilar.
Nel 1640 un miracolo eccezionale, sul quale Vittorio Messori ha indagato in maniera approfondita fino a scriverne un libro, ha reso ancora più celebre nel mondo il santuario di Saragozza.
Un giovane di 17 anni, Miguel-Juan Pellicer di Calanda, conducendo un giorno un carro aggiogato a due muli, cadde dalla cavalcatura andando a finire sotto una ruota del carro che gli spezzò la tibia della gamba destra. Soccorso immediatamente si ritenne urgente l’amputazione della gamba stessa a circa quattro dita dalla rotula. Prima dell’operazione il giovane si era recato al Santuasrio del Pilar per fare le sue devozioni e ricevere i sacramenti; subito dopo l’intervento era ritornato a ringraziare la Madonna per averlo tenuto in vita. Non potendo più lavorare si unì agli altri mendicanti che domandavano l’elemosina fuori dalla chiesa; intanto, ogni volta che veniva rinnovato l’olio delle 77 lampade d’argento accese nella Cappella della Vergine, egli si strofinava con quell’olio la sua piaga, benché il medico avesse sconsigliato quel procedimento perché avrebbe ritardato la cicatrizzazione del moncherino. Miguel-Juan tornò a Calanda e con una gamba di legno ed una gruccia mendicò anche nei paesi limitrofi.
Il 29 marzo 1640 rientrò a casa e dopo aver invocato la Madonna del Pilar si addormentò. Al mattino, svegliandosi, si ritrovò con due gambe: la gamba destra, amputata da due anni e cinque mesi era segnata al polpaccio dalle stesse cicatrici presenti già prima dell’infortunio. Venne subito istituita una Commissione d’inchiesta, nominata dall’arcivescovo e nel corso di accurati accertamenti la gamba sepolta nel cimitero dell’ospedale non fu più trovata. La fama dell’eccezionale miracolo fu causa della realizzazione del grandioso Santuario attuale, iniziato nel 1681 e consacrato il 10 ottobre 1872.
All’inizio della navata centrale è situata la «Santa Cappella», dove si venera una piccola statua della Vergine con il Bambino del XIV secolo, la quale poggia i piedi sul «Pilar» ricoperto di bronzo e argento, e che viene rivestita con manti diversi a seconda dei tempi liturgici e delle circostanze. Tale immagine fu incoronata il 20 maggio 1905 con una corona tempestata da circa diecimila perle preziose e fu solennemente benedetta da papa san Pio X.
Il Museo del Pilar, custodito nella Sacristia de la Virgen è ricco di oggetti preziosi fra cui i manti della statua, che spesso sono stati richiesti da illustri moribondi che desideravano morire sotto il manto come avvenne per re Alfonso XIII, morto in esilio a Roma nel 1941.
Una devozione tutta speciale alla Madonna del Pilar di Saragozza appartenne al beato Guillaume-Jospeh Chaminade che il Pontefice ha elevato all’onore degli altari il 3 settembre del 2000. Vissuto all’epoca della Rivoluzione francese, Chaminade rimase in Francia come clandestino. Durante i giorni del «Terrore» capitava di incontrare per le strade di Bordeaux un operaio con abiti rattoppati che, girando con un paiolo in testa, si fermava sotto le finestre delle case ripetendo: «Stagnaro!». Era padre Chaminade che si recava in incognito dalle famiglie per esercitare il suo ministero. Nel 1797 venne arrestato e condannato all’esilio, fu così che decise di trasferirsi a Saragozza grazie all’intensa devozione che lo legava alla Madonna. Per vivere modellava statuette e il resto del tempo lo trascorreva in preghiera inginocchiato davanti all’immagine miracolosa della Vergine del Pilar. Proprio in una di tali meditazioni la Madonna lo illuminò sulla sua nuova missione: la fondazione, che avverrà nel 1817, di un nuovo Ordine religioso chiamato la «Società di Maria».
Autore: Cristina Siccardi
Il più antico santuario della Spagna e forse della cristianità è quello della Beata Vergine del Pilar a Saragozza. In stile barocco, la costruzione è a forma rettangolare, divisa a tre navate e riccamente decorata e affrescata da Velázquez, Francisco de Goya, Ramon e Francisco Bayen. Lunga ben centotrentacinque metri e larga cinquantanove, ha quattro torri e undici cupole, di cui quella centrale, particolarmente imponente, svetta per ben ottanta metri.
Secondo la leggenda, la cappella primitiva sarebbe stata costruita da S. Giacomo il Maggiore verso l’anno 40, in ricordo della prodigiosa “Venuta” della Vergine da Gerusalemme a Saragozza per confortare l'apostolo assai deluso dei risultati negativi della sua predicazione. Il “Pilar” è appunto la colonna di alabastro su cui la Vergine avrebbe posato i piedi.
Alcuni mistici, come la venerabile Maria d’Agreda e Anna Caterina Emmerick,confermarono questa antichissima tradizione secondo le loro rivelazioni e visioni, ma già nel 1200 l’episodio è riportato in quello che è considerato il primo documento scritto sulla Madonna del Pilar.
Bisogna anche dire, per amore di verità storica, che la chiesa di “Sancta Maria intra muros” a Saragozza esisteva ancor prima della invasione araba, avvenuta nel 711. Il monaco Aimoinus, giunto in Spagna nell’anno 855 alla ricerca delle reliquie di S. Vincenzo, scrisse che “la chiesa dedicata alla Vergine a Saragozza era la madre di tutte le chiese della città, e che S. Vincenzo vi aveva esercitato le funzioni di diacono al tempo del vescovo Valerio”.
Nel 1118 Saragozza, liberata dal dominio dei musulmani, ritornò capitale del regno di Aragona e nel 1294 Santa Maria del Pilar venne restaurata per accogliere schiere sempre più numerose di pellegrini.
Al tempo dell’unificazione della Spagna (sec. XV) per opera del re di Aragona Ferdinando il Cattolico e della regina Isabella di Castiglia, sua sposa, il culto della Madonna del Pilar si affermò in campo nazionale. Con la scoperta dell’America tale culto raggiunse anche il Nuovo Mondo: nell’anno 1492 avveniva la cacciata definitiva dei Saraceni dalla Spagna, Cristoforo Colombo partiva con tre caravelle, di cui una si chiamava per l’appunto “Santa Maria”, e – fatto abbastanza curioso, se non addirittura strabiliante – la data della scoperta del continente americano coincideva proprio con la data della festa del Pilar, il 12 ottobre.
Forse per tutte queste circostanze, nel 1958, la festa “pilarica” del 12 ottobre fu dichiarata festa della hispanidad, cioè della Spagna e di tutte le nazioni di lingua e cultura spagnola.
Ma nel 1640 un miracolo spettacolare doveva rendere ancora più celebre il santuario. Un giovane di diciassette anni, Miguel-Juan Pellicer di Calanda, conducendo un giorno un carro aggiogato a due muli, cadde dalla cavalcatura e andò a finire sotto una ruota del carro, che gli spezzò e gli schiacciò nel mezzo la tibia della gamba destra. Trasportato in ospedale per le cure del caso, si ritenne urgente amputargli la gamba a circa quattro dita dalla rotula.
Prima dell’operazione, l’infelice si era recato al santuario del Pilar per farvi le sue devozioni e ricevervi i sacramenti. Dopo l'intervento, vi era tornato per ringraziare la Madonna di averlo conservato in vita. Ma,non potendo più lavorare, Miguel-Juan si era unito agli altri mendicanti che domandavano l’elemosina all’ingresso della basilica. Nel frattempo, ogni volta che veniva rinnovato l’olio delle 77 lampade d’argento, accese nella cappella della Vergine, egli vi strofinava le sue piaghe, benché il chirurgo glielo avesse sconsigliato in quanto l’olio ritardava la cicatrizzazione del moncherino.
Tornato infine a Calanda, con la gamba di legno e una gruccia cominciò a mendicare spingendosi fino ai paesi vicini. Ma, il 29 marzo 1640, rientrò a casa sua e, a sera, dopo aver invocato, come al solito, la Vergine del Pilar, si addormentò. Al mattino, svegliandosi, si ritrovò con due gambe ed avvertì così i suoi genitori che la gamba destra, amputata da due anni e cinque mesi, era segnata al polpaccio dalle stesse cicatrici di prima dell’infortunio.
Fu istituita subito una Commissione d’inchiesta, nominata dall’arcivescovo,e i suoi membri, nel corso di accurati accertamenti, con loro grande meraviglia non trovarono più la gamba di Miguel sepolta tempo prima nel cimitero dell’ospedale. La fama del miracolo corse per tutta la Spagna e fu la causa della realizzazione del grandioso santuario attuale, iniziato nel 1681 e consacrato il 10 ottobre 1872.
Nel santuario, all’inizio della navata centrale è situata la “santa cappella”, dove si venera una piccola statua della Vergine col Bambino del secolo XIV, che poggia i piedi sul “Pilar” ricoperto di bronzo e argento, e che viene rivestita con manti diversi a seconda dei tempi liturgici e delle circostanze.
Questa immagine fu incoronata il 20 maggio 1905, con una corona tempestata da circa diecimila perle preziose, e solennemente benedetta dal pontefice S. Pio X.
La Madonna del Pilar, come Patrona della Spagna, da secoli attrae masse imponenti di pellegrini appartenenti a ogni classe sociale: dai più umili contadini ai più grandi re di Spagna, da Ferdinando il Cattolico a Juan Carlos, dal cardinale di Retz nel 1654 al papa Giovanni Paolo II nel 1982.
I pellegrinaggi al santuario sono ininterrotti lungo tutto l’arco dell’anno e si svolgono con la partecipazione alla santa Messa, alla recita del Rosario, con canti mariani e con il bacio alla colonna sulla piccola parte scoperta, che, a causa di questa devozione, presenta un marcato solco prodotto proprio dall’usura.
Molte famiglie spagnole danno il nome di Pilar alle loro bambine e tengono ad avere la sacra immagine in casa; numerosi altari e cappelle, dedicati alla Madonna del Pilar, si trovano nella Spagna e nell’America Latina. C’è a tal proposito un canto popolare spagnolo il cui ritornello a suon di nacchere ripete giustamente questa semplice verità: “Es la Virgen del Pilar, la que màs altares tiene, y no hay un buen español, que en su pecho no la lleve”: “È la Vergine del Pilar, quella che ha più altari, né si trova uno spagnolo, che non la porti nel cuore”.
NOSSA SENHORA DA APARECIDA
I dati forniti dalla Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb), infatti, – come riportato dall’Osservatore Romano – mostrano l’indiscutibile primato raggiunto dal famoso Santuario mariano, che nel corso del 2012 ha registrato la presenza totale di 11.114.639 visitatori, dato nettamente superiore alle statistiche dell’anno precedente (10.900.000 fedeli nel 2011 e 10.300.000 nel 2010). Il grande afflusso di visitatori – spiega padre Valdivino Guimarães, missionario redentorista e prefetto del santuario nazionale – “è dovuto innanzitutto grazie all’accoglienza, alle infrastrutture, al significativo sostegno dei mass media (tra cui Radio e Tv Aparecida, la Rivista di Aparecida) e, in particolare, alla grande devozione del popolo brasiliano a Nostra Signora di Aparecida”. In Brasile nessun altro luogo – chiarisce l’episcopato brasiliano – riceve così tanta gente, basti pensare che nel mese di settembre il santuario ha accolto oltre un milione di visitatori provenienti da ogni parte del mondo.
Nella tradizione brasiliana, la Vergine Aparecida (Apparsa), sotto il nome di Immacolata Concezione, divenne la patrona della città di San Paolo in seguito ad un episodio risalente al XVIII secolo, quando alcuni pescatori, gettando le reti nel fiume Paraiba, portarono in superfice una statua decapitata della Vergine Nera e in un secondo momento la testa. La devozione alla Vergine Immacolata Concezione “Aparecida”, con il passare degli anni divenne sempre più grande, e furono ottenute molte grazie. Nel 1737 venne così costruita una cappella per accogliere i numerosi fedeli.
Nel luglio del 1980 fu Giovanni Paolo II il primo pontefice a visitare il Santuario di Aparecida; durante il Pellegrinaggio Apostolico il Papa devoto a Maria disse: “Sono noti i pellegrinaggi, ai quali nel corso dei secoli prendono parte persone di tutte le classi sociali e delle più diverse e lontane regioni del paese. […] Che cosa cercavano gli antichi pellegrini? Che cosa cercano i pellegrini di oggi? Proprio quello che cercavano nel giorno, più o meno remoto, del battesimo: la fede e i mezzi per alimentarla. Cercano i sacramenti della Chiesa, soprattutto la riconciliazione con Dio e l’alimento eucaristico. E ripartono fortificati e riconoscenti alla Signora, Madre di Dio e nostra”.
Nel corso di quella storica visita, durante la quale Giovanni Paolo II consacrò la Basilica alla Vergine Aparecida, il Pontefice pregò con queste parole: “Signora Aparecida, un figlio vostro / che vi appartiene senza riserva - totus tuus! - /chiamato per misterioso disegno della provvidenza / a essere vicario del vostro Figlio in terra, / si rivolge a voi in questo momento. / Egli ricorda con emozione, / per il colore bruno di questa vostra immagine, / un’altra vostra immagine / la Vergine Nera di Jasna Gora!”.
Nel 2007 fu Papa Benedetto XVI a venerare il simulacro della Vergine Maria Brasiliana; “Considero un dono speciale della Provvidenza – affermò il Pontefice – che questa Santa Messa venga celebrata in questo tempo e in questo luogo. Il tempo è quello liturgico di Pasqua, giunto alla sesta Domenica: è ormai vicina la Pentecoste, e la Chiesa è invitata ad intensificare l’invocazione allo Spirito Santo. Il luogo è il Santuario nazionale di Nostra Signora Aparecida, cuore mariano del Brasile: Maria ci accoglie in questo Cenacolo e, quale Madre e Maestra, ci aiuta ad elevare a Dio una preghiera unanime e fiduciosa”. “Com’è bello – sottolineò inoltre Papa Ratzinger – stare qui riuniti nel nome di Cristo, nella fede, nella fraternità, nella gioia, nella pace e «nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù» (At 1,14). Come è bello, […] essere qui nel Santuario Nazionale di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che è Dimora di Dio, Casa di Maria e Casa dei Fratelli, […]. Come è bello essere qui in questa Basilica Mariana verso la quale, in questo tempo, convergono gli sguardi e le speranze del mondo cristiano, in modo speciale dell’America Latina e dei Caraibi!”.
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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
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MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
e
sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros
MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
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Blogue: SÃO PAULO (e Vidas de Santos) - http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com
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Gostei.
Muito interessante.
Medianamente interessante.
Pouco interessante.
Nada interessante.