Finalmente
25 de Dezembro
DIA DE NATAL
Boas Festas PARA TODOS
A minha concepção do Natal, seja ele à moda antiga ou mais moderno, é algo bastante simples:
amar uns aos outros, como Jesus nos amou.
Mas, pense comigo, por que nós temos que esperar pelo Natal para agir assim?
Igreja da Comunidade de São Paulo do Viso
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Nº 3 3 3 3
DIA DE NATAL - 2017
Série - 2017 - (nº 3 6 0)
25 de DEZEMBRO de 2017
SANTOS DE CADA DIA
11º A N O
LOUVADO SEJA PARA SEMPRE
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
NOSSO SENHOR JESUS CRISTO
E SUA MÃE MARIA SANTÍSSIMA
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Todos os Católicos com verdadeira Fé,
deverão Comemorar e Lembrar
os Santos e Beatos de cada dia, além de procurar seguir os seus exemplos
deverão Comemorar e Lembrar
os Santos e Beatos de cada dia, além de procurar seguir os seus exemplos
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DIA DE NATAL
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA , da Editorial A. O. de Braga:
Também o nome de NATAL foi usado como nome próprio (e ainda o é...) e o calendário recorda dois Santos NATAIS, a 13 de maio e a 21 de Agosto. Mas todos quantos usam o nome deste grandíssimo acontecimento cristão , escolhem o 25 de Dezembro para festejar o seu dia de anos, unindo-se ao gozo de toda a humanidade, mais, de toda a criação. estes são,. além dos NATAIS, também os MANUÉIS e as MANUELAS.
ALBERTO CNIELOWSKI, Santo
Em Cracóvia, Polónia, Santo ALBERTO (Adão Chmielowski) religioso, célebre pintor, que se dedicou ao serviço dos pobres, procurando estar sempre disponível para com eles em tudo, e fundou as Congregações dos Irmãos e das Irmãs da Ordem Terceira de São Francisco para a assistência aos pobres. (1916)
Bentivóglio de Bónis de San Severino de Marche, Beato
Alburga, Santa
Sorella o sorellastra di Egberto, re del Wessex, andò sposa a Wolstano, conte di Wiltshire, il quale, per onorare il padre, morto in guerra, restaurò la vecchia chiesa di Wilton e vi stabilì una comunità di canonici, ai quali chiese di pregare per il padre defunto. A sua volta Alburga, rimasta vedova, con l'appoggio del fratello sostituì ai canonici delle religiose, con le quali si ritirò a fare vita in comune» fino alla sua morte, che si calcola sia avvenuta dopo l'800. La sua festa è celebrata il 25 dicembre.
Il Beato Diego de Aro, fu un'esemplare religioso del convento mercedario di Santa Maria a Guardia des Prats in Spagna. Assieme ad altri confratelli redentori liberò 132 schiavi dalle catene dei mori, nella città di Granada. Predicando la fede del Signore e testimoniandola con la penitenza, la mortificazione e le altre virtù, migrò santamente nella patria del paradiso.
L'Ordine lo festeggia il 25
Jacopo di Benedetto nacque in Todi, verso il 1236. Compiuti, forse a Bologna, gli studi giuridici, esercitò in patria la professione di notaio e di procuratore (si noti nella Lauda XIV il verso: "Pro un becchieri una vultura") Sposò tra il 1265 e il 1267 Vanna di Bernardino di Guidone dei conti di Coldimezzo, nipote di suor Francesca compagna di s. Chiara. L'improvvisa tragica morte della giovane sposa, la quale nascondeva sotto le vesti eleganti un cilicio, costituí un motivo di rottura, già predisposto dalla grazia, tra la vita mondana di ser Iacopo e la ricerca della religiosa perfezione. Si spiegano cosiì nel primo decennio della conversione, stranezze, sia pure esagerate, conciliabili, secondo la tendenza mirifica degli agiografi, col temperamento proclive all'estremismo e, comunque, consono alla "santa pazzia", logica conseguenza della "follia della croce". Quel decennio in cui fu " bizzocone ", ossia terziario francescano, è caratterizzato da atteggiamenti di vita individualistica e dall'impegno ascetico, avendo egli del messaggio serafico colto, in principio, piuttosto la parte negativa, della rinuncia e dell'austerità, che non la novità costruttiva e profondamente mistica del gioioso senso cosmico dell'incarnazione, cui giunse piú tardi.
Nel 1278 fu ricevuto nell'Ordine dei Minori come frate laico; tuttavia in un documento inedito di Matteo d'Acquasparta, allora ministro generale, rogato ad Assisi nel 1287, si cita la presenza dei testimoni "fratris Jacobi de Tuderto, fratris Rainaldi de Tuderto lectorum"; di piú, il 7 novembre 1287 e il 15 marzo 1289, figura, con fra Lorenzo da Todi, come cappellano del card. Bentivenga, vescovo di Albano; ed il b. Bernardino da Feltre, tra numerose citazioni di passi del poeta, affermò di lui: "B. Jacoponus, semel vocatus coram Romana curia ut faceret sermonem...".
Fra Iacopone aderí al movimento allora vivacissimo degli Spirituali e forse al gruppo autonomo autorizzato da Celestino V, sebbene egli presagisse difficile l'adattamento dell'eremita di Monte Morrone all'arduo compito pontificio (cf. Lauda LIV). Il 10 maggio 1297 Iacopone firmò il manifesto di Lunghezza dei cardinali Giacomo e Pietro Colonna contro Bonifacio VIII e, dopo la caduta di Palestrina (sett. 1298), scomunicato, fu processato e rinchiuso in una sotterranea prigione conventuale, descritta, non senza umorismo, nella Lauda LV. Tale Lauda dimostra la rassegnazione alle pene fisiche ed insieme l'angoscia per la scomunica, dalla quale non ottenne l'assoluzione neppure nel giubileo del 1300, ma solo gli fu concessa da Benedetto XI, eletto il 22 ottobre 1303. Liberato dal carcere, trascorse gli ultimi tre anni non nel patrio convento di S. Fortunato, ma nell'ospizio dei frati presso il monastero di S. Lorenzo a Collazzone, dove spirò piamente la notte di Natale, confortato dai sacramenti, somministratigli dall'amico fra Giovanni della Verna o da Fermo.
Subito dopo morte il corpo di Iacopone fu portato da Collazzone a Todi, nel monastero di Montecristo, proprietà delle Clarisse che i biografi, per l'assonanza dei nomi, hanno confuso con Montesanto; cosí nel 1385 Bartolomeo da Pisa scriveva: " In Tuderto, non in loco fratrum, sed in monasterio S. Clarae de Monte Sancto iacet sanctus frater Tacobus Benedictoli, qui dicitur fr. Jacobus de Tuderto".
Nel gennaio 1433 il vescovo di Todi, Antonio da Anagni, fatta la ricognizione delle ossa, ed espostele a venerazione nella vicina chiesa dell'Ospedale della Carità, le trasferí processionalmente a S. Fortunato, in una cassa lignea recante l'immagine raggiata. Nel 1596, a cura del vescovo Angelo Cesi, i resti vennero posti in un sarcofago di marmo con.busto del beato ed epitafio del Possevino (autore anche di una Vita); mentre il capo, in reliquiario, fu collocato tra le reliquie dei cinque santi martiri, protettori di Todi: Fortunato, Callisto, Cassiano, Degna e Romana, che si trovavano nella cripta di quella chiesa. Onori di culto si tributavano annualmente a Iacopone anche in cattedrale e nella chiesa di S. Terenziano, e inoltre a Collazzone, Montecastrilli, Collevalenza, Pontacuti, Santa Maria in Camucia, Montecristo, nella chiesa della Concezione e nei monasteri delle Servite della S.ma Annunziata, delle Clarisse di S. Francesco, delle Benedettine dette le "Milizie". Per disposizione testamentaria (19 dicembre 1631) di Costanza Benedettoni, della famiglia che si riteneva consanguinea di Iacopone, si fece ardere in perpetuo una lampada davanti al sepolcro del beato (cf. Strumento degli eredi, 22 apr. 1655); ve la trovò mons. Formeliari nella sua visita e l'uso perdurava ancora nel 1868.
Nel 1595 il vescovo Cesi avanzò richiesta di celebrare l'Ufficio di Iacopone, ma dal Baronio, che pur lodava l'epitafio, ebbe risposta negativa, mancando al titolo di beato il riconoscimento della S. Sede. Il 28 maggio 1618 il consiglio comunale decretava di rinnovare la petizione, di cui non si conosce l'esito. Il Wadding, pubblicando nel 1634 il vol. VI degli Annales, annotava l'errore nella data di morte fatto dal Possevino (25 marzo 1296, che potrebbe sospettarsi voluto per scagionare Iacopone dalle accuse di ribellione contro Bonifacio VIII) e scriveva che: "memoria eius requiritur de generatione in generat?onem, cu? sacros honores universus populus attribuit". Il legato del 7 sett. 1775 di Carlo Dionisio Battisti, perugino, a Girolamo e Giacomo Benedettoni "ad promovendam canonizationem B. Jacoponis" venne piú tardi commutato in cappellanie di Messe (Pio VII, 6 sett. 1801).
Nel 1868 si avviò dalla postulazione dei Frati Minori un serio tentativo di introdurre la causa, ma esso non ebbe seguito. P. Luigi da Costamolle con lettera del 12 settembre 1869 suggeriva una "via di disincaglio" per l'ostacolo costituito dalle invettive di Iacopone contro il papa Caetani, composte "nel bollore della passione, mentre molti autori e personaggi di dottrina tenevano per nulla l'elezione di Bonifacio" e richiamava "i cantici di penitenza, la morte preziosissima, il culto susseguente amplissimo gloriosissimo".
Oggi, distinguendosi serenamente tra potestà spirituale del papato e potere temporale, e riconosciuta l'ortodossia di Dante, non vi sarebbe neppure bisogno di appigliarsi ad una presunta apocrificità di quel gruppo di Laudi, per spianare la via al riconoscimento dell'anulata tradizione del culto del b. Iacopone.
Nel Martirologio Francescano, Iacopone figura al 25 dicembre.
Susanna, Santa
NASCIMENTO DE JESUS
Passados inumeráveis séculos desde a criação do mundo, quando no princípio Deus criou o céu e a terra e formou o homem à sua imagem; depois de muitos séculos, desde que o Altíssimo pôs o seu arco nas nuvens como sinal de aliança e de paz; Vinte e um séculos depois da emigração de ABRAÃO, nosso pai na fé, de Ur dos Caldeus; Treze séculos depois de ISRAEL ter saído do Egipto, guiado por MOISÉS; Cerca de 1000 anos depois que DAVID foi ungido rei; na semana Sexagésima Quinta, segundo a profecia de DANIEL; na Olimpíada Cento e Noventa e Quatro; no ano Setecentos e Cinquenta e Dois da fundação de Roma; no ano Quarenta e Dois do império de César Octávio Augusto; estando todo o orbe em paz, JESUS CRISTO, DEUS ETERNO E FILHO DO ETERNO PAI, querendo consagrar o mundo com a sua piedosíssima vinda, concebido pelo ESPÍRITO SANTO, Nove meses depois da sua Conceição, nasceu em Belém de Judá, da VIRGEM MARIA, feito homem:
Passados inumeráveis séculos desde a criação do mundo, quando no princípio Deus criou o céu e a terra e formou o homem à sua imagem; depois de muitos séculos, desde que o Altíssimo pôs o seu arco nas nuvens como sinal de aliança e de paz; Vinte e um séculos depois da emigração de ABRAÃO, nosso pai na fé, de Ur dos Caldeus; Treze séculos depois de ISRAEL ter saído do Egipto, guiado por MOISÉS; Cerca de 1000 anos depois que DAVID foi ungido rei; na semana Sexagésima Quinta, segundo a profecia de DANIEL; na Olimpíada Cento e Noventa e Quatro; no ano Setecentos e Cinquenta e Dois da fundação de Roma; no ano Quarenta e Dois do império de César Octávio Augusto; estando todo o orbe em paz, JESUS CRISTO, DEUS ETERNO E FILHO DO ETERNO PAI, querendo consagrar o mundo com a sua piedosíssima vinda, concebido pelo ESPÍRITO SANTO, Nove meses depois da sua Conceição, nasceu em Belém de Judá, da VIRGEM MARIA, feito homem:
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Escutai a encantadora simplicidade do Evangelho:
«Aconteceu que estando ali se completou o tempo em que Maria deveria dar à luz. Era a noite de 24 de dezembro. Todas as nações da terra estacam em paz. Jesus Cristo, Eterno Deus e Filho do Eterno Pai, quer resgatar o mundo com a sua Vinda misericordiosa. A Virgem Maria conhece que está próximo o momento esperado e recolhe-se em profunda oração. JOSÉ, orando também, contempla-a em religioso silêncio. As horas passam e avizinha-se a plenitude dos tempos. Passam as horas e a meio daquela noite, mais clara que o meio dia, parece que os céus começam a destilar sobre o mundo doçuras de mel...
Chega o momento. E a Virgem Santa, sem dor, sem esforço, sem quebra da sua integridade virginal, vê diante de si, nascido das suas entranhas, mais claro e resplandecente que o Sol, o seu Filho.
Não se pode explicar com palavras nem compreender com entendimento humano o gozo que experimenta naquele instante a Virgem Mãe ao ver sob a forma de Menino Aquele que Ela sentia ser Deus... Com que reverência e amor Lhe falou e O beijou pela primeira vez! - «Meu Filho, Meu Senhor e Meu Deus! E com que olhares dulcíssimos lhe correspondia o Menino! Nasceu da sua Mãe como um raio de sol atravessa o cristal, sem o partir nem o manchar. Oh! que grande prodígio anunciado por ISAÍAS setecentos anos antes; «Uma Virgem conceberá e dará à luz um Filho».
Oh! A Virgem! Oh! Oh! a Mãe de Deus! Oh! a Bendita entre todas as mulheres!
Naquela noite feliz tem o seu Menino entre os braços, envolve-O em paninhos, reclina-O na manjedoura. Não tinha outro berço para Ele. Ali O contempla, ali O ama, ali O adora... Coloca-O também nos braços do carpinteiro JOSÉ, que O recebe tremendo de amor e se oferece para O servir e proteger e trabalhar para Ele toda a vida.
«Ora naquela mesma região havia uns pastores que velavam e estavam de guarda ao seu rebanho durante a noite.
E eis que apareceu junto deles um anjo do Senhor e uma claridade celeste cercou-os com o seu resplendor, pelo que sentiram grande susto. Porém o anjo disse-lhes:
«Não temais, porque eis que vos anuncio uma grande alegria para todo o povo. Nasceu-vos na cidade de DAVID um Salvador que é Cristo. E eis o que vos servirá de sinal: Encontrareis um Menino envolto em panos e reclinado numa manjedoura».
E subitamente apareceu com o anjo um exército da milicia celeste que louvava a Deus, dizendo:
«Gloria a Deus nas alturas e paz na terra aos homens por Ele amados".
E logo que os anjos se retiraram e voaram para o céu, os pastores diziam uns aos outros: «Vamos a Belém e vejamos essa maravilha que acaba de suceder e que o Senhor nos manifestou».
Foram a toda a pressa e encontraram Maria e José e o Menino deitado no presépio».
À débil claridade do estábulo viram aquela mulher jovem e bela que contemplava em silêncio o seu filhinho recém-nascido. E vjram o Menino com os olhos abertos, a carinha rosada, e as mãos pequeninas.
Os pastores enterneceram-se. O anjo tinha-lhes dito que aquele Menino não era como os outros; mas sim aquele que esperava, há milhares de anos, o povo sacrificado.
E agora - que veriam eles no olhar do pequenino? - reconheciam que era verdade o que o anjo lhes tinha dito.
Voltando aos seus apriscos os pastores contavam uns aos outros o que tinham visto e não se cansavam de louvar e glorificar a Deus.
«Maria conservava todas estas coisas e meditava-as no seu coração»
(José Júlio Martínez, S. J.).
Escutai a encantadora simplicidade do Evangelho:
«Aconteceu que estando ali se completou o tempo em que Maria deveria dar à luz. Era a noite de 24 de dezembro. Todas as nações da terra estacam em paz. Jesus Cristo, Eterno Deus e Filho do Eterno Pai, quer resgatar o mundo com a sua Vinda misericordiosa. A Virgem Maria conhece que está próximo o momento esperado e recolhe-se em profunda oração. JOSÉ, orando também, contempla-a em religioso silêncio. As horas passam e avizinha-se a plenitude dos tempos. Passam as horas e a meio daquela noite, mais clara que o meio dia, parece que os céus começam a destilar sobre o mundo doçuras de mel...
Chega o momento. E a Virgem Santa, sem dor, sem esforço, sem quebra da sua integridade virginal, vê diante de si, nascido das suas entranhas, mais claro e resplandecente que o Sol, o seu Filho.
Não se pode explicar com palavras nem compreender com entendimento humano o gozo que experimenta naquele instante a Virgem Mãe ao ver sob a forma de Menino Aquele que Ela sentia ser Deus... Com que reverência e amor Lhe falou e O beijou pela primeira vez! - «Meu Filho, Meu Senhor e Meu Deus! E com que olhares dulcíssimos lhe correspondia o Menino! Nasceu da sua Mãe como um raio de sol atravessa o cristal, sem o partir nem o manchar. Oh! que grande prodígio anunciado por ISAÍAS setecentos anos antes; «Uma Virgem conceberá e dará à luz um Filho».
Oh! A Virgem! Oh! Oh! a Mãe de Deus! Oh! a Bendita entre todas as mulheres!
Naquela noite feliz tem o seu Menino entre os braços, envolve-O em paninhos, reclina-O na manjedoura. Não tinha outro berço para Ele. Ali O contempla, ali O ama, ali O adora... Coloca-O também nos braços do carpinteiro JOSÉ, que O recebe tremendo de amor e se oferece para O servir e proteger e trabalhar para Ele toda a vida.
«Ora naquela mesma região havia uns pastores que velavam e estavam de guarda ao seu rebanho durante a noite.
E eis que apareceu junto deles um anjo do Senhor e uma claridade celeste cercou-os com o seu resplendor, pelo que sentiram grande susto. Porém o anjo disse-lhes:
«Não temais, porque eis que vos anuncio uma grande alegria para todo o povo. Nasceu-vos na cidade de DAVID um Salvador que é Cristo. E eis o que vos servirá de sinal: Encontrareis um Menino envolto em panos e reclinado numa manjedoura».
E subitamente apareceu com o anjo um exército da milicia celeste que louvava a Deus, dizendo:
«Gloria a Deus nas alturas e paz na terra aos homens por Ele amados".
E logo que os anjos se retiraram e voaram para o céu, os pastores diziam uns aos outros: «Vamos a Belém e vejamos essa maravilha que acaba de suceder e que o Senhor nos manifestou».
Foram a toda a pressa e encontraram Maria e José e o Menino deitado no presépio».
À débil claridade do estábulo viram aquela mulher jovem e bela que contemplava em silêncio o seu filhinho recém-nascido. E vjram o Menino com os olhos abertos, a carinha rosada, e as mãos pequeninas.
Os pastores enterneceram-se. O anjo tinha-lhes dito que aquele Menino não era como os outros; mas sim aquele que esperava, há milhares de anos, o povo sacrificado.
E agora - que veriam eles no olhar do pequenino? - reconheciam que era verdade o que o anjo lhes tinha dito.
Voltando aos seus apriscos os pastores contavam uns aos outros o que tinham visto e não se cansavam de louvar e glorificar a Deus.
«Maria conservava todas estas coisas e meditava-as no seu coração»
(José Júlio Martínez, S. J.).
Texto de www.santiebeati.it
La Chiesa celebra con la solennità del Natale la manifestazione del Verbo di Dio agli uomini. E’ questo infatti il senso spirituale più ricorrente, suggerito dalla stessa liturgia, che nelle tre Messe celebrate oggi da ogni sacerdote offre alla nostra meditazione "la nascita eterna del Verbo nel seno degli splendori del Padre (prima Messa); l'apparizione temporale nell'umiltà della carne (seconda Messa); il ritorno finale all'ultimo giudizio (terza Messa)" (Liber Sacramentorum).
Un antico documento, il Cronografo dell'anno 354, attesta l'esistenza a Roma di questa festa al 25 dicembre, che corrisponde alla celebrazione pagana del solstizio d'inverno, "Natalis Solis Invieti", cioè la nascita del nuovo sole che, dopo la notte più lunga dell'anno, riprendeva nuovo vigore.
Celebrando in questo giorno la nascita di colui che è il Sole vero, la luce del mondo, che sorge dalla notte del paganesimo, si è voluto dare un significato del tutto nuovo a una tradizione pagana molto sentita dal popolo, poiché coincideva con le ferie di Saturno, durante le quali gli schiavi ricevevano doni dai loro padroni ed erano invitati a sedere alla stessa mensa, come liberi cittadini. Le strenne natalizie richiamano però più direttamente i doni dei pastori e dei re magi a Gesù Bambino.
In Oriente la nascita di Cristo veniva festeggiata il 6 gennaio, col nome di Epifania, che vuol dire "manifestazione"; poi anche la Chiesa orientale accolse la data del 25 dicembre, come si riscontra in Antiochia verso il 376 al tempo del Crisostomo e nel 380 a Costantinopoli, mentre in Occidente veniva introdotta la festa dell'Epifania, ultima festa del ciclo natalizio, per commemorare la rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano. I testi della liturgia natalizia, formulati in un'epoca di reazione alla eresia trinitaria di Arlo, sottolineano con accenti di calda poesia e con rigore teologico la divinità del Bambino nato nella grotta di Betlem, la sua regalità e onnipotenza per invitarci all'adorazione dell'insondabile mistero del Dio rivestito di carne umana, figlio della purissima Vergine Maria ("fiorito è Cristo ne la carne pura", dice Dante).
L'Incarnazione di Cristo segna la partecipazione diretta degli uomini alla vita divina. La restaurazione dell'uomo mediante la spirituale nascita di Gesù nelle anime è il tema suggerito dalla devozione e dalla pietà cristiana che, al di là delle commoventi tradizioni natalizie fiorite ai margini della liturgia, ci invita a meditare annualmente sul mistero della nostra salvezza in Cristo Signore.
Un antico documento, il Cronografo dell'anno 354, attesta l'esistenza a Roma di questa festa al 25 dicembre, che corrisponde alla celebrazione pagana del solstizio d'inverno, "Natalis Solis Invieti", cioè la nascita del nuovo sole che, dopo la notte più lunga dell'anno, riprendeva nuovo vigore.
Celebrando in questo giorno la nascita di colui che è il Sole vero, la luce del mondo, che sorge dalla notte del paganesimo, si è voluto dare un significato del tutto nuovo a una tradizione pagana molto sentita dal popolo, poiché coincideva con le ferie di Saturno, durante le quali gli schiavi ricevevano doni dai loro padroni ed erano invitati a sedere alla stessa mensa, come liberi cittadini. Le strenne natalizie richiamano però più direttamente i doni dei pastori e dei re magi a Gesù Bambino.
In Oriente la nascita di Cristo veniva festeggiata il 6 gennaio, col nome di Epifania, che vuol dire "manifestazione"; poi anche la Chiesa orientale accolse la data del 25 dicembre, come si riscontra in Antiochia verso il 376 al tempo del Crisostomo e nel 380 a Costantinopoli, mentre in Occidente veniva introdotta la festa dell'Epifania, ultima festa del ciclo natalizio, per commemorare la rivelazione della divinità di Cristo al mondo pagano. I testi della liturgia natalizia, formulati in un'epoca di reazione alla eresia trinitaria di Arlo, sottolineano con accenti di calda poesia e con rigore teologico la divinità del Bambino nato nella grotta di Betlem, la sua regalità e onnipotenza per invitarci all'adorazione dell'insondabile mistero del Dio rivestito di carne umana, figlio della purissima Vergine Maria ("fiorito è Cristo ne la carne pura", dice Dante).
L'Incarnazione di Cristo segna la partecipazione diretta degli uomini alla vita divina. La restaurazione dell'uomo mediante la spirituale nascita di Gesù nelle anime è il tema suggerito dalla devozione e dalla pietà cristiana che, al di là delle commoventi tradizioni natalizie fiorite ai margini della liturgia, ci invita a meditare annualmente sul mistero della nostra salvezza in Cristo Signore.
NATAIS e MANUEIS, Santos
Também o nome de NATAL foi usado como nome próprio (e ainda o é...) e o calendário recorda dois Santos NATAIS, a 13 de maio e a 21 de Agosto. Mas todos quantos usam o nome deste grandíssimo acontecimento cristão , escolhem o 25 de Dezembro para festejar o seu dia de anos, unindo-se ao gozo de toda a humanidade, mais, de toda a criação. estes são,. além dos NATAIS, também os MANUÉIS e as MANUELAS.
ANASTÁCIA DE SÍRMIUM, Santa
Em Roma, a comemoração de Santa ANASTÁSIA mártir de Sírmium, na Panónia, hoje Sremska Mitrovica, na actual Sérvia. (séc. III)
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Morreu pela fé no tempo de Diocleciano, em Sirmium, na Panónia, antiga Jugoslávia. No tempo de São LEÃO MAGNO I (471) as relíquias dela foram, transportadas para Constantinopla e o culto espalhou-se desde então pelas Igreja inteira. Durante séculos, a liturgia latina comemorou-a todos os dias no cânone da Missa, e de maneira particular no dia de Natal, na Missa da «aurora», do começo da ressurreição do novo dia: ANASTÁSIA significa «Ressurreição».
Em Roma, a comemoração de Santa ANASTÁSIA mártir de Sírmium, na Panónia, hoje Sremska Mitrovica, na actual Sérvia. (séc. III)
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Morreu pela fé no tempo de Diocleciano, em Sirmium, na Panónia, antiga Jugoslávia. No tempo de São LEÃO MAGNO I (471) as relíquias dela foram, transportadas para Constantinopla e o culto espalhou-se desde então pelas Igreja inteira. Durante séculos, a liturgia latina comemorou-a todos os dias no cânone da Missa, e de maneira particular no dia de Natal, na Missa da «aurora», do começo da ressurreição do novo dia: ANASTÁSIA significa «Ressurreição».
ALBERTO CNIELOWSKI, Santo
Em Cracóvia, Polónia, Santo ALBERTO (Adão Chmielowski) religioso, célebre pintor, que se dedicou ao serviço dos pobres, procurando estar sempre disponível para com eles em tudo, e fundou as Congregações dos Irmãos e das Irmãs da Ordem Terceira de São Francisco para a assistência aos pobres. (1916)
Texto do livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Entre os varões ilustres que Deus deu à Igreja, conta-se o Santo Irmão ALBERTO. Veio ao mundo em Igolomia, da diocese de Cracóvia. aos 20 de Agosto de 1845, primogénito de 4 filhos de Alberto Chmielowski e Josefa Borzylawska. Foi baptizado no dia 26 do mesmo mês, tomando os nomes de ADÃO e BERNARDO. Quando contava sete anos perdeu o pai. A mãe, viúva, mudou-se para Varsóvia.
O menino ingressou no corpo de cadetes e depois cursou agronomia. Em 1863, com 18 anos, participou na insurreição contra o Czar. Foi ferido na batalha de Melchow e levado prisioneiro. No cárcere aguentou com valentia a amputação de uma perna. Depois de um ano, conseguiu fugir e foi para Paris, onde começou a estudar pintura. De lá passou à Bélgica e depois ao Mónaco. Voltou a Paris e por fim estabeleceu-se em Varsóvia, onde completou os estudos de pintura e arquitectura.
Em 1880 entrou na Companhia de Jesus, mas atormentado por escrúpulos e vítima de doença grave, saiu do noviciado. refeito da enfermidade, em 1884 chegou a Cracóvia e fez-se pobre, para com os pobres dar testemunho da caridade evangélica. A exemplo de Cristo, «que, sendo rico, Se fez pobre» (2 Cor, 8, 9), procurou ajudar os mais necessitados. Reuniu-os em albergues públicos e dormia com eles. Tudo o que ganhava com a arte da pintura empregava-o em beneficio daqueles infelizes.
Em 1888 fez os votos da terceira Ordem de São Francisco e vestiu o humilde hábito. Com a aprovação do Bispo de Cracóvia, juntou alguns companheiros e lançou os fundamentos da Congregação dos Irmãos da Terceira Ordem de São Francisco, para ajudar os pobres. Não escreveu nenhuma Regra, mas influiu nos companheiros com o próprio exemplo e exortações. Montou várias oficinas para os pobres ganharem a vida. Não aceitou nunca auxílio económico estável, mas recebia o que lhe davam dia a dia. Nos albergues recolhia a todos os necessitados sem distinção de idade, religião ou cor política. Na altura da sua morte, em 1916, a Congregação contava 8 casas e 40 Irmãos. Antes da Segunda Guerra Mundial chegou a ter 98 membros que davam pelo nome de ALBERTINOS.
Não satisfeito com atender somente aos homens, a 15 de Janeiro de 1891, com a cooperação de ANA FRANCISCA LUBANSKA e MARIA CUNEGUNDES SILUKOWSKA deu começo à Congregação das Irmãs da Terceira Ordem de São Francisco para servir as mulheres e jovens sem tecto, especialmente nos casos de epidemias.
A Congregação não tem bens próprios. Vivem em casas do Estado ou da Diocese.
O Irmão ALBERTO falecido no dia de Natal de 1916, foi beatificado por JOÃO PAULO II em 22 de Junho de 1983 durante a sua visita à Polónia e canonizado a 12 de Novembro de 1989.
AAS 59 (1967) 176-8; 69 (1977) 355-8; 77 (1985) 461-3; DIP 2, 1017-18; 4, 753; 1, 592-3
MARIA DOS APÓSTOLOS VON WULLENWEBER, Beata
Em Roma, a Beata MARIA DOS APÓSTOLOS (Maria Teresa Von Wullenweber) virgem, de origem alemã, que inflamada pelo ardor missionário, fundou em Tivoli, no Lácio, Itália, o Instituto das Irmãs do Divino Salvador. (1907)
Texto do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Assim como nos céus as estrelas diferem umas das outras em resplendor (1 Cor 15, 41) e na terra as flores se distinguem pela espécie e forma, também na Igreja de Cristo, os Santos diferem entre si pelos estudos, costumes, virtudes, e género de vida. Astro belíssimo e ilustre entre os Beatos é MARIA DOS APÓSTOLOS.
Nasceu na Alemanha na região da Renânia, na cidade de Gladbach, no lugar denominado Myllendonck a 19 de Fevereiro de 1833, de pais ilustres, o Barão Teodoro Wullenweber e Isabel Le Fort, de nacionalidade francesa. Ambos aliavam à nobreza de origem a prenda das virtudes. Sobressaiam por sua piedade e práticas religiosas, que lhe conquistaram a fama de pessoas virtuosas. De facto, o pai era home integérrimo, de fé e virtude sólidas, muito diligente no cumprimento dos próprios deveres. A mãe, carinhosa e amável, era igualmente generosa com os pobres. Todas estas virtudes não podiam deixar de influenciar na educação da filha, que foi baptizada no dia imediato ao do seu nascimento e recebeu os nomes de MARIA, TERESA, FRANCISCA, JOSEFA, ISABEL e CONSTÂNCIA, mas foi o de TERESA que se tornou usual, por deferência e amor à ilustre e santa mulher, honra de Espanha.
TERESA cresceu sob disciplina própria à sua idade, pura como um anjo, bem-educada e sem mimos exagerados. Incutiram-lhe piedade para com Deus, amor à verdade, benevolência e caridade para com todos, mormente com os criados. Não se julgue, no entanto, que foi isenta de pequenos defeitos contra os quais lutou com firmeza de ânimo, ajudada pelos pais e mestres e, sobretudo, pelas inspiração do Espírito Santo.
De acordo com o costume daquele tempo, aos treze anos fez a primeira comunhão, que foi para ela mais benéfica que o orvalho ou a chuva para os campos. Com a comunhão cresceu na jovem a piedade e intensificou-se o empenho pela virtude. A leitura espiritual fez-lhe ver que era necessário manter-se numa profunda humildade.
Obediente aos pais, partiu para a Bélgica em 1848, a fim de completar a sua formação intelectual e moral na casa das beneditinas. Lá ficou dois anos. Em 1850 regressou a casa para auxiliar o pai na administração dos bens, e a mãe nos afazeres domésticos, o que desempenhou a contento dos progenitores Entrementes, desenvolvia-se nela o ardor santo de propagar a nossa santa religião. Sob a orientação de Padres Jesuítas, fez os exercícios espirituais e com o intento de levar por diante o desejo de sua alma de difundir as verdades da fé, foi para a cidade de Blumental, onde havia uma casa fundada por MADALENA SOFIA BARAT fundadora da Congregação do Sagrado Coração de Jesus, que faleceu em Paris a 25 de Maio de 1895 e foi canonizada a 24 de Maio de 1925. Não estava, contudo, nos planos da Providência qe ela ficasse naquele Instituto e, por isso, retornou à casa paterna.
Continuou com o espírito de fervor que a animava à espera de encontrar um dia uma Congregação que correspondesse ao seu desejo de propagar a fé católica. Em 1863, dirigiu-se às Irmãs da Visitação de Muhlheim depois às irmãs Sacramentinas na Bélgica, onde permaneceu dois anos. Mas, como nenhuma destas congregações tinha por fim as missões, retornou a casa, repetindo a miúde as palavras de São PAULO: «Senhor, que quereis que eu faça?»
Entregou-se a cuidar dos seus e da casa, uma vez que a mãe havia falecido e ela era a mais velha das irmãs. Para servir aos desígnios de Deus, resolveu obedecer à risca ao seu capelão, LUDOVICO VON ESSEN, homem prudente que a aconselhou a alistar-se na Ordem Terceira de São Francisco e a cultivar o espírito da pobreza. E como não havia nenhum Instituto feminino que se consagrasse às missões, como pretendia, insinuou-lhe para fundar ela mesma uma nova congregação. Embora simpatizasse com a ideia, receou meter-se numa empresa tão alta e que ademais era contrariada pela lei civil.
Acedeu, no entanto, com conselho do capelão, e comprou um velho castelo em Neuwerk e lá, com algumas santas mulheres, entregou-se a prática da caridade com os pobres enquanto afervorava as companheiras no zelo da obra divina. Teve igualmente a peito instruir as crianças e exortar e mover as mães delas à prática da virtude e a prestar a Deus o culto devido. Tomou sobretudo cuidado dos órfãos de pai e mãe.
Mas como as companheiras que havia reunido à sua volta, uma após outra, a abandonassem, não lhe restou senão confiar em Deus, que nunca desampara os que a Ele se entregam. E assim, em 1882, pelo tempo da Páscoa, o vento arrastou para dentro do castelo uma página, que tinha por título «Missionário». Ao lê-la, o seu espirito exultou de alegria. De facto, a folha anunciava que em Roma se fundara uma Congregação para difundir a fé e a religião de Cristo, não só no país, mas também no estrangeiro.
Escreveu imediatamente ao fundador, PADRE JOÃO BAPTISTA JORDAN de nacionalidade alemã, dizendo-lhe que tinha pensado fazer o mesmo e que se punha a ela e a todos os seus bens à disposição dele, se quisesse fundar uma Congregação feminina com o mesmo fim.
Ele foi a Neuwerk e, posto ao par das qualidades e boas disposições de TERESA WULLENWEBER, aconselhou-a a ligar-se a Deus pelos votos religiosos, tomando o nome de MARIA TERESA DOS APÓSTOLOS, que mais adiante mudou para MARIA DOS APÓSTOLOS.
Brilhou por fim o sol sem nuvens, para a bem-aventurada? De forma alguma. Teve de esperar seis anos, durante os quais as suas forças e nervos foram postos à prova. Só Deus sabe que energias houve de dispender para superar as dificuldades. Mas finalmente raiou o dia em que, com cinco companheiras, entrou em Roma e, exultando de alegria, exclamou: «Aqui terei paz eterna».
Vãs esperanças, pois estando vedado, nas leis do Vicariato de Roma, às novas Congregações abrir sede na cidade eterna, as religiosas não tiveram mais remédio senão estabelecer-se em Tivoli. Viveram em suma pobreza e superaram as ingentes dificuldades da língua e costumes diversos do próprio país. Ao cabo de seis anos, lograram abrir casa em Roma, onde a beata MARIA DOS APÓSTOLOS passou os últimos treze anos de vida. Veio a falecer placidamente na cidade eterna, aos 25 de Dezembro de 1907, com quase 75 anos de idade, depois de atroz sofrimento de asma. Deixou o Instituto das Irmãs do Divino Salvador com 25 casas missionárias, facto que mostra a sua têmpera de alma e a protecção divina à obra que sonhara desde os verdes anos. Foi beatificada por PAULO VI a 13 de Outubro de 1968.
Resta esclarecer que o Padre JOÃO BAPTISTA JORDAN, que a auxiliou, vira a falecer a 8 de Setembro de 1918. Também ele tem o processo de canonização em curso.
AAS 47 (1955) 742-4; 57 (1965) 74-4; 60 (1968) 725-9
Entre os varões ilustres que Deus deu à Igreja, conta-se o Santo Irmão ALBERTO. Veio ao mundo em Igolomia, da diocese de Cracóvia. aos 20 de Agosto de 1845, primogénito de 4 filhos de Alberto Chmielowski e Josefa Borzylawska. Foi baptizado no dia 26 do mesmo mês, tomando os nomes de ADÃO e BERNARDO. Quando contava sete anos perdeu o pai. A mãe, viúva, mudou-se para Varsóvia.
O menino ingressou no corpo de cadetes e depois cursou agronomia. Em 1863, com 18 anos, participou na insurreição contra o Czar. Foi ferido na batalha de Melchow e levado prisioneiro. No cárcere aguentou com valentia a amputação de uma perna. Depois de um ano, conseguiu fugir e foi para Paris, onde começou a estudar pintura. De lá passou à Bélgica e depois ao Mónaco. Voltou a Paris e por fim estabeleceu-se em Varsóvia, onde completou os estudos de pintura e arquitectura.
Em 1880 entrou na Companhia de Jesus, mas atormentado por escrúpulos e vítima de doença grave, saiu do noviciado. refeito da enfermidade, em 1884 chegou a Cracóvia e fez-se pobre, para com os pobres dar testemunho da caridade evangélica. A exemplo de Cristo, «que, sendo rico, Se fez pobre» (2 Cor, 8, 9), procurou ajudar os mais necessitados. Reuniu-os em albergues públicos e dormia com eles. Tudo o que ganhava com a arte da pintura empregava-o em beneficio daqueles infelizes.
Em 1888 fez os votos da terceira Ordem de São Francisco e vestiu o humilde hábito. Com a aprovação do Bispo de Cracóvia, juntou alguns companheiros e lançou os fundamentos da Congregação dos Irmãos da Terceira Ordem de São Francisco, para ajudar os pobres. Não escreveu nenhuma Regra, mas influiu nos companheiros com o próprio exemplo e exortações. Montou várias oficinas para os pobres ganharem a vida. Não aceitou nunca auxílio económico estável, mas recebia o que lhe davam dia a dia. Nos albergues recolhia a todos os necessitados sem distinção de idade, religião ou cor política. Na altura da sua morte, em 1916, a Congregação contava 8 casas e 40 Irmãos. Antes da Segunda Guerra Mundial chegou a ter 98 membros que davam pelo nome de ALBERTINOS.
Não satisfeito com atender somente aos homens, a 15 de Janeiro de 1891, com a cooperação de ANA FRANCISCA LUBANSKA e MARIA CUNEGUNDES SILUKOWSKA deu começo à Congregação das Irmãs da Terceira Ordem de São Francisco para servir as mulheres e jovens sem tecto, especialmente nos casos de epidemias.
A Congregação não tem bens próprios. Vivem em casas do Estado ou da Diocese.
O Irmão ALBERTO falecido no dia de Natal de 1916, foi beatificado por JOÃO PAULO II em 22 de Junho de 1983 durante a sua visita à Polónia e canonizado a 12 de Novembro de 1989.
AAS 59 (1967) 176-8; 69 (1977) 355-8; 77 (1985) 461-3; DIP 2, 1017-18; 4, 753; 1, 592-3
MARIA DOS APÓSTOLOS VON WULLENWEBER, Beata
Em Roma, a Beata MARIA DOS APÓSTOLOS (Maria Teresa Von Wullenweber) virgem, de origem alemã, que inflamada pelo ardor missionário, fundou em Tivoli, no Lácio, Itália, o Instituto das Irmãs do Divino Salvador. (1907)
Texto do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Assim como nos céus as estrelas diferem umas das outras em resplendor (1 Cor 15, 41) e na terra as flores se distinguem pela espécie e forma, também na Igreja de Cristo, os Santos diferem entre si pelos estudos, costumes, virtudes, e género de vida. Astro belíssimo e ilustre entre os Beatos é MARIA DOS APÓSTOLOS.
Nasceu na Alemanha na região da Renânia, na cidade de Gladbach, no lugar denominado Myllendonck a 19 de Fevereiro de 1833, de pais ilustres, o Barão Teodoro Wullenweber e Isabel Le Fort, de nacionalidade francesa. Ambos aliavam à nobreza de origem a prenda das virtudes. Sobressaiam por sua piedade e práticas religiosas, que lhe conquistaram a fama de pessoas virtuosas. De facto, o pai era home integérrimo, de fé e virtude sólidas, muito diligente no cumprimento dos próprios deveres. A mãe, carinhosa e amável, era igualmente generosa com os pobres. Todas estas virtudes não podiam deixar de influenciar na educação da filha, que foi baptizada no dia imediato ao do seu nascimento e recebeu os nomes de MARIA, TERESA, FRANCISCA, JOSEFA, ISABEL e CONSTÂNCIA, mas foi o de TERESA que se tornou usual, por deferência e amor à ilustre e santa mulher, honra de Espanha.
TERESA cresceu sob disciplina própria à sua idade, pura como um anjo, bem-educada e sem mimos exagerados. Incutiram-lhe piedade para com Deus, amor à verdade, benevolência e caridade para com todos, mormente com os criados. Não se julgue, no entanto, que foi isenta de pequenos defeitos contra os quais lutou com firmeza de ânimo, ajudada pelos pais e mestres e, sobretudo, pelas inspiração do Espírito Santo.
De acordo com o costume daquele tempo, aos treze anos fez a primeira comunhão, que foi para ela mais benéfica que o orvalho ou a chuva para os campos. Com a comunhão cresceu na jovem a piedade e intensificou-se o empenho pela virtude. A leitura espiritual fez-lhe ver que era necessário manter-se numa profunda humildade.
Obediente aos pais, partiu para a Bélgica em 1848, a fim de completar a sua formação intelectual e moral na casa das beneditinas. Lá ficou dois anos. Em 1850 regressou a casa para auxiliar o pai na administração dos bens, e a mãe nos afazeres domésticos, o que desempenhou a contento dos progenitores Entrementes, desenvolvia-se nela o ardor santo de propagar a nossa santa religião. Sob a orientação de Padres Jesuítas, fez os exercícios espirituais e com o intento de levar por diante o desejo de sua alma de difundir as verdades da fé, foi para a cidade de Blumental, onde havia uma casa fundada por MADALENA SOFIA BARAT fundadora da Congregação do Sagrado Coração de Jesus, que faleceu em Paris a 25 de Maio de 1895 e foi canonizada a 24 de Maio de 1925. Não estava, contudo, nos planos da Providência qe ela ficasse naquele Instituto e, por isso, retornou à casa paterna.
Continuou com o espírito de fervor que a animava à espera de encontrar um dia uma Congregação que correspondesse ao seu desejo de propagar a fé católica. Em 1863, dirigiu-se às Irmãs da Visitação de Muhlheim depois às irmãs Sacramentinas na Bélgica, onde permaneceu dois anos. Mas, como nenhuma destas congregações tinha por fim as missões, retornou a casa, repetindo a miúde as palavras de São PAULO: «Senhor, que quereis que eu faça?»
Entregou-se a cuidar dos seus e da casa, uma vez que a mãe havia falecido e ela era a mais velha das irmãs. Para servir aos desígnios de Deus, resolveu obedecer à risca ao seu capelão, LUDOVICO VON ESSEN, homem prudente que a aconselhou a alistar-se na Ordem Terceira de São Francisco e a cultivar o espírito da pobreza. E como não havia nenhum Instituto feminino que se consagrasse às missões, como pretendia, insinuou-lhe para fundar ela mesma uma nova congregação. Embora simpatizasse com a ideia, receou meter-se numa empresa tão alta e que ademais era contrariada pela lei civil.
Acedeu, no entanto, com conselho do capelão, e comprou um velho castelo em Neuwerk e lá, com algumas santas mulheres, entregou-se a prática da caridade com os pobres enquanto afervorava as companheiras no zelo da obra divina. Teve igualmente a peito instruir as crianças e exortar e mover as mães delas à prática da virtude e a prestar a Deus o culto devido. Tomou sobretudo cuidado dos órfãos de pai e mãe.
Mas como as companheiras que havia reunido à sua volta, uma após outra, a abandonassem, não lhe restou senão confiar em Deus, que nunca desampara os que a Ele se entregam. E assim, em 1882, pelo tempo da Páscoa, o vento arrastou para dentro do castelo uma página, que tinha por título «Missionário». Ao lê-la, o seu espirito exultou de alegria. De facto, a folha anunciava que em Roma se fundara uma Congregação para difundir a fé e a religião de Cristo, não só no país, mas também no estrangeiro.
Escreveu imediatamente ao fundador, PADRE JOÃO BAPTISTA JORDAN de nacionalidade alemã, dizendo-lhe que tinha pensado fazer o mesmo e que se punha a ela e a todos os seus bens à disposição dele, se quisesse fundar uma Congregação feminina com o mesmo fim.
Ele foi a Neuwerk e, posto ao par das qualidades e boas disposições de TERESA WULLENWEBER, aconselhou-a a ligar-se a Deus pelos votos religiosos, tomando o nome de MARIA TERESA DOS APÓSTOLOS, que mais adiante mudou para MARIA DOS APÓSTOLOS.
Brilhou por fim o sol sem nuvens, para a bem-aventurada? De forma alguma. Teve de esperar seis anos, durante os quais as suas forças e nervos foram postos à prova. Só Deus sabe que energias houve de dispender para superar as dificuldades. Mas finalmente raiou o dia em que, com cinco companheiras, entrou em Roma e, exultando de alegria, exclamou: «Aqui terei paz eterna».
Vãs esperanças, pois estando vedado, nas leis do Vicariato de Roma, às novas Congregações abrir sede na cidade eterna, as religiosas não tiveram mais remédio senão estabelecer-se em Tivoli. Viveram em suma pobreza e superaram as ingentes dificuldades da língua e costumes diversos do próprio país. Ao cabo de seis anos, lograram abrir casa em Roma, onde a beata MARIA DOS APÓSTOLOS passou os últimos treze anos de vida. Veio a falecer placidamente na cidade eterna, aos 25 de Dezembro de 1907, com quase 75 anos de idade, depois de atroz sofrimento de asma. Deixou o Instituto das Irmãs do Divino Salvador com 25 casas missionárias, facto que mostra a sua têmpera de alma e a protecção divina à obra que sonhara desde os verdes anos. Foi beatificada por PAULO VI a 13 de Outubro de 1968.
Resta esclarecer que o Padre JOÃO BAPTISTA JORDAN, que a auxiliou, vira a falecer a 8 de Setembro de 1918. Também ele tem o processo de canonização em curso.
AAS 47 (1955) 742-4; 57 (1965) 74-4; 60 (1968) 725-9
INÊS FILA, LÚCIA KHAMBANG, ´AGATA FUTA, CECÍLIA BUTSI, BIBIANA HAMPAI e MARIA FON, Beatas
Em Song-Khom, Tailândia, as beatas mártires INÊS FILA e LUZIA KHAMBANG virgens das Irmãs Amantes da Cruz, e também ÁGUEDA FUTA, CECÍLIA BUTSÍ, BIBIANA HAMPAI e MARIA PHON que, por se recusarem a renegar a fé cristã, foram fuziladas no cemitério do lugar. (1940)
Texto do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Em 1940 desencadeou-se na Tailândia uma perseguição feroz contra todos os que não aceitassem BUDA como o seu Deus. o Governo começou por expulsar os missionários estrangeiros. A seguir, com várias promessas, tentou atrair os cristãos ao Budismo. Finalmente, condenou à morte os renitentes.
Entre os herois que preferiram a morte a renegar a própria fé, conta-se o catequista FILIPE SIFONG ONFITAK, pai de 5 filhos, que nasceu no dia 30 de Setembro de 1907. Estudou na escola paroquial de Nongseng e no seminário de Nok-khuek. Completou os estudos com êxito depois de sair do seminário. Foi professor na escola paroquial de Song-Khon, perto da sua terra natal.
Levava, juntamente com a família, uma vida exemplar, Respeitado por todos, era considerado um verdadeiro pai e chefe da comunidade cristã, depois da expulsão do padre missionário.
Ele bem depressa se deu conta de que a sua vida corria perigo, mas não arredou pé. Os inimigos da fé católica, convencidos que a morte dele era um rude golpe para os cristãos, no dia 15 de Dezembro de 1940 chamaram-no a Makdahan. Enquanto ia a caminho, mataram-no nas margens do rio Tum Nok, perto do Fulakai, e ali o enterraram.
Com a sua morte recrudesceu a perseguição. Tiraram as imagens das igrejas e destruíram-nas. Começaram a derrubar a catedral e a semear o terror. Obrigaram as religiosas de Song-Khon a depor o hábito. Elas responderam que podiam, mudar de hábito mas não de fé.
No dia 25 de Dezembro de 1940 promoveram uma concentração nma praça pública e proclamaram: «Está proibida a religião católica. Quem, a seguir está condenado à morte. Se há aqui alguém que ainda queira ser cristão, que se apresente!»
Levantou-se uma jovem de 16 anos, CECÍLIA BUTSI cozinheira da missão católica. Duas religiosas estavam presentes sem hábito. Foram a casa com a intenção de vestir o hábito e voltar. Eram INÊS FILA e LÚCIA KHAMBANG. A primeira, que era a Superiora, escreveu uma carta, declarando que todas as da casa estavam dispostas a sofrer fosse o que fosse pela fé. No dia seguinte, vestiram-se como se fossem para uma festa e dirigiram-se para o cemitério a cantar os louvores a Deus. Eis os seus nomes:
1 . Irmã INÊS FILA, de 30 anos. Tendo recebido o baptismo aos 15, em 1924 entrou no Instituto das Irmãs Amantes da Cruz, em Siengwang. Foi depois para Song-Khon, onde, durante 7 anos, isto é, a até à sua morte, se dedicou à educação de meninas, com grande espirito de oração e de renúncia própria, animada por generosa caridade para com todos.
2. Irmã LÚCIA KHAMBANG, de 23 anos. Nasceu em Viengkuk, a 22 de Janeiro de 1917. recebeu o baptismo nesse mesmo ano, e em 1925 o sacramento do crisma. Fez a profissão nas Irmãs Amantes da Cruz a 13 de Outubro de 1937. Três anos depois, derramou o seu sangue por Cristo e a Virgem Maria, a quem tinha muitíssima devoção.
3. ÁGATA FUTTA leiga. Nasceu em 1881 de pais pagãos. Aos 21 anos recebeu o baptismo e tornou-se cozinheira na escola do Sagrado Coração em Nongseng, depois em Pakse e finalmente nas Irmãs de Song-Khon.
4. CECÍLIA BUTSI, leiga. Veio à luz do dia a 16 de Dezembro de 1924. Dois dias depois foi baptizada e crismada. Alegre, cristã fervorosa, não teve medo de dar a vida por Cristo.
5. BIBIANA HAMOPAI, leiga. Nasceu no dia 4 de Novembro de 1925 em Song-Khon. Muito fervorosa,. ofereceu-se para substituir no martírio a neta de MARIA BUAKHAUI que tinah horror à morte por suplicio.
6. MARIA FON leiga que veio a este mundo no dia 6 de Janeiro de 1926, em Song-Khon. Muito piedosa, recebia os sacramentos com muita frequência e assim se preparou para dar a vida por Cristo na pujança dos 14 anos.
O martírio glorioso dss sete Servas de Deus foi confirmado por rigoroso processo canónico e aprovado pelo santo padre, JOÃO PAULO II, no dia 1 de setembro de 1988. O mesmo Sumo Pontifice proclamou-as beatas no dia 22 de Outubro de 1989.
AAS 81B(1989) 377-82; L'OSS. ROM. 29.10.1989
Em Song-Khom, Tailândia, as beatas mártires INÊS FILA e LUZIA KHAMBANG virgens das Irmãs Amantes da Cruz, e também ÁGUEDA FUTA, CECÍLIA BUTSÍ, BIBIANA HAMPAI e MARIA PHON que, por se recusarem a renegar a fé cristã, foram fuziladas no cemitério do lugar. (1940)
Texto do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial A. O. de Braga:
Em 1940 desencadeou-se na Tailândia uma perseguição feroz contra todos os que não aceitassem BUDA como o seu Deus. o Governo começou por expulsar os missionários estrangeiros. A seguir, com várias promessas, tentou atrair os cristãos ao Budismo. Finalmente, condenou à morte os renitentes.
Entre os herois que preferiram a morte a renegar a própria fé, conta-se o catequista FILIPE SIFONG ONFITAK, pai de 5 filhos, que nasceu no dia 30 de Setembro de 1907. Estudou na escola paroquial de Nongseng e no seminário de Nok-khuek. Completou os estudos com êxito depois de sair do seminário. Foi professor na escola paroquial de Song-Khon, perto da sua terra natal.
Levava, juntamente com a família, uma vida exemplar, Respeitado por todos, era considerado um verdadeiro pai e chefe da comunidade cristã, depois da expulsão do padre missionário.
Ele bem depressa se deu conta de que a sua vida corria perigo, mas não arredou pé. Os inimigos da fé católica, convencidos que a morte dele era um rude golpe para os cristãos, no dia 15 de Dezembro de 1940 chamaram-no a Makdahan. Enquanto ia a caminho, mataram-no nas margens do rio Tum Nok, perto do Fulakai, e ali o enterraram.
Com a sua morte recrudesceu a perseguição. Tiraram as imagens das igrejas e destruíram-nas. Começaram a derrubar a catedral e a semear o terror. Obrigaram as religiosas de Song-Khon a depor o hábito. Elas responderam que podiam, mudar de hábito mas não de fé.
No dia 25 de Dezembro de 1940 promoveram uma concentração nma praça pública e proclamaram: «Está proibida a religião católica. Quem, a seguir está condenado à morte. Se há aqui alguém que ainda queira ser cristão, que se apresente!»
Levantou-se uma jovem de 16 anos, CECÍLIA BUTSI cozinheira da missão católica. Duas religiosas estavam presentes sem hábito. Foram a casa com a intenção de vestir o hábito e voltar. Eram INÊS FILA e LÚCIA KHAMBANG. A primeira, que era a Superiora, escreveu uma carta, declarando que todas as da casa estavam dispostas a sofrer fosse o que fosse pela fé. No dia seguinte, vestiram-se como se fossem para uma festa e dirigiram-se para o cemitério a cantar os louvores a Deus. Eis os seus nomes:
1 . Irmã INÊS FILA, de 30 anos. Tendo recebido o baptismo aos 15, em 1924 entrou no Instituto das Irmãs Amantes da Cruz, em Siengwang. Foi depois para Song-Khon, onde, durante 7 anos, isto é, a até à sua morte, se dedicou à educação de meninas, com grande espirito de oração e de renúncia própria, animada por generosa caridade para com todos.
2. Irmã LÚCIA KHAMBANG, de 23 anos. Nasceu em Viengkuk, a 22 de Janeiro de 1917. recebeu o baptismo nesse mesmo ano, e em 1925 o sacramento do crisma. Fez a profissão nas Irmãs Amantes da Cruz a 13 de Outubro de 1937. Três anos depois, derramou o seu sangue por Cristo e a Virgem Maria, a quem tinha muitíssima devoção.
3. ÁGATA FUTTA leiga. Nasceu em 1881 de pais pagãos. Aos 21 anos recebeu o baptismo e tornou-se cozinheira na escola do Sagrado Coração em Nongseng, depois em Pakse e finalmente nas Irmãs de Song-Khon.
4. CECÍLIA BUTSI, leiga. Veio à luz do dia a 16 de Dezembro de 1924. Dois dias depois foi baptizada e crismada. Alegre, cristã fervorosa, não teve medo de dar a vida por Cristo.
5. BIBIANA HAMOPAI, leiga. Nasceu no dia 4 de Novembro de 1925 em Song-Khon. Muito fervorosa,. ofereceu-se para substituir no martírio a neta de MARIA BUAKHAUI que tinah horror à morte por suplicio.
6. MARIA FON leiga que veio a este mundo no dia 6 de Janeiro de 1926, em Song-Khon. Muito piedosa, recebia os sacramentos com muita frequência e assim se preparou para dar a vida por Cristo na pujança dos 14 anos.
O martírio glorioso dss sete Servas de Deus foi confirmado por rigoroso processo canónico e aprovado pelo santo padre, JOÃO PAULO II, no dia 1 de setembro de 1988. O mesmo Sumo Pontifice proclamou-as beatas no dia 22 de Outubro de 1989.
AAS 81B(1989) 377-82; L'OSS. ROM. 29.10.1989
Eugénia de Roma, Santa
Em Roma, no cemitério de Aproniano, junto à Via Latina, Santa EUGÉNIA mártir. (séc. III)
Jovino e Basileu, Santos
Em Roma, junto à Via Latina, os santos JOVINO e BASILEU mártires. ((séc. III)
Pedro II o Venerável, Beato
No mosteiro de Cluny, na Borgonha, França, o Beato PEDRO II o Venerável, abade que governou a Ordem monástica segundo os preceitos da primeira observância e compôs numerosos tratados. (1156)
Em Roma, no cemitério de Aproniano, junto à Via Latina, Santa EUGÉNIA mártir. (séc. III)
Jovino e Basileu, Santos
Em Roma, junto à Via Latina, os santos JOVINO e BASILEU mártires. ((séc. III)
Pedro II o Venerável, Beato
No mosteiro de Cluny, na Borgonha, França, o Beato PEDRO II o Venerável, abade que governou a Ordem monástica segundo os preceitos da primeira observância e compôs numerosos tratados. (1156)
Bentivóglio de Bónis de San Severino de Marche, Beato
Em San Severino de Marche, nas Marcas, Itália, o Beato BENTIVÓGLIO DE BÓNIS presbítero da Ordem dos Mínimos, exímio pregador. (1232)
Miguel Nakashima, Beato
Em Unzen, Japão, o Beato MIGUEL NAKASHIMA religioso da Companhia de Jesus e mártir que, sendo catequista, por causa da sua fé em Cristo foi mergulhado em água a ferver e assim alcançou a coroa do martírio. (1628)
Antónia Maria Verna, Beata
Em Rivaroto, Piemonte, Itália, a Beata ANTÓNIA MARIA VERNA virgem fundadora da Congregação das Irmãs da Caridade do Imaculado Coração de Ivrea. (1838)
Elias de São Clemente (Teodora Fracasso), Beata
Em Bári, na Apúlia, Itália, a Beata ELIAS DE SÃO CLEMENTE (Teodora Fracasso) virgem da Ordem das Carmelitas Descalças. (1927)
Miguel Nakashima, Beato
Em Unzen, Japão, o Beato MIGUEL NAKASHIMA religioso da Companhia de Jesus e mártir que, sendo catequista, por causa da sua fé em Cristo foi mergulhado em água a ferver e assim alcançou a coroa do martírio. (1628)
Antónia Maria Verna, Beata
Em Rivaroto, Piemonte, Itália, a Beata ANTÓNIA MARIA VERNA virgem fundadora da Congregação das Irmãs da Caridade do Imaculado Coração de Ivrea. (1838)
Elias de São Clemente (Teodora Fracasso), Beata
Em Bári, na Apúlia, Itália, a Beata ELIAS DE SÃO CLEMENTE (Teodora Fracasso) virgem da Ordem das Carmelitas Descalças. (1927)
... e, A i n d a ...
Artale, Beato
Cavaliere laico dell'Ordine Mercedario, il Beato Artale, fu un uomo pieno di santità che rifulse nel suo tempo. Redentore in Africa si prodigò completamente con grandissimo impegno per la redenzione degli schiavi liberandone 150 da una barbara schiavitù. Pieno di meriti e le virtù della vita si addormentò nella pace dei Signore, nella città di Oran in terra africana.
L'Ordine lo festeggia il 25 dicembre
Cavaliere laico dell'Ordine Mercedario, il Beato Artale, fu un uomo pieno di santità che rifulse nel suo tempo. Redentore in Africa si prodigò completamente con grandissimo impegno per la redenzione degli schiavi liberandone 150 da una barbara schiavitù. Pieno di meriti e le virtù della vita si addormentò nella pace dei Signore, nella città di Oran in terra africana.
L'Ordine lo festeggia il 25 dicembre
Devozione a Gesú Bambino
San Francesco d’Assisi è universalmente considerato l’inventore del presepe, la cui costruzione in questi giorni rappresenta per molti un vero e proprio atto di devozione. La prima volta si trattò di una sacra rappresentazione vivente, allestita il 25 dicembre 1223 nel bosco di Greccio. Nei secoli successivi si è sempre più diffusa la realizzazione di scene del Vangelo, con statue di terracotta o sculture di legno, collocate nelle chiese o nelle abitazioni dinanzi a un fondale dipinto raffigurante la Grotta di Betlemme e il paesaggio palestinese.
Per concessione di papa Pio VII, dagli inizi dell’Ottocento sono dotate di indulgenza plenaria le Litanie del Bambino Gesù, alle cui invocazioni si risponde: «Abbi pietà di noi». A una rivelazione che padre Cirillo della Madre di Dio ricevette nel Seicento dalla Madonna risale invece una speciale preghiera. Il testo dice fra l’altro: «O Bambino Gesù, ricorro a te e ti prego che, per l’intercessione della tua santa Madre, tu voglia assistermi in questa mia particolare necessità, poiché credo fermamente che la tua divinità mi può soccorrere. Pargoletto onnipotente, Signore Gesù, assistimi in questa circostanza particolare e donami la grazia di possederti eternamente con Maria e Giuseppe, e di adorarti con gli angeli e i santi nella luce del Cielo».
Anche la venerabile Margherita del santissimo Sacramento, una monaca francese vissuta nel Seicento, pregava molto Gesù Bambino. Un giorno, il Bambinello le apparve in visione e la esortò a diffondere tra i fedeli la devozione della Coroncina, promettendole che egli avrebbe accordato «grazie specialissime d’innocenza e di purezza a coloro che porteranno questo piccolo rosario e con devozione lo reciteranno in ricordo dei Misteri della mia santa infanzia». La preghiera contempla in particolare i primi dodici anni della vita di Gesù e utilizza come invocazione il versetto «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».
se di San Damiano nel 1233. Le poverelle o monache erano state inviate da Santa Chiara per “mitigare con la vita di preghiera e di sacrificio l’ira di Dio sulla città eterna” e si erano insediate nella città eterna nel periodo iniziale dell’Ordine, prima ancora dell’approvazione della Regola di Chiara nel 1253.
Per concessione di papa Pio VII, dagli inizi dell’Ottocento sono dotate di indulgenza plenaria le Litanie del Bambino Gesù, alle cui invocazioni si risponde: «Abbi pietà di noi». A una rivelazione che padre Cirillo della Madre di Dio ricevette nel Seicento dalla Madonna risale invece una speciale preghiera. Il testo dice fra l’altro: «O Bambino Gesù, ricorro a te e ti prego che, per l’intercessione della tua santa Madre, tu voglia assistermi in questa mia particolare necessità, poiché credo fermamente che la tua divinità mi può soccorrere. Pargoletto onnipotente, Signore Gesù, assistimi in questa circostanza particolare e donami la grazia di possederti eternamente con Maria e Giuseppe, e di adorarti con gli angeli e i santi nella luce del Cielo».
Anche la venerabile Margherita del santissimo Sacramento, una monaca francese vissuta nel Seicento, pregava molto Gesù Bambino. Un giorno, il Bambinello le apparve in visione e la esortò a diffondere tra i fedeli la devozione della Coroncina, promettendole che egli avrebbe accordato «grazie specialissime d’innocenza e di purezza a coloro che porteranno questo piccolo rosario e con devozione lo reciteranno in ricordo dei Misteri della mia santa infanzia». La preghiera contempla in particolare i primi dodici anni della vita di Gesù e utilizza come invocazione il versetto «Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».
se di San Damiano nel 1233. Le poverelle o monache erano state inviate da Santa Chiara per “mitigare con la vita di preghiera e di sacrificio l’ira di Dio sulla città eterna” e si erano insediate nella città eterna nel periodo iniziale dell’Ordine, prima ancora dell’approvazione della Regola di Chiara nel 1253.
Diego de Ara, Beato
Il Beato Diego de Aro, fu un'esemplare religioso del convento mercedario di Santa Maria a Guardia des Prats in Spagna. Assieme ad altri confratelli redentori liberò 132 schiavi dalle catene dei mori, nella città di Granada. Predicando la fede del Signore e testimoniandola con la penitenza, la mortificazione e le altre virtù, migrò santamente nella patria del paradiso.
L'Ordine lo festeggia il 25
Jacopo (Iacopone) de Todi, Beato
Il suo vero nome era Jacopo de’ Benedetti, ed era nato a Todi intorno al 1230 da una nobile famiglia. Studiò giurisprudenza a Bologna, dopodiché intraprese la carriera notarile (secondo altre fonti fu invece procuratore legale) nella sua città.
Intorno al 1267 sposò una giovane nobildonna, Vanna di Bernardino di Guidone, della famiglia dei conti di Colmezzo. Questa prima fase della sua vita fu improntata al lusso e al divertimento: feste e banchetti si susseguivano senza sosta.
Dal lusso alla più ferrea penitenza
Ma nel 1268 accadde un fatto che mutò radicalmente la sua esistenza, orientandola verso un cambiamento profondo, verso la conversione. La leggenda narra che, a causa del crollo improvviso di un pavimento durante una festa che si stava svolgendo in un’aristocratica dimora di Todi, perse la vita la giovane moglie di Jacopone, che stava ballando. Avvisato dell’accaduto, egli si precipitò sul luogo dell’incidente e rimase profondamente sconvolto non solo per la grave improvvisa perdita, ma anche per aver scoperto che la moglie, sotto le lussuose vesti, portava, all’insaputa di tutti, un cilicio.
Al di là della credibilità di tale racconto, tutti concordano nell’affermare che la conversione di Jacopone avvenne dopo la morte della giovane moglie. Egli infatti, abbandonato il lavoro e le persone che fino ad allora lo avevano circondato ed elargite tutte le sue ricchezze ai poveri, iniziò un cammino di pubblica penitenza e umiliazione.
Di questo periodo della sua vita si narrano vicende quasi incredibili, al limite della follia: pare che a un convivio giunse carponi e gravato di un basto d’asino, e che alle nozze del fratello si presentò nudo, spalmato di grasso e ricoperto di piume.
Per dieci anni visse nel rigore più severo; poi, nel 1278, chiese di entrare nell’Ordine dei Frati Minori, nel quale fu ammesso dopo qualche iniziale diffidenza. Fu frate laico nel convento di Pontanelli, presso Terni, e qui si immerse nello studio della filosofia e della teologia.
Nei Frati Minori
In questo periodo l’Ordine francescano stava attraversando un momento assai delicato, a causa dello scontro tra la fazione dei Conventuali, sostenuti da Papa Bonifacio VIII, che volevano attenuare il rigore della Regola di San Francesco, e gli Spirituali, che premevano perché venisse mantenuto intatto l’originario rigoroso spirito del Poverello.
Nel 1294 un gruppo di zelanti marchigiani chiese un riconoscimento ufficiale al neo-eletto Papa Pietro da Morrone, un ex-eremita salito al soglio pontificio col nome di Celestino V. Gli Spirituali lo vedevano come la guida che avrebbe dovuto purificare la Chiesa.
Jacopone si era schierato con l’ala rigorista e fu tra i firmatari della richiesta a Papa Celestino. Il pontefice risolse la questione collocando il gruppo in un nuovo Ordine. Ma il nuovo Papa si rivelò ben presto incapace di soddisfare le attese: privo di autonomia e inadeguato al ruolo, si dimise. Al suo posto fu nominato Bonifacio VIII, contro il quale si manifestò subito l’antipatia degli Spirituali francescani.
Bonifacio fu visto come una specie di usurpatore, e il fatto che avesse obbligato Celestino alla permanenza presso la corte papale e infine lo avesse rinchiuso nel castello di Fumone, in Ciociaria, sicuramente acuì queste antipatie.
Inoltre il nuovo papa, di carattere opposto al predecessore, ovvero molto abile e particolarmente sicuro di sé, revocò i provvedimenti presi da Celestino a favore dei dissidenti marchigiani. Jacopone, insieme ai cardinali Jacopo e Pietro Colonna, dichiarò priva di validità l’elezione di Bonifacio VIII.
Carcerato e scomunicato
Il Papa scomunicò i Colonna e assediò Palestrina, la loro sede. Qui si trovava anche il Nostro, che subì la stessa sorte dei due cardinali. Quando la cittadina capitolò, nel 1298, Jacopone fu incarcerato e condannato alla prigionia conventuale perpetua.
I sacrifici, anzi gli stenti della reclusione non erano per lui molesti; ma con l’avanzare dell’età cominciò a sentirne il peso; così si appellò al Papa, chiedendogli la revoca della scomunica. Era il 1300, l’anno del grande Giubileo, ma nonostante questo il pontefice non perdonò Jacopone, che dovette restare in cella tra malattie e sofferenze. Nel 1303 Bonifacio VIII morì e il suo successore, Benedetto XI, ritirò la scomunica e concesse la libertà a Jacopone, che, gravemente malato, si spense nel dicembre del 1306.
Il poeta e le sue Laudi
Iacopone, il più famoso cittadino tuderte, è autore di numerose opere, tra cui spiccano le Laudi, componimenti tipici del periodo in cui egli visse. In esse traspare tutta la sua ricchissima esperienza religiosa, che si basa sull’analisi sincera e spassionata di se stesso, della propria condizione di credente e di peccatore.
Il motivo di fondo della sua produzione poetica è la contemplazione della miseria umana, che deve sollecitare il cristiano a praticare una forte disciplina ascetica. In ogni composizione è presente una struttura drammatica o dialogica, che propone costantemente il tema del contrasto tra anima e corpo, vita e morte, pietà e peccato.
Il discorso poetico è sempre inquieto, la lauda procede attraverso ripensamenti, ripiegamenti, interrogazioni, invettive. Nel suo complesso, l’opera di Jacopone è caratterizzata da una visione dolorosa della vita, forse anche in conseguenza di tutte le sventure che segnarono l’intera esistenza di questo significativo protagonista del Medioevo religioso e letterario italiano.
Intorno al 1267 sposò una giovane nobildonna, Vanna di Bernardino di Guidone, della famiglia dei conti di Colmezzo. Questa prima fase della sua vita fu improntata al lusso e al divertimento: feste e banchetti si susseguivano senza sosta.
Dal lusso alla più ferrea penitenza
Ma nel 1268 accadde un fatto che mutò radicalmente la sua esistenza, orientandola verso un cambiamento profondo, verso la conversione. La leggenda narra che, a causa del crollo improvviso di un pavimento durante una festa che si stava svolgendo in un’aristocratica dimora di Todi, perse la vita la giovane moglie di Jacopone, che stava ballando. Avvisato dell’accaduto, egli si precipitò sul luogo dell’incidente e rimase profondamente sconvolto non solo per la grave improvvisa perdita, ma anche per aver scoperto che la moglie, sotto le lussuose vesti, portava, all’insaputa di tutti, un cilicio.
Al di là della credibilità di tale racconto, tutti concordano nell’affermare che la conversione di Jacopone avvenne dopo la morte della giovane moglie. Egli infatti, abbandonato il lavoro e le persone che fino ad allora lo avevano circondato ed elargite tutte le sue ricchezze ai poveri, iniziò un cammino di pubblica penitenza e umiliazione.
Di questo periodo della sua vita si narrano vicende quasi incredibili, al limite della follia: pare che a un convivio giunse carponi e gravato di un basto d’asino, e che alle nozze del fratello si presentò nudo, spalmato di grasso e ricoperto di piume.
Per dieci anni visse nel rigore più severo; poi, nel 1278, chiese di entrare nell’Ordine dei Frati Minori, nel quale fu ammesso dopo qualche iniziale diffidenza. Fu frate laico nel convento di Pontanelli, presso Terni, e qui si immerse nello studio della filosofia e della teologia.
Nei Frati Minori
In questo periodo l’Ordine francescano stava attraversando un momento assai delicato, a causa dello scontro tra la fazione dei Conventuali, sostenuti da Papa Bonifacio VIII, che volevano attenuare il rigore della Regola di San Francesco, e gli Spirituali, che premevano perché venisse mantenuto intatto l’originario rigoroso spirito del Poverello.
Nel 1294 un gruppo di zelanti marchigiani chiese un riconoscimento ufficiale al neo-eletto Papa Pietro da Morrone, un ex-eremita salito al soglio pontificio col nome di Celestino V. Gli Spirituali lo vedevano come la guida che avrebbe dovuto purificare la Chiesa.
Jacopone si era schierato con l’ala rigorista e fu tra i firmatari della richiesta a Papa Celestino. Il pontefice risolse la questione collocando il gruppo in un nuovo Ordine. Ma il nuovo Papa si rivelò ben presto incapace di soddisfare le attese: privo di autonomia e inadeguato al ruolo, si dimise. Al suo posto fu nominato Bonifacio VIII, contro il quale si manifestò subito l’antipatia degli Spirituali francescani.
Bonifacio fu visto come una specie di usurpatore, e il fatto che avesse obbligato Celestino alla permanenza presso la corte papale e infine lo avesse rinchiuso nel castello di Fumone, in Ciociaria, sicuramente acuì queste antipatie.
Inoltre il nuovo papa, di carattere opposto al predecessore, ovvero molto abile e particolarmente sicuro di sé, revocò i provvedimenti presi da Celestino a favore dei dissidenti marchigiani. Jacopone, insieme ai cardinali Jacopo e Pietro Colonna, dichiarò priva di validità l’elezione di Bonifacio VIII.
Carcerato e scomunicato
Il Papa scomunicò i Colonna e assediò Palestrina, la loro sede. Qui si trovava anche il Nostro, che subì la stessa sorte dei due cardinali. Quando la cittadina capitolò, nel 1298, Jacopone fu incarcerato e condannato alla prigionia conventuale perpetua.
I sacrifici, anzi gli stenti della reclusione non erano per lui molesti; ma con l’avanzare dell’età cominciò a sentirne il peso; così si appellò al Papa, chiedendogli la revoca della scomunica. Era il 1300, l’anno del grande Giubileo, ma nonostante questo il pontefice non perdonò Jacopone, che dovette restare in cella tra malattie e sofferenze. Nel 1303 Bonifacio VIII morì e il suo successore, Benedetto XI, ritirò la scomunica e concesse la libertà a Jacopone, che, gravemente malato, si spense nel dicembre del 1306.
Il poeta e le sue Laudi
Iacopone, il più famoso cittadino tuderte, è autore di numerose opere, tra cui spiccano le Laudi, componimenti tipici del periodo in cui egli visse. In esse traspare tutta la sua ricchissima esperienza religiosa, che si basa sull’analisi sincera e spassionata di se stesso, della propria condizione di credente e di peccatore.
Il motivo di fondo della sua produzione poetica è la contemplazione della miseria umana, che deve sollecitare il cristiano a praticare una forte disciplina ascetica. In ogni composizione è presente una struttura drammatica o dialogica, che propone costantemente il tema del contrasto tra anima e corpo, vita e morte, pietà e peccato.
Il discorso poetico è sempre inquieto, la lauda procede attraverso ripensamenti, ripiegamenti, interrogazioni, invettive. Nel suo complesso, l’opera di Jacopone è caratterizzata da una visione dolorosa della vita, forse anche in conseguenza di tutte le sventure che segnarono l’intera esistenza di questo significativo protagonista del Medioevo religioso e letterario italiano.
Autore: Maurizio Schoepflin
Jacopo di Benedetto nacque in Todi, verso il 1236. Compiuti, forse a Bologna, gli studi giuridici, esercitò in patria la professione di notaio e di procuratore (si noti nella Lauda XIV il verso: "Pro un becchieri una vultura") Sposò tra il 1265 e il 1267 Vanna di Bernardino di Guidone dei conti di Coldimezzo, nipote di suor Francesca compagna di s. Chiara. L'improvvisa tragica morte della giovane sposa, la quale nascondeva sotto le vesti eleganti un cilicio, costituí un motivo di rottura, già predisposto dalla grazia, tra la vita mondana di ser Iacopo e la ricerca della religiosa perfezione. Si spiegano cosiì nel primo decennio della conversione, stranezze, sia pure esagerate, conciliabili, secondo la tendenza mirifica degli agiografi, col temperamento proclive all'estremismo e, comunque, consono alla "santa pazzia", logica conseguenza della "follia della croce". Quel decennio in cui fu " bizzocone ", ossia terziario francescano, è caratterizzato da atteggiamenti di vita individualistica e dall'impegno ascetico, avendo egli del messaggio serafico colto, in principio, piuttosto la parte negativa, della rinuncia e dell'austerità, che non la novità costruttiva e profondamente mistica del gioioso senso cosmico dell'incarnazione, cui giunse piú tardi.
Nel 1278 fu ricevuto nell'Ordine dei Minori come frate laico; tuttavia in un documento inedito di Matteo d'Acquasparta, allora ministro generale, rogato ad Assisi nel 1287, si cita la presenza dei testimoni "fratris Jacobi de Tuderto, fratris Rainaldi de Tuderto lectorum"; di piú, il 7 novembre 1287 e il 15 marzo 1289, figura, con fra Lorenzo da Todi, come cappellano del card. Bentivenga, vescovo di Albano; ed il b. Bernardino da Feltre, tra numerose citazioni di passi del poeta, affermò di lui: "B. Jacoponus, semel vocatus coram Romana curia ut faceret sermonem...".
Fra Iacopone aderí al movimento allora vivacissimo degli Spirituali e forse al gruppo autonomo autorizzato da Celestino V, sebbene egli presagisse difficile l'adattamento dell'eremita di Monte Morrone all'arduo compito pontificio (cf. Lauda LIV). Il 10 maggio 1297 Iacopone firmò il manifesto di Lunghezza dei cardinali Giacomo e Pietro Colonna contro Bonifacio VIII e, dopo la caduta di Palestrina (sett. 1298), scomunicato, fu processato e rinchiuso in una sotterranea prigione conventuale, descritta, non senza umorismo, nella Lauda LV. Tale Lauda dimostra la rassegnazione alle pene fisiche ed insieme l'angoscia per la scomunica, dalla quale non ottenne l'assoluzione neppure nel giubileo del 1300, ma solo gli fu concessa da Benedetto XI, eletto il 22 ottobre 1303. Liberato dal carcere, trascorse gli ultimi tre anni non nel patrio convento di S. Fortunato, ma nell'ospizio dei frati presso il monastero di S. Lorenzo a Collazzone, dove spirò piamente la notte di Natale, confortato dai sacramenti, somministratigli dall'amico fra Giovanni della Verna o da Fermo.
Subito dopo morte il corpo di Iacopone fu portato da Collazzone a Todi, nel monastero di Montecristo, proprietà delle Clarisse che i biografi, per l'assonanza dei nomi, hanno confuso con Montesanto; cosí nel 1385 Bartolomeo da Pisa scriveva: " In Tuderto, non in loco fratrum, sed in monasterio S. Clarae de Monte Sancto iacet sanctus frater Tacobus Benedictoli, qui dicitur fr. Jacobus de Tuderto".
Nel gennaio 1433 il vescovo di Todi, Antonio da Anagni, fatta la ricognizione delle ossa, ed espostele a venerazione nella vicina chiesa dell'Ospedale della Carità, le trasferí processionalmente a S. Fortunato, in una cassa lignea recante l'immagine raggiata. Nel 1596, a cura del vescovo Angelo Cesi, i resti vennero posti in un sarcofago di marmo con.busto del beato ed epitafio del Possevino (autore anche di una Vita); mentre il capo, in reliquiario, fu collocato tra le reliquie dei cinque santi martiri, protettori di Todi: Fortunato, Callisto, Cassiano, Degna e Romana, che si trovavano nella cripta di quella chiesa. Onori di culto si tributavano annualmente a Iacopone anche in cattedrale e nella chiesa di S. Terenziano, e inoltre a Collazzone, Montecastrilli, Collevalenza, Pontacuti, Santa Maria in Camucia, Montecristo, nella chiesa della Concezione e nei monasteri delle Servite della S.ma Annunziata, delle Clarisse di S. Francesco, delle Benedettine dette le "Milizie". Per disposizione testamentaria (19 dicembre 1631) di Costanza Benedettoni, della famiglia che si riteneva consanguinea di Iacopone, si fece ardere in perpetuo una lampada davanti al sepolcro del beato (cf. Strumento degli eredi, 22 apr. 1655); ve la trovò mons. Formeliari nella sua visita e l'uso perdurava ancora nel 1868.
Nel 1595 il vescovo Cesi avanzò richiesta di celebrare l'Ufficio di Iacopone, ma dal Baronio, che pur lodava l'epitafio, ebbe risposta negativa, mancando al titolo di beato il riconoscimento della S. Sede. Il 28 maggio 1618 il consiglio comunale decretava di rinnovare la petizione, di cui non si conosce l'esito. Il Wadding, pubblicando nel 1634 il vol. VI degli Annales, annotava l'errore nella data di morte fatto dal Possevino (25 marzo 1296, che potrebbe sospettarsi voluto per scagionare Iacopone dalle accuse di ribellione contro Bonifacio VIII) e scriveva che: "memoria eius requiritur de generatione in generat?onem, cu? sacros honores universus populus attribuit". Il legato del 7 sett. 1775 di Carlo Dionisio Battisti, perugino, a Girolamo e Giacomo Benedettoni "ad promovendam canonizationem B. Jacoponis" venne piú tardi commutato in cappellanie di Messe (Pio VII, 6 sett. 1801).
Nel 1868 si avviò dalla postulazione dei Frati Minori un serio tentativo di introdurre la causa, ma esso non ebbe seguito. P. Luigi da Costamolle con lettera del 12 settembre 1869 suggeriva una "via di disincaglio" per l'ostacolo costituito dalle invettive di Iacopone contro il papa Caetani, composte "nel bollore della passione, mentre molti autori e personaggi di dottrina tenevano per nulla l'elezione di Bonifacio" e richiamava "i cantici di penitenza, la morte preziosissima, il culto susseguente amplissimo gloriosissimo".
Oggi, distinguendosi serenamente tra potestà spirituale del papato e potere temporale, e riconosciuta l'ortodossia di Dante, non vi sarebbe neppure bisogno di appigliarsi ad una presunta apocrificità di quel gruppo di Laudi, per spianare la via al riconoscimento dell'anulata tradizione del culto del b. Iacopone.
Nel Martirologio Francescano, Iacopone figura al 25 dicembre.
Susanna, Santa
Figlia di s. Verdan e pronipote di s. Isacco katholicos, fu chiamata Vardeni (Rosa) dai genitori e Susanik (Gigliola) in seguito. Ereditò una profonda pietà dai genitori, però ebbe come marito Vasken, - governatore dela Georgia armena e figlio di Asusa -, di carattere perverso. Infatti Vasken rinnegò la fede cristiana quando si recò dal re persiano e prese in seconda moglie la madre della regina persiana, impegnandosi a convertire alla religione persiana i figli e la moglie, cioè Susanna.
Susanna seppe che il marito aveva rinnegato la fede mentre egli stava rotornando in patria; allora prese con sé i figli e andò in chiesa a piangere il marito e raccomandare sé e i figli al Signore; poi, invece di ritornare a casa prese alloggio in una casetta presso la chiesa. Quando arrivò Vasken, non trovando né la moglie né i figli, chiamò il vescovo ed un sacerdote per mandarli presso sua moglie ed invitarla a tornare a casa promettendole gloria e ricchezza più di prima. Susanna, avuto il messaggio del vescovo, lo riprese severamente, ma quello replicò dicendo: se non ritorni a casa l’ira del principe si riverserà sui fedeli, mentre col tuo ritorno potresti calmarlo e risparmiarci la sua collera. A questo ragionamento Susanna cedette e ritornò a casa, però non partecipò al banchetto preparato per il ritorno di Vasken. Di fronte all’ostinato rifiuto di lei il principe si adirò, la trasse per forza nella sala e la picchiò tanto finché la credette morta. Però il giorno seguente seppe che era ancora in vita ed ordinò di incarcerarla legandole con catene le mani, i piedi ed il collo. In questa situazione Susanna rimase per sei anni. Intanto seppe che i tre figli erano stati uccisi in una imboscata, ed ella rngraziò il Signore per averli salvati dalle mani del marito rinnegato. Dopo sei anni di carcere, trascorsi nelle mortificazioni e nella preghiera tra l’ammirazione dei sacerdoti e monaci, anche lei morì. Erano presenti all’agonia il katholicos della Georgia, Samuele, il vescovo della città, Jovhan con i suoi sacerdoti e diaconi, molti magnati e dame della Georgia. La morte della santa avvenne il 17 Kaloc dell’a. 458 ca. La festa nell’odierno calendario armeno viene celebrata nell’ottava settimana dopo la Pentecoste, mentre nel Sinassario di Ter Israel è indicato al 25 o 29 dicembrere
Susanna seppe che il marito aveva rinnegato la fede mentre egli stava rotornando in patria; allora prese con sé i figli e andò in chiesa a piangere il marito e raccomandare sé e i figli al Signore; poi, invece di ritornare a casa prese alloggio in una casetta presso la chiesa. Quando arrivò Vasken, non trovando né la moglie né i figli, chiamò il vescovo ed un sacerdote per mandarli presso sua moglie ed invitarla a tornare a casa promettendole gloria e ricchezza più di prima. Susanna, avuto il messaggio del vescovo, lo riprese severamente, ma quello replicò dicendo: se non ritorni a casa l’ira del principe si riverserà sui fedeli, mentre col tuo ritorno potresti calmarlo e risparmiarci la sua collera. A questo ragionamento Susanna cedette e ritornò a casa, però non partecipò al banchetto preparato per il ritorno di Vasken. Di fronte all’ostinato rifiuto di lei il principe si adirò, la trasse per forza nella sala e la picchiò tanto finché la credette morta. Però il giorno seguente seppe che era ancora in vita ed ordinò di incarcerarla legandole con catene le mani, i piedi ed il collo. In questa situazione Susanna rimase per sei anni. Intanto seppe che i tre figli erano stati uccisi in una imboscata, ed ella rngraziò il Signore per averli salvati dalle mani del marito rinnegato. Dopo sei anni di carcere, trascorsi nelle mortificazioni e nella preghiera tra l’ammirazione dei sacerdoti e monaci, anche lei morì. Erano presenti all’agonia il katholicos della Georgia, Samuele, il vescovo della città, Jovhan con i suoi sacerdoti e diaconi, molti magnati e dame della Georgia. La morte della santa avvenne il 17 Kaloc dell’a. 458 ca. La festa nell’odierno calendario armeno viene celebrata nell’ottava settimana dopo la Pentecoste, mentre nel Sinassario di Ter Israel è indicato al 25 o 29 dicembrere
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Local onde se processa este blogue, na cidade do Porto
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Os meus cumprimentos e agradecimentos pela atenção que me dispensarem.
Textos recolhidos
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In
MARTIROLÓGIO ROMANO
Ed. Conferência Episcopal Portuguesa - MMXIII
e através dos sites:
Wikipédia.org; Santiebeati.it; es.catholic.net/santoral,
e do Livro SANTOS DE CADA DIA, da Editorial de Braga, além de outros, eventualmente
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Também no que se refere às imagens que aparecem aqui no fim das mensagens diárias, são recolhidas aleatoriamente ou através de fotos próprias que vou obtendo, ou transferindo-as das redes sociais e que creio, serem livres.
Quanto às de minha autoria, não coloco quaisquer entraves para quem quiser copiá-las
Blogue:
SÃO PAULO (e Vidas de Santos) http://confernciavicentinadesopaulo.blogspot.com
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ANTÓNIO FONSECA
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