segunda-feira, 1 de agosto de 2016

Nº 2833 - (214 - 2016) - SANTOS DE CADA DIA - 1 DE AGOSTO DE 2016 - OITAVO ANO

Caros Amigos:




Desejo a todos os meus leitores



UM BOM ANO DE 2016

Nº 2833 -  (214 - 2016) 

1 DE AGOSTO DE 2016

SANTOS DE CADA DIA

8º   A N O



 miscelania 008



LOUVADO SEJA NOSSO SENHOR JESUS CRISTO



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Comemorar e lembrar os
Santos de Cada Dia
é dever de todo o católico,
assim como procurar seguir os seus exemplos
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AFONSO MARIA DE LIGÓRIO, Santo

     
     
Memória de Santo AFONSO MARIA DE LIGÓRIO bispo e doutor da Igreja, insigne pelo zelo das almas, pelos seus escritos, pela sua palavra e pelo seu exemplo. Pata promover a vida cristã do povo, dedicou-se à pregação e escreveu livros, especialmente sobre a moral, disciplina em que é considerado mestre eminente e, superando muitos obstáculos, fundou a Congregação do Santíssimo Redentor para a evangelização das populações rurais. Eleito bispo de Sant'Ágata dei Goti, empenhou-se intensamente neste ministério que depois de 15 anos teve de deixar por causa de graves enfermidades, e passou o resto da sua vida em Nócera dei Pagáni, na Campânia, suportando grandes sofrimentos e dificuldades. (1787)



OS SETE IRMÃOS MACABEUS E SUA MÃE, Santos
   
 

Comemoração da paixão dos SETE IRMÃOS MACABEUS que em Antioquia, na Síria, hoje Antakya, na Turquia, durante o reinado de Antíoco Epifânio, pela sua invencível fidelidade à lei do Senhor foram cruelmente entregues à morte, juntamente com sua mãe, que sofreu a morte de cada um deles, mas em todos foi coroada de glória como se narra no Segundo Livro dos Macabeus.

Comemora-se também Santo ELEÁZARO um dos escribas mais notáveis, homem de avançada idade, que na mesma perseguição, recusou comer carne sacrílega para salvar a vida, preferindo a morte gloriosa a uma vida desonrada, e se adiantou espontaneamente para o suplício, deixando um insigne exemplo de virtude.


 
Em seguida transcrevo texto inserto no site www.santiebeati.it e cuja tradução deixo ao cuidado de cada um:



Al 1° agosto il martirologio romano riferisce: "Ad Antiochia, la Passione dei Sette ss. fratelli Maccabei, martiri, che soffrirono con la loro madre, sotto il re Antioco Epifane. Le loro reliquie, portate a Roma, furono deposte nella Basilica di S Pietro in Vincoli".
La loro storia è narrata nel II Mach. 7; ai sette fratelli è dato il nome di Maccabei, soltanto dal libro che ne parla. Il II Mach. è un riassunto della storia, redatta in greco da Giasone, un giudeo di Cirene che scriveva poco dopo il 160 a. C., in cui si narra la persecuzione subita dai Giudei fedeli, ad opera di Antioco IV Epifane; in particolare, il martirio di Eleazaro (cap. 6) e quello dei nostri martiri (cap. 7). La narrazione del cap. 7 è ripresa e assai ampliata nell'apocrifo IV Mach.
Ecco i punti salienti di II Mach. 7: "Sette fratelli, arrestati insieme con la madre si volevano costringere a prendere le carni proibite di porco... Uno di essi, fattosi portavoce di tutti, disse: "Che cosa vorresti domandare o sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi paterne".
Il re, fatti arroventare i padelloni e le caldaie, comandò di tagliare la lingua, scorticare il capo e mutilare le estremità a quello che si era fatto loro portavoce, mentre gli altri fratelli e la madre stavano là a guardare. Quando quello fu cosí completamente mutilato, dette ordine di gettarlo sul fuoco, mentre ancora respirava... Condussero quindi il secondo al ludibrio; anch'egli subí a sua volta il supplizio come il primo. Giunto però all'ultimo respiro disse: "Tu, genio furioso, ci strappi dalla nostra presente vita: ma il Re del mondo farà risorgere all'eterna risurrezione di vita noi che siamo morti per le sue leggi".
... Alla loro richiesta, il terzo mise fuori subito la lingua e stese avanti le mani coraggiosamente, dicendo con fierezza: "Queste membra le ho ricevute dal cielo e per le sue leggi non ne faccio conto alcuno, ma spero di riaverle nuovamente da lui".
... Morto anche questo, martoriarono il quarto con le stesse torture. Sul punto di morire, disse: "it preferibile morire per mano degli uomini e avere da Dio la speranza di essere un giorno da lu; risuscitati. Per te certamente non ci sarà risurrezione alla vita".
... Il quinto condotto alla tortura, fissando il re, disse: "Tu hai un'autorità tra gli uomini e, pur essendo mortale, fai quello che vuoi; ma non credere che la nostra razza sia stata abbandonata da Dio. Quanto a te, abbi pazienza e vedrai come la sua grandiosa potenza tormenterà te e i tuoi discendenti". Similmente per il sesto... Rimanendo il piú giovane. il re Antioco non solo lo scongiurava con le parole, ma lo assicurava anche con giuramenti di farlo insieme ricco e invidiabile, di averlo come amico e di affidargli uffici governativi, aualora avesse abbandonato le patrie leggi. Siccome il giovane non gli prestava minimamente attenzione, il re chiamò la madre, esortandola a farsi consigliera di salvezza per il giovanetto.
Dopo tanti ammonimenti, ella accettò di persuadere suo figlio. Chinatasi su di lui, per scherno del crudele tiranno, cosí disse nella lingua paterna: "Figlio, abbi pietà di me che ti ho portato in seno... che ti ho educato... Ti prego, o figlio, di osservare il cielo e la terra e di mirare tutte le cose in essi contenute e di dedurne che Dio non le ha fatte da cose preesistenti, e che il genere umano ha la stessa origine. Non temere questo carnefice, ma accetta la morte, mostrandoti degno dei fratelli, affinché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli al momento della misericordia".
Stava ella ancora parlando, che il giovane disse: "Che aspettate? Non obbedisco all'ordine del re, ma obbedisco al precetto della legge data ai nostri padri per mezzo di Mosè. Tu, però, che ti sei fatto inventore d'ogni male contro gli Ebrei, non sfuggirai certamente alle mani di Dio. Noi infatti soffriamo a causa dei nostri peccati. Se per nostro castigo e correzione il nostro Dio vivente si è adirato per breve tempo, di nuovo egli si riconcilierà con i suoi servi. Tu, invece, o empio, non ti esaltare invano—perché non sei ancora sfuggito al giudizio di Dio che tutto può ed osserva. Or dunque, dopo aver sopportato un breve tormento, i nostri fratelli sono giunti alla divina alleanza della vita eterna; tu invece riporterai dal giudizio di Dio le giuste pene della tua superbia. Quanto a me, dò anch'io, come i miei fratelli, corpo e anima per le leggi avite, e prego Iddio che si mostri presto mise ricordioso verso il suo popolo, che tu finisca co] confessare, tra prove e flagelli, che solo lui è Dio; e che l'ira dell'Onnipotente, abbattutasi giustamente su tutta la nostra stirpe si arresti su di me e i miei fratelli".
Allora il re, furioso, usò con lui un trattamento piú feroce che con gli altri, non potendo sopportare lo scherno. Cosí anch'egli passò da questa vita senza affatto macchiarsi, pieno di fiducia nel Signore. UItima, dopo i figli, morí la madre".
La Bibbia non ci dà i loro nomi, né indica dove si svolse il martirio, fatto loro subire dal re Antioco IV Epifane; né precisa la data (forse 168; a Ge rusalemme? ).
Generalmente si ammette che essi furono martirizzati ad Antiochia, tale è, comunque, la tradizione comune delle Chiese d'Oriente e d'Occidente.
I primi cristiani ammirarono questi valorosi martiri del giudaismo, precursori dei martiri del Cristo. Il loro culto si diffuse rapidamente e la loro festa sembra sia stata universale nella Chiesa verso il sec. V. La storia del culto dei santi martiri è cosí riassunta dalle Vies des Saints (citt. in bibl. ). Già appaiono nel Martirologio Siriaco (412), nei Calendari di Polemius Silvius (448) e di Cartagine (secc. V-VI), e nell'insieme dei mss. del Martirologio Geronimiano. Su questi martiri possediamo testi di s. Gregorio Nazianzeno (PG, XXXV), s. Giovanni Crisostomo, s. Agostino , s. Ambrogio, s. Gaudenzio di Brescia, pseudoLeone.
Secondo s. Girolamo (m. 420), le reliquie dei sette fratelli erano a Modin ed egli si meravigliava che fossero venerate ad Antiochia. L'Itinerarium detto di Antonino (ca. 570) nomina Antiochia in cui riposano con altri santi e s. Giustina "i fratelli Maccabei, in tutto nove tombe, sormontate ciascuna dagli strumenti del loro supplizio".
Il Martirologio Siriaco nomina i Maccabei "figli di Samunas" ad Antiochia, nel quartiere giudaico, al 1° agosto. I sinassari bizantini offrono sette nomi e la madre è Solomonis. Le liste siriache e armena sono differenti. Il Calendario marmoreo napoletano (sec. IX) congiunge i Maccabei a una santa EELI.
Con ogni probabilità il martirio avvenne ad Antiochia dove le tombe furono venerate fino al sec. VI. Dopo il 551 le reliquie furono portate a Costantinopoli e da 11, almeno in parte, a Roma, sotto Pelagio I (556-561)E' possibile però si tratti di Pelagio II (579-590) e che le reliquie siano venute direttamente da Antiochia. Esse comunque si venerano a Roma, in S. Pietro in Vincoli, chiesa la cui festa titolare cade in questo stesso giorno, 1° agosto.
Nel 1876 fu ivi trovato un sarcofago a sette compartimenti, contenenti ossa e ceneri con due togli di piombo recanti iscrizioni relative ai sette fratelli, del IX sec. (o sec. XV?).
La festa dei sette fratelli Maccabei non è menzionata nei libri liturgici, sia gallicani, sia romani, eccettuato il Sacramentario gelasiano; il loro culto sarà stato forse eclissato dalla festa di s. Pietro in vinculis.

 


SECUNDINO, Santo


,
Na Via Penestrina, a 30 milhas de Roma, São SECUNDINO mártir. (data incerta)


FÉLIX de Gerona, Santo
 


Em Gerona, na Hispânia Tarraconense hoje Espanha, São FÉLIX mártir na perseguição do imperador Diocleciano.(séc. IV)


EUSÉBIO de Vercelas, Santo




Em Vercelas, na Ligúria, hoje no Piemonte, Itália, o dia natal de Santo EUSÉBIO bispo cuja memória se celebra amanhã, dia 2 de Agosto.



EXUPÉRIO DE BAYEUX, Santo

 


Em Bayeux, na Gália Lionense, hoje França, Santo EXUPÉRIO que é venerado como primeiro bispo desta cidade. (séc. IV)
 
SEVERO da Aquitânia, Santo



Na Aquitânia, hoje França, São SEVERO que deu todos os seus bens para a construção da igreja e para o serviço dos pobres. (500)


FRIARDO e SECUNDELO, Santos
 
 

  
Em Besné, ilha próxima de Nantes, na Gália, hoje França, os santos FRIARDO e SECUNDELO diácono, eremitas. (séc. VI)


JONATO, Santo




Em Marchiennes, na Gália Bélgica, hoje França, São JONATO abade, discípulo de Santo AMANDO. (690)


ETELVOLDO, Santo



Em Winchester, Inglaterra, o sepultamento de Santo ETELVOLDO bispo que redigiu a «Reguláris Concórdia» para renovar a observância monástica que aprendera de São DUNSTANO. (984)



EMÉRICO DE QUART, Beato  



Em Aosta, nos Alpes Graios, hoje na Itália, o beato EMÉRICO DE QUART bispo, admirável pela sua vida de austeridade e zelo pela salvação das almas. (1313)


JOÃO BUFALÁRI DE RIÉTI, Beato
     


Em Riéti, na Sabina, hoje Itália, o beato JOÃO BUFALÁRI religioso da Ordem dos Eremitas de Santo Agostinho, jovem humilde e alegre, sempre pronto para ajudar o próximo. (1336)
 
PEDRO FABRO, Beato




Em Roma, no reinado de Jaime I, o Beato PEDRO FABRO presbitero um dos primeiros companheiros da Companhia de Jesus, que desempenhou difíceis ccompromissos em diversas partes da Europa e morreu em Roma quando se dirigia para o Concílio de Trento. (1546)

TOMÁS WELBOURNE, Beato

  

Em York, Inglaterra, o Beato TOMÁS WELBOURNE mártir que, sendo mestre-escola, foi condenado à morte no reinado de Jaime I por ter defendido a fidelidade ao Romano Pontífice e, enforcado no patíbulo, se configurou no martírio com Cristo, o divino mestre. (1605)

DOMINGOS NGUYEN VAN HANH (Diêu) e 
BERNARDO VU VAN DUÊ, Beatos
  
 

Em Nam Dinh, Tonquim, Vietname, os santos DOMINGOS NGUYEN VAN HANH (Diêu) da Ordem dos Pregadores e BERNARDO VU VAN DUÊ presbiteros e mártires que, no tempo do imperador Minh Mang, foram decapitados pelas sua fé em Cristo. (1838)

 
PEDRO JULIÃO EYMARD, Santo 

  

  

Em La Mure, Isére, França o dia natal de São PEDRO JULIÃO EYMARD presbitero cuja memória se celebra amanhã dia 2 de Agosto. (1868)


BENVINDO MARIA DE DUAS IRMÃS (José de Miguel Arahal), Beato
 
 

Em Madrid, Espanha, o Beato BENVINDO MARIA DAS DUAS IRMÃS (José de Miguel Arahal) presbitero da Congregação dos Terciários Capuchinhos de Nossa Senhora das Dores e mártir que, durante a perseguição desencadeada contra a fé, derramou o seu sangue por Cristo. (1936)


JUSTINO ALARCÓN VERA, Beato


Em Toledo, Espanha, o beato JUSTINO ALARCÓN VERA presbitero da diocese de Toledo e mártir. (1936)

GERARDO HIRSCHFELDER, Beato
 

No campo de concentração de Dachau, perto de Munique, Alemanha, o beato GERARDO HIRSCHFELDER, presbitero diocesano e mártir por ódio à fé. (1942)

ALEIXO SOBASZEK, Beato

 

No campo de concentração de Dachau, próximo de Munique, na Baviera, Alemanha, o Beato ALEIXO SOBASZEK presbitero e mártir que, natural da Polónia foi desumanamente deportado pelos invasores da sua pátria e, suportando atrozes tormentos na defesa da fé, morreu por Cristo. (1942)


MARIA ESTELA DO SANTÍSSIMO SACRAMENTO (Adelaide Mardosewiz) e 10 companheiras MARIA IMELDA DE JESUS HÓSTIA (Edviges Carolina Zac), MARIA RAIMUNDA DE JESUS E MARIA (Ana Kukolowicz), MARIA DANIELA DE JESUS E MARIA IMACULADA (Eleonora Aniela Jozwik), MARIA CANUTA DE JESUS NO HORTO DE GETSÉMANI (Josefa Chrobot), MARIA SÉRGIA DA SENHORA DAS DORES (Júlia Rapiej), MARIA GUIDA DA DIVINA MISERICÓRDIA (Helena Cierpka), MARIA FELICIDADE (Paulina Borowik), MARIA HELIODORA (Leocádia Matuszewska), MARIA CANÍSIA (Eugénia Machiewicz), e MARIA BORROMEIA (Verónica Narmontowicz), beatas 

 

Num bosque próximo de Novogrodek, Polónia, as beatas MARIA ESTELA DO SANTÍSSIMO SACRAMENTO (Adelaide Mardosewicz) e 10 companheiras MARIA IMELDA DE JESUS HÓSTIA (Edviges Carolina Zac), MARIA RAIMUNDA DE JESUS E MARIA (Ana Kukolowicz), MARIA DANIELA DE JESUS E MARIA IMACULADA (Eleonora Aniela Jozwik), MARIA CANUTA DE JESUS NO HORTO DE GETSÉMANI (Josefa Chrobot), MARIA SÉRGIA DA SENHORA DAS DORES (Júlia Rapiej), MARIA GUIDA DA DIVINA MISERICÓRDIA (Helena Cierpka), MARIA FELICIDADE (Paulina Borowik), MARIA HELIODORA (Leocádia Matuszewska), MARIA CANÍSIA (Eugénia Machiewicz), e MARIA BORROMEIA (Verónica Narmontowicz), da Congregação das Irmãs da Sagrada Família de Nazaré, virgens e mártires que, em funesto tempo de guerra, foram fuziladas pelos inimgos da fé e alcançaram a glória celeste. (1943) 





 ... E AINDA  ...


BUONO DE CHIETI, Santo

Il Martirologio Romano riporta il martirio di San Buono al primo di Agosto: in questa data si celebra la festa popolare del S. Martire. Sembra che l' epoca del martirio sia il 259 sotto il pontificato di papa Stefano.
Il sacro deposito proviene dal cimitero di Priscilla.
Il S. Martire ha dato il nome al comune della provincia di Chieti, di cui è anche patrono.
CLARA DE ORLEÃES, Beata

Fra le dodici sante o beate, riportate nell’autorevole “Bibliotheca Sanctorum” con il nome di Chiara e tutte esistite in tempi lontani da noi, l’unica di nazionalità francese citata è la beata Chiara venerata ad Orléans; ma forse originaria della Normandia.
Essa è ricordata dall’agiografo Castellano nelle sue “Additiones” (Aggiunta o Appendice) al ‘Martirologio Romano’ come vergine dell’Ordine Cistercense, sviluppatesi soprattutto nel 1112 con s. Bernardo di Chiaravalle.
Pur non essendo ricordata dal Calendario di Digione, né dal Menologio di Henriquez, è riconosciuta con il titolo di beata. Ma prima dell’agiografo Castellano, aveva scritto di Chiara lo studioso Calemoto, che ricordava la festa della beata Chiara, vergine reclusa, celebrata il 1° agosto in un convento di monache cistercensi della diocesi di Orléans, in località ‘Nostra Signora’.
Le ossa della monaca penitente erano state trasferite nel convento, dalla vicina foresta e qui rimasero custodite per lungo tempo; in seguito durante una delle ricorrenti guerre locali, le reliquie furono distrutte dalle fiamme, ma il ricordo rimase vivo fra i numerosi pellegrini dell’epoca.
Di lei non si sa altro, al punto da dubitare addirittura della sua esistenza

LEO (Leone) de Montefletro, Beato


Correva l’anno 257 d.C. e due cristiani di nome Leone e Marino, provenienti dall’isola di Arbe in Dalmazia, giunsero a Rimini attratti dall’opportunità di lavorare come scalpellini.
San Leone e San Marino, giunti nella zona del Monte Titano in cerca di pietre da lavorare, restarono affascinati dal maestoso Monte e vi si recavano spesso, Oltre a quel lavoro, essi svolgevano la missione di convertire la popolazione riminese al cristianesimo. Per sfuggire alla persecuzione dell’Imperatore Diocleziano, si rifugiarono in cima al Monte Titano. Passati tre anni, San Leo, con un piccolo gruppo di compagno, si diresse verso la rupe del Monte Feliciano che nella lingua del posto è chiamato Feretrio. Qui giunto costruì una piccola cella e a Dio dedicò una cappelletta.e in tutta segretezza, cominciò a radunare i Cristiani e a predicare il Vangelo. La sua missione diede subito frutti copiosi ed il Cristianesimo si propagò rapidamente in tutta la regione circostante, fino alla creazione della Diocesi di Montefeltro con a capo Leone nel frattempo ordinato vescovo. Leone è considerato, per tradizione, i primo vescovo del Montefeltro, anche se l’istituzione ufficiale della Diocesi è avvenuta alcuni secoli dopo. Dopo la morte di Leone, il suo corpo venne deposto in un sarcofago di pietra di cui, nel Duomo, si conserva il coperchio.

NICOLA DE LA TORRE MERINO, Beato


Nacque a Béjar in provincia di Salamanca il 4 marzo 1892. Fece il Noviziato a Sarrià (Barcellona) ed emise i voti il 18 marzo 1910. Svolse le sue attività a Barcellona, Valenza, La Coruña, Vigo e Madrid, dove lo sorprese la rivoluzione.
Vestito com’era in borghese, poté continuare i suoi lavori anche durante la rivoluzione; ma riconosciuto come religioso, forse dietro denunzia, e incarcerato, venne fucilato ai primi di agosto del 1936.
Beatificato il 28 ottobre 2007

ORLANDO DE VALLUMBROSA, Beato



Esisto due sue raffigurazioni: nell'affresco del chiostro di S. Pancrazio a Firenze e in una sua immagine nella sacrestia della badia di Ripoli.
Egli era un converso vallombrosano vissuto a Vallombrosa al tempo dell’abate Benigno (m. 1236) e condusse vita edificante ligia alla regola monastica. Morì in data imprecisata e Dio ne comprovò la santità liberando degli ossessi durante il suo funerale. Nel maggio 1600 fu ritrovato un sepolcreto presso il campanile di Vallombrosa con le ossa di 10 beati dell’Ordine, tra cui Orlando. Furono esposte al culto il 21 agosto 1600 dal vescovo Alessandro de’Medici. Nel 1604 fu costruita una cappella, ampliata nel 1757, dove tutt’oggi sono venerati i Beati.
La memoria liturgica collettiva è il 1 agosto, anche se i martirologi benedettini commemorano il beato Orlando il 20 maggio
 
PERDÃO DA PORCIÚNCULA 
(PERDONNO DELLA PORZIUNCULA)
 
Da mezzogiorno del 1° agosto a mezzanotte del 2 è il tempo del cosiddetto Perdono della Porziuncola, durante il quale si può acquisire l’indulgenza plenaria, una sola volta all’anno, per sé o per un defunto. La tradizione narra che san Francesco d’Assisi la domandò direttamente a Gesù Cristo, quando ne ricevette l’apparizione in una nottata del 1216, insieme con la Madonna e con numerosi angeli, mentre egli si trovava in preghiera nella chiesetta della Porziuncola.
Francesco, nato intorno al 1182 ad Assisi (dove morirà nel 1226), aveva ormai abbracciato la vita religiosa da una decina d’anni ed era superiore dell’Ordine, riconosciuto da papa Innocenzo III nel 1210. Ciò nonostante, secondo le antiche fonti, il frate era stato colto dalla violenta tentazione di abbandonare la vocazione consacrata e di tornare nel mondo a godersi le ricchezze paterne. Per vincere la diabolica istigazione si era gettato nudo in mezzo a un roveto, che si trasformò in un cespuglio di rose prive di spine.
A quel punto due angeli gli erano apparsi dinanzi e lo avevano condotto in cappella, dove il Signore gli chiese che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu pronta: «Benché io sia misero e peccatore, ti prego che a quanti – pentiti e confessati – verranno a visitare questa chiesa, tu conceda ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe». Anche la reazione di Gesù fu immediata: «Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande, ma di maggiori cose sei degno e maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio Vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza».
Francesco si recò da papa Onorio III, il quale diede l’approvazione, chiedendogli per quanti anni volesse tale indulgenza. Il frate replicò: «Padre santo, non domando anni, ma anime!». Fra le condizioni – oltre alle consuete della confessione, comunione e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice – c’è anche la visita a una chiesa parrocchiale o a una chiesa francescana, con la recita del Padre nostro e del Credo, la professione di fede che venne elaborata nei Concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381), per cui si definisce anche «Simbolo niceno-costantinopolitano».
 
PEDRO ÍN VÍNCULA, Santo
 
 
 

La festa di San Pietro in vincoli è la festa della liberazione di San Pietro da parte di un Angelo al momento della sua prima prigionia, ordinata da Erode poco dopo il martirio dell’Apostolo Giacomo, fratello di Giovanni, i figli di Zebedeo. Il tiranno aveva constatato il piacere provato dagli Ebrei davanti all’omicidio di Giacomo. Egli non temeva di farsi una popolarità con dei metodi di questo genere. Alle genti senza coscienza, i mezzi d’azione importano poco. Il fine giustifica i mezzi, come dirà poi Machiavelli. Il racconto della liberazione dal carcere di san Pietro è narrato in Atti 12,1-19. Il re Erode Agrippa , dopo aver fatto uccidere l’apostolo Giacomo, vedendo che ciò era gradito ai giudei fece arrestare Pietro. Gettatolo in una prigione sotterranea, mise quattro picchetti di soldati a fargli da guardia, con il proposito di togliergli la vita dopo la festa di Pasqua. Nel frattempo i fedeli elevavano al Signore incessanti preghiere per la sua liberazione. Queste preghiere furono ascoltate. Una notte la prigione dove si trovava l’apostolo si illuminò improvvisamente e un angelo apparve a Pietro. Questi, incatenato, stava dormendo fra i soldati. L’angelo toccando il suo fianco lo destò e lo fece alzare in piedi. Le catene caddero dalle sue mani: “Mettiti la cintura e legati i sandali” disse l’angelo al capo degli apostoli, “Avvolgiti il mantello seguimi”. Pietro lo seguì e uscì dalla prigione, pensando in un primo momento che si trattasse di un sogno. Dopo aver oltrepassato la prima e la seconda guardia, arrivarono alla porta di ferro che conduceva in città. La porta si aprì ed essi uscirono. L’angelo scomparve non appena furono arrivati in fondo alla strada. Pietro rientrato in se, esclamò:  “Ora sono veramente certo che il Signore mi ha inviato il suo Angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei giudei”. E si recò immediatamente nella casa in cui si trovavano molte persone riunite in preghiera per la sua liberazione. Il soggetto della nostra meditazione è la frase detta da San Pietro dopo la sua liberazione miracolosa dalla sua prigione di Gerusalemme da parte dell’Angelo del Signore. L’inviato celeste di Dio aveva svegliato il Capo della Chiesa addormentato tra due guardiani. Le sue catene erano cadute dalle sue mani. Su ordine dell’Angelo, egli aveva preso il suo vestito, calzato i suoi piedi, cinto le reni. Senza ostacoli, attraversarono i posti di guardia, passarono per la porta di ferro che si aprì davanti ad essi e guadagnarono un villaggio vicino alla città. L’angelo disparve e San Pietro si rese conto che Dio aveva esaudito la preghiera incessante del popolo cristiano e che aveva inviato un Angelo dal cielo per strapparlo alla prigione ed alla manifestazione progettata da Erode di cui doveva essere la vittima.
“Ora sono veramente certo che il Signore mi ha inviato il suo Angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei giudei”.
Felice e bella festa questa del 1 agosto ! Vi sono stati tanti prigionieri cristiani nel corso di venti secoli ! Dapprima durante i primi tre secoli delle persecuzioni ! Poi un poco dappertutto nel corso degli anni... Oggi ve ne sono più che mai. Il XX secolo appena concluso è stato marchiato dalle stimmate vergognose di terribili persecuzioni e di guerre pubbliche o subdole contro la Chiesa. Non è meno vero che anche oggi nel ventunesimo secolo, l’azione della Provvidenza divina sui prigionieri incarcerati per la loro fede in Cristo si dimostri meno vigilante e paterna che ai tempi di Pietro. Quale speranza e quale conforto per essi !.
Signore, dai la forza, la pazienza e la speranza ai prigionieri che a causa della loro fede cristiana sono vittime dell’ingiustizia e della cattiveria degli uomini. Libera i tuoi prigionieri ed invia i tuoi santi angeli, Signore, a quelli che soffrono per te e che con San Paolo rivendicano questo bel titolo di sofferenza e di gloria “d’incatenati per Cristo”.

Per noi cattolici il Papa è segno di unità delle varie Chiese particolari (le diocesi) ed è il Vicario di Cristo in terra e per questo gode di una particolare protezione delle Gerarchie angeliche verso le quali mostra un profonda amore. A questo riguarda la vicenda del primo Papa della storia, San Pietro, è assai significati¬va; infatti l'Angelo del Signore liberò il Capo degli Apostoli dal carcere, ben due volte. La prima libera¬zione è descritta; in poche parole, nel capitolo V degli Atti, dove è scritto che la setta dei Sadducei fece gettare gli apostoli nella pubblica prigione: "Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione e li condusse fuori" (At. 5, 19). La narrazione della seconda liberazione angelica è molto più ampia e la trascriviamo integralmente dalla Bibbia: "Verso quel tempo il re Erode prese a maltrattare alcuni membri della Chiesa. Fece morire di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, mandò ad arrestare anche Pietro. Si era nei giorni degli azzimi. Catturato, lo pose in carcere, dandolo a sorvegliare a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, con l'intenzione di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Mentre Pietro era tenuto prigioniero, la chiesa rivolgeva senza sosta preghiere a Dio per lui. La notte precedente il giorno fissato da Erode per farlo comparire davanti al popolo, Pietro dormiva in mezzo a due soldati legati con due catene, mentre le sentinelle davanti alla porta facevano la guardia alla prigione. Ed ecco che un Angelo del Signore gli fa vicino, e una luce risplendette sulla cella.
L'Angelo scosse Pietro ad un fianco e lo svegliò dicendogli: "Alzati, presto!", Le catene gli caddero dalle mani; e l'Angelo gli disse: "Mettiti la cintura e legati i sandali". E così fece. Poi gli disse: "Buttati addosso il mantello e seguimi". E uscito lo seguiva, e non si rendeva canto che era vero ciò che gli stava accadendo per mezzo dell'Angelo, e gli sembrava piuttosto di vedere una visione. Oltrepassato il primo posto di guardia e il secondo, vennero alla porta di ferro che immetteva nella città. Essa si aprì da sola davanti a loro. Uscirono e si avviarono per una strada, e improvvisamente l'Angelo si dileguò da lui. Allora Pietro ritornato in sé disse: "Ora capisco davvero che il Signore ha mandato il mio Angelo e mi ha liberato dalla mano di Erode e ha reso vana l'attesa del popolo dei Giudei" (At. 12, 1-11). L’ intervento dell’angelo è veramente straordinario. Non possiamo dimenticare che secondo il racconto del libro degli Atti, c’era stato un grande afflusso di preghiere per ottenere il soccorso divino: dalla Chiesa saliva incessantemente una supplica per Pietro. Con questa prigione e con il giudizio che era in preparazione, la prima comunità cristiana era nel serio pericolo di essere privata del suo capo. Erode, gettando Pietro in prigione, aveva preso ogni precauzione per impedire ogni tentativo di fuga: l’aveva fatto consegnare a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno. Ma davanti a Dio, questa guardia armata era inefficace contro la potenza della preghiera della comunità cristiana e doveva crollare per l’intervento angelico imprevisto. L’angelo realizza la sua missione nel modo più opportuno.
Toccando Pietro, lo desta, ma solo nella misura necessaria per permettere al primo papa di fare tutti i gesti che dovevano portarlo alla liberazione; Pietro faceva questi gesti come in una visione, seguendo le istruzioni che gli erano date. L’angelo non l’aveva completamente risvegliato, per evitargli ogni reazione che avrebbe potuto creargli un disturbo emotivo, l’angelo infatti conosceva bene il temperamento spontaneo e vigoroso del capo degli apostoli. Pietro ha ripreso perfettamente coscienza di se stesso quando è uscito dalla prigione ed allora si è reso conto di essere stato veramente liberato e si è messo a riflettere su ciò che doveva fare. Pietro allora si recò alla casa della madre di Marco, dove si trovava un gruppo di cristiani che pregavano per lui. Possiamo constatare che recandosi in questa abitazione Pietro ha portato alla comunità radunata il risultato vivente delle sue preghiere. Ma in questa casa si è prodotto un singolare episodio che di nuovo riporta la nostra attenzione sul legame fra Pietro e gli angeli. Il libro degli Atti degli apostoli riporta che appena Pietro ebbe bussato alla porta esterna, una serva di nome Rodesi avvicinò per sentire chi era. Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunciare che fuori c’era Pietro, “ Tu vaneggi!”, le dissero. Ma ella insisteva che era proprio così. E quelli invece dicevano: “ E’ l’angelo di Pietro”.
Questi intanto continuava a bussare e quando finalmente aprirono e lo videro, rimasero tutti stupefatti. E’ interessante sottolineare che quelli che dicevano che si trattava dell’angelo di Pietro erano convinti che la protezione di un angelo viene data ad ogni uomo. Non solo questa protezione è concessa ad ognuno, ma l’episodio della liberazione di Pietro tende a dimostrare che un aiuto particolare degli angeli è destinato a coloro che, come i papi, nella chiesa esercitano l’autorità. E’ certo che in favore di quelli che assumono la responsabilità di guidare il cammino della comunità cristiana, c’è una mobilitazione degli angeli, soprattutto quando si scatenano le minacce della persecuzione. Alle forze ostili si oppone la forza superiore delle potenze angeliche. Il soccorso angelico procurato a Pietro era inatteso; testimonia che gli spiriti celesti possono intervenire in tutti i particolari della vita e supplire a tutte le incapacità umane. Possiamo affermare che Pietro, grazie alla sua miracolosa liberazione dal carcere, ha scoperto le qualità dell’angelo che lo liberava. L’apostolo non aveva probabilmente avuto prima la possibilità di conoscerlo e non poteva immaginare la profonda simpatia che legava l’angelo al suo destino.
Al momento della sua liberazione, egli ha capito meglio l’importanza di questa presenza messa a sua disposizione. Scoprendo questa presenza piena di premura per lui, Pietro ha riconosciuto più vivamente il dono celeste che gli era stato fatto con questo angelo. Era un angelo che faceva parte della sua esistenza. Dopo aver riportato il meraviglioso intervento per liberare Pietro dalla morte sicura, Luca, sempre negli Atti degli Apostoli, riferisce la reazione di Erode alla scomparsa dell’apostolo. Fu una reazione di rabbia impotente: cercando Pietro e non trovandolo più, fece processare le sentinelle e ordinò che fossero messe a morte. Poco dopo, Erode fece un discorso pieno di arroganza e di superbia agli abitanti di Tiro e di Sidone. Lo folla radunata lo esaltava gridando: “ Voce di un dio e non di un uomo!”. Luca aggiunge: “Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; ed egli divorato dai vermi, spirò” (At 12,33). Il contrasto fra il destino di Pietro e quello di Erode conferma la missione degli angeli al servizio di Dio e della sua Chiesa. Colui che pretendeva essere un dio e non un uomo ha ricevuto il castigo per la sua inaudita pretesa, mentre Pietro ha ottenuto la libertà di compiere la sua missione di evangelizzatore.

RODOLFO DE VALLUMBROSA, Beato

Rodolfo, per la sua posizione preminente in alcuni avvenimenti importanti all´interno della nuova congregazione, è ricordato nella Vita Anonima di San Giovanni Gualberto (995-1073). A lui, giunto tra i primi alla sequela dell´asceta nell´eremo di Vallombrosa, venne affidata la cura degli ospiti e per l´esattezza con la quale assolveva la delicata mansione, oltre alla predilezione che per lui nutriva S. Guivanni, fu inviato abate al monastero di San Pietro di Moscheta.

Per le sue qualità e per la sua presenza negli avvenimenti che hanno caratterizzato lo stabilirsi della congregazione, il fondatore lo prescelse quale succesore; cosí è detto nella lettera scritta sul punto di morire da S. Giovanni a tutti y monaci. La scelta del suo “Rodingo”, cosí lo chiamava, significava continuità.

Si adormentò nel Signore il 2 novembre 1076 a Vallombrosa. Il suo nome figura in un catalogo dei beati di Vallombrosa e gli Acta SS. Li ricordano, unitamente ad altri otto loro confratelli, al 1º agosto.

La ricognizione dei loro corpi avvenne l´11 agosto 1600, essendo vescovo di Fiesole, Alessandro de´Medici. 


RUBIL (Rúben), Santo

Sotto il nome di Rubil (már Rùbíl) questo santo è commemorato al 1° agosto (ab) in due soli cdlendari siriaci pubblicati da F. Nau: i calendari VI-A e X. Lo studioso di cose siriache citava a suo proposito una Vita ancora manoscritta custodita in un cod. della BiblIoteca Bodleiana di Oxford (Marsball 13).
Secondo questo ms. (stando al compendio datone da F. Nau) R., originario della città di ZàbIná del paese dei Traci, era superiore di un monastero di trentacinque monaci: al tempo dell'imperatore Traiano e del suo generale Daqliyúniuris (?), nipote dell'imperatore. Rubil non beveva affatto in tempo di digiuno; visse sessantacinque anni di vita monastica e morí un 1° agosto nel monastero chiamato Dayrayè eúmrIn.
Si rimane perplessi di fronte a una tale storia e alla cronologia da essa proposta.
Una pista di interessanti ricerche si è aperta quando si è notato, come ha fatto E.A.W. Budge, che Rúbil potrebbe essere considerato come l'equivalente di Rúben. Ora, precisamente il Martirologio di RabbAn Slibá commemora, nel giorno dei calendari citati, il 1° agosto már RúbIl che P. Peeters ha ben tradotto con Ruben e identificato con lo stílita di Qartamin nella Túr-'Abdin, di cui si parla nella storia del famoso monastero di quella città e che vi è noto sotto il nome di Dayrà d',Dmrá, fondato al píú tardi nella seconda metà del sec. V.
Si riconosce peraltro questo nome nella forma corrotta Dayrayé eúmrIn, trasmessa da ms. oxfordiano.
Si tratta quindi del medesimo personaggio che è nominato in tutti i documenti considerati. Non si può dire ancora, allo stato attuale delle ricerche, l'epoca esatta in cui Rubil è vissuto, ma il suo culto, attestato dai soli documenti giacobiti, farebbe pensare che sia vissuto dopo il tempo del concilio di Calcedonia. Per il momento non se ne può dire di più.



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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.

Textos recolhidos

In

MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII

e

sites: Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral, e outros











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